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IL SENTIERO DELL’ALPINO (MANCATO)

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SuperHank
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IL SENTIERO DELL’ALPINO (MANCATO)

Messaggio da SuperHank » gio 02 apr, 2009 3:52 pm

IL SENTIERO DELL’ALPINO (MANCATO)

Titolo ambiguo.
L’alpino mancato, ossia che non c’è stato, potrei essere io; vivo in città, si ai piedi dei monti, ma nonostante millanti discendenze rurali e montanare e mi vanti di essere un profondo conoscitore delle montagne, grazie alla pratica dell’enduro, in realtà il mio stile di vita è quanto di più cittadino ci possa essere.
Ma alpino potrebbero anche stare ad indicare un appartenente al noto corpo militare dell’esercito italiano, quelle truppe di montagna, ovviamente arruolate in gran parte nelle zone montane della penisola, che tanto si coprì di gloria nelle guerre mondiali, e tanto è amato da chi vi ha fatto parte.
Io sono un Alpino mancato anche in quel senso, non ho fatto il militare, e quasi certamente sarei finito a fare la naja alpina come quasi tutti i miei coetanei di qui.
Ma anche questo non è il senso giusto del titolo.
Giusto Alpino come soldato, sentiero come percorso di montagna legato ad un soldato “alpino”, mancato? Qui ci sono 2 significati, come vedremo.

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Una nuova piccola grande avventura sta per iniziare …

Questa è una piccola storia, che non ha nulla a che fare con le grandi battaglie delle guerre mondiali. C’è un sentiero semisconosciuto, citato in pochissime guide e pubblicazioni, nemmeno catalogato dal CAI, per fortuna, che deve il suo nome ad un triste episodio: un alpino vi trovò la morte cadendo in un dirupo; altro la guida non dice.
Un vecchio amico, in tutti i sensi, mi raccontò altri dettagli: questo alpino stava andando, o tornando, da una licenza, forse dalla sua fidanzata, ed ebbe l’incidente mortale; forse il fatto non avvenne nemmeno in guerra, ma addirittura prima dello scoppio della I° guerra mondiale.
Sul luogo della tragedia nemmeno una croce, ma 2 ferri incrociati piantati in terra, nessuna lapide.
Ecco l’Alpino Mancato!
Potevo non essere attratto da una simile congerie di fatti? Una scusa perfetta per un giro col trial.
Portandomi in loco con auto e carrello, notavo un gruppo di arzilli vecchietti zaino dotati che si avviavano verso le colline: “ecco che mi li ritrovo sul sentiero!” pensavo, ma quando li vedevo svoltare verso un’altra valle mi tranquillizzavo.

Parcheggiata la carovana, preparavo il materiale per l’uscita e mi inoltravo nella valle, a cercare l’attacco del sentiero. Avevo studiato con cura le mappe, in cui NON è riportato, ma appresa la morfologia del territorio, lo individuavo al primo tentativo.


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Le case da dove sono partito.

Il sentiero, nitido nel sottobosco e ben marcato, mi faceva guadagnare una selletta a cavallo della dorsale che divide 2 piccole valli contigue; sostavo per fotografare, quando da basso arrivava la comitiva di vecchietti, accompagnati da un gruppo di coetanee, e prendevano decisi il sentiero dell’Alpino.
NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
La mia coscienza mi imponeva di non fare la stessa strada: il mio vecchio trial è fumoso, puzza, è rumoroso (dovrei rifare il silenziatore), sarei andato ad impestargli la camminata con la mia presenza; poi non sapevo le difficoltà tecniche che avrei trovato, forse avrei dovuto fermarmi spesso, spingere il trial, e poi a me piace fare tante soste fotografiche, avrei corso il rischio di superarli e farmi superare più volte, con reciproco fastidio.
Ma possibile che sti vecchi debbano essere già in pensione, arzilli e scattanti come 30enni? Possibile che non possano lavorare fino a 75 anni, e lasciare a noi giovani motoalpinisti le mulattiere tutte per noi? Ahhhhh…
A malincuore, rinunciavo al sentiero dell’Alpino: ecco, mancato!
Per fortuna non mi mancavano alternative.
Scendevo per dove erano saliti i “ragazotti” e mi portavo sull’altro versante della valle, dove un’altro sentiero saliva la collina. Questo è una vita che lo faccio in discesa con l’enduro, per via della pendenza dei tornanti e di alcuni altri punti, ma col trial me la sentivo di farlo anche in salita.

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Eccolo alla partenza.

E difatti col trial è stato facile, non dico banale ma quasi; la cavalletta su 2 ruote si arrampicava quasi senza sforzo sulle balze, e nei tornanti girava con una facilità disarmante.


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Col trial …

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…con l’enduro! Ostacoli simili sono di una facilità banale con il trial.

Il sentiero era lo stesso dove avevo portato il gruppo dei bruconi il giorno del mio compleanno; quella volta a scendere ci era voluto molto tempo, eravamo in tanti, c’è da dire, oggi da solo sono salito in pochi minuti.
Raggiungo una radura e mi fermo ad osservare il panorama e, dall’altro lato della valle, sotto una cengia rocciosa, vedo i puntini colorati degli escursionisti salire in fila indiana il sentiero. Cerco la digitale per immortalarli quando mi accorgo della presenza alle mie spalle di 2 grossi cani; non abbaiano, ma mi guardano e si avvicinano. Allora accendo e me ne vado, ma noto con timore che mi seguono di corsa; dopo la radura il sentiero affronta una ripida ed accidentata salita, anche qui con l’enduro non è detto di farla al primo tentativo, con rischio di trovarsi le belve adosso, ma col trial passo indenne; solo che in cima mi accorgo che le bestiacce mi hanno seguito fin qui!
Adesso un po’ di timore mi cresce dentro, ed allora, invece di seguire lo stretto sentiero che costeggia un muro a secco, mi lancio in un vasto prato pianeggiante dove tirare le marce alte del Fantic, sperando di seminare i cagnacci; finalmente le bestiacce mollano l’osso, e se se vanno verso una contrada vicina, mentre il sottoscritto, raggiunta la SP, va a ritemprarsi all’osteria del passo.

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Cartolina dalla montagna: l’arrivo del pane all’osteria.

Un buon panino e un’aranciata mi rimettono in pace col mondo, ma il dovere chiama, è tempo di proseguire con altre mirabolanti imprese.

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Senza uscita? Non per me …
La strada sarà pure senza uscita, ma il sentiero ch si inerpica nel bosco l’uscita ce l’ha!
Erano più di 15 anni che non ritornavo su questo sentiero, dopo la prima ed unica volta.
Lo avevo affrontato in discesa, ed era stato un incubo. Ad un certo punto mi ero ritrovato nella impossibilità di risalire da dove ero venuto, ma la traccia scendeva nel bosco ripidissima; ricordo che puntavo la ruota anteriore su di un tronco, poi legavo la leva del freno anteriore in modo da bloccare la moto, in tal modo con tutte e le braccia riuscivo a spostare il posteriore della moto ed instradarlo nella giusta direzione!
E poi la moto sdraiata a terra nel pendio, trascinata, spinta, rovesciata … uno stillicidio di fatica da cui ne venni fuori finito.
A proposito, questo era il mezzo:

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Cagiva Tamanaco 125.

Per fare quel sentiero non avevo sospensioni, non avevo ciclistica, non avevo motore, non avevo gomme giuste, non avevo tecnica di guida, non avevo esperienza, probabilmente non avevo nemmeno l’abbigliamento tecnico: avevo solo 17 anni e tanta incoscienza!
Ora ho 34 anni, sempre tanta incoscienza, ma almeno ho un po’ di tecnica in più e un mezzo adatto: è il momento di chiudere quel conto.
L’attacco iniziale è stata la parte più difficile, come da ricordi; una traccia in contropendenza sul pendio terroso, dove trovare appoggio non è facile; per alcuni metro ho anche accompagnato il Fantic a mano, per poi risalire sulle pedane dove possibile.
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I veri trialisti mi schiferanno: qui sono passato a mano.

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Già qui era facile.

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Qua bastava solo dare gas.

Missione compiuta.
Ero ormai quasi in vetta; attraverso un bosco di conifere fitte fitte, nel sottobosco filtrano solo poche lame di luce che non bastano a far crescere altre piante, il terreno è sgombro, avanzo sul tenero tappeto di aghi di pino, intessuto dalla trama creata dalle radici.
Più su entro in una zona di esbosco, grandi tronchi sono accatastati alla rinfusa sul pendio, come smisurati bastoncini di Shangai lanciati da qualche orco gigante.
Mi diverto ad aggirarli senza saltarli, cercando nella loro labirintica disposizione il passaggio per salire sempre più.

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Pausa nel bosco.

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Tronchi.

In vetta il tempo di un autoscatto, e riparto.

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In cima.

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Le solite postazioni militari del 195-18.

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Corre invitante il sentiero lungo il crinale.

Raggiungo cosi la successiva cima, segnata da un masso piramidale.
Incisioni oramai consunte dal tempo mi fanno capire che non è un sasso qualsiasi, ma un antico termine di confine tra i comuni delle vallate.


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Il cippo confinario.


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Sembrerebbe una croce …


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Mani più recenti hanno lasciato indicazioni topografiche.


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Panorama 1.


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Panorama 2.


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Un enorme faggio schiantato a terra, probabilmente da suo stesso peso?

Ma è ora di scendere.
Il sentiero all’inizio sembra comodo e largo, ma ben presto si cimenta nella discesa di un pendio friabile e ripidissimo, dove i tornanti non sono altro che virgole tracciate sulla terra.

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Bello!

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Lassù in alto si intravedono i roccioni sotto cui passa il sentiero.

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Tra la fioritura dei crocchi.

Ma cosa succede sul più bello?
Mi accorgo che la ruota anteriore è forata.
Con la poca pressione che rimane riesco comunque a scendere, cercando di non caricare l’anteriore, ma è difficile, il sentiero è molto erto e viene naturale essere spinti col peso sul manubrio.

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Ultime fatiche.

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Noooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Con la foratura vinco il premio “cazzata del giorno”: sono senza i ferri per riparare la gomma!
In realtà non credo sia una foratura, ma un semplice cedimento dei bordi del tubeless: Io, il guru dell’enduro solitario e avventuroso, non ho il kit per riparare il tubeless, sono fregato.
Non mi resta che tornare verso l’auto. Riesco con molta fatica a raggiungere la più vicina strada asfaltata ma poi la sfiga si accanisce: il pneumatico stallona dal cerchio, non c’è verso di riuscire a stare in sella, la gomma si deforma orrendamente e faccio una gran fatica a tenere il manubrio, peggio che in fuoristrada.
Penso che dipenda dalla mescola e dalla carcassa della gomma, con le rigide gomme da enduro ho fatto anche 50 km con la ruota forata, e si riusciva a guidare, ai 20 km/h, ma si riusciva; con la tenera e leggera gomma da trial è impossibile.
Non mi resta che proseguire a piedi, abbandonando la moto.

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La casa dei partigiani; potrà ben dare rifugio ad un moto alpinista, o no?

Sono arrivato fino alla casa Barbieri; nel 43-45 la famiglia che quivi abitava era attivamente impegnata nel movimento della Resistenza, la zona pullulava di bande partigiane; tale Pietro Barbieri aveva il nomignolo di “papà dei partigiani” per il sostegno che dava loro. Trovò la morte proprio in questa casa, se non ricordo male coprendo la ritirata di alcuni compagni durante un agguato dei fascisti.
Un monumento slavato dal tempo ne ricorda il sacrificio, suo e altri combattenti caduti in questi boschi.
Mi libero di tutto il superfluo, lo nascondo per bene nel retro della casa e mi incammino verso i fondovalle.
La strada fa un lungo giro per scendere, ma queste colline le conosco come le mie tasche, anzi meglio, ci venivo a 15 anni con i miei amici per scalare le cascate, i bojoli (laghetti), le forre formate dai torrenti; praticamente facevamo canyoning e torrentismo ante-litteram, in scarpe di ginnastica, jeans e k-way.
Percorrevamo i boschi per esplorare le grotte che si aprono negli scogliere di roccia, con pilette elettriche da 4 soldi: come dissi prima, non avevamo tecnica, non avevamo esperienza, non avevamo nemmeno attrezzatura tecnico: avevamo solo 15 anni e tanta incoscienza!

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Motoalpinista senza moto.

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Vecchie contrade.

Appropinquandomi a questi ruderi di contrada un scritta semicancellata all’interno dell’arco attira la mia attenzione:

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Mai mollare!

“IN QUESTO PODERE SI PUO TREMARE, MA MAI CADERE”;
è una rivelazione, un messaggio, una luce, che così traduco:
“UN ENDURISTA PUO SI FORARE, MA MAI FERMARE”

E così, rinfrancato nell’anima, dopo 45 minuti di camminata raggiungevo l’auto.
Poi con calma, il recupero del mezzo.



























MA NON FINISCE QUI! ALPINO’S RETURN

Proprio così!
Mi era rimasto sul gozzo non aver fatto l’Alpino e trovata la sua croce.
Riparo la moto, al diavolo il tubeless e su una camera d’aria; poi piove, piove, piove, ma alla prima schiarita prendo il Fantic e mi porto ai piedi delle colline.
Stavolta non ci sono pensionati che tengano a fermarmi!

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Eccolo, il sentiero dell’Alpino.

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Pare impossibile che così vicino alla città ci siano simili canyon selvaggi ed inaccessibili!

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Quella è la radura da cui vedevo i camminatori e in cui sono stato aggredito dai cani.

Un percorso stupendo. Il sentiero corre aggrappato al costone che divide le 2 valli, alternando lungi tratti rettilinei in moderata pendenza, a serie di rampe e tornantini stretti e ripidi che gli fanno guadagnare quota.
Nei tratti rettilinei è un gusto avanzare, qualche piccolo scalino o tronco non disturba per nulla, ma devo prestare attenzione perché alla mia sinistra il pendio è praticamente verticale per decine di metri; dove il sentiero invece guadagna quota la marcia è più faticosa. Le rocce sono umide e facilmente le gomme scivolano, ed il terriccio misto a scaglie che costituisce il sottobosco, ora smosso dalla pioggia, non garantisce un appoggio valido per eventuali rincorse.
Le cadute sono più d’una, ma col trial è facile ripartire, al massimo spingendolo!
Era da tanto che non mi gustavo un sentiero così bello.
Ma non è da enduro.
Con le moto enduro lo farei solo in discesa; in salita, con l’asciutto, conoscendo bene il percorso, un bravo pilota in velocità ce la farebbe a superare le scalinate, ma il rischio è grande, una uscita a sinistra e si vola per decine di metri.

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La mia nuova, si fa per dire, sella “long raid”.

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La fine è vicina.

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Scalinate di roccia.

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Che trialista da poco!

Raggiungo una radura, una carrozzabile prosegue verso il passo; l’avventura è finita.
Ma la croce dell’Alpino?
Non l’ho vista, purtroppo.
Forse era in qualche diramazione del sentiero, discosta dalla traccia principale, e mi è sfuggita.
O forse non l’ho scorta, confusa tra rami e alberi?
O che sia franata del tutto, precipitata come il suo titolare nel canyon?
Ciao, vecchio Alpino.

Alves

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IL SENTIERO DELL’ALPINO (MANCATO)

Messaggio da Brianza » gio 02 apr, 2009 9:31 pm

Ho letto con piacere il rescondo di queste tue uscite molto belle.
grazie e ciao.
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max37
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Messaggio da max37 » gio 02 apr, 2009 9:46 pm

veramente un bel racconto
Max37

http://www.tecnicamotori.it/

La cosa più deliziosa non è non avere nulla da fare. E' avere qualcosa da fare e non farla.

Oggi non faccio niente perchè ieri non ho fatto niente ma non avevo finito.

squily
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Messaggio da squily » gio 02 apr, 2009 10:41 pm

splendido come al solito.......
ottimo lavoro
continua per noi
un giorno senza rischio è un giorno non vissuto.

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slegar
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Messaggio da slegar » ven 03 apr, 2009 9:41 am

Te li gusti proprio i sentieri....!!!!! Complimenti gran bel reportage (se scrive cosi??)....

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SVDiesel
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Messaggio da SVDiesel » ven 03 apr, 2009 1:27 pm

chapeau!
I vostri etilometri non spegneranno la nostra sete!!

SuperHank
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IL SENTIERO DELL’ALPINO (MANCATO)

Messaggio da SuperHank » ven 03 apr, 2009 1:49 pm

Te li gusti proprio i sentieri....!!!!! Complimenti gran bel reportage (se scrive cosi??)....
Proprio! Li sorseggio lentamente, come si fa con un buon grappino!
chapeau!
??????????
Cosa vuol dire?
Che dici, ci proviamo con la Peggy e la Ele?

Ciao
Alves

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opi
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IL SENTIERO DELL’ALPINO (MANCATO)

Messaggio da opi » ven 03 apr, 2009 7:32 pm

Bellissimo racconto. MOLTO 8) Ciao,aspetto i prossimi.
Se ti accorgi che ormai è troppo tardi... apri tutto il gas e non avere incertezze...

alp
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IL SENTIERO DELL’ALPINO (MANCATO)

Messaggio da alp » lun 06 apr, 2009 12:07 am

Alves, sei sempre il solito. Qualunque mezzo usi cambia solo il tipo di foto ma nei tuoi racconti c'è sempre tanta avventura, fatica, poesia.

cito le tue frasi che ho apprezzato di più:

Per fare quel sentiero non avevo sospensioni, non avevo ciclistica, non avevo motore, non avevo gomme giuste, non avevo tecnica di guida, non avevo esperienza, probabilmente non avevo nemmeno l’abbigliamento tecnico: avevo solo 17 anni e tanta incoscienza!
Ora ho 34 anni, sempre tanta incoscienza, ma almeno ho un po’ di tecnica in più e un mezzo adatto: è il momento di chiudere quel conto.


Più su entro in una zona di esbosco, grandi tronchi sono accatastati alla rinfusa sul pendio, come smisurati bastoncini di Shangai lanciati da qualche orco gigante.
A presto e...
Buon motortrip,

alp

husqvarna100
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Messaggio da husqvarna100 » lun 06 apr, 2009 12:30 am

Bravo Alves.
Sei il nostro cavaliere errante.
Dovresti pero' portarti uno scudiero per sicurezza.

Ciao.
Claudio.

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