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Alla ricerca della neve e del freddo

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SuperHank
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Alla ricerca della neve e del freddo

Messaggio da SuperHank » mer 13 feb, 2008 2:32 pm

DOLOMITI SUPERSKI
Alla ricerca della neve e del freddo


MOTO D’INVERNO

In moto ci sono sempre andato d’inverno, con la neve e il ghiaccio, ma più per necessità che per scelta.
Da sbarbato usavo la moto anche nella stagione fredda, andavo alle feste del sabato sera con un vecchio giaccone che ficcavo in un sacco fra la ruota posteriore e il telaio, e poi da vero figo entravo nei locali impeccabilmente elegante.
Quando ho iniziato a fare enduro in modo convinto, ho scoperto che l’inverno è una delle stagioni più affascinanti per girare in moto: boschi deserti, silenzio, solitudine, difficoltà potenziate dalle condizioni climatiche; meraviglioso girare sotto una nevicata, trovare sotto il tassello 10-20 cm di neve, tracciare un solco nella neve intonsa!

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Gennaio 2006: sulle colline del Faedo; quanto bello?

Ma questi sono spot occasionali, incidenti di percorso, diciamo; quando scende l’inverno la neve la si cerca si, a patto però che no sia troppa; diciamo che si bordeggia il limite della neve, non mi avventuro certo dove l’innevamento è consistente e perenne per tutto l’inverno!
Per non parlare dell’asfalto: e chi ci va a farlo con neve e ghiaccio?
Che gusto c’è a non stare in piedi e a rischiare di grattarsi le ginocchia ad ogni metro?
Qualche volta mi è pure capitato, ma è stato un caso, come qui:

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Alves Frasca e Mimmo in ascesa sulla ex S.S.46 del Pasubio, meta il rifugio Balasso, per un ritrovo del sito xt600.

Nonostante dalla foto le condizioni del manto stradale sembrino drammatiche, in realtà la neve stava cadendo da poco, era bagnata e non c’era ghiaccio pregresso, compattato sotto la neve fresca.
I tasselli avevano discreta presa sul fondo e si saliva lentamente ma costantemente.
Tutto questo bel discorso per dire che io in strada con l’enduro d’inverno non ci vado!
Ma poi, a furia di leggere resoconti di viaggi al Treffen, di sentire magnificare da chicchessia le gioie del mototurismo invernale, mi è venuta la voglia.
Quest’anno, a differenza del precedente, ho continuato ad andare al lavoro in moto anche a dicembre e gennaio; grazie alla coperta Gaucho e alle moffole da manubrio, entrambe della Tucano, percorrevo i consueti 30 km con soddisfacente comfort e paciere di guida, tanto da iniziare a pianificare un giro “all winter style”.

IL MIO REGNO, IL MIO REGNO PER UNA COPERTA TUCANO!
(Shaskespeare, Riccardo III)

Purtroppo lo scrocco dei prodotti Tucano ha avuto termine quando l'amico Matteo ha deciso di recarsi all’Elefantentreffen, e giustamente ha voluto indietro la sua attrezzatura.
Mi attivavo quindi per l’acquisto. Dal sito della Tucano risultava che 2 sono i loro distributori ufficiali per il vicentino: Pinco a Schio e Pallino a Tiene.
O.K., andavo da Pinco; sceglievo i prodotti, non li aveva in casa, li avrebbe ordinati.
Il dì seguente mi chiama:”no, sai, mi dispiace, ma l’agente dice che in Tucano hanno finito le coperte Gaucho, e non le produrranno più fino alla prossima stagione invernale!” Ho anche telefonato ad alcuni colleghi in zona ma non ce l’hanno in casa, mi dispiace!”.
Ma non mi davo pervinto, li conosco i negozianti di qui, sono magari bravi con chiavi inglesi e cacciaviti, ma quanto agli aspetti commerciali…più di venderti un casco non arrivano!
Contattavo la TUCANO, e mi rispondevano che non era vero che non era in produzione, lo aspettavano in consegna per la settimana seguente; in più mandavo una mail al negoziante Pallino, e telefonavo pure: alla mail rispondevano che non trattavano i prodotti Tucano, al telefono mi dicevano che gli avevano in casa!!!!!!!Demenziale!!!!!!
Alla fine della storia andavo in negozio da Pallino, avevano tanti prodotti Tucano, pure le coperte Gaucho ma non il codice che serviva a me: ordinavo il materiale, acquistavo le moffole, ma per il giorno del giro non mi sarebbe arrivata.
Avrei affrontato il Pordoi con solamente i pantaloni a doppia imbottitura.

IL GRANDE NORD

L’obiettivo del giro è il Pordoi, valico alpino delle Dolomiti posto a 2.239 m s.l.m., tra il Gruppo del Sella a nord e il gruppo della Marmolada a sud. Congiunge Arabba in Val Cordevole nella provincia veneta di Belluno, con Canazei in Val di Fassa, provincia di Trento.
La scusa per andarci in pieno inverno è che si tratta di uno dei valichi alpini più alti aperti in inverno, di sicuro il più alto nelle Dolomiti, assieme al vicino Sella che è a 2.244 m s.l.m.
Quello che cerco è l’emozione del Grande Nord, le suggestioni di un ambiente selvaggio, naturale, libero , duro e implacabile, a per questo ancor più affascinante.
Sono i romanzi di Jack London, l’epopea del Klondike, le ultime terre selvagge, le esplorazioni di questi luoghi estremi:

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Da ADVrider, motociclisti nel Grande Nord canadese.

Anche ai giorni nostri si possono vivere grandi avventure:

http://www.advrider.com/forums/showthread.php?t=267881

Vabbè, il Cadore non è certo il Circolo Polare Artico, ma un po’ di neve la dovrei trovare in gennaio, o no?
Nonostante le Dolomiti siano una delle mete più belle e scontate per i mototuristi, non ci sono mai stato; conoscendo a priori l’impossibilità di farci fuoristrada, ho sempre preferito impegnare il mio tempo in altre zone meno dalla bellezza più discreta ma sopratutto più fuoristradistiche.
Con questo giro metto una pezza a questa mancanza!


VALSUGANA E PRIMIERO

La partenza non è facile.
Mi rendo conto che a livello di attrezzatura non sono ancora pronto per una grande spedizione come potrebbe essere un treffen; a livello di busto, sopra camicia e maglione pesante, indosso 2 imbottiture termiche e l’imbottitura esterna antivento del giubbotto da moto; freddo, poco e sopportabile.
Gambe: Pantaloni con imbottitura termica; freddo, poco e sopportabile, se avessi la coperta Tucano starei da pascià.
Mani: guanti da sci Dainese infilati nelle muffole; freddo a tratti fastidioso, necessito di maggior protezione.
Piedi: calzettoni e scarponi da montagna; freddo spesso fastidioso.
Testa: OK, qualche problema di appannamento visiera.
Fantastico dettaglio: l’umidità del respiro che si condensa al bordo della visiera e ghiaccia, vedo i cristalli striati di ghiaccio stendersi sulla plastica!!!!!
La pianura è immersa nella nebbia, alla partenza un termometro a muro segna -1°, ma l’umidità è atroce e mi domando come farò a resistere tutto il giorno.
Speranzoso, conto nell’inversione termica: fenomeno per cui l’aria fredda, più pesante, ristagna in fondovalle, mentre nei pendii e nelle vette c’è aria leggera e più calda; non sarà proprio così ma effettivamente mentre mi addentro in Valsugana la temperatura mi pare più umana, addirittura a Pove del Grappa un ottimistico termometro segna +1°!!!

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Più che il Grande Nord di Jack London la Valsugana mi ispira sentimenti alla “Blair witch Project”, licantropi assassini e vampiri assetati di sangue!

Una misteriosa fortezza sovrasta il viandante, è il Covolo di Butistone:
“Il Covolo di Butistone è un'antica fortificazione militare che sbarrò il Canale di Brenta tra Primolano e Cismon del Grappa fino alla fine del Settecento.
Il Covolo era stato eretto a difesa di una delle principali vie di comunicazione tra la penisola italiana e la Germania. La prima documentazione storica che ne accenna la presenza è del 1004. Esso era composto di due corpi di fabbrica: una casa del dazio, dove sin dal Medioevo si riscuoteva la tassa per le merci in transito, e la fortificazione militare che sorgeva in grotta.
Nei secoli fu conteso dai signori medievali, dalla Repubblica Veneta per finire in mano agli austriaci.”
(da www.tiscali.it/cismon/)

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Tappa al Covolo di Buttistone, grotta-fortezza a guardia della valle.

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Dettaglio del Covolo, era ed accessibile solo tramite scale esterne.

Appena superato il Covolo si entra in un altro manufatto sotterraneo, molto più moderno e molto meno affascinante, il tunnel stradale che collega Primolano alla piana feltrina; oltre 4 km di tunnel che permettono di evitare le tortuose Scale di Primolano e l’altrettanto contorta strada che costeggia la Gola del Corlo e il suo lago artificiale. In altri climi avrei optato per queste 2 fascinose vie alternative, ma l’insipida galleria mi da un po’ di respiro dal freddo, per il noto principio che la temperatura degli ambienti sotterranei è costante durante tutto l’anno e pari alla media delle temperatura esterna all’imbocco.
Dalla piana di Arsiè e Fonzaso la SS50 del Grappa e Passo Rolle si inoltra lungo la valle del torrente cismon, via via più stretta.

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Valle del Cismon, verso la gola dello Schener.

La valle si restringe sempre più, sono le gole dello Schener.
Una leggenda narra che la conca del Primiero era originariamente ricoperta da un'enorme distesa d'acqua, circondata tutt'attorno dalle Pale di San Martino e dalle Vette Feltrine. Nel vasto lago alpino vivevano serenamente i pesci e una lontra solitaria. Finché un giorno la lontra, stanca della sua solitudine, riuscì con pazienza e determinazione a scavarsi un varco a valle della conca: le acque uscirono tempestose e si formò la gola dello Schenèr. Il nobile gesto, che permise all'uomo di stabilirsi in valle, valse alla lontra l'onore di essere scelta come simbolo del comprensorio e capeggiare negli stemmi dei comuni della vallata.
La vecchia strada correva aggrappata alla roccia, un budello strettissimo dove passa un’auto alla volta; troppo limitante per una zona dalle ambizioni turistiche come il Trentino, per cui ora la vecchia strada giace in abbandono, sostituita da lunghe gallerie.
Il divieto di transito occhieggia invitante a lato dell’imbocco delle gallerie, ma preferisco queste ultime, la strada è ancora tanta e scaldarsi per un minuto in galleria è una pausa preziosa.


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Il lago artificiale di Schener ghiacciato.

Ed ecco che la montagna si apre ed appare la conca del Primiero; l’ho conosciuta bene ultimamente questa zona. La parrocchia ha la casa campo scuola nei pressi del passo Cereda, sono 2 anni che vi portiamo i ragazzi. Con tale scusa ci siamo fatti passeggiate negli strusci principali di San Martino di Castrozza, Fiera.
E poi siamo vicini al Passo Brocon, c’è il magnifico monte Vederna, rari itinerari sterrati ancora percorribili liberamente in Trentino.
Vado a vedermi l’imbocco della strada del Vederna, purtroppo c’è ancora un cartello di divieto di transito per frana dovuta a piogge, speriamo che non diventi perpetuo.
Imer è anche nella piccola storia del trial, in zona sono state fatte molte gare di trial, anche l’Italiano, negli anni 80, ho visto una foto sul libro “Tuttotrial” di G.Mauri.
Tutto ciò mi fa pensare che qui siano più benevoli verso le moto da fuoristrada, ma sono pie illusioni, ogni carrareccia che si inoltra in un campo o in un bosco ha il suo bel segnale di divieto, ahimè!
A Fiera indugio a lungo in una calda pasticceria, per prepararmi alla scalata del Rolle.

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La conca del Primiero, con Imer e le Pale di San Martino fra le nubi.

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Dettaglio.

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Tipico ornamento alpino: vecchi sci in legno in vetrina di una pasticceria

PASSO ROLLE

Valico a quota 1984 metri s.l.m fra le valli del Primiero e di Fiemme, il Rolle è circondato dal gruppo delle Pale di San Martino e dalla catena dei Lagorai.
Da Fiera parte l’ascesa al passo, con una discreta serie di curve e tornanti che ne fanno una delle strade più famose ed apprezzate delle Alpi.
Un timido sole fa capolino fra le cime, l’asfalto ha un lieve velo di umidità sopra, ma niente ghiaccio ne tanto meno il ghiaino tipico della stagione invernale, la coppia del bicilindrico Ducati va a nozze con questo tracciato tortuoso.
A San Martino di Castrozza appaiono le prime tracce di neve, l’impegno nella guida mi scalda e non sento freddo, sto bene come se fossi in sella ad uno scooter in agosto in riva al mare!
Supero pulmini e corriere colmi di sciatori da settimana bianca, cosa darei per sentire i loro pensieri e commenti su questo solitario motociclista!
Usciti dalla foresta la neve comincia a farsi spessa, almeno mezzo metro a lato della strada, ma il fondo stradale è in condizioni impeccabili.

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Eccola, la neve!

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Il cartello “Pubblicità-Progresso” ci dà l’idea della frequentazione estiva del passo.

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Questi sono gli scorci che cercavo!

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E fu il Rolle!

Il Rolle mi è sempre rimasto impresso, fin dalla più tenera età, perché il mio papà, appassionato sciatore, parlava sempre del Rolle, “Andiamo al Rolle, sarebbe da andare al Rolle, al Rolle ci sono piste!, al Rolle ci sarà sicuramente neve!” ecc., ecc.; per noi, sciatori della domenica pomeriggio che al più andavamo a Recoaro 1000 e Verena, proprio quando facevamo gli splendidi si andava fino a Folgaria, il Rolle era la terra promessa.
E qualche volta ci siamo pure andati, 20 anni fa ormai, ma il Rolle lo ricordo per ben altre vicende.
Attraverso il valico, passando davanti alle caserme della Guardia di Finanza, dove ha sede la Scuola di Montagna della G.d.F., che ha inserito nel proprio stemma araldico proprio l'inconfondibile profilo del Cimon della Pala, viste le origini di guardia di frontiera del Corpo.
Ecco, sono di nuovo in val di Fiemme dopo 12 anni, ho infranto un mio tabù; faccio una pisciata propiziatoria e prendo la discesa verso Predazzo.

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Le Pale di San Martino.

PASSO PORDOI, VAL DI FIEMME E FASSA

La discesa nel versante trentino è in ottime condizioni, nessun problema di guida.
Considero brevemente l’idea di salire al passo Valles, per poi piegare verso il passo San Pellegrino e scendere direttamente a Moena, by-passando Predazzo.
Ma sulla mia mappa è segnato anche una terza via per Moena: il passo Lusia, un valico a ben 2.058 metri, tracciato come strada secondaria, che poco a monte di Paneveggio scavalca la dorale montuosa che scendendo dal Valles, separa la val San Pellegrino (a Moena) dalla Val Travignolo (a Predazzo).
Ma quando trovo la deviazione, è uno stradello sterrato (fantastico!), ricoperto da un’unica lastra di ghiaccio, impossibile avanzarci sopra senza catene o chiodi (cazzo!) ma soprattutto un cartello informa che più avanti c’è il parcheggio, e che per il passo sono xxx ore di cammino?
È la carrabile per il passo, chiusa al transito, o un sentiero pedonale alternativo? E chi lo sa?
Lascio perdere e scendo verso Predazzo.
Qualche km a valle trovo le indocazioni per “area sciistica passo Lusia 1,6 km”, ma non è possibile, il passo deve essere a molta più distanza…la rete, come sempre, soddisferà la mia curiosità, negativamente:
Discesa verso Moena e (attenzione perché non è molto evidente) passato l'impianto funiviario del Lusia, che si trova qualche Km. prima di arrivare in fondovalle a Moena, prendere la stradina (Sx) che sale ripidissima verso il Passo Lusia.
Pane per i denti degli scalatori incalliti questa salita mette alla prova le vostre gambe oltre che le vostre teorie.
Dal passo andare verso est per la pianeggiante stradina, ad un certo punto (Dx-attenzione) una stradina (sbarra e piccolo cartello) scende verso Paneveggio, se si prosegue diritti la stradina termina in un bellissimo gruppo di malghe.
Lunga discesa in un fitto bosco e si sbuca all'improvviso sulla statale che sale da Predazzo al Passo Rolle.

Capito?

Da Predazzo percorro tutto il fondovalle fino a Canazei; una alternativa avrebbe potuto essere il superamento dell’interessante passo di Fedaia, altro 2.000 metri dolomitico ai piedi della Marmolada, per poi affrontare la Sellaronda (ossia il quartetto Pordoi, Sella, Gardena e Campolongo) provenendo da est; il Fedaia lo reputo interessante perché ho notato che spesso è chiuso per neve, ed inoltre nel versante veneto ci sono i “Serrai di Sottoguda”, una stretta forra percorsa dalla vecchia strada.
Ma per un giro così non ho il tempo, e filo dritto fino a Canazei.
Sarei circondato da Marmolada e Catinaccio, ma le nuvole tutto nascondono.
Sarà per questo, sarà per la noia della strada, che mi nascono pensieri non proprio amichevoli verso questi luoghi.

Dicevo, erano 12 anni che non ci venivo.
All’epoca avevo una ragazza con casa in val di Fiemme, ci passammo diversi giorni di ferie, in estate ed inverno.
Della stagione fredda ricordo una paccata di neve ovunque, non come ora che la fanno solo con i cannoni, le strade secondarie ricoperte da una lastra di puro ghiaccio, si girava obbligatoriamente con la Uno con gomme chiodate; mi colpivano gli sbarbati locali (oddio, non che fossi Matusalemme, avevo al massimo 5 anni in più!) che giravano tutti con l’Ape Cross, ovviamente chiodati, scooter nemmeno l’ombra: d'altronde, “ubi maior minor cessat”, se volevano stare caldi e non cadere 3 ruote ci volevano!
Altresì ricordo la noia mortale di quei posti: non che fossi un discotecaro, ma almeno un pub con un po’ di musica, possibilmente dal vivo, non mi dispiaceva, ma tutto quel che c’era in giro erano bar pasticcerie dove farsi di cioccolata calda e punch! A Cavalese era così, andavamo a Predazzo che “C’era più vita” dicevano, ed era uguale.
Si sciava, e tanto, si andava in piscina.
D’estate idem, al posto di sciare si facevano le passeggiate; un’estate la raggiunsi in moto facendo il Manghen, notevole passo a 2.000 metri, unica rotabile attraverso la catena del Lagorai; osai perfino percorrere alcune rare sterrate aperte al traffico, ma l’odiato segnale tondo arrivava sempre troppo presto!

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Il gruppo del Sella dal bivio Pordoi-Sella.

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Epopee del ciclismo:targa a Coppi; anche sul Pordoi c’è un monumento a lui dedicato

Mi danno noia i paesi che attraverso, tutti uguali, belle casette singole con tetti e balconi in legno, non credo proprio che fosse questa la realtà etnica culturale 60 anni fa, è quello pseudo stile alla “tirolese” diffuso su tutte le montagne; provo fastidio per i continui impianti di risalita che sfrecciano verso le nubi, mi irrita vedere ovunque indicazioni di piste ciclabili (spesso asfaltate), sentieri pedonali, con dovizia di informazioni su percorsi, tempi e distanze. L’eccellenza a servizio del turista, per il sostentamento e la ricchezza di queste comunità, certo, ma queste bellissime montagne le sento vendute, asservite alle logiche del “tutto-compreso”, “tutto previsto”, sento mancare la possibilità di trovare una sterrata che non si sa se sarà percorribile, che magari arrivi in un borgo abbandonato e cadente!
“Non ha il fascino delle grandi montagne dell’ovest, che sono i bastioni dell’impero, o delle teste calve delle Alpi Liguri, o dei paesi abbandonati di confine: qui ci sono gli sciatori più griffati d’italia. È un orgia di macchine Euro 16, di cartelli e cartellini che ti dicono dove sei, la fauna, la flora, la camminata, l’enogastronomia. Le hanno addomesticate, queste montagne..”.
Mirabile sintesi di questi pensieri fatta da un mio amico motociclista, il Baypiss.
Perso in questi pensieri arrivo a Canazei ed attacco la rampa del Pordoi.
Dovendo scalare un passo di oltre 2.200 metri, mi aspetterei di trovarmi di fronte ad una muraglia naturale di pietra e roccia, ma non è proprio così; Canazei è a 1.400 metri di altezza, al Pordoi sono “solo“ 800 metri di dislivello, spalmati su 25 tornanti dalle pendenze lievi.
Paradossalmente è veramente più emozionate salire alla Sella Valbona sopra Arsiero, ben 1.400 metri di dislivello con pure l’opzione di fare i 12 km di sterrato del Riofreddo, oppure calarsi per la contorta Kaiserjagerstrasse da Lavarone a Caldonazzo!!!!
Costeggiando le piste da sci dove sfrecciano i discesisti, tornante su tornante guadagno quota su una strada dal fondo perfetto e giusto ad ora di pranzo sono sul Pordoi.

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Meta!

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Pordoi 1: Val di Fassa.

Sul passo il sole non c’è, la temperatura è rigida, almeno un paio di gradi sotto lo zero, ma c’è un vento fastidioso; una zuppa di gulasch fumante ed una birra mi rimettono in armonia col mondo!
A conferma di quanto mi trovi in un luogo “in”, i 2 cellulari di 2 gestori diversi che ho con me prendono campo con potenza eccellente, nonostante i 2.200 metri; se penso che nella mia roulotte a 900 metri di quota, vista pianura, è quasi impossibile trovare segnale…ma d'altronde, come farebbero i “cumenda” in settimana bianca a telefonare al loro commercialista di fiducia per chiedergli se possono scaricare il costo dello skipass nella dichiarazione dei redditi!?!
Quel che è giusto è giusto!

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Pordoi 2: quel poco che si vede del Sella.

La discesa nel versante veneto mi da le uniche strizze del giro, nei primi km il fondo stradale presenta chiazze di ghiaccio residue, poco individuabili perché ricoperte di sporco; ma è niente di che, la velocità di crociera non scende.

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Pordoi 3: visto dal versante veneto.

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Pordoi 4: cimitero militare tedesco.

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Pordoi 5: Alla sx dovrebbe essere il Col di Lana, a dx Nuvolau e Averau, nebbia permettendo…

AGORDINO

La discesa della Val Cordevole avviene senza sussulti; Arabba, Livinallongo, Alleghe scorrono sotto alle ruote del Cagiva.

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Il forte Ruaz, se non ricordo male.

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Il lago di Alleghe ghiacciato.

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Anche del Civetta poco si vede.

Da Agordo ho una triplice scelta per rientrare: Il Canale di Agordo, verso Belluno; la doppietta Forcella Aurine e passo Cereda, per scendere nel Primiero; la forcella Franche e il canale del Mis, costeggiando l’omonimo bacino artificiale, per sbucare poco a monte di Feltre.
Quest’ultimo voglio fare:

La Valle del Mis é la linea di confine tra le Alpi Feltrine e il gruppo dei Monti del Sole e costituisce un accesso turistico privilegiato all'area protetta. La strada permette di raggiungere con facilità questa zona centrale del Parco e agevola la visita di luoghi di rara bellezza e interesse naturalistico, ma anche di emergenze di rilievo storico antropico non trascurabile. Un tempo la Valle del Mis era abitata stabilmente con numerosi insediamenti nel fondovalle e alcuni nuclei nei pendii assolati; oggi, invece, presenta rare e sempre più labili tracce della trascorsa presenza umana. Il tratto di valle interno al Parco fu sconvolto nel suo assetto territoriale dalla realizzazione dell'invaso idroelettrico (1957-1962) che portü alla "cancellazione" di tutto lo spazio coltivabile, degli insediamenti rurali del fondovalle e della vecchia strada, e fu, inoltre, profondamente segnato dal tragico evento dell'alluvione del 1966. Quest'ultimo accadimento, che provocü danni ingentissimi e per decenni isolü la parte alta del Canal del Mis, accelerü l'inesorabile processo di abbandono in atto, e dal 1972 la valle é completamente disabitata.
(Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi)

Non è affascinate nella sua tragicità?
Qualcuno l’ha già fatta, ecco qualche foto:

http://www.endurostradali.it/forum/view ... &hilit=MIS

Ma Sbaglio strada, e finisco per fare la doppietta Forcella Aurine passo Cereda.
Questo doppio valico è il più basso, meno di 1.400 metri, ma è quasi il più intrigante dei 4 fatti oggi.
Fino a Forcella Aurine la strada corre a lungo in costa a questa valle misconosciuta, lontana dai clamori di ben più blasonate località alpine, immersa nella solitidune di un fitto bosco di pini. Dopo la forcella si trova quello che non ti aspetti a 1.200 metri di quota su un passo, ossia dei paesi abitati. attraverso le piccole contrade e borgate di Gosaldo, e mi viene da chiedermi come facciano a vivere in posti così lontani da mondo e resistere alla tentazione di un suicidio collettivo!
Sono posti di vera montagna, non addomesticata ad uso e consumo del turismo come in Val di Fiemme-Fassa; mi riprometto di tornarci con calma, in estate, e magari esplorando il Mis e qualche sterrato.

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Forcella Aurine.

Il Cereda, per essere a meno di 1.400 metri, è ottimamente innevato, giovanissimi sciatori praticano sci da fondo a lato della strada.
La discesa verso il Primiero è decisamente più veloce e, motociclisticamente parlando, classica: ramponi al 15% di pendenza raccordano tra loro ampi tornanti.


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Passo Cereda.

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Campi innevati al Cereda.

Senza quasi accorgermene sono di nuovo a Fiera di Primiero. Da lì in giù ripercorrerò lo stesso itinerario dell’andata, concedendomi una meritata sosta alla birreria Cornale, ritrovo di motociclisti e motociclista il proprietario, di cui ammiro i numerosi memorabilia esposti in sale, tra cui moto d’epoca totalmente carenata, Aermacchi o Parilla, non ricordo più.
I km fatti non li so, ho il cavo contakm rotto, ma dalla mappa saranno circa 380: preferisco sempre 80 km di fuoristrada a 380 di asfalto, ma quando ci si deve accontentare…

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Ancora nebbia in Valsugana.

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Uno storico ritrovo di motociclisti.

Ciao
Alves

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=burba=
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Alla ricerca della neve e del freddo

Messaggio da =burba= » mer 13 feb, 2008 5:02 pm

Bellissimo. anzi no, di più!! :D
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ernesto52
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Alla ricerca della neve e del freddo

Messaggio da ernesto52 » mer 13 feb, 2008 5:37 pm

COMPLIMENTI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Beato te.................vorrei provarci anch'io ma da noi neve....nisba.
Mi accontento della primavera e dell'estate. Però che goduria andare con la neve. Anch'io quando ero giovane (moltissimi anni fà) d'invern o con un superbo moto morini scrambler 50 4t mi avventuravo fino in Sila (allora abitavo a Cosenza)...ma con gli anni...beh....fra reumatismi, dolori vari etc. etc. la voglia è stemperata dalle condizioni fisiche. Uso però in città il motorino. E' la stessa cosa??
A presto e complimenti di nuovo. Ernesto

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ciccio72
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Alla ricerca della neve e del freddo

Messaggio da ciccio72 » ven 15 feb, 2008 3:51 pm

Grazie Alves, come sempre mi porti a spasso dietro la sella con i tuoi racconti. Vedo che in fatto di passi (compresi quelli del bellunese orientale) i gusti son gli istessi. Con mia moglie quando abitavo a Farra di soligo, spesso andavamo in moto d'estate a fare il bagno sul Mis!! L'acqua è molto fredda, ma vuoi metter la tranquillità a prender il sole in 4 gatti.... Quando arrivo a casa questa sera posto qualche foto in merito se la trovo. Complimenti ancora e spero che presto potremo fare assieme un bel reportage.!! :wink: :wink:
guardati in giro e stai sereno

pinof
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Alla ricerca della neve e del freddo

Messaggio da pinof » dom 17 feb, 2008 8:01 pm

Bravo Superhank, molto piacevole il tuo reportage. Quello che mi colpisce è la differenza di ambienti che si notano nei vostri resoconti tra Italia del nord, del centro e del sud! Gran bel paese l'Italia, poi girarlo in moto..... è il non plus ultra!
Hai, tra l'altro, citato il lago di Alleghe e mi sono riaffiorati ricordi d'infanzia. Vicino ad Alleghe e precisamente a Rocca Pietore c'era, molti anni fa, una colonia montana riservata ai sammarinesi dove ho trascorso alcune vacanze assieme ai miei coetanei e mi ricordo che una delle passeggiate più gettonate era quella fino al lago di Alleghe; lago che, credo, abbia un trascorso cupo e oscuro a causa di un misterioso ritrovamento di un cadavere nelle sue gelide acque.

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