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Dispatrio II La Salita della Morte

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SuperHank
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Dispatrio II La Salita della Morte

Messaggio da SuperHank » lun 17 nov, 2008 12:54 pm

ENDURO DEL DISPATRIO II: LA SALITA DELLA MORTE

MASSIMO DUALISSIMO

Il mio amico Massimo_S è uno che va al massimo, con qualsiasi mezzo abbia sotto il sedere: enduro, trial, bicilindrico, stradale. È un grande; perlopiù “pubblica” su endurostradali, e li ci sono report suoi stratosferici. Lui gira il mondo per lavoro, sta settimane e mesi via in cantieri; la volta del Marocco si portò giù la Africa Twin, e nei W-E scorrazzava in lungo e in largo nelle montagne e deserti del paese africano, ovviamente in solitaria! Altra grandissima avventura, era in Cina per lavoro e non so come riusciva contattare un gruppo di enduristi locali che gli prestavano una enduro e lo portavano a girare con loro, grandissimo.
Sul forum di enduro stradali lanciava una idea, il “Dualissimo”, un giro per enduro stradali dove alternare belle sterrate ad altrettanto belle strada asfaltate di montagna.
Mi offrivo di collaborare,e subito con Massimo scattava lo scambio di idee e info su possibili percorsi. Perché il Dualissimo doveva essere almeno un po’ inedito, rispetto ai soliti giri organizzati da quel sito a cavallo del Grappa, dei 7 Comuni, del Bellunese o all’Agno tour a casa di Massimo; si pensava al basso Trentino, ma se quella regione è il paradiso del motociclismo su strada, d’altro canto è l’inferno per il fuoristradista: divieti a go-go, chiusura totale verso le moto. In più notizie poco incoraggianti venivano dai pochi sterrati ancora aperti: su quello c’è il divieto, su quello c’è il cartello da un lato ma non dall’altro, sull’altro c’è la sbarra.

LA SALITA DELLA MORTE

Con questo ampolloso nome trovavo la descrizione di questa salita su diversi siti di appassionati di ciclismo:

“Scanuppia - Malga Palazzo è la salita (cementata) più difficile d'Europa da scalare in bicicletta.

La salita si trova nella riserva naturale di Scanuppia che copre 580 ettari …
La salita è lunga complessivamente 7,5 chilometri, con una pendenza media del 17,6% e una massima del 37%. La salita non ha mai ospitato corse agonistiche perché la strada attualmente non lo consente. È raggiunta nel periodo estivo da molti biker e cicloamatori che si cimentano nella sfida della scalata. Dopo un chilometro è possibile ammirare lo storico stradale che segnala un dislivello del 45% che però è riferito solo al tratto interno di uno stretto tornante che si trova lungo la salita ma che rende bene l'idea della difficoltà dell'ascesa. Il tratto più impegnativo è costituito dai successivi 2 chilometri; passato il Dos della Soga le pendenze diminuiscono ma rimangono per diversi tratti al di sopra del 20%, lasciando poco spazio per riprendere fiato. Rimangono al termine dell'ascesa altri 4,5 chilometri impegnativi tra boschi e radure. La salita termina quando a 1515 m s.l.m. la strada cementata lascia posto ad una strada forestale che si addentra nell'altopiano della Scanuppia che è possibile attraversare con una mountain bike piuttosto che affrontare la discesa.
Essa infatti può risultare molto pericolosa per il surriscaldamento dei cerchi in frenata che può portare all'esplosione delle camere d'aria.
In particolar modo è sconsigliabile l'uso della bicicletta da corsa per i problemi in discesa e per i rapporti meno agili rispetto alla mountain bike.

Quota di partenza:
mt 198
Quota di arrivo:
fine strada cementata metri 1515
Lunghezza:
km. 7,5
Dislivello in salita:
mt. 1317
Pendenza media:
17,6%
Pendenza max. rilevata (riferita a tratti di 100 mt):
45 %


Anche se questa salita si risolve in un vicolo cieco, che ti costringe a ritornare per la stessa via, non sarebbe stato bello percorrerla in moto? Già mi immaginavo le grosse endurone arrivare in fondo con i freni arroventati, i dischi color del fuoco.
Mi tornava poi alla memoria un racconto del mio amico Teppo da Rovereto, in cui narrava di aver salito tale strada, per poi avventurarsi in un sentiero da trial per scendere sull’altro versante del massiccio montuoso; lo contattavo per avere notizie di prima mano. Il Teppo quasi sminuiva il mio entusiasmo, diceva che non era niente di che la strada, che non scendessi a Rovereto solo per farla, avrei potuto rimanere deluso! Cosa più importante, accennava ad un divieto, che però a suo dire non era rispettato da nessuno e tantomeno fatto rispettare dalle autorità … necessitava un sopraluogo.
Si organizzava quindi una notturna, io, Massimo e Max37, ma la mia partecipazione saltava.
I 2 Max la facevano comunque, i loro commenti erano positivi sulla Scanuppia, ma scoprivano anche che era vietata, quindi non omologabile per il Dualissimo.
Ma chi se ne frega, io un giro alla Salita della Morte me lo faccio lo stesso, divieto o non divieto!

VALDASTICO FELIX

Partenza di buon mattino, destinazione gli altipiani trentini di Folgaria e Lavarone, da cui poi scendere in Vallagarina e scovare la famigerata Scanuppia.
Il reticolo di mulattiere e sterrati, eredità del 1915-1918,sarà il filo guida della prima parte del giro.
L’antipasto sono i tratturi della bassa Valdastico, immersi nel verde di un bosco sempre più abbandonato dall’uomo, che anno dopo anno recupera spazio a campi e prati un tempo coltivati dagli abitanti delle contrade. Per fortuna che ci sono le moto che tengono aperti i sentieri!

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Da poco è sorto il sole nella Valdastico…

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… ed io sono già in azione sulle sue mulattiere. Poggio di Curegno, estremo limite dell’avanzata austriaca nel 1916.

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Ponticciolo in pietra.

Poi inizia l’ascesa per la spettacolare strada del Riofreddo, sicuramente uno dei più lunghi e affascinanti percorsi del Triveneto.
Ne ho parlato, scritto e fotografato tante volte, con la neve, la pioggia, il sole, in solitaria e in compagnia; non saprei che altro aggiungere, ma non posso rinunciare ad una sosta fotografica, è troppo bella questa via!
L’anno scorso si era parlato di divieti istituiti, divieti solo in determinati giorni, solo in determinati tratti … ciò mi aveva rattristato non poco. In questa uscita trovo tutto aperto, anche sulla deviazione della Cuccà: meglio così, anche se mi viene il dubbio che “qualcuno” faccia sparire i cartelli. Incontro anche degli operai forestali, ma non dicono nulla al mio passaggio.

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Il Pasubio fa capolino fra le chiome degli alberi.

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Questa strada ti fa sentire piccino picciò.

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Il Riofreddo è sempre affascinante.

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Novegno e Capel del Vescovo. Visto da questa parte pare impossibile che ci sia dall’altra parte della montagna una città da 40.000 abitanti!

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Capel del Vescovo: punto d’osservazione austroungarico del 15-18.

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La luna ancora indugia in cielo.

TRENTINI … BRUTTA GENTE (o almeno gli amministratori)

Ok, sono in Trentino, altipiano di Folgaria. Devo scendere l’altro versante e andare a cercare la Scanuppia. Ma per scendere posso anche salire: ossia posso salire al monte Finonchio, col suo rifugio a picco sull’Adige, dove concedermi un rinfresco, e poi scendere per stradine secondarie a Rovereto.
Ma ho fatto i conti senza l’oste, ossia il sindaco di Folgaria. Intanto chiariamo una cosa: sto parlando di strada sterrate o asfaltate, aperte al transito. Ma non questa estate! Con una ordinanza, volta a tutelare la tranquillità dei turisti che passeggiano, ha vietato il transito in tante strade sterrate, e pure asfaltate, anche di collegamento fra paesi, che percorrono i boschi. Il divieto vale nella fascia oraria 9-18, o giù di li.
Ma che palle! Ma che nervoso! Ma cosa credono di tutelare? Intanto il rifugio si perde il mio denaro, che lo sappiano!

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L’esule dell’enduro.

Scendo per asfalto verso valle, ma quando noto una indicazione di un percorso nei boschi non esito a imboccarlo. Non ci sono cartelli di divieto, ma sono certo che su un simile percorso non si potrebbe andare; ma intanto…andiamo!
All’inizio è ancora potabile, per la stazza del 750, ma ben presto la faccenda si fa complicata; la mulattiera inizia a scendere con pendenza elevata, il fondo è a gradoni di roccia e scaglie, cosparsi di foglie; della serie: di qui si scende solamente, forse … a risalire manco a pensarci, se il sentiero è bloccato sono cazzi! Qualche punto è troppo ripido, devo scendere e accompagnare la moto a lato.
Sono lunghi istanti di paura e angoscia, non è la prima volta che mi caccio in simili situazioni, e non sarà l’ultima, ma ogni volta mi do dell’emerito coglione!
Dopo qualche minuto la mulattiera si distende, e presto appaiono tra le fronde degli alberi le sagome di una contrada: andata anche stavolta!
Lascio perdere altre divagazioni e tosto vado a cercare la Scanuppia.

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Quando il gioco si fa duro … i furbi stanno a casa!

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Fatta!

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Castel Beseno, antico feudo della famiglia Trapp; non mi dispiacerebbe avere una dimora così, essere il Signore incontrastato di montagne e valli, con i sudditi fedeli che stendono sotto ai miei tasselli centinaia di km di mulattiere e sentieri!

SCALARE LA SCANUPPIA
Il primo problema è stato trovarla. nessuna indicazione in paese. Arrivo sotto alla montagna che inequivocabilmente è quella scalata dalla strada, ma l’imbocco dov’è? Vado su e giù per la polverosa strada di accesso ad una cava, finché non mi accorgo che oltre il guado cementato di un torrente c’è l’inizio della strada.
Purtroppo la situazione percorribilità non è rosea come diceva Teppo: un cartello consente l’accesso solo ai proprietari di fondi e parenti affini fino al 1° grado (accidenti, nemmeno passare come un lontano cugini potrei!) e dotati di mezzi a trazione integrale!
Subito dietro, il famoso cartello dei 45° gradi.

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45%!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Sopra…

E facciamola, sta benedetta strada!
Ovviamente in salita nessun problema col 750, ci mancherebbe; il cemento, dalla superficie rugosa, ha un grip eccellente. Però moto così grosse di cilindrata hanno tendenzialmente rapporti lunghi, la strada ha pochi rettilinei e tante curve, procedevo sempre in 1° e 2°. Più 1° che 2°, le curve soprattutto sono incredibilmente ripide, sono da prendere il più possibile larghe, in modo da sfruttare il punto di pendenza minore, anche perché chiuderle verso il centro, nella malaugurata ipotesi che ti si spegne la moto, si andrebbe incontro ad una caduta rovinosa.
Credo che cinquantini, 125 depotenziati, piccole moto a 4T avrebbero problemi a salire di qui; ma anche le grosse stradali da 100 e passa cv, con i loro semimanubri raso terra, farebbero fatica a chiudere le svolte!
La strada ha anche un aspetto religioso, numerosi sono i capitelli, le edicole, le immagini sacre che scandiscono l’ascesa; addirittura i capitelli più grandi hanno fontanelle che rinfrescano il viandante e panche dove riposarsi.
Le foto non rendono veramente l’idea di quanto sia ripida!
Dopo aver scalato, è proprio il caso di dirlo, il pendio verticale della montagne, si entra in un altipiano boscoso carinissimo; qui la strada continua a salire, congiungendo vari gruppi di baite, compiendo un percorso abbastanza tortuoso, alternando momenti dove è quasi piana ad altri strappi in salita notevoli, ma non come i primi km.
Il minuscolo altopiano è molto suggestivo, con numerose mulattiere che partono da ogni dove; probabilmente muoiono nel bosco o si ricongiungono poi con la strada principale, ma così da prima impressione sembra un luna-park del fuoristrada: non stento a capire il perché ne sia vietato l’accesso, i fortunati possessori delle baite ci tengono alla loro tranquillità.
La strada terminerebbe a malga Palazzo, una costruzione di origine medievale che aveva la funzione di residenza estiva da caccia per la famiglia Trapp, i signori di Castel Beseno.

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..e sotto: Pendenza 1.

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Pendenza 2.

Ma una sbarra chiude il passaggio: ho una moto troppo grossa per tentare di scavalcarla a lato, ovviamente nemmeno ci provo, ma commetto lo stesso un errore. Mi fermo troppo sotto alla sbarra, e indietreggiando finisco con la ruota posteriore giusto dentro la canaletta scavate nel cemento per lo scolo dell’acqua: ahi, non riesco più ad uscire!!
L’Elefant pesa troppo per riuscire ad alzarla di peso dalla trappola, e se inserisco la marcia e avanzo con la moto non ho spazio per manovrarla, in quanto vado a finire con l’avantreno a ridosso del pendio e della sbarra; sono in trappola!
Ma dove soccombe la forza bruta riesce l’astuzia; recupero tutto attorno grossi sassi con cui riempio la canaletta, a valle della moto; indietreggio con decisione la Cagiva, i sassi fanno da sponda e da invito e la ruota salta fuori dalla fessura: e anche stavolta è andata!
Ritorno sui miei passi; anche se non ho raggiunto Malga Palazzo la missione è compiuta, ho fatto la Scanuppia.

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Non potevo esimermi dal cacciarmi nei guai, ovviamente!

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Sosta pranzo in uno dei numerosi capitelli.

Bastano pochi km a mettere in crisi il freno posteriore; mi fermo a mangiare il panino nei presi di una delle fontane.

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Continental TKC80, la gomma giusta per la vostra maxi-enduro! Asfalto, cemento, sterrato, il max in ogni condizione! (scusate la marchetta pubblicitaria, ma secondo voi con cosa pago la benzina, l’assicurazione, il bollo, ecc., ecc.).

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Cava 1.

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Cava 2.

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Pendenza 3.

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Adige.

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Pendenza 4.

Al momento di ripartire avevo un po’ di timore nell’affrontare il pezzo più ripido, che i freni mi facessero ancora scherzi, ma poi dosando con attenzione freni e marce basse scendevo a valle senza problemi.

LA MARZOLA PROIBITA

La Marzola è un gruppo montuoso che si erge sopra Trento, su versante sinistro della valle; ha l’aspetto di una lunga cresta affilata, che raggiunge i 1.700 metri di quota.
Intorno a quota 1.000 c’è un rifugio dal nome omonimo, e su di un sito dedicato ai rifugi è indicato come raggiungibile tramite strada carrozzabile in parte sterrata; poteva essere interessante, mi dissi.
Sulla mappa Kompass la montagna è percorsa da un reticolo di carrarecce e sentieri assai esteso, anche se quasi tutti avevano il simboli del divieto; ma ho avuto modo di sperimentare più volte che non sempre queste cartine sono precise nel mettere i divieti, spesso proibiscono strade aperte.
Valeva la pena verificare, magari riuscivo a chiudere qualche anello sterrato.
L’inizio era promettente: infilavo non un sterrata qualsiasi, ma una mulattiera larga un paio di metri, dal fondo di morbida terra, che con tanti tanti tornati immersi in bosco di pini marittimi mi portava ai ruderi di una fortificazione ottocentesca, il Forte Brusafer.
Una tabella mi informava che faceva parte del campo fortificato di Trento, ed era destinato a proteggere la città, allora austriaca, da una potenziale minaccia italiana proveniente dalla Valsugana, assieme al suo gemello Fornas, ubicato sull’altro lato della valle.
Ne visitavo gli interni, messi alquanto male per la verità.
Questo ampio sistema difensivo, che controllava tutti gli accessi alla città di Trento, comprendeva, oltre al forte Fornas e il forte Brusafer, i forti di Mattarello e Romagnano che presidiavano l'accesso dalla valle dell'Adige e il forte di Vela che presidiava la direttrice della valle dei laghi.
Dal forte cercavo una via di salita alla Marzola; una prima traccia proseguiva in falso piano, in direzione opposta a quella che volevo percorrere perdi più, ed era pure un sentiero da XR, largo mezzo metro solamente: no buono per l’Elefante.

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Forte Brusafer: esterno.

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Interno.

Il secondo sentiero andava nella direzione giusta, ma era sbarrato da una sbarra a pettine: impossibile passarci con il Cagiva, nemmeno di lato; e difatti il sentiero oltre la sbarra non era molto curato, sembrava proprio lasciato a se stesso: almeno se ci passassero le moto le erbacce non crescerebbero! Mi colpiva anche per un altro motivo questa sbarra: era di metallo, vecchia, in parte arrugginita, evidentemente messa in opera tantissimo tempo fa, e difatti il cartello di divieto recava, come data della legge regionale o provinciale applicata ,il 1978!!!
Tanto per fare paragoni, la legge regionale che vieta il fuoristrada in Friuli è del 1991, e quella del Veneto credo sia del 1992, oltre un decennio dopo. Non che negli anni 70 non ci fossero divieti in Veneto: sfogliando un vecchio numero di una rivista locale ho trovato un articolo del 1977 dove i regolaristi di allora si lamentavano della istituzione del divieto nei boschi attorno alla città … talaltro chi scrisse l’articolo lo conosco, c’ho pure girato assieme in moto! Però mi colpisce che, mentre in Veneto si avevano ancora provvedimenti sparsi di singoli comuni, e si arriverà ad una regolamentazione generale in senso restrittivo solo negli anni 90, in Trentino lo avessero fatto già nel ’78: ciò la dice lunga sulla ostilità verso il fuoristrada in questa regione.
Lascio perdere questo sentiero e scendo a valle, per imboccare un’altra sterrata; promette bene, ma poi trovo la solita sbarra; solo che in questo caso riesco a girarci attorno: che fare? Fare il giro per l’asfalto vorrebbe dire scendere a Trento città, che palle; decido di passare, confidando nella giornata feriale.
Però la manovra non è facile, in realtà ho calcolato male lo spazio, ci passo a malapena, farlo in senso contrario sarebbe un problema.

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Riuscirà il nostro eroe ad uscire dalla selva?

Bellissimo percorso, a quota costante su mulattiera ghiaiosa, circondata da pini marittimi, alti sopra la città; quand’ecco che davanti alla ruota mi si para un grumo di cacche di cavallo, fresche.
Cosa avrebbe fatto grande guerriero pellerossa Cavallo Pazzo? Con l’indice e il pollice avrebbe colto un frammento di merda, lo avrebbe tastato, annusato ed assaggiato, sentenziando: fatto cagata ad alba sole, nemici a mezza giornata di viaggio, giumenta di 5 anni, affetta d meteorismo!
Ma io non sono così versato in materia, mi limito ad osservare che è fresca, ma non fumante; quanto avanti saranno? Rischio di finirli dietro? Rallento la marcia e avanzo cauto.
Finchè non capito in una radura attrezzata a picnic; dire che era bella è offenderla: erba rasata e curatissima, sottobosco pulitissimo l’ipotetico giardino di casa mia non sarebbe così! Tavoli, panchine, tabelle dei sentieri, tutto in ordine e perfetto: mi sento come se fossi sulla tazza del water e all’improvviso aprono la porta e davanti c’è una comitiva di suore! Imbarazzatissimo!!!!!!
C’è un bivio; un sentiero salirebbe verso il rifugio Marzola, mentre la strada sterrata su cui sono di li a poco dovrebbe passare a lato di un altro rifugio, il P.Prati ai Bindesi, dove ha sicuramente termine il divieto. Non voglio passare davanti al rifugio, ma non posso nemmeno rischiare un sentiero in salita; opto per la prima scelta. Ma quando arrivo in prossimità del rifugio, di cui vedo il parcheggio, pieno di macchine talaltro, cosa mi trovo? L’ennesima sbarra! Insuperabile! A sinistra un muro, a destra un declivio molto ripido verso il parcheggio, situato sotto il livello della strada, declivio che termina con un muretto a secco alto almeno mezzo metro.
Cosa faccio? Oso … accompagnando la moto tenendola a fianco scendo cautamente il declivio, verso un punto in cui il muretto è più basso e presenta un invito a scendere; sopra il ciglio del muretto lascio andare i freni, la moto salta a terra e riesco a tenere il manubrio, senza far rovinare a terra la Cagiva! Nessuno mi ha visto, salto in sella alla moto e scappo via, Robin Hood del tassello qual sono.

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Tipico habitat marzoliano: foresta, raro sterrato aperto al transito, sbarra.

Dai Bindesi mi tocca scendere fin a Trento città; da lì risalgo verso la Marzola, al passo del Cimirlo, da cui parte la strada per il rifugio Marzola; ma si rivela un pacco, questa strada, tutta asfaltata fino al rifugio, e nemmeno particolarmente bella, essendo sempre immersa nella foresta tranne che nell’ultimo tratto; per farla completa, il rifugio è chiuso per ristrutturazione, nemmeno una birretta per festeggiare lo scampato pericolo.
Provo l’unico sterrato aperto che trovo, che conduce ad un altro rifugio, (il Fontana dei Gai, giuro si chiama proprio così!) ma è chiuso pure quello! È l’estate dei rifugi chiusi, la mia!
Ritorno al Cimirlo e scendo verso Pergine; trovo una piacevole via alternativa su fondo naturale, un acciottolato alternato a tratti di polverosa terra battuta, che mi fa scendere a Roncogno.
L’esplorazione per oggi è terminata; per il passo della Fricca rientro in Veneto, e la Valdastico mi riporta velocemente nella mia piccola patria.
Ma con la Valsugana non ho ancora finito…

Ciao
Alves

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Messaggio da yoshi » lun 17 nov, 2008 1:06 pm

che dire!!! meglio che esserci ,bravo :D

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max37
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Messaggio da max37 » lun 17 nov, 2008 1:34 pm

complimenti
Max37

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La cosa più deliziosa non è non avere nulla da fare. E' avere qualcosa da fare e non farla.

Oggi non faccio niente perchè ieri non ho fatto niente ma non avevo finito.

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cichetelo
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bravo

Messaggio da cichetelo » lun 24 nov, 2008 1:53 pm

Bravo Alves complimenti, ci fai sempre sognare!!!!
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Messaggio da frank » lun 24 nov, 2008 3:21 pm

complimenti...
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Messaggio da rerechan » mar 25 nov, 2008 7:19 pm

Quand'e' che scrivi un bel libro con foto???? :P
chi va piano,
va sano e...
ammira il paesaggio.
(E magari vede le fate nei boschi!!)

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max37
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Messaggio da max37 » mer 26 nov, 2008 1:27 am

guarda che poi si monta la testa :lol:
Max37

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La cosa più deliziosa non è non avere nulla da fare. E' avere qualcosa da fare e non farla.

Oggi non faccio niente perchè ieri non ho fatto niente ma non avevo finito.

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Messaggio da abe70 » mer 26 nov, 2008 11:19 pm

Mi inchino alla tua bravura, racconto stupendo e foto bellissime.
ABE70

husqvarna100
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Messaggio da husqvarna100 » mer 26 nov, 2008 11:54 pm

Bravo Alves.
Le foto e l'esposizione sono,come sempre,stupende. :D

Ciao.
Claudio.
Ultima modifica di husqvarna100 il gio 01 gen, 1970 1:00 am, modificato 1 volta in totale.

alp
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Messaggio da alp » gio 27 nov, 2008 12:38 am

rerechan ha scritto:Quand'e' che scrivi un bel libro con foto???? :P
Insisti un po' anche tu. Io è da tanto che glielo ripeto.

E continuo a ripetermi: bravo Alves!! ... ma perchè non viaggi con qualcuno che ti faccia compagnia?
A presto e...
Buon motortrip,

alp

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