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DISPATRIO VI: SUL FIL DEL COL (Prealpi Bellunesi)

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SuperHank
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DISPATRIO VI: SUL FIL DEL COL (Prealpi Bellunesi)

Messaggio da SuperHank » lun 15 dic, 2008 7:12 pm

ENDURO DEL DISPATRIO VI: SUL FIL DEL COL

ALLA RICERCA DELL’ENDURO PERDUTO III

A.D. 2000: con la scusa di andare a trovare il mio ex compagno di università Paolo a Belluno, mi facevo una solitaria di 2 gg giro in giro per le Prealpi Bellunesi e Trevigiane, percorrendo in maniera contorta, ora su un versante, ora sull’altro, il sottile crinale montuoso che dal Col Cesen, a vista del Piave, prosegue senza soluzione di continuità fino al Col Visentin e all’altopiano del Nevegal sopra Belluno.
Bellissimo giro randagio mezzo su sterrato, mezzo su asfalto, sempre comunque su strade secondarie; un giro martoriato dal maltempo, soprattutto il secondo giorno, in cui fui accompagnato da temporali per tutta la pedemontana fino a casa. Il momento più bello: il pranzo al rifugio del Col Visentin, arroccato sulla cuspide del monte ad oltre 1.700 metri di quota, rintanato al calduccio nelle piccole stanze, mentre al fuori dei vetri nuvole nere galoppavano veloci sospinte di venti di burrasca e la pioggia sferzava le finestre!

A.D. 2007: mi viene voglia di rifare, per quanto possibile, grandi giri in fuoristrada degli anni passati, e le Prealpi Bellunesi e Trevigiane non possono mancare.
Purtroppo non ho più la vecchia XR600, la nuova, si fa per dire, Cagiva Elefant 750, per cui ambisco a fare tutto il giro, o almeno parte di esso, in una sola giornata.
Le premesse erano buone, una giornata stupenda:

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Fra terra e cielo

Godo per tutta la mattina a scorrazzare sulle sterrate del Col Cesen, già in vista del pranzo in qualche malga pregusto la rincorsa pomeridiana fino al Col Visentin, quand’ecco che, sul più bello, mi casca il bauletto!
Tranciati i supporti della piastra porta bauletto, che moto fatta di merda! Fine del giro; in qualche modo mi arrabatto con delle corde elastiche per non far cadere il bauletto e lentamente ritorno a casa.

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Cagiva, la Moto di Merda!

A.D. 2008: voglio, fortissimamente voglio, porre una pezza al giro mancato dell’anno prima.
Con una strategia innovativa: invece di attaccare il primo sterrato il più possibile vicino a casa, e poi di sterrato in sterrato allontanarmi sempre più, capovolgo la prospettiva; mi porto direttamente per asfalto al punto più distante che volevo raggiungere, in questo caso il Col Visentin, e da quello intraprendo il ritorno a casa il più possibile a lungo in off; allo scadere del tempo utile, deviazione su asfalto e casa.
Così avrei fatto prima gli spot lontani, che in una mezza giornata non son raggiungibili, sacrificando quelli più accessibili: sono un genio.
Nella pratica l’avvicinamento alla salita del Col Visentin, che inizia a pochi km da Vittorio Veneto, è lunga e penosa. Le SS e SP della pedemontana veneta sono strette, trafficate, attraversano 100 paesini, ognuno col suo bel semaforo, e la velocità media scende a livelli da ciclomotore!
Non sono un asfaltatore selvaggio, uno di quelli che si lamentano invocando la costruzione di strade, tangenziali, superstrade, ecc., categoria di persone molto diffusa in Veneto, non solo tra gli addetti ai lavori come trasportatori o imprenditori, ma anche tra la gente comune (uno per tutti, mio padre!).
Ma per una volta sono d’accordo con loro; se andate su googlemaps e digitate come itinerario “Schio-Pordenone” no autostrade, otterrete una traccia di “136 km – circa 2 ore 54 min”, per una incredibile media di 45 km/h!!!! Ed assicuro che è una stima reale, quarto d’ora più o meno, anche in moto, a meno che di guidare come fuorilegge, fregandosene di autovelox, limiti, semafori, ecc., ecc..
Ora che possiedo una moto che viaggia veloce, se ci fosse una superstrada pedemontana in poco più di un’ora sarei in Friuli, ed in questo spazio di tempo sono compresi i migliori spot fuoristradistici rimasti nel triveneto: Altipiani, Grappa, Prealpi Bellunesi e Trevigiane, Alpago, Cansiglio, Meduna, Cellina e Tagliamento!
La Autostrada Pedemontana la faranno, con il contorno di proteste locali (e li capisco, chi è che vuole una autostrada sotto casa?), ma con i tempi italiani chissà se la vedrò finita prima di appendere il casco al chiodo, o prima che l’ultimo sterrato sia asfaltato o vietato …


ANDATA

Perso in questi pensieri arrivo finalmente al Piave, che attraverso al ponte di Vidor, per attraversare lentamente il Quartier del Piave in direzione di Pieve di Soligo: i piccoli paesi di campagna hanno tutti il suffisso “della Battaglia” in ricordo delle battaglie del 1917-18. Alla mia destra, oltre le estese grave del Piave, si erge la lunga sagoma del boscoso Montello, mentre a sinistra basse colline quasi completamente coltivate a vite destinata al pregiato Prosecco di Valdobbiadene chiudono l’orizzonte.
Mi piacerebbe indugiare fra queste balze che furono teatro di tante gare nel periodo d’oro della Regolarità (La Marca Trevigiana è un importante MC), spingermi sul greto del fiume Sacro alla Patria, girovagare fra le “prese” del Montello (La collina è percorsa per tutta la sua lunghezza dalla SP 144, intersecata quasi perpendicolarmente da 21 prese, stradine poco trafficate e talvolta sterrate che si inerpicano lungo un fianco della collina e ridiscendono dal lato opposto. Sono il risultato della politica forestale di Venezia (il nome deriva da "prendere il legname") e dei vari lavori di manutenzione e lottizzazione dei secoli successivi; vengono indicate tramite un numero e un nome che solitamente ricorda i caduti della Grande Guerra).
Ma la strada è tanta e il tempo tiranno, vado oltre, risalgo la valle del fiume Soligo fino ai graziosi laghetti gemelli di Revine, il lago di Santa Maria e il Lago di Lago (si chiama proprio così, geniale, un lago chiamato lago!)

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Laghetti di Revine.

Anche qui vorrei rallentare la marcia, per oziare in qualche prato lungo le rive del lago, all’ombra di un albero; sono laghi poco turistici, frequentati da locali o poco più, lontani dallo schiamazzo e dalla mondanità che si respira sulle rive dei grandi laghi italiani, Garda in testa.
Non mi stupirei di scorgere in una barchetta il cappellacio in paglia del leggendario Sampei, il ragazzo pescatore della animazione giapponese, intento a pescare il “Luccio Maledetto del Lago di Lago”, o la “Carpa Spaziale del Lago di Santa Maria” … generazione traviata dai cartoni giapponesi la mia!

Finalmente arrivo al bivio per il Col Visentin, segnalato alla meno peggio; inizio la prima parte della salita, tediosamente asfaltata, noiosamente serpeggiante fra le contrade e i borghi di mezza montagna.
Ho già guadagnato discretamente quota quando sento un fruscio sul lato sinistro della moto: mi volto e che vedo? Ho perso il coperchio della valigia in alluminio!!!! PORC.. DI QUEL… PUT…!!!!
Attorno non la vedo; probabilmente non l’ho chiusa bene quando mi sono fermato al lago per fotografare: panico! Dove è volata? E se è finita addosso ad un altro veicolo, o ad una persona? Impossibile, mi avrebbero suonato il clacson!
Torno sui miei passi, è il caso di dirlo, a passo d’uomo, scrutando ogni cespuglio, ogni fosso per vedere di ritrovare il coperchio; scendi, scendi, scendi ritorno fino al lago: niente da fare!
Ritorno in su, allora, sempre a passo d’uomo; la ritrovo a 10 metri da dove mi ero fermato, in uno scolo dell’acqua piovana che non avevo visto; per fortuna nessun danno a terzi, ma un’ora buttata nel cesso così, stupidamente.
Se in un giro in moto, qualsiasi giro in moto, con qualsiasi mezzo, non mi ficco nei guai, non mi capita qualche sfiga di sorta, non rompo qualcosa io non sono soddisfatto.

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Qui, nel lontano 1999, mi rifugiai per sfuggire ad un fortunale: ora una targa ricorda il mio passaggio.

Posso finalmente riprendere l’ascesa al Col Visentin.
Un moto di dolcezza mi sale alla vista di un vecchio casolare: ricordo bene che, nel 1999, dunrate la discesa dal monte in mezzo ad un nubifragio fortissimo, mi riparai la dentro per cambiarmi e attendendo che spiovesse.

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Si vede che siamo in Veneto … la manutenzione strade è quuantomeno carente!

Negli ani scorsi avevo letto di tristi progetti di asfaltare tutta la salita, ma per fortuna noto con sollievo che nulla è stato fatto; gli ultimi km di strada asfaltata sono trasandati, abbandonati all’incuria, e lo sterrato inizia dove più o meno lo ricordavo.
Un cartello vergato a pennarello dice “NO QUAD” e noto con piacere che agli odiati veicoli a 4 ruote non sono accomunate le moto!
Cosa dire su questa strada?
Che è bella!
14 km di sterrato, largo, piatto e poco pendente, godibilissimo con le grosse enduro; la prima pare corre sul fianco sud del monte, affacciato alla pianura trevigiana; poi nei pressi di una forcella si scollina ed appare lontana la val Belluna; da li in poi gli ultimi tornanti salgono un esile crinale, ad ogni curva si alternato le vedute dei 2 versanti. Infine la montagna si restringe sempre più, una sorta di piramide sghemba sulla cui cuspide una selva di antenne e ripetitori annuncia la presenza del Rifugio V Artiglieria Alpina/Col Visentin a metri 1764, la sommità.

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Finalmente lo sterro … e la mia meta lassù.

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Uno sterratone superbo, favoloso, roba d’altri tempi.

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La Val Belluna.

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Il Visentin si avvicina.

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L’Elefant al Visentin.

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Dal rifugio la strada appena percorsa.

È quasi mezzogiorno, e uno spuntino me lo merito.
Entro in rifugio, e la ostessa mi rivolge la parola in tedesco: le mie valige in alluminio fanno tanto “Deutchland”, la hanno tratta in inganno.
Un piattone unico di funghi, sottaceti, polenta, carne, birra mi ritempra lo spirito e la carne, piacevolmente assiso sulla terrazza panoramica. Pochi gli avventori: un coppia in 4x4, 2 coppie anziane di camminatori, 2 giovanissimi tedeschi sfatti dalla salita a piedi, soprattutto lei, quasi neanche parla ai 2 vecchietti che gestiscono il rifugio e conoscono bene la loro lingua.
Si sta bene lassù, poi il rifugio all’interno ha le pareti farcite di ricordi del 15-18, proclami alle truppe, bollettini di guerra, memorabilia, da perderci ore a leggerli tutti.
I gestori poi sono ruvidi ma simpatici, non fanno gli schizzinosi al fatto che sono un motociclista e non un “puro” camminatore, d'altronde i denari fanno sempre comodo, qualunque sia la loro provenienza: come disse l’imperatore Vespasiano mettendo una tassa sull’urina, “pecunia non olet”! Di più, l’oste mi da preziosi consigli per proseguire il mio giro, rimanendo in quota sugli sterrati, invece di scendere a valle ripetutamente come avevo fatto nel 1.999.

RITORNO

Il viaggio di ritorno filava liscio come l’olio: finalmente!
Ripercorrevo quasi tutta la discesa del Visentin fino ad un bivio indicatomi dall’oste; lo stradello sterrato rimaneva in quota sul versante trevigiano della catena montuosa, fino ad immettersi sulla strada asfaltata che sale da Revine alla località Pian delle Femene, amena sella tra le 2 province.
Nulla di maestoso e grandioso, proprio come piace a me; uno di quei luoghi dove non arriveresti mai, senza una moto da enduro, non perché ci siano difficoltà tecniche insuperabili, tutt’altro, ma perché la moto da enduro ti invoglia a percorrere strade alternative, poco trafficate, sterrate ma non solo.; per riassumere il luogo basta dire che c’è il solito bar rifugio, alcune case baite di vacanza, un monumento alle partigiane del 43-45 e un piccolo museo della resistenza, purtroppo chiuso; dalla targa alla base del monumento capisco che qui è accaduto qualche episodio di lotta partigiana che ha visto impegnate delle donne, ma allora mi domando se viene prima l’uovo o la gallina, ossia se questo passo ha guadagnato l’appellativo “femene” per questa vicenda di donne guerriere, o se chiamava così anche prima della guerra, e il fato ha voluto che vi accadesse un episodio di guerra al femminile: non ho trovato risposta.

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Pian delle Femene.

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I laghi di Revine.

Nel 1.999 ero arrivato qui esattamente dalla direzione opposta, risalendo da Valmorel nel bellunese un valle secondaria; nel’ultimo tratto la sterrata si trasformava in una carrareccia, poco più di una mulattiera, poco meno di un letto di torrente in secca, ma la mia fida XR600 mi trasse d’impiccio senza esitare! Poi scesi a Revine per andare ad affrontare il Col Visentin.
Stavolta rimango in quota e procedo in direzione sud ovest su di un piacevole sterrato che mi regala ampie vedute sui laghi e sulle colline trevigiane che avevo attraversato nella mattina.

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Panoramica sterrata in costa.

La mia corsa sul crinale raggiunge la tappa successiva a “La Pose”, località che prende il nome da una piccola pozzada bestiame, panoramico balcone sulla valle del Soligo; alcuni deltaplani sono in procinto di partire, altri già volteggiano alti nel cielo, un monumento a forma d’ala non lascia spazio a dubbi: questo è un luogo assai frequentato dagli appassionati di volo libero.
Una piacevole sterrata, a tratti dal fondo un po’ sconnesso, perde quota ma poi si stabilizza e gira attorno ad un monte prominente sulla sottostante pianura e sulla stretta valle che conduce al passo di San Boldo.

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La Pose.

A dirla tutta qui ci sarebbero dei cartelli di divieto, ma un po’ confusi e posticci, tanto da far pensare che siano autoprodotti da qualcuno che non vuole veder passare gente, ma confidando nella mia buona stella proseguo; e ho fatto bene.

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Sul vecchio San Boldo.

Il passo San Boldo mette in comunicazione la trevigiana Valmareno e la Valbelluna. Non è certo un valico dalla altezza vertiginosa, supera di poco i 700 metri; la sua originalità viene dalla orografia del terreno: mentre il versante bellunese digrada dolcemente verso il Piave, nell’altro lato la valle è una stretta forra terminante in scarpate rocciose; infatti la strada carrozzabile fu realizzata solamente nel 1917-18 dal genio austriaco, quando queste zone erano occupate dagli austriaci a seguito della disfatta italiana di Caporetto
La tortuosa strada carrozzabile che conduce al passo da Tovena (SP 635, ex SS) fu costruita nell'inverno 1917-1918 dal genio austriaco durante la prima guerra mondiale. La testata della valle era talmente stretta che non c’era posto per i tornanti, che furono realizzati dentro la roccia, in galleria, e tali sono rimasti.
Data la ristretta carreggiata, oggigiorno il loro transito è a senso unico alternato, regolato da semafori: poco pratico e veloce quando si ha fretta, ma molto suggestivo per il viaggiatore curioso alle cose un po’ strane!

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I tornanti in tunnel del San Boldo dal’alto.

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Tunnel By Herbert Martin in Panoramio-google Earth.

Nella 2 giorni 1.999 transitai un paio di volte sul San Boldo,, se non ricordo male, in entrambi i sensi di marcia; stavolta sfioro solamente il culmine, senza vedere da vicino i suggestivi tunnel, e proseguo per altre sterrate verso il passo Paderadego

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Nella foresta della destra Piave, Belluno.

Il passo di Praderadego è un altro piccolo valico che mette in comunicazione la Valmareno e la Valbelluna. Addirittura sul versante trevigiano è ancora in parte sterrato, sebbene raggiunga appena 910 m.s.l.m..
Si ritiene che per il valico passasse una variante della Via Claudia Augusta Altinate, strada imperiale romana, dal nome dell’imperatore Claudio, che collegava la pianura padana con la Germania.
Questo luogo mi colpi moltissimo, quando vi arrivai la prima volta, tanto che anche qui ripassai 2 volte in 2 giorni. C’era la nebbia, era freddo, l’atmosfera era magica; oggi c’è il sole, ma a distanza di 10 anni è come allora: una piccola osteria, una chiesetta, qualche casa alpina o malga, lo sterrato che ancora scende nell’altro versante; immagini che suggestionano la mente, che si lascia andare a fantasticherie di quando il viaggiare non era correre da un casello all’altro dell’autostrada, chiusi fra 2 guard-rail, ma si attraversavano paesi, ambienti, si incrociavano persone, i ritmi erano più lenti ed umani.

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Passo Praderadego 1.

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Passo Praderadego 2.

Dal Praderadego mi aspetta l’ultima parte della traversata, il tratto che, passando dal Col de Moi, giunge alla zona del rifugio Posa Puner, di Pianezze e del passo Mariech sul monte Cesen.
Nel 1.999, complice la nebbia, avevo tirato dritto, confidando nella copertura fumogena; ma oggi mi va lusso: da malga Canidi a malga Mont c’è il divieto, ma vale solo nei finesettimana dal 15 gigugno a 15 settembre: posso passare. Ma per essere del tutto certo e non aver sorprese entro nella malga a chiedere lumi sulla liceità del passaggio; l’oste mi rassicura sull’aspetto legale, ma mi avverte che con quella moto (il mio Elefant!) non sa se riuscirò a passare, la sterrata diventa mulattiera ed è molto accidentata.
Trattengo a stento le risate sotto ai baffi: povero ingenuo, non sa che la mia Elefant, illustre discendente delle plurivincitrici in terra d’Africa non si ferma certo per 4 sassi di traverso sulla ruota!
E così sarà: una bellissima corsa sul fil del col, a cavallo delle 2 vallate.

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Sulle creste delle Prealpi Trevigiane, malga Canidi laggiù in fondo.

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Verso Il Col de Moi.

Giunto in zona Cesen mi concedevo una meritata sosta all’osteria di Milies, prima di intraprendere il noioso ritorno lungo la pedemontana, fino alla base.
Grande giro anche questo!

Ciao
Alves
Ultima modifica di SuperHank il gio 01 gen, 1970 1:00 am, modificato 1 volta in totale.

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DISPATRIO VI: SUL FIL DEL COL (Prealpi Bellunesi)

Messaggio da husqvarna100 » lun 15 dic, 2008 9:13 pm

Come sempre bravissimo Alves.
I posti sono magnifici,bisogna proprio che mi decida a vederli di persona.

Ciao.
Claudio.

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Messaggio da max37 » lun 15 dic, 2008 10:51 pm

è veramente splendido lo sterratone del col visentin
Max37

http://www.tecnicamotori.it/

La cosa più deliziosa non è non avere nulla da fare. E' avere qualcosa da fare e non farla.

Oggi non faccio niente perchè ieri non ho fatto niente ma non avevo finito.

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Messaggio da nolimit » lun 15 dic, 2008 11:43 pm

Luglio di quest'anno, era sabato ed infatti dovemmo fare dietro-front (lì siamo a Malga Mont)

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Alves, bazzico quelle sterrate sin da ragazzino, ma non mi è chiaro come ti sia riuscito di passare a Praderadego da Col de Moi. Sei sceso a Signa da San Boldo e poi sei risalito da Carve?
L'unica diretta è un sentiero del CAI che in un pezzo prende il nome di "cagastrèt" e quel nome fa passare qualsiasi velleità di percorrerlo in moto: se tu ci sei passato con l'Elefant meriti un monumento! :lol:

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Re: DISPATRIO VI: SUL FIL DEL COL (Prealpi Bellunesi)

Messaggio da carlo » mar 16 dic, 2008 3:44 pm

SuperHank ha scritto:asfaltatore selvaggio, uno di quelli che si lamentano invocando la costruzione di strade, tangenziali, superstrade, ecc., categoria di persone molto diffusa in Veneto, non solo tra gli addetti ai lavori come trasportatori o imprenditori, ma anche tra la gente comune
Uguale uguale anche qui, eh! :evil:
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Messaggio da SuperHank » mer 17 dic, 2008 11:07 am

nolimit ha scritto:
Alves, bazzico quelle sterrate sin da ragazzino, ma non mi è chiaro come ti sia riuscito di passare a Praderadego da Col de Moi. Sei sceso a Signa da San Boldo e poi sei risalito da Carve?
L'unica diretta è un sentiero del CAI che in un pezzo prende il nome di "cagastrèt" e quel nome fa passare qualsiasi velleità di percorrerlo in moto: se tu ci sei passato con l'Elefant meriti un monumento! :lol:
Evocativo il nome “Cagastret”!!!!!!

No, non sono passato per il Col de Moi, ovviamente; ci ho girato attorno.
Dal S.Boldo sono sceso direzione Trichiana, ho quais subito girato a SX verso la località Signa Alta, dove ho preso uno sterrato che finiscealla località “Le Pose”, dove c’è la trattoria “ Da Geppo”.

Li avevo trovato un percorso fuoristrada che, toccando le casere Porzil, raggiungeva direttamente il Praderadego; ma purtroppo quella che partiva come una sterrata si riduceva ad un sentiero, che non avrei avuto paura ad affrontare con la XR, ma con l’Elefant non mi sono fidato, anche se il primo tratto era fattibile anche col bicilindrico.

Ed allora ho fatto come hai detto tu, sono sceso per asfalto fino a Carvè e da lì sono risalito al Praderadego.
Ciao
Alves

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Messaggio da nolimit » mer 17 dic, 2008 1:34 pm

SuperHank ha scritto:Li avevo trovato un percorso fuoristrada che, toccando le casere Porzil, raggiungeva direttamente il Praderadego; ma purtroppo quella che partiva come una sterrata si riduceva ad un sentiero, che non avrei avuto paura ad affrontare con la XR, ma con l’Elefant non mi sono fidato, anche se il primo tratto era fattibile anche col bicilindrico.
Pensa che io ho provato a farla col defender :lol:

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Messaggio da SuperHank » mer 17 dic, 2008 1:55 pm

nolimit ha scritto:
Pensa che io ho provato a farla col defender :lol:
Deduco che non sei riuscito a passare, poiché il sentiero che ho visto io era stretto … se tu fossi passato col defender di sicuro me lo avresti allargato! :wink:

Ciao
Alves

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Messaggio da nolimit » mer 17 dic, 2008 2:08 pm

Sono tornato indietro infatti, dove c'è quel letto di torrentello avrei dovuto (come minimo) tagliare delle piante, e non si fa, per poi verricellarmi.
Però quest'estate quella traccia aveva una tabella enorme all'inizio, ma grande come mai viste, sarà stata almeno 70cm di diametro. Non c'è più???

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Messaggio da SuperHank » mer 17 dic, 2008 2:25 pm

nolimit ha scritto: Però quest'estate quella traccia aveva una tabella enorme all'inizio, ma grande come mai viste, sarà stata almeno 70cm di diametro. Non c'è più???
Ma da che lato?
Io ho imboccato uno stradello partendo dalla zona di "Geppo", indicante un percorso per bici, se non ricordo male.
Non ricordo divieti, ma non sono sicuro ...

Credo proprio che sulla sterrata che sale dal Praderadego sia presente!

Ciao
Alves

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