BENACUS OFF-ROAD 96
Inviato: mer 04 lug, 2007 5:16 pm
In anteprima per Motortrip, un racconto di una spledida 2 giorni di oramai 11 anni fa in quel del Garda.
Mi scuso per le foto, ovviamente scannerizzate dagli originali cartacei di pessima qualità.
BENACUS OFF-ROAD 96
Il mio primo compagno di scorribande enduristiche fu Diego detto RU, mio compagno di liceo.
I suoi esordi fuoristradistici iniziano con le smanettate in Lambretta nell'orto dietro casa. Poi si evolve: acquista per 25.000 £ un Benelli Trial 50 da un vecchio che l'aveva messo fuori casa per donarlo alla raccolta ferro del Mato Grosso.
Con questo cinquantino vecchio quanto lui si divertiva nei campetti di cross sulle colline, finché non spaccò il carter-motore; ma nel frattempo aveva acquistato per poche migliaia di lire una Aprilia da strada, l'ST 125, motorizzata TAU, rottamata ma funzionante.
Perché non trapiantare il motore dell'Aprilia sul telaio cross del Benelli? Detto fatto: il motore TAU fissato nella doppia culla del 50 tramite morsetti di acciaio costruiti dal fabbro del paese; le tubazioni del radiatore, montato sulla forcella, costruite con tubi di gomma e ottone presi da una lavatrice; la marmitta del ST tagliata e saldata a ripetizione, trasformata da bassa marmitta stradale ad alto scarico da fuoristrada; rapporti cortissimi.
Con questo affare, camuffato da cinquantino con fanale, specchietto, targhetta, fece con me diversi giri, anche di decine di km, tornando sempre a casa intero (ad eccezione del primo tentativo quando, per cedimento del mozzo post., lasciammo per una settimana il Benelli nella stalla di alcuni contadini).
Io insistevo:"fatti una vera moto!" ma mamma, papà, nonna si frapponevano a questa aspirazione.
Il Benelli gli stava ormai stretto e allora comprò un altro rottame senza targa, acquistato da un losco figuro successivamente arrestato per spaccio di denaro falso (cosa che al nostro RU provocò qualche timore che le forze dell'ordine risalissero a lui).
Si trattava di una Laverda 2TR 250, evoluzione del precedente modello Chott, come i laghi salati tunisini, ma più conosciuta nella Bergamasca come Ciot (chiodo), per le sue non eccelse doti fuoristradistiche.

La mitica Laverda 2TR!
Questa Laverda era una scrambler, una XT ante-litteram, ma non ebbe successo commerciale nei smanettoni anni 70; bassotta, aveva soluzioni interessanti come il canotto di sterzo regolabile su 3 posizioni, doppia candela, catena ermetica come le regolarità dell'Est, possibilità di togliere la ruota posteriore senza togliere catena e corona. Difetti: maneggevolezza inesistente, peso elevato, consumi da F1, almeno sul modello di Diego, 10 km/L.
Con questa moto RU rischiò la vita più volte, come quando in una ripida discesa sterrata si staccò la chilometrica marmitta, restando attaccata solo al collettore di scarico; oppure quando si accorse che aveva perso il dado del mozzo post., ormai libero di sfilarsi dalla sua sede! Il periodo "laverdiano" finì dopo pochi mesi: il 250 sbiellò a Lavarone (TN) durante una gita (notare che eravamo a 60 km da casa, in fuoristrada, ma sempre senza targa!)
Finalmente, dopo tutte queste traversie, nel 94 acquistò una Gilera R1S 125 dell'88 usata; subito mise a repentaglio la pellaccia schiantandosi contro una gnocca in auto; con l'indennità dell'incidente ebbe la possibilità di restaurare il mezzo. L'anno successivo andammo in Slovenia. Al ritorno RU sbiellò anche questa moto: siccome il cilindro originale costava più che quello di una motoGP, ci mise su un 160 Polini; adesso aveva una moto che andava veramente forte, il tapino pensava che non lo avrei più surclassato con le maggiori prestazioni del Cagiva, peccato che pensai bene di comprare una XR600, sarei stato ancora io davanti!
Nel 96 cercai in tutti i modi di convincerlo a partire assieme per qualche viaggio a breve – medio raggio ma non ci fu verso, non si fidava del mezzo. Ripiegammo perciò su una 2 giorni gardesana: il primo giorno avvicinamento al lago, ovviamente il più possibile in fuoristrada, Baldo e sponda orientale; il giorno successivo traversata del lago e sponda occidentale.
1° GIORNO – LESSINIA E BALDO
Lasciamo Schio in direzione est, ci aspetta la traversata dei Monti Lessini. Questi rilievi rappresentano per me uno spazio sconfinato e pieno di sorprese da esplorare. Dal Vicentino fino all'Adige è tutta una serie di valli parallele che scendono dallo spartiacque Veneto – Trentino; Leogra, Agno, Chiampo, Alpone, Illlasi, Squaranto, Val Pantena: valli sconosciute al grande pubblico, spesso anche agli stessi abitanti della vicina pianura, ma ricche di luoghi, percorsi, sensazioni. Tanti motociclisti o viaggiatori sono orgogliosi di aver girato l'Africa, l'Europa ( e ci mancherebbe altro), pochi conoscono il reticolo di strade e mulattiere giusto dietro casa, retaggio di un'epoca ormai passata, ma che permettono possibilità inaspettate, lunghe traversate in off-road.
Risaliamo la Val dei Mercanti con le sue miniere abbandonate fino all'ameno passo Civillina, sempre su sterrata scendiamo a Valdagno; sull'altro versante della valle una facile sterrata ci porta al passo Zovo di Castelvecchio, dove scendiamo a Crespadoro nell'alta Val Chiampo per la misteriosa e nascosta Val Righello.
Da Crespadoro saliamo a Campofontana per minuscole stradine asfaltate, attraverso fitti boschi e remote contrade; siamo già in provincia di Verona.
Dagli aerei pascoli ammiriamo le prealpi venete, il cielo è limpido, la giornata splendida. da Campofontana scendiamo verso la Val d'Illasi per una suggestiva stradina cementata, molto stretta e ripida, che percorre una valle scoscesa; la stradina è segnata dalle croci di una probabile antica "Via Crucis", che devozione pregare in un simile modo, la fatica non deve essere indifferente.
Saliamo il ciglione orientale dell'Altopiano della Lessinia, o dei 13 comuni, siamo nella zona di Velo Veronese; un breve sterrato ci porta in cima al monte La Frosca, un panettone spoglio d'alberi, solo un "bosco" di antenne e ripetitori sul cocuzzolo. Apriamo alcuni cancelli che sempre richiudiamo, scendiamo lungo pascoli e le caratteristiche malghe dai tetti fatti di lastre di ardesia.

RU in Lessinia
Arriviamo sul fondo del Vaio di Squaranto, ancora non conosco questa brutta bestia, tralasciamo la zona e torniamo indietro.
La nostra meta è San Giorgio, stazione sciistica dell'alta Lessinia; lasciamo l'asfalto ai Parpari, per attraversare i pascoli e le pendici del monte Grolla e del Castel Malera: In alcuni punti la strada percorre il vertiginoso ciglio dell'Altipiano, a picco sull'Alta Val d'Illasi: le nuvole di aria fredda ristagnano nell'umido fondovalle, a fatica cercano di superare lo scalino di roccia e "invadere" i pascoli; guidiamo fra le brume che quasi sembra vogliano inghiottirci.

Monte Malera, nebbia che sale
A San Giorgio splende il sole ma non riesce a nascondere tutta la bruttezza di questo posto: orribili case a schiera e condomini per sciatori della domenica, senza alcun stile o affinità coi luoghi circostanti, ma vuoi mettere lo sviluppo turistico, la promozione della montagna, il business: l'importante per salvare l'ambiente è vietare il fuoristrada, poi si può anche cementificare tutto!
Da San Giorgio parte la splendida strada alta delle Malghe della Lessinia: si percorre tutto il bordo settentrionale dell'Altipiano fino al Passo Fittanze, toccando diverse malghe e rifugi. La strada è ampia, dal fondo di ghiaino fine e compatto, tirare è un piacere, 2°, 3°, 4° e il contakm vede i 100 km/h! Magnfiche vedute del Gruppo del Carega fanno da sfondo alle nostre performances.

RU sulla alta via della Lessinia: gruppo del Carega sullo sfondo
Tale è il divertimento che, arrivati al rifugio Podestaria, torniamo a San Giorgio per un'altra sterrata tra i pascoli e ripercorriamo il pezzo di strada già fatto, in una sorta di anello. Per la foga arrivo lungo in un curvone, tiro dritto nel pascolo e mi fermo in cima ad un cocuzzolo a lato della via: risate e foto d'obbligo!
Dal Fittanze scendiamo fino alla contrada di Vallene per facile sterrato, poi su asfalto fino al paese di Fosse, sul ciglio della Vallagarina. Da Fosse c'è una strada asfaltata che scende in valle, ma con sorpresa la troviamo chiusa al transito: le altre alternative ci farebbero fare un mucchio di km in più, per cui superiamo il divieto e a motore spento scendiamo verso Peri. Chissà da quanto la strada è abbandonata, la vegetazione a lato non è tagliata da un pezzo ed inizia a ricoprire la carreggiata. Quando arriviamo a valle ci accorgiamo che a un tiro di schioppo dall'incrocio c'è la caserma della Forestale: proprio nelle fauci del lupo, c@@@@! Ma non si accorgono di noi e scappiamo via.
Ora ci resta a fare il Baldo per concludere la giornata; una volta sulla sponda dx dell'Adige nei pressi di Rivoli, tentiamo la salita al forte San Marco per una mulattiera abbastanza disastrata: RU molla quasi subito, rinuncio a malincuore al forte.
Ci spostiamo verso il Baldo, saliamo verso la Bocchetta di Naole, sul versante est; quando usciamo dal bosco la strada diventa sterrata; alla malga nei pressi della Bocchetta giriamo a sx, in questa direzione dovremmo riuscire a girare attorno al monte fino a congiungersi in località Dosso dei Cavalli con la via che sale al Forte di Naole. Lo sterrato taglia il pendio seguendone gli avvallamenti e i dossi, è un su e giù divertente ma che finisce presto di fronte a un cartello tondo, bianco e rosso.
Siamo lì che decidiamo il da farsi quando sentiamo cupi tuoni avvicinarsi: sono i soliti motociclisti tedeschi: enduro stradali mono e bi, borse in alluminio, tuta in pelle nera. Si chiacchiera un po’, io e RU ce la tiriamo con la nostra traversata off-road da Vicenza al Garda e i centinaia di km di fuoristrada in Slovenia l'anno prima, di fronte a questi che si fanno centinaia di km al giorno: che deficienti!
Alla fine rispettiamo la legge e torniamo tutti indietro: i crucchi per la loro strada, noi aggiriamo il Baldo passando per Caprino Veronese, Lumini, Prada per raggiungere il Forte di Naole da ovest.
Siamo ancora sull'asfalto quando incrociamo la Forestale che scende: che culo, se avessimo fatto la traversata in quota probabilmente gli saremmo finiti in bocca! Non osiamo sfidare ancora la dea bendata, giriamo i manubri verso la Gardesana orientale, verso Pai, dove ho prenotato la stanza.
Pai è una graziosa località rivierasca divisa in due frazioni, Pai di Sotto e Pai di Sopra; quest'ultima è arroccata sulle pendici del monte, relativamente distante dal lungolago, ma è carinissima: la minuscola piazzetta è circondata da vecchie e massicce case, con i balconi ridondanti di gerani e fiori vari. Il nostro albergo si affaccia proprio sulla piazza: la nostra camera matrimoniale è nell'angolo del palazzo, possiamo ammirare dal balcone sia la piazza sia il lago, romanticissimo, io e RU SOLI in questa alcova!
La sera facciamo una puntata a Bardolino, al famoso locale di musica dal vivo Gambrinus; delusi scopriamo che si è trasformato in una sottospecie di discoteca; sono le 22.00 e siamo gli unici avventori: mi sento come Walter, giovane obiettore di coscienza protagonista del romanzo "Tutti giù per terra" di Culicchia (interpretato da Valerio Mastandrea nell'omonimo film); Questo Walter và in discoteca e dopo un'ora che è lì da solo chiede al cameriere quando arrivano tutti e quello risponde: "all'una, arrivare prima è da coglioni!". Finisce che ci beviamo la birra e andiamo a spasso per Bardolino.
2° GIORNO – LAGO DI GARDA OCCIDENTALE
PASSO SPINO, BOCCA DI PAOLONE, PASSO DELL’ERE
Da Torri del Benaco prendiamo il traghetto per Toscolano – Maderno, sulla sponda bresciana.
Risaliamo la Val Vestino, la nostra metà è il passo Spino; proprio dove inizia la sterrata, c'è un bel cartello di divieto, ma solo per le due ruote! Mentre siamo lì a decidere il da farsi, una Mercedes targata D lunga 2 km ci passa e impunemente sale lo sterrato: che rabbia!
Si sa: i monti attorno al Garda sono un paradiso di percorsi off-road di tutti i generi che nel corso degli anni sono stati assaltati senza ritegno non solo dagli italiani, ma anche dai motard d'oltralpe. Risultato: chiusura totale dei percorsi autorizzati, spesso solo alle moto, il turista in auto deve continuare a portare soldi ai vari rifugi e ristoranti, ci mancherebbe!

sosta
Delusi cambiamo itinerario: è estate, è una bella giornata, troppo rischio di trovare guardie.
Ci inoltriamo all'interno della Val Vestino fino alla località di Costa, da lì inizia finalmente la nostra razione quotidiana di off-road. Sulla cartina la strada è segnata bella larga, "automobilistica": invece ci troviamo di fronte una splendida mulattiera, non più larga di 2-3 metri, dal fondo smosso e sconnesso; attorno splendidi scorci su montagne, aspre e selvagge, ricoperte da una vegetazione quasi "mediterranea".
Transitiamo per la Bocca di Paolone e il Passo di Colomba; invitanti tracce si aprono ai fianchi del sentiero, foriere di avventure (o disavventure?) enduristiche.
Al passo Dell'Ere svoltiamo verso il Dosso Priemp: la mulattiera corre ora sul fianco della montagna, il fondo è tutto di gobbe alte mezzo metro, sembra di essere nelle "whoops" di un campo da cross!
Nei pressi del rifugio Priemp ritroviamo l'asfalto che ci riporta fino al lago: noto con dispiacere l'assidua presenze di cartelli di divieto di transito alle moto in ogni sentiero.
In ogni gita-viaggio che si rispetti deve esserci il guasto, una panne: di solito avviene i luoghi dimenticati da Dio, circondati da animali feroci ma l'indomito endurista riesce sempre a cavarsela. Stavolta tocca a RU: rottura del cavo del gas! Non ho con me un ricambio adatto per l'R1, ci tocca fermarci in un paesino, ad attendere sotto un pino l'apertura del meccanico.

Valle San Michele, verso passo Tremalzo
PASSO TREMALZO
Ripristinata l'efficienza della Gilera, ripartiamo verso il Passo Tremalzo.
Entriamo nella valle di San Michele attraverso un ampio sterrato polveroso: inizialmente corre alto sul torrente, incassato nella sua stretta gola, poi supera il torrente nei pressi di San Michele, 2 case e un oratorio immersi nel verde.
Seguiamo una strada che si inoltra nella valle ma è un vicolo cieco, torniamo a San Michele ed imbocchiamo la salita.
Questa salita vale da sola tutto il viaggio: sale, sale, sale la valle, tornanti, curve rettilinei a gogò, l'ascesa sembra non finire mai; immersi nel bosco nella prima parte, fra i pascoli nella seconda; vallate impervie, guglie e cime inaccessibili intorno a noi, torrenti di acqua limpida.
Il fondo stradale, in alcuni tratti, è molto sconnesso e rovinato, tanto da rallentare molto Ru: le sospensioni del Gilera non digeriscono troppo bene la strada, il mio amico sale in prima, l'acqua bolle, ci fermiamo a buttare la pasta, pardon, a raffreddare il 160 Polini.

La Gilera R1S 160 “POLINI” di RU arranca sulle erte del passo Tremalzo

cascata lungo la strada

Il Tremalzo

Alves sul Tremalzo
Al termine della strada ci aspetta l'accogliente rifugio Tremalzo; da lì abbiamo 2 possibilità: la strada asfaltata che scende verso la Val d'Ampolla, in Trentino, oppure continuare a salire per la sterrata; ovviamente è la seconda!
Attraversiamo un ampio vallone quasi privo di vegetazione, adottiamo una andatura "a passo d'uomo" per non disturbare i pochi camminatori presenti. Con alcuni tornanti si raggiunge la massima elevazione, ne pressi di una lunga galleria che porta sull’altro versante del monte, la galleria di Bocca di Val Marza, oltre ci aspetta una lunga discesa.

La galleria
La strada segue una dorsale, tutta crinali e guglie; la via è letteralmente scavata nel pendio, non mancano gallerie, a lato si aprono burroni di centinaia di metri. Scendiamo con circospezione, tenendoci al centro della strada, il fondo è ghiaia, scivolare oltre il ciglio sarebbe la morte sicura, non abbiamo fretta!

Discesa al passo Nota

Discesa al passo Nota
Al passo Nota si inizia a scendere rapidamente all'interno della verdeggiante valle di Bondo, l'ultima parte della discesa è sul triste cemento fino a Vesio, frazione di Tremosine: prima di tornare a casa ci attendono decine di km di curve e controcurve lungo la Vallarsa ma il nostro giro off-road è ormai finito.
Ma torneremo, sì che torneremo sul Garda!
Alves
Mi scuso per le foto, ovviamente scannerizzate dagli originali cartacei di pessima qualità.
BENACUS OFF-ROAD 96
Il mio primo compagno di scorribande enduristiche fu Diego detto RU, mio compagno di liceo.
I suoi esordi fuoristradistici iniziano con le smanettate in Lambretta nell'orto dietro casa. Poi si evolve: acquista per 25.000 £ un Benelli Trial 50 da un vecchio che l'aveva messo fuori casa per donarlo alla raccolta ferro del Mato Grosso.
Con questo cinquantino vecchio quanto lui si divertiva nei campetti di cross sulle colline, finché non spaccò il carter-motore; ma nel frattempo aveva acquistato per poche migliaia di lire una Aprilia da strada, l'ST 125, motorizzata TAU, rottamata ma funzionante.
Perché non trapiantare il motore dell'Aprilia sul telaio cross del Benelli? Detto fatto: il motore TAU fissato nella doppia culla del 50 tramite morsetti di acciaio costruiti dal fabbro del paese; le tubazioni del radiatore, montato sulla forcella, costruite con tubi di gomma e ottone presi da una lavatrice; la marmitta del ST tagliata e saldata a ripetizione, trasformata da bassa marmitta stradale ad alto scarico da fuoristrada; rapporti cortissimi.
Con questo affare, camuffato da cinquantino con fanale, specchietto, targhetta, fece con me diversi giri, anche di decine di km, tornando sempre a casa intero (ad eccezione del primo tentativo quando, per cedimento del mozzo post., lasciammo per una settimana il Benelli nella stalla di alcuni contadini).
Io insistevo:"fatti una vera moto!" ma mamma, papà, nonna si frapponevano a questa aspirazione.
Il Benelli gli stava ormai stretto e allora comprò un altro rottame senza targa, acquistato da un losco figuro successivamente arrestato per spaccio di denaro falso (cosa che al nostro RU provocò qualche timore che le forze dell'ordine risalissero a lui).
Si trattava di una Laverda 2TR 250, evoluzione del precedente modello Chott, come i laghi salati tunisini, ma più conosciuta nella Bergamasca come Ciot (chiodo), per le sue non eccelse doti fuoristradistiche.

La mitica Laverda 2TR!
Questa Laverda era una scrambler, una XT ante-litteram, ma non ebbe successo commerciale nei smanettoni anni 70; bassotta, aveva soluzioni interessanti come il canotto di sterzo regolabile su 3 posizioni, doppia candela, catena ermetica come le regolarità dell'Est, possibilità di togliere la ruota posteriore senza togliere catena e corona. Difetti: maneggevolezza inesistente, peso elevato, consumi da F1, almeno sul modello di Diego, 10 km/L.
Con questa moto RU rischiò la vita più volte, come quando in una ripida discesa sterrata si staccò la chilometrica marmitta, restando attaccata solo al collettore di scarico; oppure quando si accorse che aveva perso il dado del mozzo post., ormai libero di sfilarsi dalla sua sede! Il periodo "laverdiano" finì dopo pochi mesi: il 250 sbiellò a Lavarone (TN) durante una gita (notare che eravamo a 60 km da casa, in fuoristrada, ma sempre senza targa!)
Finalmente, dopo tutte queste traversie, nel 94 acquistò una Gilera R1S 125 dell'88 usata; subito mise a repentaglio la pellaccia schiantandosi contro una gnocca in auto; con l'indennità dell'incidente ebbe la possibilità di restaurare il mezzo. L'anno successivo andammo in Slovenia. Al ritorno RU sbiellò anche questa moto: siccome il cilindro originale costava più che quello di una motoGP, ci mise su un 160 Polini; adesso aveva una moto che andava veramente forte, il tapino pensava che non lo avrei più surclassato con le maggiori prestazioni del Cagiva, peccato che pensai bene di comprare una XR600, sarei stato ancora io davanti!
Nel 96 cercai in tutti i modi di convincerlo a partire assieme per qualche viaggio a breve – medio raggio ma non ci fu verso, non si fidava del mezzo. Ripiegammo perciò su una 2 giorni gardesana: il primo giorno avvicinamento al lago, ovviamente il più possibile in fuoristrada, Baldo e sponda orientale; il giorno successivo traversata del lago e sponda occidentale.
1° GIORNO – LESSINIA E BALDO
Lasciamo Schio in direzione est, ci aspetta la traversata dei Monti Lessini. Questi rilievi rappresentano per me uno spazio sconfinato e pieno di sorprese da esplorare. Dal Vicentino fino all'Adige è tutta una serie di valli parallele che scendono dallo spartiacque Veneto – Trentino; Leogra, Agno, Chiampo, Alpone, Illlasi, Squaranto, Val Pantena: valli sconosciute al grande pubblico, spesso anche agli stessi abitanti della vicina pianura, ma ricche di luoghi, percorsi, sensazioni. Tanti motociclisti o viaggiatori sono orgogliosi di aver girato l'Africa, l'Europa ( e ci mancherebbe altro), pochi conoscono il reticolo di strade e mulattiere giusto dietro casa, retaggio di un'epoca ormai passata, ma che permettono possibilità inaspettate, lunghe traversate in off-road.
Risaliamo la Val dei Mercanti con le sue miniere abbandonate fino all'ameno passo Civillina, sempre su sterrata scendiamo a Valdagno; sull'altro versante della valle una facile sterrata ci porta al passo Zovo di Castelvecchio, dove scendiamo a Crespadoro nell'alta Val Chiampo per la misteriosa e nascosta Val Righello.
Da Crespadoro saliamo a Campofontana per minuscole stradine asfaltate, attraverso fitti boschi e remote contrade; siamo già in provincia di Verona.
Dagli aerei pascoli ammiriamo le prealpi venete, il cielo è limpido, la giornata splendida. da Campofontana scendiamo verso la Val d'Illasi per una suggestiva stradina cementata, molto stretta e ripida, che percorre una valle scoscesa; la stradina è segnata dalle croci di una probabile antica "Via Crucis", che devozione pregare in un simile modo, la fatica non deve essere indifferente.
Saliamo il ciglione orientale dell'Altopiano della Lessinia, o dei 13 comuni, siamo nella zona di Velo Veronese; un breve sterrato ci porta in cima al monte La Frosca, un panettone spoglio d'alberi, solo un "bosco" di antenne e ripetitori sul cocuzzolo. Apriamo alcuni cancelli che sempre richiudiamo, scendiamo lungo pascoli e le caratteristiche malghe dai tetti fatti di lastre di ardesia.

RU in Lessinia
Arriviamo sul fondo del Vaio di Squaranto, ancora non conosco questa brutta bestia, tralasciamo la zona e torniamo indietro.
La nostra meta è San Giorgio, stazione sciistica dell'alta Lessinia; lasciamo l'asfalto ai Parpari, per attraversare i pascoli e le pendici del monte Grolla e del Castel Malera: In alcuni punti la strada percorre il vertiginoso ciglio dell'Altipiano, a picco sull'Alta Val d'Illasi: le nuvole di aria fredda ristagnano nell'umido fondovalle, a fatica cercano di superare lo scalino di roccia e "invadere" i pascoli; guidiamo fra le brume che quasi sembra vogliano inghiottirci.

Monte Malera, nebbia che sale
A San Giorgio splende il sole ma non riesce a nascondere tutta la bruttezza di questo posto: orribili case a schiera e condomini per sciatori della domenica, senza alcun stile o affinità coi luoghi circostanti, ma vuoi mettere lo sviluppo turistico, la promozione della montagna, il business: l'importante per salvare l'ambiente è vietare il fuoristrada, poi si può anche cementificare tutto!
Da San Giorgio parte la splendida strada alta delle Malghe della Lessinia: si percorre tutto il bordo settentrionale dell'Altipiano fino al Passo Fittanze, toccando diverse malghe e rifugi. La strada è ampia, dal fondo di ghiaino fine e compatto, tirare è un piacere, 2°, 3°, 4° e il contakm vede i 100 km/h! Magnfiche vedute del Gruppo del Carega fanno da sfondo alle nostre performances.

RU sulla alta via della Lessinia: gruppo del Carega sullo sfondo
Tale è il divertimento che, arrivati al rifugio Podestaria, torniamo a San Giorgio per un'altra sterrata tra i pascoli e ripercorriamo il pezzo di strada già fatto, in una sorta di anello. Per la foga arrivo lungo in un curvone, tiro dritto nel pascolo e mi fermo in cima ad un cocuzzolo a lato della via: risate e foto d'obbligo!
Dal Fittanze scendiamo fino alla contrada di Vallene per facile sterrato, poi su asfalto fino al paese di Fosse, sul ciglio della Vallagarina. Da Fosse c'è una strada asfaltata che scende in valle, ma con sorpresa la troviamo chiusa al transito: le altre alternative ci farebbero fare un mucchio di km in più, per cui superiamo il divieto e a motore spento scendiamo verso Peri. Chissà da quanto la strada è abbandonata, la vegetazione a lato non è tagliata da un pezzo ed inizia a ricoprire la carreggiata. Quando arriviamo a valle ci accorgiamo che a un tiro di schioppo dall'incrocio c'è la caserma della Forestale: proprio nelle fauci del lupo, c@@@@! Ma non si accorgono di noi e scappiamo via.
Ora ci resta a fare il Baldo per concludere la giornata; una volta sulla sponda dx dell'Adige nei pressi di Rivoli, tentiamo la salita al forte San Marco per una mulattiera abbastanza disastrata: RU molla quasi subito, rinuncio a malincuore al forte.
Ci spostiamo verso il Baldo, saliamo verso la Bocchetta di Naole, sul versante est; quando usciamo dal bosco la strada diventa sterrata; alla malga nei pressi della Bocchetta giriamo a sx, in questa direzione dovremmo riuscire a girare attorno al monte fino a congiungersi in località Dosso dei Cavalli con la via che sale al Forte di Naole. Lo sterrato taglia il pendio seguendone gli avvallamenti e i dossi, è un su e giù divertente ma che finisce presto di fronte a un cartello tondo, bianco e rosso.
Siamo lì che decidiamo il da farsi quando sentiamo cupi tuoni avvicinarsi: sono i soliti motociclisti tedeschi: enduro stradali mono e bi, borse in alluminio, tuta in pelle nera. Si chiacchiera un po’, io e RU ce la tiriamo con la nostra traversata off-road da Vicenza al Garda e i centinaia di km di fuoristrada in Slovenia l'anno prima, di fronte a questi che si fanno centinaia di km al giorno: che deficienti!
Alla fine rispettiamo la legge e torniamo tutti indietro: i crucchi per la loro strada, noi aggiriamo il Baldo passando per Caprino Veronese, Lumini, Prada per raggiungere il Forte di Naole da ovest.
Siamo ancora sull'asfalto quando incrociamo la Forestale che scende: che culo, se avessimo fatto la traversata in quota probabilmente gli saremmo finiti in bocca! Non osiamo sfidare ancora la dea bendata, giriamo i manubri verso la Gardesana orientale, verso Pai, dove ho prenotato la stanza.
Pai è una graziosa località rivierasca divisa in due frazioni, Pai di Sotto e Pai di Sopra; quest'ultima è arroccata sulle pendici del monte, relativamente distante dal lungolago, ma è carinissima: la minuscola piazzetta è circondata da vecchie e massicce case, con i balconi ridondanti di gerani e fiori vari. Il nostro albergo si affaccia proprio sulla piazza: la nostra camera matrimoniale è nell'angolo del palazzo, possiamo ammirare dal balcone sia la piazza sia il lago, romanticissimo, io e RU SOLI in questa alcova!
La sera facciamo una puntata a Bardolino, al famoso locale di musica dal vivo Gambrinus; delusi scopriamo che si è trasformato in una sottospecie di discoteca; sono le 22.00 e siamo gli unici avventori: mi sento come Walter, giovane obiettore di coscienza protagonista del romanzo "Tutti giù per terra" di Culicchia (interpretato da Valerio Mastandrea nell'omonimo film); Questo Walter và in discoteca e dopo un'ora che è lì da solo chiede al cameriere quando arrivano tutti e quello risponde: "all'una, arrivare prima è da coglioni!". Finisce che ci beviamo la birra e andiamo a spasso per Bardolino.
2° GIORNO – LAGO DI GARDA OCCIDENTALE
PASSO SPINO, BOCCA DI PAOLONE, PASSO DELL’ERE
Da Torri del Benaco prendiamo il traghetto per Toscolano – Maderno, sulla sponda bresciana.
Risaliamo la Val Vestino, la nostra metà è il passo Spino; proprio dove inizia la sterrata, c'è un bel cartello di divieto, ma solo per le due ruote! Mentre siamo lì a decidere il da farsi, una Mercedes targata D lunga 2 km ci passa e impunemente sale lo sterrato: che rabbia!
Si sa: i monti attorno al Garda sono un paradiso di percorsi off-road di tutti i generi che nel corso degli anni sono stati assaltati senza ritegno non solo dagli italiani, ma anche dai motard d'oltralpe. Risultato: chiusura totale dei percorsi autorizzati, spesso solo alle moto, il turista in auto deve continuare a portare soldi ai vari rifugi e ristoranti, ci mancherebbe!

sosta
Delusi cambiamo itinerario: è estate, è una bella giornata, troppo rischio di trovare guardie.
Ci inoltriamo all'interno della Val Vestino fino alla località di Costa, da lì inizia finalmente la nostra razione quotidiana di off-road. Sulla cartina la strada è segnata bella larga, "automobilistica": invece ci troviamo di fronte una splendida mulattiera, non più larga di 2-3 metri, dal fondo smosso e sconnesso; attorno splendidi scorci su montagne, aspre e selvagge, ricoperte da una vegetazione quasi "mediterranea".
Transitiamo per la Bocca di Paolone e il Passo di Colomba; invitanti tracce si aprono ai fianchi del sentiero, foriere di avventure (o disavventure?) enduristiche.
Al passo Dell'Ere svoltiamo verso il Dosso Priemp: la mulattiera corre ora sul fianco della montagna, il fondo è tutto di gobbe alte mezzo metro, sembra di essere nelle "whoops" di un campo da cross!
Nei pressi del rifugio Priemp ritroviamo l'asfalto che ci riporta fino al lago: noto con dispiacere l'assidua presenze di cartelli di divieto di transito alle moto in ogni sentiero.
In ogni gita-viaggio che si rispetti deve esserci il guasto, una panne: di solito avviene i luoghi dimenticati da Dio, circondati da animali feroci ma l'indomito endurista riesce sempre a cavarsela. Stavolta tocca a RU: rottura del cavo del gas! Non ho con me un ricambio adatto per l'R1, ci tocca fermarci in un paesino, ad attendere sotto un pino l'apertura del meccanico.

Valle San Michele, verso passo Tremalzo
PASSO TREMALZO
Ripristinata l'efficienza della Gilera, ripartiamo verso il Passo Tremalzo.
Entriamo nella valle di San Michele attraverso un ampio sterrato polveroso: inizialmente corre alto sul torrente, incassato nella sua stretta gola, poi supera il torrente nei pressi di San Michele, 2 case e un oratorio immersi nel verde.
Seguiamo una strada che si inoltra nella valle ma è un vicolo cieco, torniamo a San Michele ed imbocchiamo la salita.
Questa salita vale da sola tutto il viaggio: sale, sale, sale la valle, tornanti, curve rettilinei a gogò, l'ascesa sembra non finire mai; immersi nel bosco nella prima parte, fra i pascoli nella seconda; vallate impervie, guglie e cime inaccessibili intorno a noi, torrenti di acqua limpida.
Il fondo stradale, in alcuni tratti, è molto sconnesso e rovinato, tanto da rallentare molto Ru: le sospensioni del Gilera non digeriscono troppo bene la strada, il mio amico sale in prima, l'acqua bolle, ci fermiamo a buttare la pasta, pardon, a raffreddare il 160 Polini.

La Gilera R1S 160 “POLINI” di RU arranca sulle erte del passo Tremalzo

cascata lungo la strada

Il Tremalzo

Alves sul Tremalzo
Al termine della strada ci aspetta l'accogliente rifugio Tremalzo; da lì abbiamo 2 possibilità: la strada asfaltata che scende verso la Val d'Ampolla, in Trentino, oppure continuare a salire per la sterrata; ovviamente è la seconda!
Attraversiamo un ampio vallone quasi privo di vegetazione, adottiamo una andatura "a passo d'uomo" per non disturbare i pochi camminatori presenti. Con alcuni tornanti si raggiunge la massima elevazione, ne pressi di una lunga galleria che porta sull’altro versante del monte, la galleria di Bocca di Val Marza, oltre ci aspetta una lunga discesa.

La galleria
La strada segue una dorsale, tutta crinali e guglie; la via è letteralmente scavata nel pendio, non mancano gallerie, a lato si aprono burroni di centinaia di metri. Scendiamo con circospezione, tenendoci al centro della strada, il fondo è ghiaia, scivolare oltre il ciglio sarebbe la morte sicura, non abbiamo fretta!

Discesa al passo Nota

Discesa al passo Nota
Al passo Nota si inizia a scendere rapidamente all'interno della verdeggiante valle di Bondo, l'ultima parte della discesa è sul triste cemento fino a Vesio, frazione di Tremosine: prima di tornare a casa ci attendono decine di km di curve e controcurve lungo la Vallarsa ma il nostro giro off-road è ormai finito.
Ma torneremo, sì che torneremo sul Garda!
Alves