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ALLA RICERCA DELL’ENDURO PERDUTO I°

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SuperHank
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ALLA RICERCA DELL’ENDURO PERDUTO I°

Messaggio da SuperHank » mar 28 ago, 2007 2:36 pm

ALLA RICERCA DELL’ENDURO PERDUTO I°:
DALLE PARTI DELL’ULTIMO COMUNE

Lo scrittore francese Marcel Proust scrisse “La Ricerca del Tempo Perduto”, 3.000 pagine in 7 volumi, e fu un capolavoro della letteratura di tutti i tempi.
Anni fa iniziai a leggerlo, mi fermai forse alla centesima pagina del primo tomo: forse prima di morirete (ma solo se vivo fino a 100 anni) riuscirò a digerire il mattone proustiano!
Quello che trovo affascinate nell’opera è il tentativo dello scrittore di recuperare la vita passata attraverso la scrittura.
Anch’io voglio recuperare la vita passata, ma oltre a scriverla, qualcosina mi piacerebbe riviverla! Soprattutto ritentare quelle esperienze che per un motivo o per l’altro, si interruppero o non andarono pienamente a buon fine allora. Applicando questo concetto all’enduro e alla moto, mi è sorto il desiderio di rifare alcuni giri di molto anni fa, per rivedere luoghi, e magari terminare qualcosa di incompiuto, “metterci una pezza”, come si dice in gergo colloquiale.

LA FILOSOFIA DELL’ESOTISMO DOMESTICO

Nella dimensione spaziale in moto non ho mai viaggiato tanto, Nord Italia e paesi limitrofi, Tunisia esclusa.
Tante le cause, sovrapposte une alle altre: da studente non avevo soldi, poi avevo solo un 125, poi avevo i soldi ma non la moto, solo l’XR600 non adatta a viaggiare, poi non avevo amici, poi avevo da lavorare, poi ho fatto famiglia, poi il lavoro…
Tutto vero, ma c’è sempre stata anche la “filosofia dell’esotismo domestico”; Mi spiego: a un milanese dissi: “siete sfigati ad abitare in zone super-urbanizzate, con pochissimi percorsi fuoristrada, ma ciò vi da la spinta di girare tutta l’Italia e oltre.
Io, a18 anni non sarei mai partito per un Treffen, anche per motivi familiari, ma non ne sentivo il bisogno, mi bastava uscire dal cancello e in ogni direzione avevo decine di km di fuoristrada da esplorare.”
Risposta:” Abitare a Milano ti dà la forma mentale e l'abitudine a dover fare diverse ore di strada per arrivare nei posti che il resto d'Italia ha sotto casa. Quindi ti rende più disposto ad andare dappertutto.”
Da 16 anni esco con la moto enduro ad esplorare la mia valle, e quando scollino, c’è un’altra valle da esplorare, e oltre un’altra ancora, e ogni contrada o paesino è una sorpresa sempre nuova.
Sono sicuro che a Schio ci sono più persone che sono state nel Mar Rosso, a New York o in Cina rispetto a chi conosce, sa come arrivarci, o ci è stato, paesini come Bolca, Sprea, Giazza, a pochi km in linea d’aria!

LA PRIMA PEZZA DA METTERE: CONCO, RUBBIO E DINTORNI

Nei 16 anni spesi nelle esotiche e misteriose prealpi trivenete ho però tralasciato alcuni luoghi.
Il più vicino ed apparentemente inspiegabile è l’ultimo dei 7 Comuni dell’altopiano di Asiago, Conco e le sue frazioni (ma anche la dirimpettaia Lusiana).
Il fatto è che, partendo da casa sempre con la fissa di fare tutto in off, e tornando in giornata o addirittura mezza giornata, finivo sempre che da quelle parti non ci arrivavo mai; i miei giri in altipianopartono solitamente dalla Valdastico, e poi si sviluppano verso le zone alte del Verena e di Marcesina, l’angolino sud est rimaneva sempre là; mai andato nemmeno nelle colline ad est di Breganze.
Nel 2007 è il momento di rimediare.
Parto di buonora sotto un cielo pesante di nubi, che paiono non vedere l’ora di mettere alla prova il mio completo antiacqua!

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Un Elefant(e) tra i fiorellini di campo

Percorro le ultime, e preziose ppiù dell’oro, sterrate e cavedagne di campagna, scampate alla “capannonizzazione” dell’alto vicentino e di tutto il Veneto, verso le colline delle Bregonze, rampa di lancio verso Monte Corno. Sono percorsi divertenti col 750, il fondo poco mosso non mette in crisi le scadenti sospensioni del Cagiva.


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Antico “saliso” in “sasso moro” (selciato in pietra nera, cioè lavica).

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Capitelli dimenticati

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Inizio a prendere quota…ma anche acqua!

Parte male, malissimo! Non sono ancora lassù che Giove Pluvio mi rovescia addosso secchiate di acqua gelida, mentre il dio dei venti Eolo (o era uno dei 7 nani? Boh?) lancia raffiche di vento che fanno rollare l’Elefant come un pedalò dentro l’uragano Katrina!
Si impone sosta sotto il portico di una casa chiusa: non un bordello, ma una seconda casa da vacanze senza proprietari dentro.
Dopo una buona mezzora la pioggia, che cadeva in obliquo con la forza di mille lame (guidarle dentro era come fare l’agopuntura!) si attenua e ritorna a cadere in verticale: ne deduco che il vento è passato (elementare Watson!) e riparto.
Finalmente a Monte Corno, mi scrollo n po’ d’acqua percorrendo su e giù le valli di Granezza e Campo Rosignolo; il tempo fa schifo, ma in giro c’è solo qualche pastore e pochi disperati fungaioli:vuoi mettere con le belle giornate infestate di picnichisti?
Trovo la sterrata che cercavo, in discesa verso Conco: parte l’exploring.

LA CIRCUMNAVGAZIONE DEL MONTE CAINA

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“MERDA!” Esclamai scattando la panoramica di Lusitana: infatti avevo pestato una “boassa” fresca fresca!

Il fondo della sterrata si deteriorava velocemente, creandomi qualche difficoltà nel controllare il bestione, ma senza eccessivi problemi raggiungevo una contrada e da li in pochi minuti l’abitato di Conco, per la prima volta in vita mia: un paesino arrotolato su un tornante della strada Bassano Asiago, con gli immancabili monumenti ai caduti delle guerre.
Imboccavo quindi la discesa verso Gomarolo, ma non per la strada principale, ma per una variante segnata come sterrata sulla cartina; un divieto di transito “salvo residenti” mi si parava davanti, io proseguivo sperando nello sterro, ma invece la via era completamente asfaltata: il divieto era motivato dalla pendenza della strada, effettivamente percorrerla in giù sembrava di fare una pista nera da sci.
Da Gomarolo salivo alla frazione di Fontanelle, dalla quale prendevo una serie di strade che aggiravano tutto il costone dell’altipiano, portandosi in quota verso le malghe.
Non mancavano tratti sterrati, anche se purtroppo la maggior parte del percorso era asfaltato; a ciò poneva rimedio il superlativo panorama alla mia destra, la pianura veneta come un mare che si infrange sulle gigantesche scogliere dell’Altipiano.

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Veduta di Bassano, a sinistra il borgo di Pradinaldo in bilico sul precipizio.

Non potevo mancare di notare i numerosi sentieri che, inerpicandosi sull’erto pendio, sbucavano sulla strada che percorrevo: sentieri per l’XR400, o il trial, che non si davano certo cura di nascondere fin dal loro avvio quanto fossero duri!
Ho sempre sentito dire che il bassanese è terra di percorsi tosti!


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Il Brenta scorre meandriforme nell’alta pianura, gli Euganei sfumano nella bruma del mattino…

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…una sottile linea argentea, una ancor più sottile linea scura: i lidi di Venezia e la Laguna.

La strada che stavo percorrendo è un collegamento fra tutte le casere della media montagna: qualcuna ancora in attività, la maggior parte trasformate in case per le vacanze; all’ultimo casone la strada termina, ad uno sputo dalla vetta del monte Caina, 1.002 m.s.l.m., dove c’è una madonna, non so se statua, capitello o cippo, perlapunto la “Madonna del Caina”.
Desisto dal tentare la direttissima, sia perché col 750 non è il caso, sia perché gli abitanti della casera mi fanno capire che la strada “finisce lì”! Non certamente amichevoli come 2 muratori slavi impeganti nella casera precedente, che al mio doppio passaggio mi hanno saluto, chiesto della moto, e uno ha voluto che gli facessi sgasare (da fermo) il 750, per sentire il rombo!
Al Caina ci arrivo per la strada normale, ma ho la sgradita sorpresa di trovare un divieto sugli ultimi 500 metri di strada; non mi va di perdere tanto tempo, e salpo per altri lidi.

LE MALGHE DI RUBBIO

La meta successiva, vicinissima, è l’anello delle malghe di Rubbio; il Cagiva scende in una valle verdissima, chiusa da dolci rilievi coperti dipini sulle sommità, mentre la conca è grasso pascolo, con un paio di malghe perse nel verde.
Dopo qualche curva non ci sono più rumori, non si vede più asfalto: questi sterrati sono brevi spot in un mondo di asfalto, una manciata di km e si è nuovamente nel grigiore quotidiano, ma in questo momento posso immaginare di essere in un mondo più primitivo e deserto, con immensità inesplorate da percorrere.
L’anello che vorrei fare non è legalmente fattibile c’è un divieto; chiedo lumi al malgaro, che mi conferma il divieto, ma mi dice anche “In un giorno così, chi vuoi che ci sia, a chi vuoi dare fastidio!” e mi autorizza moralmente ad andare oltre.
Non incontrerò nessuno, ma avrei voluto vedere se le guardie forestali mi avrebbero assolto come il malgaro: la gente che con la montagna ci vive, sa distinguere le cose, e un solitario turista in moto nulla rovina, ma spiegalo ai talebani dell’ambientalismo a tutti i costi!
La gita si stava rivelando proprio soddisfacente, aspettare 16 anni per visitare l’ultimo scampolo dei 7 Comuni è stato proprio un errore!

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Dintorni di Rubbio.

IL MOSTRO DELLE LAITE

Non è un personaggio di qualche saga locale, di qualche leggenda della zona; quando vedo la strada asfalta che risale la più alta elevazione vado a vedere, e mi trovi di fronte un villaggio di condomini edificati proprio sulla cima di un gobbone erboso che domina a volo d’uccello la pianura.
Ci sono diversi blocchi di condomini, numerati dalla A alla F, appartamenti sopra appartamenti, terrazze in legno semi marcito a scimmiottare l’architettura montana, mentre sui tetti oblò rettangolari fanno capolino dai tetti a spioventi degli “attici” mansardati, con un stile che starebbe meglio in qualche cittadina dell’ex URSS, patria del socialismo reale.
C’è perfino la chiesa, in questo villaggio, ci sono gli arrivi degli skilift che terminano nel piazzale davanti ai condomini, del genere che esci di casa, infili li sci e parti.
Subito mi viene alla memoria Consonno, il paese dei balocchi della Brianza, o altri scempi in puro anni 60-70 style, quando lo slogan era “cemento è bello”, tipo San Giorgio di Lessinia o l’hotel Castiglieri a Recoaro 1000.
In realtà questo villaggio delle Laite, anche se brutto, non è orrido come altri ecomostri italiani, è circondato da prati verdi e parchi con le giostrine, ma fa comunque impressione arrivare in cima ad un monte di 1.000 m. e trovarsi un villaggio che potrebbe essere uguale uguale nella periferia di qualche grande città.
E poi non nasconde le sue rughe e acciacchi: molti appartamenti chiusi (a ferragosto!), imposte logore, umidità sulle pareti, una parte del complesso, che ha tutta l’aria di essere un ristorante, in completa rovina, così come gli impianti di risalita, sicuramente dimessi ed arrugginiti, troppo a bassa quota per essere innevati, naturalmente o artificialmente, in questi anni di effetto serra.
A conferma di ciò, la parte dell’ufficio vendite tappezzata di offerte di vendita di appartamenti.
Mentre fotografavo il mostro, da un androne usciva una famigliola e il padre gentilmente mi diceva:”Se vuoi fare belle foto devi andare laggiù (riferendosi al panorama della pianura)!
Ma io volevo fotografare il mostro! Per cortesia, e vergogna gli dicevo che le avevo già fatte.
E poi si mettono i divieti alle moto nei boschi!

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Le Laite

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Strutture in rovina

IL CAGIVON NEL MULATTIERON

Dribblando divieti su divieti, più munerosi dei funghi dopo la pioggia, transitavo per Valle Verde e Biancoia, rinomate (ma dove???) località sciistiche.
Uno stradone sterrato mi portava al Colle del Termine rotto:

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Credo che il Termine Rotto sia quel grosso monolito, sui cui fianchi resistono stinte tracce di indicazioni stradali.

Dal colle Varie sterre portano ai colli che dominano il Canale del Brenta, primo fra tutti il Col d’Astiago, ma in tutte prima o dopo c’è il divieto, solitamente dopo l’ultima malga dove vendono formaggi.
Ma la giornata uggiosa incita alla disobbedienza civile verso l’ingiusta proibizione, con il mio personale scopo di fare il più possibile off lungo il bordo dell’altipiano, magari giungendo alla Cala del Sasso, scalinata di 4.444 gradini che da Sasso di Asiago scende a Valstagna. Non di farla, ovviamente solo arrivare dove parte.
Ma nel dedalo di sterrate deserte e tutte uguali mi perdo, sono in realtà più ad ovest di quello che pensavo, e arrivo alla forcella Silvagno.
La forcella è la boa di ritorno di un anello che riporta verso la civiltà, ma sulla mappa il piccolo trattino dopo la sella è segnato con il singolo tratto della mulattiera, anziché il doppio della sterrata.
Ma è breve, e parte facile: si va!

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Forcella Silvagno, 1.184 m.s.l.m.

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Ce la farà Superhank ad uscire dalla foresta?

Ben presto le cose si complicano, il soffice humus scopre un fondo di pietre dure, fisse e viscide da millenni di umidità perpetua, il 750 mi scappa dappertutto, devo scendere ed accompagnarlo a piedi.
In alcuni tratti il fondo è così rovinato che devo spingere, in discesa, per far avanzare la moto.

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Duretta col 750.

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…solo in giù col bestione, ma con l’XR400…quanto l’ho rimpianta in questi momenti.

Il supplizio aveva termine senza danni, come il papa baciavo la terra della sterrata, e fiero della battaglia vinta mi dirigevo verso la civiltà.
STERRE, STERRE, STERRE…

L’obiettivo era concluso, ma avendo ancora tempo mi dedicavo ad altre sterrate, già note, vagando a casaccio tra le Melette, Monte Fior e Marcesina.


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Cosa ci fa un campanile sotto un ponte?

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Tanto per non perdere l’abitudine, mi cacciavo nei casini in questa rampona…

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…ripida ripida, la Metzler Karoo scavava che era un piacere!

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La val Frenzela, Canyon ghiaioso dove dare di gas!

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Guado, uno dei pochi in altipiano.

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Trincerone verso le Melette.

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Io me alla Meletta Davanti

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Nuova pista in costruzione: impressionante lo squarcio nella foresta, pare la caduta di un meteorite! E poi le moto non posson passare…

Alla prossima puntata.

Ciao
Alves
Ultima modifica di SuperHank il gio 01 gen, 1970 1:00 am, modificato 1 volta in totale.

pinof
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Bravo Alves

Messaggio da pinof » mer 29 ago, 2007 2:50 pm

Bravo Alves!! Sono questi i resoconti di viaggi-esplorazioni che a me piacciono. C'è lo spirito giusto, le adeguate motivazioni, gli ambienti che si commentano con le foto, il gusto di guidare in fuoristrada.
Spero di leggerne altre e, già da tempo, sto pensando di fare una cosa simile anch'io con il percorso che abitualmente faccio da casa mia.
Ciao

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ciccio72
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ALLA RICERCA DELL’ENDURO PERDUTO I°

Messaggio da ciccio72 » dom 16 set, 2007 5:10 pm

bel giretto davvero Alves, spero presto di poterti fare compagnia!!
A maggio ho girato le melette con la mountain byke ma non sai da quanto sogno di farle in moto, come del resto il Verena attraverso il rifugio K2 e perchè no andar su per cima Larici dove mi divertivo a far volare l'aquilone della mia piccola Nicole, pensando già dove poter passare con la moto per quei sentierini....... o ancora nella zona di bocchetta Paù..
guardati in giro e stai sereno

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