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7.ALPI OCCIDENTALI II° - GLI 8 COLLI

Inviato: ven 09 apr, 2010 8:54 pm
da SuperHank
SECONDO GIORNO – LA CAVALCATA DEGLI 8 COLLI

1.IL COLLE DELLE FINESTRE 2.176 m.s.l.d.m.

Sottili raggi di sole fanno capolino tra le consunte stecche di legno delle tapparelle; è l’alba di un nuovo meraviglioso giorno: non sono stato seviziato dai guerriglieri NOTAV, la mia moto è saldamente ancorata al tavolone della cucina, fuori splende il sole, non c’è una nuvola in cielo, e ho davanti a me 3 giorni di solo fuoristrada in moto: chi più felice di me?
Purtroppo ho pagato pegno alla tirata del giorno prima, nonostante la sveglia abbia suonato alle 6.00, mi sono girato dall’altra parte e ho dormito fino alle 7.00; poi, lentamente ho iniziato a prepararmi per i miei 3 giorni on the road; vinta l’iniziale ripugnanza, mi sono pure fatto un caffè, accompagnato da fette biscottate e merendine rimediate nella dispensa del M.L.K.. Decisamente niente male fare colazione sulla veranda della baracca, non sarebbe una cattiva idea usare questo posto per una gita di gruppo, 4-5-10 enduristi: parcheggio, posto per l’attrezzatura, di giorno in moto, la sera grigliata!
Faccio in tempo a incontrare di nuovo la Signora, raccomandandomi per l’auto, che di tanto in tanto me la controllino, e alle 9.30 parto verso il Colle delle Finestre, per scendere poi in val Chisone; queste 2 ore di ritardo condizioneranno tutto il giro.
All’imbocco della salita il primo problema: un cartello di strada chiusa per lavori in corso!
Confidando nell’agilità della moto vado avanti, anche perché non saprei che strada fare: infilare sentieri o sterrate vietate non mi sembra il caso, aggirare i monti raggiungendo la val Chisone dalle estremità (pianura o Sestriere) allunga moltissimo il giro.
Il cantiere effettivamente c’è, un gruppo di operai sta ricostruendo un pezzo di strada, crollata per oltre metà carreggiata; ma in moto si passa agevolmente, gli operai mi salutano a cenni e raggiungo il pezzo sterrato del valico.
L’anno scorso ci avevo messo almeno mezzora a fare i pochi km (6? 7? 8? Non molti di certo) sterrati, perché, esaltato dal panorama, mi fermavo ogni 500 metri a fare 10 foto; questa volta faccio una sola sosta fotografica poco sotto il colle, e in pochi minuti sono in cima.
Resta comunque una splendida strada, l’archetipo delle sterrate militari in quota, un nastro chiaro che si svolge con ampie volute su entrambi i fianchi del vallone che risale.

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La sterrata per il Colle delle Finestre.

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Il forte.

Sul versante della Val Chisone il colle è raggiunto dal Triste Asfalto; scendo fino al sottostante pascolo del Pian dell’Alpe, dove prendo a SX la sterrata che tocca i forti di Serre-Marie, del Falouel, passa per i pascoli di Prà Catinat, tocca il forte delle Valli (bastione superiore del forte di Fenestrelle) e prosegue asfaltata fino in fondovalle, a Fenestrelle.

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Il forte Serre-Marie (foto 2005).

2.IL COLLE DE L’AZZARA’ 1.600 m.s.l.d.m.

Da Fenestrelle impegnavo la S.S. di fondovalle, semideserta, a parte qualche grosso camion di movimento terra, difficile da superare, fino alla cittadina di Perosa Argentina dove, con qualche difficoltà, trovavo la strada per la Val Germanasca; al comune di Riclaretto, come molti comuni di montagna costituito da tante borgate e non da un nucleo abitato ben preciso, passavo sulla sponda SX del torrente, e iniziavo la salita a L’Azzarà. In realtà il colle non era minimamente indicato nei cartelli stradali, seguivo le indicazioni per le contrade sottostanti il passo, indicate sulla cartina.
Lo stretto nastro nero sale rilassato in ombrosi boschi, da una contrada all’altra; come avevo già notato in fondovalle, sono in pieno territorio Valdese, ai lati della via supero i piccoli templi dall’aspetto severo; dei Valdesi so poco: sono una confessione protestante, che mi pare prendano il nome dal predicatore Valdo, o Valduz (come i calvinisti da Calvino e i luterani da Lutero); sono stati perseguitati a più riprese dai cattolici e dai Savoia, pure deportati da queste valli, in cui poi hanno fatto ritorno.
A Rivoira, ultimo borgo prima del colle, mi fermo in uno di questi tempi; a fianco c’è una struttura con un campo da gioco, pare in tutto una cassa vacanza per gruppi; una solitaria ragazza ciarla al cellulare, ma quando mi vede si entusiasma di questo misterioso straniero in sella ad una rombante motocicletta bianca, venuto da chissà dove, e sogna una fuga dalla noiosa routine parrocchiale…
No, la tipa continua imperterrita a ciaccolare:”Non sai che ti perdi, piccola!” Penso, e vado a sbirciare dentro la chiesa: le panche, l’altare, un leggio, un crocefisso ligneo, nessuna decorazione o immagine sacra; mi pare si che i valdesi, come i protestanti, non venerino immagini sacre e siano più morigerati dei cattolici nel strutturare le chiese.
Ma torniamo al colle: finalmente la via diventa sterrata, ma non potabile per tutti come il colle delle Finestre; questa è una carrareccia stretta, dal fondo scavato, con buche e molti sassi ad emergere dal terreno. Per carità niente di trascendentale, infatti incontro un vecchio in Panda, gentilissimo, che mi assicura che la via è giusta; infatti i bivi sono più d’uno, e non sempre è facile distinguere la traccia principale; la presenza del signore mi rassicura anche riguardo alla percorribilità della strada: all’inizio dello sterrato c’era un cartello mezzo arrugginito, e nemmeno a norma con i nuovi segnali del codice della strada, con la scritta che l’accesso era ai soli autorizzati, ma non si capiva se sulla principale o su una diramazione; se c’è il tipo con la Panda, allora si può passare.

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Dalla Val Germanasca al Colle de l’Azzarà.

Salendo di quota la sterrata esce allo scoperto nelle praterie erbose d’alta quota, punteggiate di asfittici pini, molti dei quali rinsecchiti, quasi che l’onda d’urto di una bomba li abbia “pelati”.
Dolcemente la strada valica il colle, a 1.600 m.s.l.m.:

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Col de l’Azzarà, 1.600 m.s.l.m..

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Alves al Colle Azzarà.

Un cartello in legno, un piccolo piazzale recintato: è tutto. Sull’altro versante pascoli in cui si odono gli scampanamenti di mucche allo stato brado.
La discesa porta verso il paese di Pramollo, il cui nome avevo già visto su Motocross, legato a gare da Trial ivi disputate; tra salita e discesa l’Azzerà non sarà più di 10 km sterrati, potrebbe sembrare un ben scarso bottino, ma se ci si mette nell’ottica del viaggio in itinerari secondari, asfaltati e sterrati, diventano più che soddisfacenti!

3. COL VACCERA 1.461 m.s.l.d.m.

Il primo borgo che si incontra scendendo dall’Azzarà è Ruata, ma per raggiungere la strada del Col Vaccera devo scendere quasi in fondovalle.
Anche qui il copione è identico all’Azzarà: si prende quota con l’asfalto, poi subentra uno sterrato facile facile piatto piatto all’ombra del bosco, infine la rotabile, con fondo più smosso, attraversa gli aerei pascoli in quota.

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Verso il Vaccera.

All’altezza dell’ultimo borgo trovo un singolare cartello, all’inizio di una diramazione sterrata, che farebbe supporre un percorso autorizzato per il fuoristrada: possibile?
La mappa non mi è d’aiuto, pertanto rimango sulla via principale.

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Percorso fuoristrada?

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Percorso fuoristrada: la sterrata in questione.

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Praterie sotto al Vaccera.

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Le nubi mi inseguono.

Nel loco di codeste foto dovevo effettuare un pit stop: una delle 2 fasce che uniscono le borse laterali si stava lacerando, strusciando sulla sbarra in acciaio dalla pedana passeggero al bullone stringi sella, inoltre la piastra porta borse si stava staccando dalle vibrazioni.
Stringevo la piastra allentata, mettendo un bullone più lungo e un controdado; sistemavo le cinghie in modo che quella lesionata passasse dietro l’asta in acciaio, e quindi non vi si logorasse contro; riposizionavo la collocazione delle borse con cinghie elastiche a cavallo delle maniglie; ma mi accorgevo, con somma incazzatura, che le borse si stavano lentamente aprendo sulla base, apparivano consunte come dopo una Paris-Dakar: che borse di merda! Avrebbero resistito fino alla fine?
Dopo la sosta tecnica salivo in pochi minuti al colle Vaccera, una sella erbosa con un rifugio nei pressi, una pista rotonda in cemento, un monumento-meridiana:

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Col Vaccera, 1.461 m.s.l.m..

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La meridiana del Col Vaccera.

Sul versante opposto del colle purtroppo ricominciava subito il Triste Asfalto, che mi portava in fondo alla Valle d’Angrogna, tributario del Pellice.
Era circa mezzodì quando arrivavo al paese di Torre Pellice: mi rifornivo di contante assaltando la posta, rabboccavo il serbatoio (non ero partito col pieno), e mi mettevo alla ricerca della strada per il quarto colle della giornata, il Pian del Prà.

4. PIAN DEL PRA’ 1.200 m.s.l.m. (circa)

Torre Pellice sorge tutta sulla sponda sinistra del torrente Pellice; nella sponda destra la mappa segnala una sterrata che sale fino alla località di Pian Prà, dove scavalca il crinale e scende al paese di Rorà.
Per raggiungere la sponda destra ci sono 2 ponti, i cui nomi sono riportati sulla carta, entrambi su stradine molto secondarie: il ponte Albertenga, più a monte, e il ponte Blancio, a valle. Il mio sarebbe il ponte Albertenga, che passando per la località Prà di Gay (urca, che sia un posto da Brokeback?)conduce alla salita per il Pian del Prà.
Mi giro tutti gli slums di torre Pellice, stradine che portano a nuove palazzine e a vecchi palazzoni che sembrano caserme dell’epoca sabauda, capito in una sterrata che muore in un capannone usato come abitazione da famiglie di slavi o zingari, ma tutte si perdono nei campi? Ma dov’è sto cazzo di ponte?
Finalmente capito ad un ponte che deve essere un residuato bellico lasciato qui dagli americani nel 1945, il fondo di assi di legno, sorrette da putrelle di acciaio: è il ponte Blancio.
Sulla sponda destra un sentiero per M-B risale la valle; lo imbocco, e mi trovo a guidare in una monotraccia alta sul bosco, un bel sentiero da enduro con alcuni strappi in salita.
Arrivo così al ponte Albertenga, proseguo lungo il Pellice trovo finalmente la strada, sterrata, per Pian Prà.
Anche questa è una sterrata double face: parte come larga carrabile dal fondo commestibile a tutti i mezzi, poi man mano che sale la carreggiata si restringe, il fondo diventa terroso con qualche affioramento di sassi, interrotto da numerose gobbe dove viene facile staccare entrambe le ruote dal terreno.
Mi lascio prendere la mano con i salti, nell’atterraggio le borse posteriori si aprono come le orecchie di Dumbo, poi si spiaccicano sulle piastre in ferro con 2 sonori “sciaff”!
Peccato che la mia esibizione sia osservata da un gruppo di boscaioli, che con la mano mi fanno segno di “moderare” la mia esuberanza.

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Sterrata per Pian del Prà.

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Studio della rotta.

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La sterrata nella parte alta.

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Pian del Prà 1.200 m.s.l.m.; a destra del cartello in legno parte un invitante sentiero verso Torre Pellice, mentre il cartello di divieto è riferito solamente in presenza di neve.


5. PUNTA CORNUR 1.447 m.s.l.m.

Dal Pian del Prà ritorna il Triste Asfalto; scendo verso il paesino di Rorà, ma prima di raggiungerlo imbocco la deviazione per la Punta Cornur.
Poco distante dal paese c’è un piccolo campeggio di montagna, dove mi fermo a mangiare 2 panini.
Non altro che una radura nel bosco, con una casa centrale che fa da alloggio per i titolari, ristorante-bar, reception e servizi. Non c’è nessuno ospite, ci sono solo la signora, 3 cani, 3 giovanissimi bambini, biondi come il sole, si divertono a tagliare l’erba delle piazzole con la falciatrice a scoppio, quasi fosse un gioco!
Ovviamente in questo remoto angolo del Piemonte non potevo non incontrare qualcuno in qualche modo vicino a me: a very minuscolo world! La signora, quando mi sente parlare, mi chiede se sono trentino, e ne viene fuori che lei è appunto una trentina sposta ad un piemontese; in me, che sono veneto, ma verso il confine col trentino, ha riconosciuto un compaesano!
Dopo essere riuscito a mangiare i panini, contesi dai cani che mi scodinzolavano attorno, riparto per uno dei pezzi più belli della giornata; sono però già quasi le 15.00, il Gardetta, meta ultima della giornata, mi pare più distante di Capo Horn!
Poco dopo il campeggio la via diventa sterrata, sale fra i pini fino ad un sella, la Punta Cornur, 1.447 metri: non è un vero e proprio passo, come dice il nome è uno spigolo della montagna attorno a cui la strada gira e poi scende sul versante opposto dell’alta valle Luserna.

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Verso Punta Cornur.

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Punta Cornur, 1.447 m.s.l.m..

La sterrata prosegue verso le località sciistiche di Rucas e Ortieul, sopra Bagnolo Piemonte, seguendo il profilo di vasti anfiteatri montani che costituiscono la parte terminale della valle. Dapprima attraverso un pianoro a pascolo, il Pian Frollero, chiuso da pendii verticali di cui non vedo la sommità, nascosta dalla nebbia, e punteggiato da alcune malghe e da tanti massi grigi nel verde dell’erba.
La strada si dipana con curve abbondanti in questo scenario, ed è un piacer fermarsi su un dosso e vedere la striscia bianca snodarsi davanti a me!

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Pian Frollero 1.

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Pian Frollero 2.

Dal piano la strada inizia a salire le pendici della montagna; sotto di me ma anche sopra, enormi squarci di bianco marmo sventrano l’alta valle: numerose cave a cielo aperto, tutte attive, deturpano la montagna. Camion e mezzi d’opera, piccoli come le sorpresine dell’uovo di Pasqua si muovono incessanti nella polvere. “Sono capitato nella Alpi Apuane!” mi dico sorridendo, memore di foto delle famose montagne toscane.

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Le cave della Val Luserna.

In una di queste cave mi fermo a chiedere indicazioni ai cavatori sulla direzione per Rucas:”Per scendere a Rucas da che parte?” E il minatore:”Scendere? Salire vorrai dire!” Che gioia quando ti dicono che devi salire ancora!
Raggiungo Rucas, a quasi 1.600 metri di quota: l’aria è freschina, le nuvole sono proprio sopra la mia testa; ci sono gli impianti di risalita, ci sono 2 enormi condomini di appartamenti per le settimane bianche, dallo squallido aspetto sovietico, completamente chiusi, così come le attività commerciali al piano terra. Solita sensazione di tristezza e desolazione delle stazioni sciistiche chiuse per ferie estive, degli scempi architettonici che nulla centrano o donano alla montagna, che solamente perché hanno le imposte o i balconi in legno si spacciano per “montanare”!
Da lassù sarà una lunga discesa su Bagnolo Piemonte, passando per la località di Montoso; strada asfaltata e ampia, alla portata di pullman e camion, ma da questi ultimi disastrata con buche e avvallamenti. Non sarà una discesa divertente, gli ondeggiamenti, la frenata dell’XR, i numerosi sorpassi ai danni di camion, qui mi faranno rimpiangere la maggior attitudine stradale dell’Elefant!

6. LA VALLE INFERNOTTO E IL PIAN DEL LUPO

Da Bagnolo mi sposto con breve trasferimento fino alla vicina Barge, da dove una strada sterrata risale la stretta valle Infernotto fino a raggiungere il Pian del Lupo. Sono fermo ad un bivio nella periferia, indeciso su quale strada imboccare, quando una anziana signora, vedendomi in difficoltà, si avvicina; sembra incredibile, ma non ha mai sentito questi nomi, nomi di luoghi a pochi km da dove abita! Ma sono in tanti ad essere così, la loro cognizione dell’ambiente che li circonda si limita allo stretto indispensabile e di uso quotidiano: tanti non sanno nemmeno il nome dei monti che vedono dalla finestra. La signora riesce comunque ad aiutarmi, confermandomi che salendo sarei arrivato al Ponte dell’Ula: giusto all’inizio della Valle Infernotto.
Con una pacca sulle spalle mi augura buona fortuna, e parto.
Dopo il ponte la strada diventa sterrata, una divertente sterrata dal fondo smosso che si infila in una stretta forra.

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Salita in Valle Infernotto.

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Colata sassosa.

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Rifugio Forestale Rio Infernotto, 1.102 m.s.l.m..

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Se è profonda la valle del Rio Infernotto!

Dopo il rifugio avevo nuovamente problemi alle piastre porta borse, nuova sosta tecnica a fissare i bulloni; la strada diventava una carrareccia stretta, di un bel fondo di terra rossa con qualche sasso.
Erano oramai le 16.00, ragionavo che la Gardetta me la potevo scordare, ma forse il Sampeyre riuscivo a scalarlo…
La giornata stava comunque andando decisamente bene, avevo già fatto 200 km di terra e asfalto, rimanendo quasi sempre tra i 2.000 e i 1.000 metri di quota! Un percorso rallystico, esclusivamente di veloci sterrate o carrarecce, senza mai interruzioni sostanziali, con necessità costante di interpretare la mappa. Nonostante fossi vicino alla pianura, il viaggiare sempre in alto, grazie all’autonomia dell’XR, rendeva il percorso una sorta di esplorazione di luoghi desolati: pochi i paesi toccati, tante malghe o contrade chiuse o abbandonate, incontri con qualche gruppo di boscaioli o cavatori, nessuna moto incrociata in questo martedì di inizio estate.
In breve Giungevo in una radura erbosa, che un cartello in legno mi confermava essere il Pian del Lupo; la sterrata avrebbe continuato a salire, in mezzo a pini mughi, fino ai 1.500 metri del Bric Arcett (in questa zona le cime e i poggi sono chiamati Bric); ma data l’ora, le 16.00, tralasciavo la deviazione e scendevo verso Paesana, nella valle del Po.
In testa avevo ancora la speranza di raggiungere in qualche modo la Val Maira; diciamo che era una necessità: a Demonte avevo la certezza di avere un posto letto presso la locanda “Reino Jano”; speravo di riuscire a fare la Strada dei cannoni, dal Sampeyre al Birrone, magari dopo aver mangiato un veloce panino a Sampeyre, quindi scendere a Dronero, all’imbocco della Val Maira, e raggiungere Demonte per il fondovalle (circa 40 km di trasferimento); oppure cercare una sistemazione direttamente a Dornero, in ogni caso il Gardetta lo avrei recuperato la mattina seguente.

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Pian del Lupo, 1.226 m.s.l.m..

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Il Salto del Lupo.


7.LA CROCE TURNUR

Sceso A Paesana, mi trovavo giusto davanti a una ferramenta, dove entravo a fare scorta di bulloni e dadi autobloccanti per il mio accrocchio porta borse. Neanche a farlo apposta, sul bancone c’era il foglietto che pubblicizzava, per il 9-10 settembre, una prova del Campionato Motorally, il Motorally del Piemonte, con epicentro proprio a Paesana, corredato dal Raid del Piemonte, cavalcata non competitiva sugli stessi percorsi: lo dicevo che sono posti da rally!
Paesana era l’inizio e la fine dell’ennesima ascensione della giornata: si trattava di risalire brevemente la valle del Po, deviare su un laterale ad Oncino, seguire una sterrata che aggira i rilievi fino alla località di Pian Munè, e li ridiscendere a Paesana.
Se tralasciavo questo anello forse potevo agganciare in extremis il Sampeyre-Birrone, ma mi dispiaceva rinunciare al mio itinerario, finora ero riuscito a farlo tutto; perciò prendevo la direzione di Oncino, non senza la terza sosta della giornata dedicata alla verifica e rinforzo del sistema di ancoraggio delle borse.
Anche questa settima fatica ricalca le precedenti: ambiente di mezza montagna, sterrata nel bosco che poi raggiunge i pascoli in quota. Questa tratta è abbastanza lunga, si passano diverse malghe, ma non c’è uno straccio di indicazione; quando arrivo ad un bivio sono convinto che devo scendere per arrivare alla Croce Turnur, invece finisco in una antica contrada mezza franata, da cui un sentiero mezzo inerbato scende a valle precipitoso. Non è la strada giusta, torno da dove sono venuto e continuo a salire, fino a raggiungere il Colle Piatta Costa, a 1.400 metri.
Qui c’è il vero bivio: andando dritti in breve si raggiunge la Croce Turnur e da Lì Pian Munè, salendo si raggiungono altre malghe sui 2.000 metri; ci sarebbe una strada segnata, in prossimità di quella che sale dal il Colle Piatta Costa, che scende a Pian Munè; le 2 sterrate non sono collegate fra loro, ma lo spazio libero è così esile che farebbe pensare ad un fuoripista possibile: ma per prudenza tralascio questa fantasia, limitandomi a salire un po’, fino ad un ciglio erboso che domina la valle sottostante, dove mi fermo a riposare il piede offeso da una grossa pietra che non avevo visto.

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Verso la sella Piattacosta.

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Sella Piattacosta.

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Alves alla Croce Turnur, 1.457 m.s.l.m..

Scendo alla Croce Turnur, dove c’è poco: dei ripetitori, una croce, un cippo, una tabella naturalistica, un panorama coperto dalla foschia.
Scendo a Pian Munè, altra stazione sciistica; evito un pezzo di triste asfalto pendendo una sterrata con molti tornanti che all’ombra dei pini mi porta al rifugio Bertorello. sotto di me c’è la valle del torrente Croesio, piccolo affluente del Po; sull’altro versante della valle c’è il colle di Gilba, mia prossima meta, e sulla carta ci sono un paio di sentieri che tagliano l’alta valle, dal Bertorello al Gilba. Non sarebbe male tagliare la discesa a valle, per cui imbocco il sentiero, che parte largo e ampio, ma che in poche decine di metri scompare nella lussureggiante vegetazione del sottobosco. Con non poca fatica mi giro e scendo a valle, ma non rinuncio al tentativo di accorciare un po’ la strada; nei pressi di alcune borgate tento dei passaggi per l’altro versante e capito così nei pressi di una contrada abbandonata; c’è una coppia di anziani, lui e lei, che passeggiano nel prato, mi guardano diffidenti, spengo la moto e chiedo informazioni sul “taglio” che vorrei fare; quando capiscono che non sono un selvaggio vandalo ma un viaggiatore sperduto i loro volti si distendono, e tentano di aiutarmi:”Qui una volta venivan su da la con le moto, ma ora il bosco ha ricoperto tutto, non si passa più!””Deve tornare indietro, girare a destra, fino a una casa, poi fino alla contrada a sinistra…”; sono perplesso, allora il tizio domanda:”Ma da dove arriva, da Paesana?” Avrei potuto dire di si, che scendevo da quella parte, ma non ho resistito:”No, arrivo da Vicenza” Dalle facce mi sa che sarebbero rimasti meno stupiti se avessi detto che scendevo dalla Luna!
I 2 vecchietti mi salutano affettuosamente, ma non basta ciò per trovare la giusta via: percorro ancora delle carrarecce nel bosco, ma inevitabilmente finisco sulla strada asfaltata da cui ero uscito; stufo, lascio perdere tutto e scendo a Paesana.

8.IL COLLE DI GILBA E IL COLLE DEL PRETE

La salita al colle di Gilba parte dal paese di Sanfront, ad un tiro di schioppo da Paesana; il paese è piccolo, trovo subito la via; si sale per asfalto, poi da metà montagna inizia lo sterrato, inizialmente largo e ben tenuto. La prima tappa della salita è a San Bernardo, 1.076 metri, dove c’è un edificio religioso e un bivacco in una casina di sassi:

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Verso il colle di Gilba, località San Bernardo.

Oltre San Bernardo la sterrata diventa sempre più accidentata e simile ad una mulattiera, finché, uscito dal bosco, gli occhi non vedono questo:

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Pian Frè, il sogno dell’endurista viaggiatore!

“Non è possibile! Ma non è possibile!” il primo pensiero formulato dai pochi neuroni non ancora scollegati dai 240 km di vibrazioni; si, come ci si può non emozionare quando si esce dal bosco, e si crede di trovare a breve il passo, il valico, insomma la fine della via, ed invece di fronte si parano una serie di gobboni erbosi a salire, uno dietro l’altro, e una traccia tutta solchi, buche e sassi si sbroglia in lungo e in largo per le praterie?
Di primo acchito ho creduto che la sommità del colle più alto fosse il Gilba, ma mi sbagliavo; affrontavo la salita di una vera e propria mulattiera, accessibile solo a moto e a 4x4 coi controcazzi (non certo con i SUV simil Porche Cayenne!); c’era la via normale, che guadagnava quota con i tornanti; e poi c’era il taglio assassino, che seguiva la massima pendenza del monte.
All’inizio facevo il regolare, ma poi non resistevo e mi lanciavo su di una rampa che pareva facile. Facile un paio di palle! Mi ritrovavo, in pochi metri, a guidare come se stessi impennando, ma entrambe le ruote toccavano il tappeto di sassi smossi che costituiva il fondo della mulattiera; riuscivo a salire una 30ina di metri, ma stanchezza, moto e terreno mi sconfiggevano, e mi arenavo a metà della salita.
La salita era talmente ripida che non riuscivo proprio a girare la moto, per cui mi facevo 20 metri in retromarcia, accompagnando la moto: un supplizio!
Dopo circa un quarto d’ora di fatica riportavo la moto sulla via principale, e buonino buonino salivo i panettoni erbosi, con stile “Potato’s Sac”. Quando raggiungevo il crinale mi sarei aspettato che la mulattiera scendesse sull’altro versante, invece la bastarda, ormai ridotta ad una traccia di terra larga un paio di metri, cosparsa di affilate pietre affioranti, proseguiva sulla destra in lieve falsopiano; in più dalle nuvole scure che da ore mi stavano inseguendo iniziavano a scendere gocce d’acqua grosse come fagioli, sempre più frequenti. Una lieve apprensione mi pervadeva: e se avevo ciccato qualche bivio? E se mi stavo inoltrando in montagne selvagge senza via d’uscita? Se stavo rischiando di trovarmi all’imbrunire sotto un temporale in alta quota?
Questi pensieri mi facevano inconsciamente guidare sempre più piano, quasi a posticipare i possibili pericoli a cui andavo incontro; finché la montagna al mio fianco si adagiava in una vasta sella erbosa, con al centro un piccolo edificio in pietra e una tabella segnavia: il Colle di Gilba!

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La rampona impossibile.

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Colle di Gilba, 1.524 m.s.l.m.

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La capanna al colle; sulla destra la mula continua salire verso il Colle del Prete.

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Panoramic view.

Che pace! Che silenzio! Unico rumore la pioggia che cade, il vento, un gregge di pecore che lentamente scende il vallone di Gilba verso le stalle.
Sono le 18.30, mi fermo pochi minuti e riprendo la salita al colle del Prete; sono un paio di km di mulattiera che salgono il fianco della montagna in diagonale, con pendenza modesta; la stanchezza, la pioggia che cade, le pozze di fango dei precedenti temporali, i sassi viscidi rendono penoso il mio incedere, che in altre condizioni sarebbe ben più spedito.
Quando arrivo al Colle del Prete, a 1.716 metri, il temporale irrompe in tutta la sua forza: faccio appena in tempo a scattare 2 foto al passo, tutto sommato una selletta anonima, con un paio di cippi, e a mettermi l’antiacqua.

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Colle del Prete, 1.716 m.s.l.m..

La discesa sul borgo di Sampeyre, in val Varaita, è pari ad una immersione, acqua dal cielo, acqua che schizza da terra, pozzanghere, acqua che cade dal fogliame; la tuta fa il suo dovere, ma stivali, guanti, e faccia sono fradici, e l’antiacqua è ricoperta di fango e sporco.
Sono le 19.50 quando entro a Sampeyre, dopo 270 km di strada in 10 ore; getto definitivamente la spugna per quanto riguarda il Cole Sampeyre, il Birrone, Demonte, ecc., ecc.!
In paese vedo le indicazioni per 2 alberghi, mi fermo alla prima, e in quelle penose condizioni entro a chiedere una camera; il cameriere mi fa attendere un po’, poi mi dice che non c’è posto: mi rimane il dubbio che non abbia voluto darmi la stanza, lo stronzo!
Mi suggerisce di andare dalla “Antica Locanda”, dall’altra parte della strada; questa struttura è divisa su più edifici, al piano terra di una vecchia casa ci sono cucine e sala da pranzo, in una nuova casetta a fronte gli appartamenti; hanno pure il garage interrato chiuso alla notte, l’ideale per le moto.
Sono molto cortesi, mi assegnano una camera piccola ma con tutti i comfort, finalmente una doccia!
Alle 21.00 sono in sala da pranzo, unico commensale, tutto il resto della clientela è composto da anziani che vanno a letto all’ora delle galline; i gentilissimi albergatori si scusano anticipatamente di potermi preparare solo quello che hanno, infatti mi ritrovo a mangiare un piatto straboccante di agnolotti, 2 hamburger saporitissimi con una montagna di patate e birrone (il dolce nettare, non il passo dell’indomani!), a tifare Italia contro Germania al Mondiale.
Partita di cui non vedrò il pirotecnico finale, 2-0 nel recupero, in quanto mi addormenterò esausto sul letto in camera.

Continua ...

7.ALPI OCCIDENTALI II° - GLI 8 COLLI

Inviato: sab 10 apr, 2010 12:46 am
da VALCHISUN
Complimenti per il giro, cosi' almeno ho conosciuto parecchi nomi di posti in cui giriamo da almeno vent'anni!Il cartello percorso autorizzato fuoristrada che hai visto sotto a Pramollo si riferisce ad un percorso da trial dove anni fa' si svolgeva una gara di regionale, proprio quella di cui leggevi le classifiche su Motocross,purtroppo la gara non si svolge piu' ed il percorso autorizzato e' diventato una strada per i taglialegna!
Da Pian Mune' a Pian Fre' non esiste piu' un sentiero praticabile nemmeno con la moto da trial, c'era anni fa' ma le frane e la vegetazione hanno fatto sparire ogni traccia di sentiero!
E' proprio vero che molte volte si finisce di ignorare i nomi e la storia dei posti che si conoscono come le proprie tasche, meno male che ci sono i "maratoneti" delle mulattiere a soccorrerci....
Da Pian Fre' al Gilba e' veramente il "paradiso" dell'endurista, pensa che un mio amico la fa' con il Gs 1.200 con moglie "annessa".... :shock:

7.ALPI OCCIDENTALI II° - GLI 8 COLLI

Inviato: sab 10 apr, 2010 1:11 am
da husqvarna100
Come sempre bravissimo Alves.
Riesci a farci rivivere i luoghi che conosciamo come se fosse la prima volta che li vediamo.
Nomi,fatti ,accadimenti----sei sempre informatissimo.
BRAVO.
Se tu non fossi cosi' cavaliere solitario gradirei proprio fare qualche giro con te.

Ciao.
Claudio.

7.ALPI OCCIDENTALI II° - GLI 8 COLLI

Inviato: lun 12 apr, 2010 2:55 am
da ttr
Beati voi che li conoscete!! :wink:

Complimenti ancora

Re: 7.ALPI OCCIDENTALI II° - GLI 8 COLLI

Inviato: lun 14 giu, 2010 12:32 am
da Tucs666
SuperHank ha scritto: Finalmente capito ad un ponte che deve essere un residuato bellico lasciato qui dagli americani nel 1945, il fondo di assi di legno, sorrette da putrelle di acciaio: è il ponte Blancio.
Quello e un ponte Bailey, viene installato come ponte "provvisorio" dalle amministrazioni provinciali (poi si sa come' sono le cose provvisorie :) ), costa poco ed e' di facile installlazione. Sabato anch'io ho seguito le tue orme e anch'io ho faticato non poco a trovare sto ponte Albertenga!!! Poi dopo aver girovagato per mezza montagna, per strade e sentieri sono riuscito a trovare qualcuno che mi ha dato le giuste indicazioni. Il problema e' che uno (almeno io ho fatto cosi') cerca la strada per scendere verso il ponte a "valle" cioe' verso il fiume. Invece la strada va' cercata a monte verso la montagna!!! Questo perche' si sale verso monte e si ritorna verso il fiume passando SOTTO la provinciale (sotto un ponte). Tra l'altro c'e' un cartello stradale che indica chiaramente "Pian Pra", ma io cercavo "Pian del Pra" e poi il fatto che indicasse la direzione a monte, quindi opposta a quella che dovevo prendere mi ha fregato. Comunque un'altra indicazione da seguire e' quella per il cimitero :)
SuperHank ha scritto:Da lassù sarà una lunga discesa su Bagnolo Piemonte, passando per la località di Montoso; strada asfaltata e ampia, alla portata di pullman e camion, ma da questi ultimi disastrata con buche e avvallamenti. Non sarà una discesa divertente, gli ondeggiamenti, la frenata dell’XR, i numerosi sorpassi ai danni di camion, qui mi faranno rimpiangere la maggior attitudine stradale dell’Elefant!
Non so' se lo sai, ma da Montoso si puo' raggiungere direttamente il rifugio infernotto senza scendere a Valle, tutti sterrato, e che sterrato, certi tratti sono very hard, ma bellissimi. Se vuoi ti mando la traccia gps
Invece da Pian Mune' al colle di Gilba non c'e' collegamento (almeno per vie normali) Sto cercando un passaggio, ma penso che sia piu' da trial che da enduro :( Vi terro' aggiornati
Ciao

7.ALPI OCCIDENTALI II° - GLI 8 COLLI

Inviato: lun 14 giu, 2010 2:13 am
da max37
invidiaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa

7.ALPI OCCIDENTALI II° - GLI 8 COLLI

Inviato: lun 14 giu, 2010 1:24 pm
da cichetelo
L'ho letto solo ora, ma veramente sono posti fantastici.... !!!!

Alves grande cavaliere solitario e menestrello racconta storie.

Complimenti!!!!

Raffaele

7.ALPI OCCIDENTALI II° - GLI 8 COLLI

Inviato: lun 21 giu, 2010 10:51 am
da Anonymous_14/08/08 08:43
Complimenti!!!!!!!!!!!!!!

Posti bellissimi :wink: