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L'uomo che sussurrava ai caprioli II°

Inviato: mer 04 mag, 2011 4:43 pm
da SuperHank
L'UOMO CHE SUSSURRAVA AI CAPRIOLI II°

Nella prima uscita trialistica invernale mi ero lasciato andare alla dolce malinconia dei ricordi, vagabondando senza impegno per sentieri conosciuti … ma non si può rimanere intrappolati sempre nelle glorie (?!?) passate, bisogna andare alla ricerca di nuove strade da percorrere.
Questa ennesima avventura l'approcciavo con metodicità scientifica, come può esserlo una spedizione Himalayana: fase uno, studio di mappe e bibliografia correlata; fase 2, preparazione della spedizione, attrezzatura mezzi, ecc.; fase 3, spedizione sul campo.
Mi concentravo con dedizione sulle vallate che circondano l'Altipiano dei 7 Comuni e ne delimitano il confine; questo mitico altipiano, a parte lo spigolo sud est, dove si imbastardisce in una serie di colline sempre più basse verso Marostica e Bassano (belle anche loro, sia inteso!), termina, in quasi tutto il suo perimetro, in vertiginose scogliere di roccia, che precipitano per centinaia di metri sulle sottostanti valli. Sono le classiche vallate di origine glaciale, quelle che nel sussidiario delle elementari erano disegnate ad “U”, una sottile fascia pianeggiante centrale e scoscese pareti laterali, brasate dallo scorrere dei ghiacciai, contrapposte a quelle a “V”, scavata dall'erosione del sottile corso di un torrente.
In molti punti le pareti dell'altipiano raggiungono anche mille metri di dislivello, e non ci sono tante strade che le affrontano, siano asfaltate e carrozzabili, siano mulattiere (anche se il passaggio della Grande Guerra ha contribuito ad incrementare la rete viaria di montagna in modo considerevole); molti di più i sentieri che collegavano il fondovalle alla montagna, per motivi economici: portare gli animali in quota, trasportare i prodotti agricoli da molare ai mulini in fondovalle, far scendere i tronchi tagliati nei boschi; sentieri che non potevano “perdere tempo” come le strade moderne, che hanno infiniti tornanti e traversi per ottenere pendenze e curve adatte alle auto; sentieri che andavano diretti a valle come un ascensore, o un filo a piombo, con magari 60 tornanti incastrati nelle pieghe della montagna.
Questi sono i sentieri che chiamo dei “MilleMetri”, non perché siano lunghi un misero km, ma perché coprono un dislivello di 1.000 metri, e li considero l'università dell'enduro, il punto di contatto tra le moto a sella alta e il trial. Quancuno l' ho percorso con l'enduro, anche in salita, ma è cosa ardua, molto meglio lasciarli al trial, almeno verso l'alto; qualcuno però, pensavo, avrei potuto percorrerlo in discesa con le ruote alte, ma prima dovevo collaudarlo in salita col trial.

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Ascesa dal campo Base.

Di prima mattina mi portavo quindi al ridente paesino di Caltrano, ed allestivo il mio campo base a poche decine di metri dall'attacco del sentiero: mio fratello disapprova questa mia attività, ritiene che lasciare posteggiata un'auto col carrello porta moto sia un invito a nozze per Vigili & Affini, che possono aspettare il ritorno alla “base” dei motociclisti per castigarli con controlli minuziosi sulla moto, non potendo pizzicarli in fallo sui sentieri … e col trial ne hanno di irregolarità da verbalizzare! Targa, frecce, fanale posteriore … Niente da eccepire, il consanguineo ha ragione, io spero che, data la giornata infrasettimanale, le guardie siano meno attente al “motocross abusivo” nei boschi, e parcheggio l'auto in modo che il carrello sia nascosto dalla imponete mole del Galloper.
Il paese è sovrastato da una ripa, non dico pianeggiante, ma non troppo erta, un tempo accuratamente tenuta a fienagione per il lungo inverno in stalla delle bestie; 2 profonde incisioni vallive ne delimitano i lati, ed in uno di questi si dipana il sentiero finchè, esauritasi la lunga conoide di deiezione, sopra cui insiste il prativo, sui precipiti spalti rocciosi della montagna, la traccia inizia la sua scalata verso il cielo. Potrei salire per una delle piste che percorrono i prati, ma non lo faccio per 3 ragioni: nella valle sono invisibile, nei prati facilmente individuabili; voglio seguire il sentiero nella sua interezza; non trovo la strada per montare nel pianoro!
Nel primo tratto il sentiero era eminentemente pensato per il lavoro, legna e fieno, per cui impenna con maggior asprezza dei tracciati militari; a lunghi rettilinei quasi piani alterna doppie S con traverso corto e ripidissimo, in cui, complice il fondo terroso e i muscoli ancora freddi, mi pianto, cado, faccio fatica a far girare il Fantic: sono a nemmeno quota 100 su un dislivello di 1020 metri e sono già in affanno, avrei fatto meglio a tagliare per il facile prato, che schiappa che sono!

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La moto non ingrana, il pilota non ingrana ...

OK, sfiatando come una caffettiera con la guarnizione rotta esco dall'impluvio profondo, ma poco dopo, nel superare dei tronchi, il 125 si spegne e non riparte più! Ma Porca Trota, mi vien voglia di tornare a casa … faccio una operazione da vecchio regolarista, di quelli che giravano sempre con una manciata di candele in tasca: smonto e sostituisco la candela, e il monocilindrico 2T riprende vita.
Spero, con queste tribolazioni, di aver pagato pegno al dio del tassello, chissà che mi conceda il permesso di salire in vetta, mi mancano ancora 800 metri.
E la mia speranza non è vana, la moto inizia a girare come un orologio svizzero, ed il pilota, entrato in temperatura, sale con costanza anche lui, e non importa se in qualche tornante c'è da sollevare la moto perchè troppo lunga per la curva.

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La nuda roccia affiora; nella foto 3 traversi del sentiero, evidenziati dalla sottile linea di erba secca.

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Visto da sopra: troppo bello!

Ora il sentiero ha mutato forma, e non nasconde il suo passato in “uniforme”: la pendenza è ridotta, una lunghissima teoria di tornanti lo porta sempre più in alto, sfruttando tutte le pieghe della roccia; piazzole di sosta, piccole caverne, una galleria per superare uno cresta rocciosa, tutto parla della Grande Guerra: nel 1916 le linee, dopo lo sfondamento austriaco, erano attestate poco oltre il ciglio dell'altipiano, fra i monti Lemerle e Zovetto, questo sentiero, come altri, portava truppe, munizioni e vettovagliamenti alla prima linea.

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La selvaggia e dura bellezza delle Prealpi.

I bravi militari di una volta avevano pensato anche alle piazzole di soste, con tanto di alloggio e fornitura di acqua corrente; un terrazza, un balcone di pietra sull'abisso, dove alcuni alberelli fanno da egregio appoggio al mio trial; sulla soffice erba secca è piacevole sdraiarsi, togliersi lo zaino, bere un sorso d'acqua e mangiare uno snack. Distendo la mappa sul terreno, controllo la quota col GPS, mi rileggo per l'ennesima volta la descrizione del sentiero, dando un nome ai luoghi attraversati, valutando le difficoltà appena passate, cercando, sulla scorta di quanto visto finora, di immaginarmi le successive.
Esploro una piccola galleria militare, al suo interno una sottile vena d'acqua è raccolta in un recinto di pietre, sinceramente non è abbastanza cristallina da sentirmela di bere, ma per i muli che faticavano con le some militari 95 anni fa doveva essere una manna: era questa infatti una piazzola di sosta per le carovane militari.
Si sta bene qui, ma non posso certo affermare che ci sia silenzio; dal fondovalle sale un rumore indistinto, un fruscio, sintesi di ovattati scarichi d'auto, cupo rombo di qualche rara motocicletta, stridenti suoni metallici delle fonderie in fondovalle, suoni sgretolati delle cave di pietra, sibilanti tagli di motoseghe non tanto distanti, una melassa sonora in cui si fondono tutti i rumori dell'attività umana: noiosa e banale. Ma se mi concentro riesco a sentire e vedere i rumori del bosco: le piante spoglie che ondeggiano al vento, furtivi scoiattoli che saltano da un ramo all'altro (sono in ripresa, questi piccoli roditori, ne vedo spesso durante i miei giri nei boschi, ma sono di più grigio neri che del tradizionale rosso, pare sia una specie allogena che sta soppiantando la locale, anche qui la longa manus dell'uomo si fa sentire), uccelli stanchi dall'inverno, e poi quando sento uno scricchiolare di foglie secche, cercando con cura ci sono di sicuro dei caprioli nelle vicinanze, ma appena avvertono l'uomo nei pressi fuggono con elegante corsa fra le balze, perfettamente mimetizzati dal loro manto.
Ma basta indugiare, ho altri 500 metri da scalare!

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Riposo del mulo.

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Gallerie militari.

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Sor Aqua, la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta. (S.Francesco)

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Via, che devo arrivare in cima alle montagne in fondo.

La salita procede con una regolarità geometrica, una linea seghettata che si inerpica per un pendio sempre più verticale ed esposto; qualche piccola difficoltà tecnica, uno smottamento, un albero caduto o troppo sporgente, un tornante troppo stretto su cui spostare la moto di peso, piccole prove che non mettono in crisi moto e pilota.

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Suggestivo passaggio in galleria.

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L'asprezza della montagna circostante.

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La dolcezza di un fiore primaverile.

Il vallone che sto risalendo si restringe in modo impressionante, arrivo ad un punto dove le pareti sono distanti poche decine di metri, ed il centro dell'impluvio ha l'aspetto di un torrente in secca, immagino che in periodi di forti piogge l'acqua precipiti a valle trascinando tutto con se. Qui il sentiero è in parte crollato, ma sfruttando le ultime virgole di terra rimaste riesco a superare l'ostacolo.

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Un cimento sempre più ardito.

Il sentiero esce dall'impluvio per andare a scalare un erboso pendio adornato da ciuffi di fiori viola, ma non ho tanto animo di darmi alla botanica: sulla mia testa incombe una arcigna parete rocciosa, e il sentiero si è fatto fine fine, un piccolo solco dove ci sta solo la sottile ruota del Fantic e poco più! Percorro in voleè, con il fiato corto, questi traversi, aspettandomi da un momento all'altro la mia resa definitiva di fronte all'ostacolo insuperabile … invece il sentiero spiana, sono sopra lo scoglio, appaiono abeti, faggi e un muretto a secco: vittoria, anche stavolta ci sono riuscito.

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La foto della vittoria!

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L'indistinto fondovalle.

Mi sdraio sull'erba, consumo le ultime provviste, ma resto fermo per poco, una fredda nebbia cala dall'alto, se alla partenza era già primavera, qui l'inverno ha lasciato la sua retroguardia; esploro i dintorni, scruto i versanti delle valli a scendere, per scegliere quale sentiero percorre per il ritorno.
Ci sarebbero tante opportunità di esplorazione, ma ho impiegato troppo tempo per la salita, ed allora opto per un sentiero conosciuto, fatto più volte con l'enduro, e tosto mi dirigo al suo imbocco, trotterellando su strade sterrate ancora invase dalla neve.

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Malghe ancora prigioniere dell'inverno.

La discesa, che reputavo facile, invece mi sfiancherà fisicamente: salti di mezzo metro e più sulla roccia viva, infiniti sassi grossi come meloni sotto alle ruote, scalini e lame di roccia che mandano in crisi la scarsa escursione delle sospensioni della moto da trial, tutti i colpi vanno a scaricarsi sulle braccia del povero pilota: sicuramente con l'enduro, peso a parte, sarei stato più comodo e meno affaticato. Strana moto il trial: è fatta per salire, non per scendere.


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Sosta di sfinimento.

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Tipico casone della zona, usato nella stagione estiva come riparo dai contadini che salivano queste balze per falciare ogni più piccola radura.

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Sembra non finire mai, con la nebbia pare la discesa agli inferi.

Ma non ci sono gli inferi ad attendermi, e nemmeno GEV ed ecologisti; carico la moto e me ne vado, giusto in tempo per l'aperitivo.
Missione compiuta.
Alla prossima.

Ciao
Alves

L'uomo che sussurrava ai caprioli II°

Inviato: mer 04 mag, 2011 5:05 pm
da rerechan
Eccezionale!
Peccato sia fuori dalla mia cartina, ma vorrei provare anch'io, almeno fin dove non comincio a sentire l'effetto delle vertigini...
A proposito ti scrivo due righe...

L'uomo che sussurrava ai caprioli II°

Inviato: mer 04 mag, 2011 5:11 pm
da SuperHank
rerechan ha scritto:Eccezionale!
Peccato sia fuori dalla mia cartina, ma vorrei provare anch'io, almeno fin dove non comincio a sentire l'effetto delle vertigini...
A proposito ti scrivo due righe...
Con la tua moto qui andresti alla grande ...

Ciao
Alves

Re: L'uomo che sussurrava ai caprioli II°

Inviato: mer 04 mag, 2011 5:21 pm
da rerechan
SuperHank ha scritto:

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Questa foto e' quello che voglio io....

Mi mandi un MP con scritto dove sei arrivato alla fine della salita?
Grazie, ciao

L'uomo che sussurrava ai caprioli II°

Inviato: mer 04 mag, 2011 6:49 pm
da psycho
che moto è?

L'uomo che sussurrava ai caprioli II°

Inviato: gio 05 mag, 2011 12:29 am
da anALPhaBETA
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Re: L'uomo che sussurrava ai caprioli II°

Inviato: gio 05 mag, 2011 3:54 pm
da carlo
SuperHank ha scritto:qualcuno però, pensavo, avrei potuto percorrerlo in discesa con le ruote alte
[...]
un tornante troppo stretto su cui spostare la moto di peso,
[...]
il sentiero si è fatto fine fine, un piccolo solco dove ci sta solo la sottile ruota del Fantic e poco più!
Mi sembra che la premessa faccia a cazzotti con i fatti :mrgreen:
questi piccoli roditori, ne vedo spesso durante i miei giri nei boschi, ma sono di più grigio neri che del tradizionale rosso, pare sia una specie allogena che sta soppiantando la locale
I miei ricordi (e una rapida ricerca nella Wikipedia italiana e inglese li confermano) mi
dicono che la varieta' grigia e' uno scoiattolo nordamericano introdotto inizialmente in Gran
Bretagna che tende effettivamente a sostituire lo scoiattolo europeo quando le due specie
vengono a contatto. In Gran Bretagna addirittura si sta diffondendo l'uso di mangiare gli
scoiattoli grigi per favorire la sopravvivenza dei rossi.

Se vuoi ti suggerisco qualche ricetta che potra' tornarti utile nei tuoi prossimi giri, cosi'
se ti fermano i GEV potrai dire che stai girando per il bene dell'ambiente. :mrgreen:

Infine i soliti complimenti per i tuoi report, se ne sentiva la mancanza.

L'uomo che sussurrava ai caprioli II°

Inviato: gio 05 mag, 2011 9:34 pm
da yeti
Complimenti e gran bel giro .....

Lampès

L'uomo che sussurrava ai caprioli II°

Inviato: gio 05 mag, 2011 11:52 pm
da SuperHank
che moto è?

Cosaaaaaa????? Al nostro Guru Angelo Farina verrà un colpo … è un FANTIC, un mitico Fantic anni 80; nella fattispecie è la versione 303, anno 1987, ma il mio è la versione 125 cc.
Mi sembra che la premessa faccia a cazzotti con i fatti
Infatti vedrai nel proseguo della saga che non ce n'è uno di sentiero potabile per l'enduro … la mia teoria deve avere un bug
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:
Se vuoi ti suggerisco qualche ricetta che potra' tornarti utile nei tuoi prossimi giri, cosi'
se ti fermano i GEV potrai dire che stai girando per il bene dell'ambiente
:roll: :roll: :roll: :roll: :roll:

Ciao
Alves