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alp
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da alp » mer 30 set, 2009 8:36 pm
Buon giorno!

Uno degli chalet che ci ospitava fotografato dalla collinetta del ristorante

In posa per la foto appena alzati: Alp, Natino, Nino e Tino
Nonostante il sonno e la stanchezza accumulata, molti di noi, eccitati per l’esperienza, si sono svegliati molto prima dell’orario previsto. Il tempo di riordinare i bagagli e siamo già a colazione. Tonino, il più giovane del gruppo, ha la brutta abitudine di non mangiare né bere nulla al mattino. Inutili discussioni per convincerlo, ma nessun risultato.

Davanti a ottime crostate fatte in casa, pane di grano scuro, burro e un’infinità di marmellatine, chiacchieriamo sull’esperienza del giorno prima, qualche sfottò e iniziamo il briefing del percorso. Cominceremo il viaggio di ritorno affrontando subito lo sterrato e navigando strumentalmente su un territorio sconosciuto a tutti noi. Tanti chilometri di strada bianche e solo qualche tratto più difficile. Speriamo bene!

Francesco alle prese col suo WR

Peppe e Alp in posa prima di lasciare lo chalet
Si torna agli chalet per caricare i bagagli e partire ma i soliti “fissati” si dilettano nella manutenzione delle moto: olio per le catene, controllo della pressione degli pneumatici, pulizia dei filtri dell’aria (addirittura qualcuno lo sostituisce). Tino zoppica “ma, tanto, non devo camminare quando sono in moto” dice lui rassicurandoci. Al gruppo dei ragazzi l’esperienza notturna in giro per il paese è piaciuta e si vede che avrebbero voluto dormire di più ma hanno dalla loro il vantaggio dell’età. Noi vecchietti parliamo dei nostri acciacchi e di come ci ridurremo a sera, al rientro da questi due giorni pieni di fatica e di emozioni.

Africatwin: incredibile ma vero cosa si possa fare con una moto del genere. Ma non è per tutti!

Natino aiuta Eros a ingrassare la catena
Si è fatto tardi, dobbiamo ancora fare rifornimento e ci aspettano lunghe ore di viaggio. Salutiamo i nostri ospiti e ci avviamo al distributore di benzina per il pieno. Certo non possiamo lasciare il paese senza andare a vedere la famosa Certosa e sarebbe bello visitare il monastero per entrare in quella magica atmosfera rappresentata dalla vita eremitica ma il tempo è tiranno e corriamo il rischio di non rispettare la tabella di marcia. Preferiamo passare davanti alle mura che circondano l’edificio, fare qualche foto di rito e cominciare la via del ritorno.

Si lavora alla manutenzione delle moto


Pino controlla il suo KTM, Alp assiste alla scena perplesso
Breve storia di Serra San Bruno, della Certosa e dei suoi monaci

Una delle icone più famose di San Bruno, fondatore dell'Ordine dei certosini
Le prime abitazioni di quello che sarebbe divenuto il paese furono costruite per ospitare gli operai che lavoravano per i monaci della certosa di Santo Stefano e per l'eremo di Santa Maria per volere del fondatore, san Bruno, il quale aveva ottenuto dal conte normanno Ruggero d'Altavilla il terreno per le sue fondazioni monastiche.

La chiesetta della Certosa
La certosa venne costruita attorno ad una sorgente e le celle dovevano somigliare alle capanne dei pastori e dei boscaioli: costruzioni primitive e rustiche, ma abbastanza solide. Dovevano infatti resistere da un anno all'altro al peso della neve. All’inizio ciascuna abitazione (o cella) ospitava due monaci, probabilmente per risparmio di tempo e di mezzi; solo in seguito ogni solitario ebbe la propria cella.

Le alte mura che cingono la Certosa proteggono i monaci eremiti da occhi indiscreti
La vita dei monaci seguiva principi di austerità e di autentico spirito eremitico. I monaci solitari poterono quindi vivervi completamente separati dal mondo in un ritiro legalmente inviolabile, che formava solo la cornice esterna di un’esistenza dove l’essenziale era altrove.

La scalinata che porta al convento dei certosini
Nel decennio che San Bruno trascorrerà in Calabria porrà le fondamenta per rendere l'Ordine quale è oggi. Infatti, egli scolpì lo spirito certosino alla vita monastica. Fin da allora, i monaci certosini hanno guidato nel deserto della vita molti uomini, che plasmarono la forma della vocazione monacale e formarono il corpo dell'Ordine e la sua spiritualità di preghiera contemplativa nel silenzio e nella solitudine. Così, fin dall’inizio, si trova delineata la formula così tipica della vita certosina: unione di solitari in una piccola comunità.

Monaco in preghiera nella propria cella
(foto dall’archivio informatizzato dei monaci certosini di Serra San Bruno)
I certosini sono quindi degli uomini solitari riuniti come fratelli; la comunità che formano è relativamente piccola a ragione della loro stessa vocazione eremitica; così si parla facilmente di «famiglia certosina». L’unità fra i monaci è prima di tutto ed essenzialmente di ordine spirituale: essi sono «riuniti dall'amore del Signore, dalla preghiera e dal desiderio ardente della solitudine».

Momenti di meditazione da parte di un certosino
(foto dall’archivio informatizzato dei monaci certosini di Serra San Bruno)
La vocazione eremitica fu dapprima concepita come una forma di vita religiosa destinata a proteggere la solitudine dei monaci isolati in celle. La vita dei padri e quella dei fratelli sono nettamente differenti. I padri, o monaci del chiostro, vivono nel segreto della cella; essi sono sacerdoti o chiamati a diventarlo. I fratelli, o monaci laici, consacrano pure la loro vita al servizio del Signore nella solitudine, ma con una parte di lavoro manuale più importante di quella dei padri; essi si dedicano alle opere materiali indispensabili per permettere a tutti di vivere l’ideale contemplativo nel deserto; d’altra parte la solitudine dei fratelli è ben reale ma ha un carattere differente dal quella più eremitica dei monaci del chiostro. Ciascuna delle due forme di vita risponde ad una chiamata particolare dello Spirito Santo e ad attitudini diverse, al punto che chi è adatto all’una non sempre lo è per l’altra. Tuttavia questi due generi di vita non costituiscono delle entità indipendenti, ma sono unite, poiché «padri e fratelli condividono la stessa vocazione»; hanno in comune il medesimo ideale.

La lettura delle Sacre Scritture da parte di un certosino nel chiostro del convento
(foto dall’archivio informatizzato dei monaci certosini di Serra San Bruno)
Dopo aver posato per “qualche” foto di gruppo davanti alle mura che circondano l’edificio è l’ora di avviarci. Comincia la seconda parte della nostra avventura: il ritorno.

Il gruppo davanti alle mura del convento prima della partenza per il ritorno
.............................
continua
A presto e...
Buon motortrip,
alp
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da alp » ven 02 ott, 2009 5:12 pm
Si parte!


Francesco controlla il suo WR

Giacomo in posa davanti all'ingresso del monastero
Ma dove vai?
Forse la maggiore difficoltà di orientamento di tutto il nostro viaggio l’abbiamo avuta nel cercare l’inserimento sullo sterrato al momento della partenza per il ritorno. Il nostro viaggio comincia da una quota di 850 metri sul livello del mare. Alle nostre spalle lasciamo il centro abitato coi suoi fiumi Ancinale e Garusi che placidamente continuano a portare acqua a valle. Lasciato il monastero abbiamo puntato verso Sud-Est, in direzione di una strada asfaltata che ci avrebbe portato nella zona di incrocio col bivio che avevamo individuato sulla cartina per iniziare il nostro viaggio di ritorno. Gira e rigira, imbocchiamo viuzze che ci portano a cortili, fra campi arati. Un paio di tentativi falliti non bastano a smontarci e, finalmente, dopo qualche chilometro, proviamo a tornare indietro e seguire una carreggiabile che, non si sa bene per quale motivo, avevamo rifiutato a priori. Controllato che il passaggio fosse corrispondente al way-point memorizzato sul GPS proseguiamo tranquilli.

Appena la carreggiabile ha iniziato a stringere e abbiamo cominciato a passare in mezzo a rovi pungenti che occupavano il passaggio, Peppe si è deciso di lasciare il gruppo, assieme a Natino, per viaggiare più comodamente su asfalto e strade bianche. Appuntamento alla diga (ma anche questa volta i nostri eroi non ci aspetteranno!).

Tonino prova il KTM 450 di Tino: che bomba!!!!!
Siamo in nove e procediamo abbastanza linearmente seguendo i WP che avevamo stabilito. Laddove non si riesce a passare per improvvisi ostacoli aggiriamo la difficoltà uscendo dal sentiero segnato e proseguiamo parallelamente, fino a dove possiamo rientrare. E’ una bellissima esperienza quella della navigazione strumentale. Abbiamo la certezza di sapere dove siamo. Anche se è la prima volta che attraversiamo questi luoghi, la suspense che si viene a creare fra un WP e quello successivo ti dà quell’attimo improvviso di gioia quando ti avvicini a mano a mano alla tua destinazione temporanea nel WP che segue.

Splendide e profumate carrarecce fra i boschi
Transitiamo tranquilli in mezzo a boschi secolari lungo carreggiabili che diventano carrarecce e poi carraie e poi sentieri e di nuovo così, per ore ed ore. Ammiriamo decine di specie arboree e centinaia di piante officinali. Peccato non potersi fermare a raccoglierne neanche un po’. Già a questa altitudine di 800 metri sul livello del mare spiccano gli abeti bianchi, che sono la specie dominante delle Serre, ed i faggi che si mescolano ad altre specie arboree come i castagni mentre non è inconsueto trovare anche i larici ed i pioppi. Ogni tanto il nostro sguardo è rapito dal volo maestoso di un falco. Oggi il percorso è abbordabilissimo (dopo l’esperienza traumatica di ieri mi sono soffermato su una approfondita analisi altimetrica): nessuna pietraia impestata, solo morbidi declivi che accarezzano faggi secolari. Qualche attraversamento d’acqua ma niente che possa definirsi un guado impegnativo. A metà mattinata continuiamo a trotterellare sempre ed esclusivamente su magnifiche e tranquille carreggiabili al fresco degli alberi.

Smoke gets in your eyes
Poi l’avamposto del gruppo aumenta progressivamente l’andatura o, forse, siamo noi delle retrovie a prendere la distanza per evitare la polvere che calpestiamo da alcuni chilometri. Fatto sta che è proprio in mezzo ad un nuvolone di polvere che sarebbe potuto succedere un brutto incidente dovuto alla mancanza di visibilità. Un KTM si inchioda senza preavviso al bordo di un tronco d’albero (di una ottantina di centimetri di diametro) che impediva parzialmente il passaggio. Eros viene disarcionato, per fortuna senza gravi conseguenze.

Si sarebbe potuto fare davvero male! Dopo il primo naturale spavento e l’ovvia preoccupazione per le sue condizioni di salute, cominciamo a dedicare la nostra attenzione alla parti meccaniche della moto. Constatata l’assenza di danni (belli tosti questi austriaci quando costruiscono le loro moto!) nonostante il trauma, si riparte. In alto nel cielo, una poiana assiste alla scena e ci saluta col suo verso.

Solo mezz’ora dopo siamo fermi a gonfiare la gomma posteriore di Tino col compressorino elettrico che facciamo funzionare grazie alla presa da 12V montata sull’XL 250 di Nino (che soddisfazione!).

La sicurezza dei Way-Points
Quando la sterrata è larga e liscia le enduro vanno ed è così che gli strumentisti (no, il contrabbasso non ce lo siamo portati dietro, per strumentisti intendo coloro che avevano montato il GPS sul manubrio) non si accorgono di aver superato un WP rispetto al quale avremmo dovuto cambiare direzione. Poco male, si torna indietro di qualche chilometro e ci si avvia con non poche difficoltà d’orientamento alla diga. Per questa limitata zona non c’è stato tempo sufficiente a “marcarla” con adeguati WP e così, dopo aver sbagliato sono un incrorcio riusciamo a vedere davanti a noi l’enorme distesa d’acqua che viene contenuta dalla diga.
La diga

Come c’era da aspettarsi, Natino e Peppe si sono stufati di aspettarci ed hanno proseguito su una carreggiabile che continua poi con qualche chilometro d’asfalto. A quanto pare, i due amici hanno pranzato abbondantemente e, chiesta la consulenza di un crossista locale, conosciuto per caso alla stazione di benzina, hanno imboccato una magnifica strada bianca per una decina di chilometri senza grosse difficoltà.

Della diga ci aspettavamo tutti qualcosa di più imponente. Certo è una grossa opera antropica che ha significativamente alterato l’equilibrio e l’assetto idrogeologico della zona. Tuttavia, i benefici per gli abitanti dei luoghi limitrofi ci saranno di sicuro. Qualcuno, seguendo i sentieri, avrebbe voluto raggiungere una delle rive che lambisce l’acqua ma la suocera del gruppo (praticamente io avevo la funzione di rompiscatole, colui che richiama all’ordine i più scapestrati) non concede sconti a nessuno e, visti i tempi ristretti e la necessità di dosare la fatica, si riprende la strada trotterellando ad andatura turistica, guardandoci intorno e assaporando i profumi della natura.

La prova del nove


Si chiamava così quella che ci faceva fare l’insegnante di matematica alla scuola media: serviva a verificare se l’operazione che avevamo appena concluso fosse corretta. Arrivati al passo che abbiamo attraversato il giorno prima, le abilità strumentali delle nostre guide satellitari (Pino e Nino) chiedono di essere verificate e così vediamo i nostri eroi che si lanciano sul sentiero lasciando dietro tutti noi che, invece, aspettavamo tranquillamente l’arrivo di Giuseppe, che ci aveva dato la giusta rotta all’andata. Evidentemente, le capacità dei nostri amici nulla concedono all’errore e, passo dopo passo, si arriva alla baracca in legno per la nostra colazione di mezzogiorno (ma in effetti era già pomeriggio inoltrato!).
La stanchezza e la sosta spuntino


Uno dei test che mi ha fatto capire quanto fossi realmente stanco è consistito nell’accorgermi che, appena giunto alla baracca in legno, ho cercato un posto per sedermi comodamente. All’andata, invece, avevo cercato di mantenere attivo il tono muscolare evitando di rilassarmi per non soffrire nel recuperare la giusta attivazione al momento della partenza. Ho notato che di solito, nelle uscite di una giornata, funziona. Evidentemente, in questo caso, la fatica era troppa e son crollato su una panca in legno: avevo l’impressione di essere in un Grand’Hotel a cinque stelle sdraiato su un materasso di piume, tanto ero stanco. A parte gli scherzi (si esagera per sorridere un po’), effettivamente eravamo tutti provati. Fatto sta che uno dopo l’altro ci accodiamo alla proposta di Eros e Francesco: fare il pieno al paese più vicino e rientrare dall’asfalto. Saggia decisione!


L’ultimo rifornimento e i saluti
Ci congediamo dalla nostra guida, Giuseppe, ripromettendoci di condividere la prossima uscita in montagna nel mese successivo. Lo salutiamo affettuosamente coi nostri sguardi stanchi e la fatica nei muscoli. Ma a guardar bene, si riesce ad intravedere in tutti la gioia nell’essere stati assieme a condividere questa avventura fatta di bellissime sterrate e dure mulattiere, panorami ampi e carrarecce in sottobosco. Sicuramente un’esperienza indimenticabile. Si scherza, si ride e, a piccoli gruppi, si parte, ognuno con ritmi e destinazioni diverse.

Si torna a casa
Scendendo di altitudine ci si accorge del caldo che c’è. Dopo tante ore in sella, siamo sazi di moto, come è sazio di cibo chi si è appena abbuffato. Ho voglia di viaggiare tranquillo e non sottoporre a stress il mio piccolo motore da 200cc. Gli altri sono avanti e ogni tanto mi aspettano. Trotterellando mi godo il paesaggio e rifletto su queste due giornate in moto. E’ andato tutto bene. Nessun incidente importante, se si esclude la caduta di Tino che gli ha provocato un forte dolore al ginocchio che si porta ancora dietro e l’urto di Eros contro il tronco d’albero, di traverso sulla carreggiabile. Dopo lo spavento siamo andati avanti. Non gravi le mie due cadute, come al solito, da fermo (e qui qualcuno fa la battuta ”ma tu sei sempre fermo, non puoi cadere in movimento!”) e neanche quella di Nino e Pino nella salita hard. Belli i luoghi visitati, magnifici i percorsi, splendida la navigazione col supporto satellitare (oltre alle indispensabili IGM, naturalmente), simpatico e piacevolissimo l’incontro a cena con Meris ed Ernesto, semplice ed essenziale il pernottamento all’agriturismo.
Arriviamo sul Tirreno ad una ventina di chilometri dal luogo di partenza e seguiamo la litoranea. Accipicchia, sembra passato tanto tempo ma si tratta solo di trentasei ore dalla nostra partenza. Trentasei ore piene. Due giorni da ricordare!
Ringraziamenti
E’ impossibile scrivere un resoconto a più mani: c’è una tastiera e uno schermo e non ci si può sedere davanti al PC in undici. Perciò è toccato a me questo compito. Prima di congedarmi vorrei esprimere i miei ringraziamenti un po’ a tutti. Comincio dalle nostre guide, i cugini Massimo e Giuseppe. Specialmente quest’ultimo ha fatto anche da guida spirituale in un momento particolarmente difficile in cui senza la sua grinta avremmo mollato e saremmo tornati indietro. Massimo ci ha fornito importantissimi suggerimenti sul percorso più opportuno da seguire, evitando di complicarci la giornata con inutili tentativi e rischi per le due moto più grosse. Un grazie a Pino che anche in quest’occasione (e direi come al solito) mi ha aiutato dopo le mie due cadute. Senza di lui questo giro non sarebbe stato lo stesso: è lui che si è preoccupato della predisposizione del materiale e della strumentazione. Nino è stato indispensabile nel caricare il file coi WP sui GPS. Inoltre ha tenuto saldo il morale della truppa nei momenti di maggiore stanchezza. E’ stato in coda ad aspettarmi quando il gruppo procedeva veloce e spesso ha chiuso la fila preoccupandosi che nessuno fosse in difficoltà. Se non avessi incontrato per caso Giacomo, quel pomeriggio, l’idea di questa avventura non si sarebbe trasformata in progetto e realizzata. Gli sono grato, quindi, soprattutto per aver accettato di portare con se “i vecchietti” con le loro strane richieste (dormire in un comodo letto anziché in sacco a pelo). E grazie, ancora, per l’aiuto che ha dato a tutti noi nei momenti più difficili. Tino si è portato dietro i suoi anni di studio ma, per fortuna, abbiamo fatto a meno della sua esperienza di chirurgo. E’ stato il solito ottimo compagno di viaggio che non si tira mai indietro di fronte alle difficoltà, anche le più complicate. E nonostante il dolore per l’incidente ha continuato il viaggio senza lamentarsi troppo. Tonino, con la sua età ci ha aiutati a farci sentire tutti suoi coetanei, dimenticandoci dei molti anni che avevamo in più. Di sicuro, anche per lui è stata un’esperienza significativa. Mi dispiace soltanto che ha lasciato il papà a piedi. Anche lui sarebbe stato un buon compagno d’avventura. Un ringraziamento particolare devo rivolgerlo a Francesco, che considero “Il” mio compagno di viaggio. Insieme facevamo più di un secolo d’età e averlo a fianco in alcuni momenti mi ha fatto capire che ancora ne abbiamo di strada da fare tutti e due. Grazie ad Eros per non averci messo fretta, come fa al solito nelle nostre uscite di una sola giornata. Ma, soprattutto, grazie al suo angelo custode perché è riuscito a non farsi seminare. Ringrazio, quindi, Peppe e Natino che sono riusciti a viaggiare con noi anche senza essere sempre con noi. Infine, Meris ed Ernesto. Grazie per essere venuti e per tutto ciò che state facendo e continuerete a fare per il nostro forum. Non manca nessuno. Saluto tutti gli amici che hanno partecipato a questi due giorni di avventura e hanno permesso di rendere questa esperienza indimenticabile.
Ultima modifica di
alp il gio 01 gen, 1970 1:00 am, modificato 1 volta in totale.
A presto e...
Buon motortrip,
alp
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carlo
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da carlo » ven 02 ott, 2009 6:09 pm
Bene! Ora che abbiamo visto l'ultima puntata della telenovela, restiamo in attesa della seconda stagione (visto il successo della prima, ci sara' una seconda stagione, vero?
![[Sorrisone] :D](./images/smilies/icon_biggrin.gif)
).
Grazie per esserti preso la briga di scrivere e documentare tutto, dev'essere stata una bella fatica!
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SuperHank
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da SuperHank » ven 09 ott, 2009 11:26 am
Avventure speciali che rimaranno nella storia della Vostra vita, per sempre.
E un pò anche nella nostra, che abbiamo avuto la fortuna di leggere.
Grazie.
Ciao
Alves
P.S.: veramente mi dispiace di aver cambiato lavoro nel 2008: avevamo un grosso cliente a Reggio, chissà, forse prima o poi ci sarei andato, e così avrei potuto ncontrare il mitico Alp!
Perchè Alp bisogna incontrarlo in Calabria, ovviamente, il suo ambiente naturale: non sarebbe la stessa cosa incontrarlo a MI!
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totòxr
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da totòxr » dom 06 dic, 2009 11:16 pm
Ragazzie se non organizziamo qualcosa di simile in primavera non vi rivolgerò più la parola
Purtroppo non ho potutto partecipare perchè da poco avevo tolto il tutore per la frattura della scapola dx....maledizzione mi mangio le mani ogni volta che penso a quei fantastici giorni che avete passato....mi dovrò rifare
![[Sorrisone] :D](./images/smilies/icon_biggrin.gif)