
E’ il titolo di un vecchio film, lo ricordate? Ma è anche il pensiero che mi è venuto in mente riguardando le foto dell’ultimo giro che ho fatto insieme a Pino, un percorso tranquillo, ovviamente, fra frutteti e pinete, su sentieri praticabilissimi (ma non troppo, in qualche caso!).
Fatte le ore piccole per la “solita festicciola del sabato sera”, telefono al mio compagno di giochi appena svegliato e ci diamo appuntamento che è già mattinata piena. Partiti per il “solito giretto” abbiamo trovato una vecchia carrareccia, che facevamo di solito anche con moto elefantiache, in pessime condizioni.


Che fare (scriveva il vecchio Lenin)? Tornare indietro? Mai! Gli ostacoli, nella nostra passione, sono la quint’essenza, lo stimolo indispensabile che ci spinge sempre avanti. E allora, con un po’ di marcia indietro e una ottima rincorsa eccoci a riprendere il cammino dopo la sosta forzata per la stanchezza e la paura di cadere. Il mio compagno di viaggio, tra l’altro, era reduce da un non meglio identificato dolore diffuso alla regione lombare. Entrambi abbiamo temuto di dover abbandonare sul più bello la nostra giornata di escursione fuoristrada. Un quarto d’ora di riposo è bastato per riprendere le forze e la voglia di proseguire.
Proprio mentre aspettavamo che la fatica se ne andasse, ecco che dalla parte opposta della carreggiabile sentiamo il rombo di uno strano 4 tempi: in lontananza vediamo arrivare sullo sterrato un Maiesty di grossa cilindrata e avvicinandosi scorgiamo alla guida una prestante ragazza sui vent’anni, senza casco e in maniche di camicia.

Il nostro stupore è all’ennesima potenza (tanto che non ho neanche pensato a fotografarla), ci guardiamo allibiti e, proprio mentre la centaura passa davanti a noi mi scappa un “complimenti!”. Lei sorride serena e continua. Roba da non credere. Continuiamo a guardarci dubbiosi se effettivamente abbiamo visto lo scooterone e sarà stato forse questo che ha dato a Pino la giusta carica per rimettersi in sella nonostante il dolore lombare.
Si continua più avanti su pavimentazione in cemento (da noi lo si usa quando i contadini che lavorano i campi della zona non posseggono le Panda 4X4).

Ci arrampichiamo fino al crinale fra la Fiumara Valanidi, da un lato, e la Sant’Agata dall’altro. La particolarità delle fiumare è che presentano un letto instabile: nelle stagioni calde è completamente asciutto, quando piove o c’è neve sui monti avvengono delle violente piene, con notevoli danni dovuti all’esondazione dell’acqua. Per questo motivo, guadare le fiumare in primavera appena iniziata presenta rischi veramente notevoli in quanto il letto raggiunge profondità imprevedibili.
Dall’alto del crinale ci guardiamo intorno. Monti e vallate rimangono in basso e lo sguardo ruota a 360 gradi. Una meraviglia. Pino è avanti quando gli suono per fermarsi a fare una foto. Guardate come è buffa quella casa: sarà certamente di un appassionato di micologia!

Dal crinale della catena di monti, sull’altro lato del versante si intravede, fra le nuvole, il Monte Ulis. Lì in cima arriverà da monte l’enorme tubazione dell’acqua dalla Diga del Menta (un’opera colossale a cui si sta lavorando da oltre vent’anni) e giù da Monte Ulis partirà in verticale una condotta che si dirigerà a valle creando una depressione che movimenterà delle turbine per la produzione di energia elettrica. Chissà quando! Intanto, proseguiamo attraversando vigneti che affacciano verso sud.


Superata una curva, ci imbattiamo in un frutteto di mele rosse e gialle (limoncelle). L’intenzione iniziale era quella di fermarci per le foto di rito. Poi, si sa com’è, una mela tira l’altra ed eccoci a fare una bella scorpacciata. Ottobre è il tempo delle mele qui da noi al Sud. Non hanno la perfezione di quelle trentine ma, vi assicuro che, non essendo sottoposte a trattamento insetticida, fra un bruco e l’altro, si assapora un gusto d’altri tempi. E non vi dico il profumo!



Ci vuole circa un quarto d’ora per convincere Pino a ripartire. Si fa una bella scorta da portare ai ragazzi a casa. Ci rimettiamo in sella e andiamo avanti su fondi sabbiosi. Ma cosa ci fa la sabbia a 700m slm? La gente del posto mi dice che tutt’intorno sono state trovate conchiglie e fossili di pesci. Pare che qualche migliaio di anni fa questa zona fosse sott’acqua. D’altra parte, effettivamente, le conchiglie lungo le pareti sabbiose le abbiamo trovate anche noi. Vuoi vedere che ‘sta storia dei monti sommersi è vera?


Ancora più avanti arriviamo a Embrisi e, visto l’orario cerchiamo la strada per rientrare. Erroneamente (o qualcuno penserà “serendipitamente”) ci infiliamo su uno sterratone che di chilometro in chilometro diventava sempre più stretto e impervio fino ad arrivare ad essere impraticabile per la grossa KLE.

Si decide di tornare indietro e cercare un’alternativa tranquilla. Il rientro è sereno: siamo sull’asfalto e per noi è come viaggiare in cuccetta, cullati dalle rotaie. Abbiamo passeggiato oggi, niente d’impegnativo. Ci siamo fermati a riposare e chiacchierare. Ci siamo stupiti di fronte ad una ragazza su un grosso scooter che andava sullo sterrato (a proposito, dobbiamo proporre il Maiesty fra le moto da motoalpinismo). Abbiamo “gustato il profumo” delle mele di una volta, sapori antichi, quasi dimenticati. L’asfalto ci riporta a casa per le tre. Anche oggi abbiamo fatto la nostra bella passeggiata, da bravi pensionati. Altro che tempo delle mele!
