Prima parte
(il tempo è ladro: quando guardo nelle tasche, mancano sempre delle ore alla mia giornata)

L’intenzione era di andare sulla neve. Cavalcando con le nostre moto fra i campi di fiori ci siamo accorti che era ormai troppo tardi: era arrivata la primavera! E così, coi nostri maglioni inzuppati di sudore, ci siamo goduti prati di camomilla e ginestra a non finire.

Panorama sull’Etna dalla ripida salita, subito dopo la partenza, nella zona di Vito Superiore. In basso, gli edifici della Facoltà di Architettura.
In lontananza, il vulcano più alto d’Europa ci guardava sghignazzando. La sua altezza, che varia nel tempo a causa delle continue eruzioni, si aggira attualmente sui 3.340 m. s.l.m. Visto così, a distanza, non sembra, ma Il suo diametro è di circa 45 chilometri. Che spettacolo: il mare e la neve del vulcano!
Per quella mattina saremmo dovuti essere in cinque. Causa febbre, il nostro nuovo motortripper “acasile”, al secolo Antonello, ci dà forfait. Sarà per la prossima settimana. L’appuntamento è davanti alla chiesa di S. Brunello (ma esiste davvero un S. Brunello o si chiama, più seriamente S. Bruno? Qui la zona la chiamano così!).

Primo piano del WR di Ciccio. Sullo sfondo, la nostra “stella polare”: l’Etna!
Grossa novità: vi ricordate le ultime uscite col papà di Al, il famoso Ciccio, col suo mitico XR125? Sì è preso un fiammante, anche se usato WR250F. Che dire: gli abbiamo “fatto la festa!”. Peppe è riuscito a inserire la sua Africa Twin nel registro delle moto d’epoca. Oggi faremo una grande uscita, quindi. Destinazione Iannàcoli, fra il mare e il cielo.

Africa Twin, Alp e WR: compatibilità del motoalpinismo!
La molla del precarico del WR non è stata allentata: Ciccio, che non supera il metro e settanta, ha qualche difficoltà nelle manovre da fermo, specie se il terreno è sconnesso o pendente. Meglio non rischiare. Per ora lo vedo, giustamente, molto misurato. Attentissimo nelle manovre. Volutamente cerchiamo di proporre un percorso che gli dia la possibilità di abituarsi al nuovo assetto di guida (e, soprattutto, ai tanti CV!). Da dire subito che Ciccio ha un grande passato motociclistico ma niente di particolare per quanto riguarda l’enduro specialistico: chi l’avrebbe mai detto che avrebbe iniziato in età non più adolescenziale!

Briefing prima di entrare nel vivo del percorso.
La prima parte del tracciato affronta con decisione le alte colline dietro la Fortezza di Pentimele. La carrareccia si impenna in un primo tratto, poi procede tranquilla in altipiano con spettacolari affacci sullo Jonio e sul Tirreno. Le condizioni di visibilità odierne, causa una certa foschia dovuta alla presenza dello Scirocco, ci hanno impedito di vedere chiaramente la costa della Sicilia.

Ciccio comincia a provare l’ebbrezza della potenza.
Attraversiamo una zona piena di sabbia. Le pareti di lato si presentano con profondi buchi. Cercando attentamente è possibile individuare rare conchiglie, segno evidente della presenza del mare quando, qualche millennio fa, questi territori erano evidentemente sommersi. Ha piovuto alcuni giorni fa e il nostro passaggio non alza polvere. Viaggiamo sparpagliati ma ad andatura turistica. Al è sempre il primo, freme! Peppe si gode il panorama. Ciccio è impegnato con la sua “prova su strada” ed io chiedo scusa per le mie fermate fotografiche.

Nonostante la mole, Peppe riesce a dominare la sua possente Honda senza grossi problemi, godendosi il paesaggio e bloccando la comitiva nei punti più interessanti paesaggisticamente (le sue sono le foto più belle)
Dimenticavo di dire che Peppe ha un passato da regolarista e da fotoreporter di “Motocross”. Nel suo approccio alla impostazione di una foto c’è la ricerca dell’inquadratura e della composizione. Tecnica ed esperienza si coniugano con la passione per le moto in una storia lunga circa 35 anni. Lui si che è uno con l’idea fissa della moto totale. Ci segue sulle mulattiere col suo grosso pachiderma, gironzola tranquillamente nel traffico caotico della città o si lancia in velocità lungo l’autostrada. Dire dual sport credo sia limitativo nel suo caso.

Ciccio sembra che già dopo alcuni km di sterrata veloce abbia ormai preso confidenza con la sua Yamaha. Le magagne potrebbe incontrarle sul duro: pietraie, canaloni, contropendenze ripide. Ma per oggi gli concediamo un periodo di rodaggio, non siamo cattivi (come Al che, domenica scorsa se l’è portato lungo una sterrata maledetta. Forse voleva farselo fuori ed ereditare il WR?).
Arriviamo sull’asfalto che conduce al convento delle suore di clausura prospiciente Archi. Pensare che lì dentro c’è una delle maestrine della scuola elementare delle mie figlie, non so perché, mi mette un certo disagio. Abbandono questo triste pensiero e guido il gruppo verso Ortì infilandomi, poco prima del paese, in una stretta mulattiera che conduce, attraverso i campi, al nuovo campo di golf di Montekiarello. Siamo a 750m slm e il versante della collina che attraversiamo è esposto a occidente. Riprendiamo fiato e scattiamo qualche foto.

L’Africa Twin riposa mentre Peppe fa la pipì.

Qui Peppe mi ha beccato mentre giocavo fra migliaia di camomille.

Comporre una foto non è un gioco da ragazzi. Peppe è un Maestro.

Questa è venuta bene solo perché Peppe mi ha segnato per terra il punto in cui avrei dovuto mettere gli stivali per scattare la foto. Beh! Ce la siamo presa proprio comoda oggi. Altro che enduro.

Ora che ci penso, guardando la foto, ho notato che dietro c’era proprio un bel precipizio. Forse è per questo che Peppe mi diceva sempre “indietro, indietro, indietro!”.

Arrivata l’ora della messa, Peppe ci saluterà per rientrare in città dalla strada provinciale. E’ Domenica delle Palme!
Il nostro giro in fuoristrada riprende nei pressi di Monte Scelludia, precisamente lungo il versante orientale, lungo una carrareccia infestata da rami che porta verso la Testa di Badia, sempre a quota 750m slm. Procedendo verso l’interno, la pista si restringe sempre più, fino a diventare una semplice tràzzera in mezzo al bosco di pini. Questa è zona di cinghiali che, allo stato brado, ràzzolano in cerca di ghiande sotto le grandi querce ai bordi del bosco.

Il fascino del verde colorato da tanti fiori ti fa dimenticare la fatica che fai per arrivare in zone tanto impervie. E poi, il gusto è proprio quello!
L’ultima volta che sono venuto da queste parti era aperta la caccia. Da lontano ho intravisto, lungo il sentiero che stavo percorrendo in moto assieme a Tino, una strana figura semifosforescente. Rallento nell’avvicinarmi a questa inquietante presenza e, “a distanza di sicurezza”, chi vedo? Il Preside della mia scuola attrezzato di tutto punto per la “caccia grossa”. Bardato di cappellino fosforescente, walky-talky, fucile a pallettoni, mimetica e stivaloni. Stava “postiando” il cinghiale: faceva in modo che, assieme agli altri cacciatori del suo gruppo, progressivamente si accerchiasse l’animale in una zona molto impervia che potesse metterlo in difficoltà. Da quel giorno, ogni volta che il mio Preside propone qualche iniziativa e desidera che io vi partecipi “simpaticamente” mi minaccia ricordandomi il suo fucile a pallettoni (per intenderci: con un colpo è in grado di uccidere un cinghiale anche a 30 metri).

Immersi fra tanti fiori di camomilla: niente di più rilassante!
Procediamo a stento, ormai le tràzzere sono pressoché abbandonate dai pochi pastori rimasti nella zona. Girando da queste parti ho avuto modo di fermarmi incrociando “gente del posto” a fare due chiacchiere sul tempo, la stagione, il raccolto e il bestiame. Strano a dirsi ma, a quanto pare, la lingua ufficiale dei pastori della zona è l’arabo. Si tratta, infatti, per quanto ho potuto capire, di immigrati clandestini, senza permesso di soggiorno, in attesa della solita sanatoria per venire allo scoperto. Intanto continuano a fare il loro lavoro di sempre rimanendo nascosti e vivendo con semplicità del poco che l’allevatore e proprietario del bestiame dà loro per campare. Triste vita la loro! Altro che motoalpinismo!

Certo che, rispetto al pachiderma, si prova una strana sensazione di leggerezza a bordo dell’alpetta.
Bando alla tristezza. Riprendiamo il cammino. Vari saliscendi per girare intorno alle colline che circondano la zona di Iannàcoli. Mulattiere, carrarecce, tratturi si alternano in ordine sparso costringendoci, qualche volta, ad abbassare la visiera del casco per passare senza graffi fra la vegetazione che ha ormai occupato lo spazio di transito.

Ogni tanto fa bene provare “l’ebbrezza della libertà dalla forza di gravità” (leggi: passare dall’Africa Twin all’alpetta).
Guadagniamo, finalmente, lo sterrato ampio, dove possiamo fermarci un po’ a riposare. Il nostro sguardo va sempre lontano, in direzione dell’Etna. E’ il nostro riferimento nell’orizzonte sciroccoso di una mattinata di foschia primaverile. Stamattina, nessuno di noi avrebbe mai immaginato tanto caldo. Sotto le nostre giacche a vento abbiamo maglie zuppe di sudore. Evitiamo di alleggerirci per non ammalarci sicuramente con un improvviso colpo di vento freddo. Subiamo e constatiamo, senza una certa compiacenza, che è ormai arrivata la buona stagione. E’ tempo di migrare verso gli alpeggi più in alto. La prossima escursione provvederemo a transumare le nostre “mucche” in aree più fresche: comincia il bello!

Su una moto così ho ancora paura di salire, dopo la caduta col mio BMW F650. Chissà domani…
Puntiamo decisamente a Nord verso il Ponte Coppola dove ci salutiamo con Peppe che rientra a casa presto oggi. Noi continuiamo verso Nord-Est per poi risalire verso il Mulino del Principe lungo un facile sterrato che, salendo di quota, si restringe fino a scomparire nella solita tràzzera piena di rami e spine, dove ci tocca fare attenzione a leve freno e frizione per non inchiodarci fra le erbacce secche.

Ciccio che attraversa la tràzzera piena di sterpaglia.
Fine prima parte
(continua)