LA RICOGNIZIONE DELLA MOTOMAIALATA
Inviato: sab 27 dic, 2008 8:00 pm
LA RICOGNIZIONE DELLA MOTOMAIALATA

Si, Si, Si, Sembra Facile!!!!!!!
Ricordate la vecchia pubblicità su Carosello (i più giovani non la conoscono, ma a noi ultracinquantenni viene un nodo in gola a rievocare questi sketch televisivi di prima generazione). Già, sembra facile pianificare un percorso per un motoraduno! Anzi, per una MOTOMAIALATA. Controllare le carte dell’Istituto Geografico Militare, consultare Google Earth e gli appunti delle ultime escursioni, aggiornarsi sulle condizioni meteo e pregare perché tutto funzioni per il meglio e non capitino incidenti. Una buona dose di studio a tavolino, un pizzico di pratica sul campo e un po’ di fortuna: tutto qui!
L’ANTEFATTO
Circa un mesetto prima della fatidica data, il mitico Nino Martino mi accenna l’idea e, fra il serio e il faceto, mi suggerisce di proporre un tracciato, a gusto mio ma compatibilmente a quelle che saranno le caratteristiche dei partecipanti e dei loro mezzi. Detto in parole povere: nessuna informazione né su chi venisse né con che moto partecipasse né, tantomeno, quanti saremmo stati. Da qui la mia perplessità: predisporre un tracciato enduristico puro con sterratoni ampi e veloci o pensare, invece, a qualcosa di più tecnico? E se poi partecipano anche dei quad? e se i piloti non dovessero essere esperti?
Pensa che ti ripensa, fra le centinaia di km di sterrato che abbiamo in zona, mi concentro su un’area da cui necessariamente il gruppo dovrà partire e arrivare: la zona fra Bocale e Motta San Giovanni (in provincia di Reggio). Il campo si restringe sensibilmente, specie se si pensa che siamo ai primi di novembre e aspettiamo che prima o poi piova… e, qui da noi quando piove la butta giù di brutto! Le fiumare, secche d’estate, straripano con violenza tonnellate di detriti portandosi via le tracce delle carrarecce appena accennate.
Come volevasi dimostrare arriva la pioggia dopo qualche giorno. Telefono a Cesare, il mio Maestro, e lo invito ad accompagnarmi in questa ricognizione. Ci serve capire lo stato delle strade, la eventuale presenza di frane e la praticabilità di alcuni tratti da utilizzare come varianti hard. Approfitteremo dell’occasione per valutare che giro si potrebbe fare con i suoi amici trialisti in occasione del futuro meeting che terranno qui da noi nei prossimi mesi.
Rileggo vecchi appunti presi l’ultima volta che siamo passati di lì: condizioni delle piste, guadi, tratti hard, frane. Consulto la mia cara IGM che ho scannerizzato con pazienza nelle sue varie sezioni della zona. Consulto, infine, la cartografia di Google dal satellite e mi preparo alla ricognizione.
Quando esco con Cesare un miscuglio di strane emozioni mi assale. Da un lato, la sua presenza mi rassicura. Dall’alto della sua esperienza trialistica so che mi porterà in capo al mondo e io lo seguirò. D’altra parte, lo stesso motivo mi spinge a temere di seguirlo per arrivare dove non dovrei, dove non potrei. Ma anch’io ho fatto esperienza, ormai, e quindi ho preso le mie misure riguardo ai rischi che posso correre seguendo questo strano personaggio del mio amico/MAESTRO.
LA SALITA
Partenza, come al solito, sotto casa sua. Il suo garage è per me come un negozio di giocattoli per un bambino, specie quando fra la confusione intravedo la Rev-3 modello 2007: che moto! Ma non è il suo momento questo: dovremo fare un giro lungo e ci mancherebbe l’autonomia necessaria. Si decide per la vecchia ma ancora affidabile Fantic 300. Un colpo di gamba (è strano ma la leva è sistemata al contrario!) e, al primo accenno di gas si accende subito.

L’ultima controllata all’equipaggiamento e si parte. Qualche centinaio di metri e siamo già nella fiumara che andremo a risalire per una decina di km fino a raggiungere quota 1000 per poi ridiscendere lungo una dorsale che ci porterà a pochi km da Mèlito Porto Salvo e poi a Lazzàro.

La risalita della fiumara non è molto agevole. Una briglia ci impedisce il passaggio. Cerchiamo un punto in cui una frana ha buttato giù tanta terra. Con la sua trialina, Cesare saltella sulla briglia senza quasi che me ne accorgessi. Arrivato all’ostacolo mi fermo e chiedo aiuto. Il Maestro mi incita a passare e mi spiega anche, pazientemente, la tecnica da usare. Ma niente! Non ho voglia di rischiare! Gli chiedo una mano. Lui salta sull’Alp e passa come se niente fosse. Quest’uomo qui è un mistero! (quando è il manico che conta!).
A monte della fatidica briglia seguiamo larghi sterratoni ma non mancano tratti di fuoripista in cui ci imbattiamo in grossi massi (e qui, ovviamente, sono impegnato nella guida e cerco di tenere il passo del MAESTRO, mica posso perder tempo con la macchinetta fotografica!). Il percorso prevede anche sentieri e mulattiere. In effetti, la motivazione reale che ha spinto Cesare a seguirmi è la ricerca di un tracciato da realizzare col suo gruppo di amici trialisti lucani, campani e, ovviamente, calabresi con cui dovrebbe realizzare una competizione interregionale nei prossimi mesi. A parte le zone fatidiche che saranno realizzate nel suo terreno privato, prevede di proporre un giro turistico di qualche ora, giusto per stancarli un po’ (cosa si deve fare per vincere una gara!).
Faccio mente locale: di qua è inutile portare il gruppo della Motomaialata: troppo hard! Vedremo più avanti. Arriviamo così su un altipiano che percorriamo per alcuni km e che ci porta al Campo di Sant’Antonio (circa 1000 m slm). Lungo questo tratto pianeggiante mi riposo. Ho una certa tensione, probabilmente perché dobbiamo rientrare per una certa ora e viaggiamo con notevole ritardo (gli ho fatto perdere delle mezz’ore preziose a far manovra fra le rocce insidiose, su cui lui si divertiva a saltellare!). Strada facendo incontriamo un gruppo di enduristi che non conosco. Al solito, salutiamo e proseguiamo. Il tratto che segue, a scendere dal Campo Sant’Antonio al mare è, senza dubbio, fra i più panoramici della zona. Ricordo ancora con emozione quando l’abbiamo percorso assieme a Cesare e a Pino per la prima volta alcuni anni fa. Ci fermiamo a Taglio Musolino a goderci quel panorama che era rimasto impresso in maniera indelebile nei ricordi di Cesare. E’ sempre lì, magnifico come al solito. Ci sediamo un po’ ad ammirare il panorama sotto di noi.

Poi vedo il mio compagno precipitarsi verso valle. Cosa avrà mai visto? Ha puntato una “zona”. Già, una “zona” da trial dove realizzare un piccolo break nell’ampio giro d’escursione, un break trialistico, ovviamente. Passa fra le grandi rocce come se fosse in trance, accarezzandole e scrutandole dal basso verso l’alto. Poi cambia angolazione e prospettiva. Controlla la giusta traiettoria, l’altezza da terra, la possibile rincorsa. E’ concentratissimo: è come se fosse in gara, si piega, si contrae nello sforzo spasmodico di mantenere l’equilibrio sulla roccia. Poi non resiste. Prende la moto e via.

Il tempo di scattare qualche foto e parto anch’io per seguirlo. Chi sa dove mi porterà stavolta il mio MAESTRO?
(continua)...

Si, Si, Si, Sembra Facile!!!!!!!
Ricordate la vecchia pubblicità su Carosello (i più giovani non la conoscono, ma a noi ultracinquantenni viene un nodo in gola a rievocare questi sketch televisivi di prima generazione). Già, sembra facile pianificare un percorso per un motoraduno! Anzi, per una MOTOMAIALATA. Controllare le carte dell’Istituto Geografico Militare, consultare Google Earth e gli appunti delle ultime escursioni, aggiornarsi sulle condizioni meteo e pregare perché tutto funzioni per il meglio e non capitino incidenti. Una buona dose di studio a tavolino, un pizzico di pratica sul campo e un po’ di fortuna: tutto qui!
L’ANTEFATTO
Circa un mesetto prima della fatidica data, il mitico Nino Martino mi accenna l’idea e, fra il serio e il faceto, mi suggerisce di proporre un tracciato, a gusto mio ma compatibilmente a quelle che saranno le caratteristiche dei partecipanti e dei loro mezzi. Detto in parole povere: nessuna informazione né su chi venisse né con che moto partecipasse né, tantomeno, quanti saremmo stati. Da qui la mia perplessità: predisporre un tracciato enduristico puro con sterratoni ampi e veloci o pensare, invece, a qualcosa di più tecnico? E se poi partecipano anche dei quad? e se i piloti non dovessero essere esperti?
Pensa che ti ripensa, fra le centinaia di km di sterrato che abbiamo in zona, mi concentro su un’area da cui necessariamente il gruppo dovrà partire e arrivare: la zona fra Bocale e Motta San Giovanni (in provincia di Reggio). Il campo si restringe sensibilmente, specie se si pensa che siamo ai primi di novembre e aspettiamo che prima o poi piova… e, qui da noi quando piove la butta giù di brutto! Le fiumare, secche d’estate, straripano con violenza tonnellate di detriti portandosi via le tracce delle carrarecce appena accennate.
Come volevasi dimostrare arriva la pioggia dopo qualche giorno. Telefono a Cesare, il mio Maestro, e lo invito ad accompagnarmi in questa ricognizione. Ci serve capire lo stato delle strade, la eventuale presenza di frane e la praticabilità di alcuni tratti da utilizzare come varianti hard. Approfitteremo dell’occasione per valutare che giro si potrebbe fare con i suoi amici trialisti in occasione del futuro meeting che terranno qui da noi nei prossimi mesi.
Rileggo vecchi appunti presi l’ultima volta che siamo passati di lì: condizioni delle piste, guadi, tratti hard, frane. Consulto la mia cara IGM che ho scannerizzato con pazienza nelle sue varie sezioni della zona. Consulto, infine, la cartografia di Google dal satellite e mi preparo alla ricognizione.
Quando esco con Cesare un miscuglio di strane emozioni mi assale. Da un lato, la sua presenza mi rassicura. Dall’alto della sua esperienza trialistica so che mi porterà in capo al mondo e io lo seguirò. D’altra parte, lo stesso motivo mi spinge a temere di seguirlo per arrivare dove non dovrei, dove non potrei. Ma anch’io ho fatto esperienza, ormai, e quindi ho preso le mie misure riguardo ai rischi che posso correre seguendo questo strano personaggio del mio amico/MAESTRO.
LA SALITA
Partenza, come al solito, sotto casa sua. Il suo garage è per me come un negozio di giocattoli per un bambino, specie quando fra la confusione intravedo la Rev-3 modello 2007: che moto! Ma non è il suo momento questo: dovremo fare un giro lungo e ci mancherebbe l’autonomia necessaria. Si decide per la vecchia ma ancora affidabile Fantic 300. Un colpo di gamba (è strano ma la leva è sistemata al contrario!) e, al primo accenno di gas si accende subito.

L’ultima controllata all’equipaggiamento e si parte. Qualche centinaio di metri e siamo già nella fiumara che andremo a risalire per una decina di km fino a raggiungere quota 1000 per poi ridiscendere lungo una dorsale che ci porterà a pochi km da Mèlito Porto Salvo e poi a Lazzàro.

La risalita della fiumara non è molto agevole. Una briglia ci impedisce il passaggio. Cerchiamo un punto in cui una frana ha buttato giù tanta terra. Con la sua trialina, Cesare saltella sulla briglia senza quasi che me ne accorgessi. Arrivato all’ostacolo mi fermo e chiedo aiuto. Il Maestro mi incita a passare e mi spiega anche, pazientemente, la tecnica da usare. Ma niente! Non ho voglia di rischiare! Gli chiedo una mano. Lui salta sull’Alp e passa come se niente fosse. Quest’uomo qui è un mistero! (quando è il manico che conta!).
A monte della fatidica briglia seguiamo larghi sterratoni ma non mancano tratti di fuoripista in cui ci imbattiamo in grossi massi (e qui, ovviamente, sono impegnato nella guida e cerco di tenere il passo del MAESTRO, mica posso perder tempo con la macchinetta fotografica!). Il percorso prevede anche sentieri e mulattiere. In effetti, la motivazione reale che ha spinto Cesare a seguirmi è la ricerca di un tracciato da realizzare col suo gruppo di amici trialisti lucani, campani e, ovviamente, calabresi con cui dovrebbe realizzare una competizione interregionale nei prossimi mesi. A parte le zone fatidiche che saranno realizzate nel suo terreno privato, prevede di proporre un giro turistico di qualche ora, giusto per stancarli un po’ (cosa si deve fare per vincere una gara!).
Faccio mente locale: di qua è inutile portare il gruppo della Motomaialata: troppo hard! Vedremo più avanti. Arriviamo così su un altipiano che percorriamo per alcuni km e che ci porta al Campo di Sant’Antonio (circa 1000 m slm). Lungo questo tratto pianeggiante mi riposo. Ho una certa tensione, probabilmente perché dobbiamo rientrare per una certa ora e viaggiamo con notevole ritardo (gli ho fatto perdere delle mezz’ore preziose a far manovra fra le rocce insidiose, su cui lui si divertiva a saltellare!). Strada facendo incontriamo un gruppo di enduristi che non conosco. Al solito, salutiamo e proseguiamo. Il tratto che segue, a scendere dal Campo Sant’Antonio al mare è, senza dubbio, fra i più panoramici della zona. Ricordo ancora con emozione quando l’abbiamo percorso assieme a Cesare e a Pino per la prima volta alcuni anni fa. Ci fermiamo a Taglio Musolino a goderci quel panorama che era rimasto impresso in maniera indelebile nei ricordi di Cesare. E’ sempre lì, magnifico come al solito. Ci sediamo un po’ ad ammirare il panorama sotto di noi.

Poi vedo il mio compagno precipitarsi verso valle. Cosa avrà mai visto? Ha puntato una “zona”. Già, una “zona” da trial dove realizzare un piccolo break nell’ampio giro d’escursione, un break trialistico, ovviamente. Passa fra le grandi rocce come se fosse in trance, accarezzandole e scrutandole dal basso verso l’alto. Poi cambia angolazione e prospettiva. Controlla la giusta traiettoria, l’altezza da terra, la possibile rincorsa. E’ concentratissimo: è come se fosse in gara, si piega, si contrae nello sforzo spasmodico di mantenere l’equilibrio sulla roccia. Poi non resiste. Prende la moto e via.

Il tempo di scattare qualche foto e parto anch’io per seguirlo. Chi sa dove mi porterà stavolta il mio MAESTRO?
(continua)...