L’Awanagain Team e il sentiero de “i Mille”
Inviato: lun 27 apr, 2009 9:21 pm
L’Awanagain Team e il sentiero de “i Mille”.
Prologo
Cos’è l’Awanagain Team e cosa c’entra la spedizione dei Garibaldini con una moto escursione al lembo estremo della penisola italica? E Alberto Sordi cosa ci fa su una moto americana degli anni ’50? La soluzione a tutti questi interrogativi “esistenziali” emergerà progressivamente seguendo passo passo l’evolversi di questa avventura.
Buona lettura.

Foto 17
INTRODUZIONE
I pensionati, si sa, vivono di ricordi. Rievocano vecchie storie negli incontri con gli amici, al bar o incontrandosi per le vie del centro storico. Non sono ancora in pensione ma, motociclisticamente è come se fossi in aspettativa (moto ferma da quasi tre mesi!). Ritorno, quindi, a un passato prossimo pieno di avventure vissute con amici vecchi e nuovi. E così, visto che siamo al motortriPub, vi voglio raccontare una delle ultime uscite fatte quest’inverno con un nuovo gruppo di “scalmanati”, quelli dell’Awanagain.

Foto 5
L’Awanagain Team è un gruppo di enduristi di antica tradizione nella mia città. Avevo sentito parlare di loro nei racconti mitici delle leggende metropolitane che vecchi compagni di viaggio narravano nei momenti di pausa, durante le uscite in fuoristrada. E’ gente tosta, piloti coraggiosi, enduristi esperti oltre che tecnicamente molto preparati. Non mi era mai capitato di incrociarli sugli sterrati locali. Solo una volta, per caso, uno di loro, Gennaro, aveva partecipato ad una escursione assieme ai “Cavalieri di San Giorgio” (vedi AVVENTURA PREPASQUALE A PIETRA KAPPA cliccando qui di seguito: http://motoalpinismo.forumup.it/viewtop ... oalpinismo) ed era così nata un’amicizia.
L’ANTEFATTO
Quando sabato sera, sul tardi, Gennarone mi telefona per invitarmi alla cavalcata del giorno dopo, subito vengo preso dalla paura e rifiuto, anche perché avevo impegni familiari. Un fremito ha scosso la mia schiena: pensare di cercare di star dietro ad una banda di enduristi sfegatati, rischiando di prendere qualche pietrata in faccia, non mi attirava per nulla. Questa paura dura però solo un quarto d’ora, non di più. Poi è subentrata la curiosità di conoscerli e il senso di orgoglio nell’essere ufficialmente invitato a partecipare ad una loro uscita… non è da tutti! Nell’arco di mezz’ora rintraccio moglie e figlie e riesco a liberarmi per l’intera mattinata, promettendo di rientrare per le due di pomeriggio.
Richiamo Gennaro e ci mettiamo d’accordo per l’appuntamento. Saremo cinque o sei e ci sarà anche Rocco, il leader indiscusso del Team, gran pilota ed eccellente meccanico. Tra curiosità e ansia passo le prime ore della serata immaginando di rimanere avvolto dalla polvere degli enduristi che mi precedono, sommerso dal fango durante l’attraversamento di luoghi impervi e soccombere alle sgommate dei miei compagni di avventura. Provare per credere.
L’APPUNTAMENTO
E così, puntuale come al solito, arrivo all’appuntamento. Trovo un WR 450 con la ruota posteriore smontata e Rocco che lavora nel retro del suo negozio per riparare la camera d’aria forata. Mi saluta appena, è concentratissimo sul suo lavoro. In meno di dieci minuti monta il retrotreno e si accorge della leva della frizione piegata. Con una 15 fa leva con attenzione e rimette il tutto a posto, meglio di prima. Niente male come inizio. Se la settimana scorsa ci fosse stato lui alla Fiumara di Mèlito probabilmente Tino non sarebbe rimasto a piedi col suo KTM (ma questa è un’altra storia che prima o poi vi racconterò).
Arrivano gli altri: siamo in sei. Ma perché Awanagain Team? – chiedo a Gennarone. Mi spiega che il nome deriva da una frase idiomatica che Alberto Sordi soleva ripetere durante un film di Steno, girato nel 1954, dal titolo “Un americano a Roma” in cui faceva la parte del romanaccio che si atteggiava ad americano. Il significato reale del termine, in effetti, significa “ne voglio ancora” (I wanna again” (è una forma slang, tipica del Bronx di New York City, N.Y.). Il gruppo di enduristi non ne vuole sapere di smettere di andare in moto. Da qui il motto!

Foto 18
Nella foto sotto: il gruppo al completo, prima della partenza, davanti al negozio di Rocco, concessionario KTM. Per l’occasione lui verrà con il 125 2T, snello come uno stambecco, che si vede centralmente. Gli altri cavalcano un HM, un WR e un Suzuki, tutti rigorosamente 450 racing, Gennaro è con la sua 520 KTM (il Tricker Yamaha è parcheggiato lì per caso!). Io sono, come al solito, la tartaruga della situazione ma, nonostante il mio lento procedere, li seguirò a ruota.

Foto 01
LA KASBAH E LA PRIMA STERRATA
Vanno avanti fra vicoli che attraversano il quartiere di Sbarre, viuzze in cui passiamo appena e di cui non conoscevo l’esistenza. Sembra di essere nella kasbah di una città musulmana! Passiamo fra baracche semidiroccate e casupole coi tetti in lamiera (questo è uno dei quartieri più poveri della città), anziane signore avvolte nei loro scialli neri si affacciano impaurite dal rombo dei motori. Un vecchio intento ad alimentare il suo braciere alza lo sguardo al nostro passaggio e ci sorride sornione. Raggiungiamo, seguendo passaggi laterali (col 125 non possiamo prendere l’autostrada), San Gregorio e saliamo lungo la Fiumara Valanidi II.
La lunghissima sterrata che sale dal mare mi fa assaggiare la polvere e qualche “sassolino”: mi trovo costretto ad abbassare la visiera del mio jet e a cavalcare a testa china per evitare pietrate al collo. Come inizio non è proprio dei migliori! Speriamo che la musica cambi in seguito!
Arriviamo alla “seconda di Valanidi” (la cui toponomastica corretta è il Ciosso). Corrono! Quando riesco a raggiungerli (giusto perché si sono fermati), Gennarone mi chiede se ne conosco qualche altra. Faccio segno di tornare indietro: saliremo seguendo un sentiero che porta a Serro Morello, una via piuttosto hard che poi prosegue sul crinale delle colline che sovrastano Ravagnese.
E’ una sterrata piuttosto difficile. La pioggia recente ha creato scanalature irregolari nel terreno che spesso è ostacolato da smottamenti. Nonostante le difficoltà nessuno è costretto a fermarsi e il gruppo procede avanti compatto. Io molte lunghezze indietro, arranco lentamente mentre sento il rombo dei loro motori racing scomparire nel nulla. Poco male: si fermeranno all’incrocio ad aspettarmi.

Foto 2
Breve sosta di controllo: i bulloni della corona lenti. Un paio di giri di brugola e tutto è a posto.
E così, al bivio per Padella, quando si fermano per sapere verso dove procedere, colgo i loro sorrisi sgargianti dentro i caschi integrali. Questo primo tratto è stato gradito: dovremmo proseguire per la Contrada Genovese ma il WR ha di nuovo problemi: non è giornata!!! Stavolta è la ruota anteriore ad essere bucata, probabilmente qualche spuntone di roccia avrà pizzicato la camera d’aria all’atterraggio dopo un salto. Nonostante la mia bomboletta di Fast, pare proprio che la ruota non ne voglia sapere di tirarsi su. A questo punto, visto che il paese è vicino, Rocco suggerisce all’amico sfortunato di rientrare, “che non è giornata!” Ci salutiamo e proseguiamo in quattro. Assieme (Suzuki e WR) cercheranno un gommista in zona, altrimenti rientreranno a casa.

Foto 3
Niente da fare oggi: sembra un segno del destino! Prima la ruota posteriore, poi l’altra. Meglio lasciar perdere. Sarà per un’altra volta.
Fine della prima parte.
Continua...
Prologo
Cos’è l’Awanagain Team e cosa c’entra la spedizione dei Garibaldini con una moto escursione al lembo estremo della penisola italica? E Alberto Sordi cosa ci fa su una moto americana degli anni ’50? La soluzione a tutti questi interrogativi “esistenziali” emergerà progressivamente seguendo passo passo l’evolversi di questa avventura.
Buona lettura.

Foto 17
INTRODUZIONE
I pensionati, si sa, vivono di ricordi. Rievocano vecchie storie negli incontri con gli amici, al bar o incontrandosi per le vie del centro storico. Non sono ancora in pensione ma, motociclisticamente è come se fossi in aspettativa (moto ferma da quasi tre mesi!). Ritorno, quindi, a un passato prossimo pieno di avventure vissute con amici vecchi e nuovi. E così, visto che siamo al motortriPub, vi voglio raccontare una delle ultime uscite fatte quest’inverno con un nuovo gruppo di “scalmanati”, quelli dell’Awanagain.

Foto 5
L’Awanagain Team è un gruppo di enduristi di antica tradizione nella mia città. Avevo sentito parlare di loro nei racconti mitici delle leggende metropolitane che vecchi compagni di viaggio narravano nei momenti di pausa, durante le uscite in fuoristrada. E’ gente tosta, piloti coraggiosi, enduristi esperti oltre che tecnicamente molto preparati. Non mi era mai capitato di incrociarli sugli sterrati locali. Solo una volta, per caso, uno di loro, Gennaro, aveva partecipato ad una escursione assieme ai “Cavalieri di San Giorgio” (vedi AVVENTURA PREPASQUALE A PIETRA KAPPA cliccando qui di seguito: http://motoalpinismo.forumup.it/viewtop ... oalpinismo) ed era così nata un’amicizia.
L’ANTEFATTO
Quando sabato sera, sul tardi, Gennarone mi telefona per invitarmi alla cavalcata del giorno dopo, subito vengo preso dalla paura e rifiuto, anche perché avevo impegni familiari. Un fremito ha scosso la mia schiena: pensare di cercare di star dietro ad una banda di enduristi sfegatati, rischiando di prendere qualche pietrata in faccia, non mi attirava per nulla. Questa paura dura però solo un quarto d’ora, non di più. Poi è subentrata la curiosità di conoscerli e il senso di orgoglio nell’essere ufficialmente invitato a partecipare ad una loro uscita… non è da tutti! Nell’arco di mezz’ora rintraccio moglie e figlie e riesco a liberarmi per l’intera mattinata, promettendo di rientrare per le due di pomeriggio.
Richiamo Gennaro e ci mettiamo d’accordo per l’appuntamento. Saremo cinque o sei e ci sarà anche Rocco, il leader indiscusso del Team, gran pilota ed eccellente meccanico. Tra curiosità e ansia passo le prime ore della serata immaginando di rimanere avvolto dalla polvere degli enduristi che mi precedono, sommerso dal fango durante l’attraversamento di luoghi impervi e soccombere alle sgommate dei miei compagni di avventura. Provare per credere.
L’APPUNTAMENTO
E così, puntuale come al solito, arrivo all’appuntamento. Trovo un WR 450 con la ruota posteriore smontata e Rocco che lavora nel retro del suo negozio per riparare la camera d’aria forata. Mi saluta appena, è concentratissimo sul suo lavoro. In meno di dieci minuti monta il retrotreno e si accorge della leva della frizione piegata. Con una 15 fa leva con attenzione e rimette il tutto a posto, meglio di prima. Niente male come inizio. Se la settimana scorsa ci fosse stato lui alla Fiumara di Mèlito probabilmente Tino non sarebbe rimasto a piedi col suo KTM (ma questa è un’altra storia che prima o poi vi racconterò).
Arrivano gli altri: siamo in sei. Ma perché Awanagain Team? – chiedo a Gennarone. Mi spiega che il nome deriva da una frase idiomatica che Alberto Sordi soleva ripetere durante un film di Steno, girato nel 1954, dal titolo “Un americano a Roma” in cui faceva la parte del romanaccio che si atteggiava ad americano. Il significato reale del termine, in effetti, significa “ne voglio ancora” (I wanna again” (è una forma slang, tipica del Bronx di New York City, N.Y.). Il gruppo di enduristi non ne vuole sapere di smettere di andare in moto. Da qui il motto!

Foto 18
Nella foto sotto: il gruppo al completo, prima della partenza, davanti al negozio di Rocco, concessionario KTM. Per l’occasione lui verrà con il 125 2T, snello come uno stambecco, che si vede centralmente. Gli altri cavalcano un HM, un WR e un Suzuki, tutti rigorosamente 450 racing, Gennaro è con la sua 520 KTM (il Tricker Yamaha è parcheggiato lì per caso!). Io sono, come al solito, la tartaruga della situazione ma, nonostante il mio lento procedere, li seguirò a ruota.

Foto 01
LA KASBAH E LA PRIMA STERRATA
Vanno avanti fra vicoli che attraversano il quartiere di Sbarre, viuzze in cui passiamo appena e di cui non conoscevo l’esistenza. Sembra di essere nella kasbah di una città musulmana! Passiamo fra baracche semidiroccate e casupole coi tetti in lamiera (questo è uno dei quartieri più poveri della città), anziane signore avvolte nei loro scialli neri si affacciano impaurite dal rombo dei motori. Un vecchio intento ad alimentare il suo braciere alza lo sguardo al nostro passaggio e ci sorride sornione. Raggiungiamo, seguendo passaggi laterali (col 125 non possiamo prendere l’autostrada), San Gregorio e saliamo lungo la Fiumara Valanidi II.
La lunghissima sterrata che sale dal mare mi fa assaggiare la polvere e qualche “sassolino”: mi trovo costretto ad abbassare la visiera del mio jet e a cavalcare a testa china per evitare pietrate al collo. Come inizio non è proprio dei migliori! Speriamo che la musica cambi in seguito!
Arriviamo alla “seconda di Valanidi” (la cui toponomastica corretta è il Ciosso). Corrono! Quando riesco a raggiungerli (giusto perché si sono fermati), Gennarone mi chiede se ne conosco qualche altra. Faccio segno di tornare indietro: saliremo seguendo un sentiero che porta a Serro Morello, una via piuttosto hard che poi prosegue sul crinale delle colline che sovrastano Ravagnese.
E’ una sterrata piuttosto difficile. La pioggia recente ha creato scanalature irregolari nel terreno che spesso è ostacolato da smottamenti. Nonostante le difficoltà nessuno è costretto a fermarsi e il gruppo procede avanti compatto. Io molte lunghezze indietro, arranco lentamente mentre sento il rombo dei loro motori racing scomparire nel nulla. Poco male: si fermeranno all’incrocio ad aspettarmi.

Foto 2
Breve sosta di controllo: i bulloni della corona lenti. Un paio di giri di brugola e tutto è a posto.
E così, al bivio per Padella, quando si fermano per sapere verso dove procedere, colgo i loro sorrisi sgargianti dentro i caschi integrali. Questo primo tratto è stato gradito: dovremmo proseguire per la Contrada Genovese ma il WR ha di nuovo problemi: non è giornata!!! Stavolta è la ruota anteriore ad essere bucata, probabilmente qualche spuntone di roccia avrà pizzicato la camera d’aria all’atterraggio dopo un salto. Nonostante la mia bomboletta di Fast, pare proprio che la ruota non ne voglia sapere di tirarsi su. A questo punto, visto che il paese è vicino, Rocco suggerisce all’amico sfortunato di rientrare, “che non è giornata!” Ci salutiamo e proseguiamo in quattro. Assieme (Suzuki e WR) cercheranno un gommista in zona, altrimenti rientreranno a casa.

Foto 3
Niente da fare oggi: sembra un segno del destino! Prima la ruota posteriore, poi l’altra. Meglio lasciar perdere. Sarà per un’altra volta.
Fine della prima parte.
Continua...