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alp
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da alp » dom 06 set, 2009 12:48 am
Due giorni indimenticabili
Diario di un’avventura motoalpinistica a Serra San Bruno

Ci sono giorni che scorrono senza lasciare traccia alcuna, giorni senza storia, senza memoria. Ci sono giorni, invece, che rimarranno impressi nella nostra mente per sempre, a ricordo memorabile di un evento che ha avuto un particolare significato per la nostra esistenza. E ancora, ci sono giorni che sembrano di un’altra vita, forse perché staccati dal contesto quotidiano e immersi in pieno in una dimensione completamente diversa.
I due giorni che andrò a raccontare sono di quelli vissuti attimo dopo attimo, con tale intensità da meritare un posto particolare nella memoria di un giovane anziano (come definiva spesso le persone della mia età il mio Prof. di geriatria). C’è da dire pure, per citare Peppe (uno dei protagonisti della nostra storia), che con questa avventura abbiamo voltato pagina nella storia dell’enduro reggino. Le competizioni motociclistiche fuoristrada tendono a estinguersi nel tempo. Cresce, invece, la voglia di escursionismo e, nella memoria collettiva dei motociclisti di Reggio, nessuno aveva mai realizzato un giro su sterrati per due giorni di seguito. Il motoalpinismo va avanti facendo nuovi proseliti, giovani leve (il più giovane del gruppo è una matricola universitaria) e anziani signori (due ultracinquantenni). Il tempo confermerà la bontà di questo nuovo modo di concepire la pratica di un off-road compatibile con l’amore per la natura e il rispetto per le esigenze di chi pratica altri sports, vive o lavora in montagna.
Dalle chiacchiere al progetto
Quel pomeriggio, per caso, incontro Giacomo. Chiacchierando del più e del meno mi accenna ad una idea, condivisa con Nino e Natino, di realizzare un giro in fuoristrada di due giorni, in sacco a pelo. Devo aver fatto una faccia strana al sentire il suono delle sue ultime parole: fuoristrada, due giorni, dormendo all’aperto! Se un week-end in moto per sterrati poteva rientrare in qualche modo fra i miei programmi a breve termine (beh, pensare di farlo a lungo termine, a 70 anni, non mi ci vedo proprio!), certo non ipotizzavo minimamente il pernottamento in sacco a pelo e neanche in tenda (altra chance concessami da Giacomo in alternativa).
Faccio cadere apparentemente il discorso mentre un paio di milioni di neuroni cerebrali iniziano una intensissima attività elettrochimica. Poi, poco prima di congedarmi butto lì una battuta: “e se andassimo in un agriturismo?” Dieci minuti dopo avevamo già preso i primi accordi di massima e fissato un appuntamento orientativo per discutere operativamente del progetto: una serata in pizzeria.
Il progetto
Passano circa una quindicina di giorni dall’incontro casuale con Giacomo, giorni in cui mi dedico intensamente alla ricerca delle carte topografiche di quella che mi sembra una zona interessante da esplorare con le nostre moto. Anche se, di solito, il luogo dove si va non è importante in sé (perché ciò che conta è andare e farlo in buona compagnia e per sterrati, in mezzo ai boschi), avendo ricevuto qualche giorno prima una e-mail dal nostro Ernesto, (l’attuale Amministratore del forum), in cui mi comunicava che avrebbe trascorso un periodo di vacanze in Calabria, ho pensato che questa sarebbe stata un’ottima occasione per conoscerci di persona. Sapevo fino a quando si sarebbe trattenuto a Ricadi, in un villaggio turistico sulla costa tirrenica, e così ho cercato di far coincidere la motoescursione con l’incontro con lui. Ci saremmo incontrati finalmente!
Prima di tutto su una comune carta stradale individuo la meta: Serra San Bruno, in provincia di Vibo Valentia. Quindi, facendo riferimento all’archivio dell’Istituto Geografico Militare Italiano, identifico le cartine delle zone attraversate da ipotetiche linee che seguono, in parte, il costone della catena montuosa che separa lo Jonio dal Tirreno e, in parte, linee che lambiscono aree di un certo interesse paesaggistico, fra la mia città e il luogo di destinazione. Riesco a recuperare otto IGM 1:25000 che inizio a studiare come se si trattasse della mia terza tesi di perfezionamento. Sul mio tavolo da lavoro c’era di tutto: carte topografiche, bussola, goniometro, compasso, matite colorate, evidenziatori di vario genere. Inquadrato il “campo d’azione” ho cominciato a fotocopiare le “zone-chiave” dalle mastodontiche carte IGM per iniziare la mappatura del tracciato di massima: una prima ipotesi che servirà ad analizzare la fattibilità del percorso.
Facendo bene i calcoli, dell’intero tragitto solo un terzo era conosciuto. Dovevo assolutamente recuperare informazioni di prima mano sul resto dell’itinerario se volevo che il gruppo riuscisse a portare a termine l’impresa. Penso subito a Giuseppe, un amico col quale avevamo percorso insieme un bel giro cinque anni fa: è del posto (il terzo di centro) e di sicuro accoglierà la mia proposta con entusiasmo. Adesso non ricordo bene se ho telefonato prima io a lui o se, viceversa, è stato lui a inviarmi una e-mail, fatto sta che le notizie girano e, forse già prima che lo contattassi telefonicamente, aveva saputo che lo cercavo. In un paio di minuti ci siamo subito capiti: gli avrei mandato le cartine per posta elettronica, per saperne cosa ne pensava. Giuseppe ci avrebbe guidato lungo la parte centrale del nostro itinerario, supportato da qualche dritta di suo cugino Massimo, espertissimo fuoristradista in 4X4 di tutta la regione. Mi metto in contatto direttamente con lui e ricevo una e-mail con un magnifico articolo di una delle più prestigiose riviste di fuoristrada in cui egli accompagnava il giornalista lungo un itinerario che, parzialmente, avremmo percorso nel nostro tragitto. Bene! I conti cominciavano a tornare. A questo punto l’incognita del tragitto si riduceva drasticamente ma non tanto da eliminare i dubbi. Era necessario uno studio molto approfondito. Per ora poteva essere sufficiente questa bozza di itinerario da presentare al gruppo.
Una serata in pizzeria
Fra una birra ghiacciata e qualche pizza, il gruppo si riunisce per la prima volta per decidere, in linea di massima “che fare”. Oltre ad alcuni dei protagonisti di questa avventura, sono presenti anche altri due amici, venuti per l’occasione un po’ per “annusare che aria tira”: Antonello e Pino R. ma, impegni di varia natura impediranno loro di partecipare. Davvero un peccato perché sono stati vitali in alcune delle uscite più interessanti dell’ultimo anno.
Con grande professionalità, Pino comincia a elencare buona parte del materiale che sarà opportuno portare con noi: camere d’aria, chiavi inglesi, GPS, VHF professionali (di quelli che necessitano di patentino), ferri per smontare i copertoni, compressore d’aria, olio per le catene, falsa maglia, candele, filtri dell’aria, Fast ripara gomme, fascette, funi per il traino e quant’altro avrei potuto immaginare soltanto leggendo l’appendice al libro Long Way Round, di Ewan McGregor e Charley Boorman. Possibile che per due giorni ci sarebbe servita tutta quella roba? E pure avendola, l’avremmo saputa usare? Sarebbe stato opportuno farci seguire da una jeep carica di bagagli e rifornimenti di vario genere o avremmo dovuto stracaricarci di roba? Le discussioni sembravano non portare a nulla, poi il buonsenso ci ha fatto escludere il mezzo di appoggio. Avremmo caricato tutto sulle moto e fatto rifornimento ai distributori di benzina. Per questo motivo abbiamo escluso le domeniche, quando è difficile trovare un benzinaio aperto e le officine sono tutte chiuse. Si è stabilito, quindi, di fare rifornimento in due punti lungo il percorso. Consegno le mappe a Pino che si occuperà di fotocopiarle per ognuno di noi. Prossimo appuntamento dopo una settimana per la consegna delle cartine, la divisione del bagaglio tecnico e la precisazione del percorso, tappa per tappa.
Chi c’è c’è, chi non c’è non c’è
Purtroppo, lo spostamento logistico della data del tour ha impedito ad alcuni di noi di poter partecipare. Nino M., ad esempio, sarebbe venuto volentieri se avessimo stabilito di partire sabato mattina: avrebbe fatto uno strappo alla regola. Ma mancare due giorni dal negozio sarebbe stato troppo. Peccato, sarà per un’altra volta. Peppe, il cugino di Giacomo, pur avendo risposto con entusiasmo all’invito, desiste all’ultimo momento per un’influenza. Viceversa, abbiamo delle “new entry”: Francesco, col suo WR 250 F, Peppe con l’Africa Twin e Tonino con un’Alp 4.0.
Sul lungomare, in una piacevole serata di metà luglio, il gruppo si riunisce su una panchina. Ordine del giorno: identificare i partecipanti effettivi, prenotare l’agriturismo e dividerci l’attrezzatura tecnica da portare oltre alla definizione più precisa delle tappe relative al percorso. Con noi c’è anche Antonio ma, purtroppo, non potrà venire neanche lui. L’agriturismo viene scelto sulla base della sua collocazione in un ambiente semplice, selvaggio e accogliente. E’ economico ma sicuro per il “pernottamento” delle moto. Sulla definizione del percorso siamo un po’ in alto mare. Ci affideremo a Giuseppe che conosce bene la tappa intermedia, per il rush finale faremo riferimento ai suggerimenti di Massimo e… un po’ d’avventura non guasta! Ci contiamo e superiamo la decina: tanti per un’escursione esplorativa in cui non conosciamo almeno un terzo del percorso. Decidiamo, perciò di introdurre un supporto tecnologico che Nino aveva utilizzato in precedenza per un’escursione in Sicilia: il GPS. Nel nostro caso avremmo dovuto memorizzare dei Way-Points identificati prima sulla carta IGM e poi su GoogleEarth. Vedremo!?!
A questo punto il gruppo decide l’aggiornamento al briefing due giorni prima della partenza. Per quella data dovremmo già aver scaricato su almeno due GPS i Way-Points della terza tappa, quella “sconosciuta a tutti”!
I Way-Points (WP)
I WP sono dei precisi punti definiti sul GPS da due coordinate (latitudine Nord e Longitudine Est) ed eventualmente anche dall’altitudine sul livello del mare. Sono di fondamentale importanza per orientarsi in luoghi sconosciuti in quanto avendo una cartina (su cui si è stabilito in precedenza un luogo-chiave), si riesce a stabilire con precisione dove si è. Dalle carte IGM 1:25000, segnate col rosso per identificare gli sterrati percorribili si parte con il confronto in parallelo relativamente alla visione in natura su GoogleEarth. In corrispondenza di bivi-chiave si segna il punto e lo si identifica con un numero progressivo (per by-passare l’identificazione in termini di gradi, minuti primi e secondi di latitudine e longitudine). Il problema è quando il tracciato passa nel sottobosco dove si perdono le tracce visibili dall’alto. L’altra difficoltà non indifferente consiste nel travasare il file contenente tutto l’insieme di una settantina di WP sul GPS. Vari tentativi falliti sembravano non confermare la convinzione che saremmo riusciti a navigare strumentalmente: formato kml o kmz? Questo è il dilemma. Altro che “to be or not to be” di amletica fama.
Il briefing
Davanti ad una coppa di gelato, sotto una fresca, pineta l’ultima riunione, la più tecnica. Presenti Pino, Nino ed io (più tardi ci raggiungerà Peppe). Ancora nulla sul travaso dei WP! La situazione sembra critica, anche perché non avere il supporto tecnologico satellitare significa avere la certezza del punto raggiunto solo in corrispondenza di siti particolarmente evidenti sulla mappa, cosa non sempre possibile. Nino, comunque, sembra abbastanza tranquillo dei fatti suoi. Sta per laurearsi in ingegneria elettronica e ne ha fatto una questione di principio. Le sue conoscenze tecniche e la sua perseveranza gli daranno ragione a breve.
L’appuntamento è per giovedì mattina, al solito rondò, alle otto in punto. La prima cosa da fare sarà distribuirci il materiale fra di noi. Sappiamo bene che non partiremo in orario ma dobbiamo darci un tono. Nei pochi giorni prima della partenza ci scambiamo informazioni sulle ultime novità: La mezza pensione in agriturismo è stata confermata e chi ha dato la sua disponibilità a partecipare ha confermato con la prenotazione. Saremo in undici: una bella squadra!
............
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da betaflo » dom 06 set, 2009 5:45 pm
Caro alp, non lo sai che la curiosità delle donne ci logora dentro!!!
e tu mi lasci questo bellissimo ed avvincente racconto con un semplice: "continua"
Non farmi stare troppo sulle spine...voglio sapere come va a finire questa due giorni in off
PS: quando voglio scoprire nuovi sentieri dalle mie parti, ti posso chiamare?
Florence
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da husqvarna100 » dom 06 set, 2009 11:22 pm
Finalmente il nostro cantore calabrese e' nuovamente in azione.
Ne sentivamo la mancanza.
Il letargo si fa in inverno.
Ciao.
Claudio.
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alp
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da alp » mar 08 set, 2009 8:30 pm
Seconda parte:
I protagonisti
Cominciamo col presentare chi ha partecipato a questa splendida avventura. Procediamo, non come si fa al solito, in ordine alfabetico, ma al contrario, per fare una volta per tutte giustizia a chi rimane sempre in coda.
Tonino

E’ il più giovane del gruppo. Diciannove anni, studente in Medicina, collega di mia figlia. Ha cominciato la pratica del motoalpinismo assieme al papà già da quando aveva quattordici anni col suo HM 50 da motard. Ci ha seguiti dappertutto nonostante le carenze tecniche del motorino. Ricordo che nei punti più tosti gli sgonfiavamo la gomma posteriore per migliorare il grip. Ora che è maggiorenne guida la moto del babbo, una Beta Alp 4.0.
Tino

La sua attività principale è pescare in apnea (continua a ripeterci sempre) e vi posso assicurare che non rientra mai in porto a mani vuote. Siamo riusciti a distoglierlo dal mare promettendogli un’immersione in qualche guado profondo. Di fatto, oltre che questa passione per l’acqua, ama andare in moto, e non solo sugli sterrati (gira anche con una sfiziosa Aprilia Tuono). E’ il medico del gruppo (per la precisione è oculista). Monta su un KTM 450.
Pino

“Deus ex machina” della spedizione (basta guardare le foto della sua moto per capire l’attrezzatura che si è portato dietro). Cosa dire di lui? Pratica enduro da una vita e ha molta esperienza meccanica, topografica ed elettronica ma, cosa ben più importante, ha un cuore grande quanto una ruota da 21: la sua disponibilità è totale e, proprio per questo, è voluto bene da tutti… nonostante abbia anche lui il solito KTM 450.
Peppe (in foto è quello con gli occhiali)

Ci conosciamo da una vita. Cinquant’anni suonati e trentasei sulle moto… solo regolarità ed enduro. Ha un passato agonistico a livello regionale, fotografo e giornalista professionista, ha collaborato per anni con riviste specialistiche. Lavora per la RAI e fa l’avvocato. Nonostante tutto si ostina ancora a viaggiare con una vecchia e pesante Africa Twin e, nonostante tutto, riesce a seguirci nella maggior parte dei nostri giri.
Nino

Laureando in ingegneria elettronica con una vera passione per ciò che studia. La sua giovane età non gli impedisce di essere fonte di profonde quanto estemporanee idee di chiara matrice motoalpinistica. La sua peculiarità è che riesce a tener testa a enduristi incalliti ma si adegua paciosamente al passo di motoalpinisti attempati. Viaggia su una Honda XL 250 piuttosto vecchiotta ma che gli permette di tutto.
Natino

Assieme a Giacomo e a Nino fa parte del “gruppo dei parenti”. Di lui colpiscono: il fisico, le capacità di guida e il grande appetito. Manovra il suo Kawasaki KLR 650 come fosse uno scooterino, arrampicandosi dove altri osano con moto più leggere e performanti. E’ sconsigliabile invitarlo a cena in presenza di bambini: l’esperienza potrebbe provocare nei piccoli profondi traumi e ripercussioni drammatiche.
Giuseppe

Quando l’ho conosciuto, cinque anni fa girava in KTM. Tutt’ora continua a ostinarsi a cambiare modello ma non marca. Oltre all’enduro pratica anche il cross a livello agonistico regionale. E’ stata la nostra guida nella parte centrale dell’itinerario ma, cosa altrettanto importante, ci ha incoraggiati a proseguire sul tratto hard proprio quando qualcuno (il sottoscritto), non sentendosela, voleva tornare indietro.
Giacomo

L’ho conosciuto in montagna e si è subito aggregato a noi. Da allora abbiamo spesso girato insieme nonostante “la grande diversità che ci unisce”. Le sue imprese epiche sono raccontate in vari reports degli ultimi due anni. E’ un gran pilota, anch’egli fa parte del “gruppo dei parenti” caratterizzandosi per essere il personaggio più performante con la sua Honda CRF 450 R che cambierebbe solo per una Honda CRF 450…
Francesco

Il nostro Direttore di banca ai cinquanta ci è arrivato da un pezzo. La moto più bella che ha avuto è stata una Triumph Trident degli anni settanta. In effetti non so a quanto ammonta il numero di mezzi del suo parco-moto negli ultimi quarant’anni. Il suo è il tipico esempio di tradizione familiare al contrario: ha cominciato a fare fuoristrada sul serio da meno di due anni sulla scia di suo figlio Alex. Guida una Yamaha WR 250 F.
Eros

Dalla sua prima uscita in fuoristrada a bordo della sua fiammante KTM 450 (sulla salita chiamata da tutti “la terza di V…”) a oggi c’è stata un’evoluzione incredibile dovuta alla sua passione sostenuta da una profonda perseveranza. Anche se è una persona seria (Guardia di Finanza) pare che qualcuno l’abbia intravisto girare camuffato da biker su una luccicante e cromatissima Harley Davidson. Ma sono solo pettegolezzi.
Alp

Insegnante, cinquantadue anni, motoalpinista in via di estinzione. Continua ad ostinarsi a frequentare enduristi incalliti convinto di redimerli dal peccato. Il bello è che quando gli fanno provare qualche moto seria si diverte pure. Ha partecipato a questa avventura dopo aver appena rifatto il motore alla sua Beta Alp 200 del 2003 caricando il portapacchi all’inverosimile.
Beh, non possiamo tralasciare Meris, Ernesto e Massimo. Anche loro hanno partecipato parzialmente a questa “due giorni”.
Meris

Dopo la laurea in statistica inizia a lavorare per la Texas Instruments, conosce Ernesto e lo sposa. Oggi hanno tre figli e vivono in Abruzzo. Per il suo compleanno, qualche mese fa, con la complicità di un caro amico, il marito le fa trovare in salone una Scorpa TY-S125F 125 da trial su cui sta cominciando a muovere i primi passi verso il motoalpinismo. Quante delle nostre mogli avrebbero chiesto il divorzio?
Ernesto

Ingegnere elettronico (ma nessuno è perfetto!), è l’attuale Amministratore del forum di riferimento per il motoalpinismo italiano. Teorico dello Slow-Ride (sarà perché gira anche lui con un Alp 200) e del “respiro lento”, si ostina a circuire anziani signori (es. un certo Claudio) per convincerli ad abbandonare l’enduro in favore di una pratica motociclistica del “fuoristrada compatibile” (ma compatibile con cosa?) su cui, quanto prima, leggeremo sicuramente qualche suo libro. Tra le sue qualità principali c’è sicuramente quella di avere una moglie come Meris.
Massimo

E’ l’artefice della parziale progettazione della terza parte del nostro tour. Esperto 4X4ista (se così si può dire), è il riferimento per tutti i praticanti di fuoristrada della regione, a due o a quattro ruote, un ottimo compagno d’avventura. Ci ha accompagnati per un tratto con il suo Fantic 301 da trial, una moto d’epoca tenuta in perfetto stato. Per il prossimo giro faremo in maniera da avere la sua partecipazione totale.
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da betaflo » mer 09 set, 2009 12:31 pm
Grazie alp, hai soddisfatto in parte la mia curiosità
Aspettrò con ansia il resto del racconto...
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da carlo » mer 09 set, 2009 2:09 pm
Ma cosa insegni? Scrittura delle telenovelas e soap opera?
Due lunghissime puntate e ancora non siamo arrivati all'inizio della storia. Se tanto mi da' tanto, e ci sono due intere giornate da raccontare, abbiamo ancora parecchi giorni di lettura assicurata...
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da alp » mer 09 set, 2009 8:40 pm
La partenza

Ore 8: Nei garage si accendono le moto. Ha inizio la nostra avventura!
Tra le otto e le otto e mezza arriviamo tutti all’appuntamento al rondò. Si respira una certa emozione nell’aria, per ciascuno di noi è la prima volta in assoluto che si tenta qualcosa di simile: due giorni di seguito in moto su sterrate sconosciute. Le poche ore di sonno si notano, qualcuno ha l’aria più stralunata del solito. Forse avrà immaginato questi due giorni anticipando difficoltà e divertimento. Chi sa quante volte abbiamo ripassato l’elenco delle attrezzature da portare. “Ho dimenticato qualcosa?”
Arrivo al rondò e trovo già ad aspettare Pino e Nino. Il “gruppo dei parenti” è nel cortile di Giacomo che sistema la moto. Ci interroghiamo subito sulle attrezzature indispensabili che ciascuno di noi dovrà portare nel proprio zaino, distribuendoci il tutto un po’ per uno. “Hai portato questo? Ti sei ricordato quest’altro?” E’ un via vai di domande allarmate e di risposte rassicuranti. Insomma, sembra proprio che tutto è a posto.
La nostra attenzione viene subito risucchiata dalla moto di Pino. Il suo Kappa è attrezzato di tutto: doppia presa da 12 volts per l’uscita del caricabatteria per il GPS, il VHF e il cellulare. Tenuti attaccati da staffe ben fissate al manubrio, tutta questa apparecchiatura dà un tocco dakariano al mezzo. In più una sacca rigida sul serbatoio e il portattrezzi posteriore completano l’opera.

Qualcuno mi chiede se prima di partire sono andato in palestra. Non per il mio fisico atletico ma per il borsone legato dietro il portapacchi che “fa poco enduro” ma è estremamente pratico (sarà questa una fra le tante differenze fra l’endurista e il motoalpinista?) perché oltre a contenere quanto mi serviva per due giorni siamo riusciti ad inserire anche una lampada d’emergenza, le scarpe e le pantofole di Nino. Inoltre, la presenza di tante tasche sui quattro lati mi ha permesso di recuperare al bisogno la fotocamera, la bussola, il cellulare, il collirio, l’acqua, le merendine, le barrette energetiche e le carte topografiche quando mi necessitavano senza togliere lo zaino dalle spalle (manovra piuttosto ardua con addosso gomitiere e spalline).

L’Africa Twin, col suo bauletto posteriore, era la moto meno scomposta di tutte. Francesco, Natino, Tino, Nino, Giuseppe ed Eros hanno preferito caricare tutto nello zaino sulle spalle per non alterare l’assetto delle loro moto con bagagli appesi o sporgenti mentre Giacomo ha fissato sulla sua Honda un borsone proprio sopra il serbatoio, legato con elastici ai pararadiatori. Sul portapacchi dell’Alp 4.0 Tonino ha inserito, oltre ai propri bagagli, anche un piccolo compressore. L’errore è stato quello di non caricare parzialmente la parte terminale della sella perché con gli scossoni continui ad un certo punto ha ceduto il telaietto posteriore.

Foto di rito con blocco del traffico veicolare: la gente fermava le auto per guardare (sembrava la partenza per la Dakar). Finalmente si mette in moto e si va. Guida il gruppo Natino, la prima fermata sarà al bar che suo fratello ha da poco aperto a qualche chilometro di distanza lungo la strada che dovremo percorrere per arrivare alla nostra prima tappa. Ci tiene ad avere da lui il gruppo per offrire a tutti la colazione. Fra caffè, latte di mandorla, cornetti caldi e succhi di frutta riusciamo ad avere un ritardo sulla tabella di marcia di soli tre quarti d’ora. Anche qui foto di rito dalla piazzetta con l’affaccio sulla fiumara.

Si è fatto tardi e puntiamo diritto verso monte. In programma c’era un bello sterratone di una ventina di chilometri ma, visto il ritardo sulla tabella di marcia ci tocca forzare i tempi per recuperare (tempo ed energie). Puntiamo decisi sulla statale: ci aspettano una trentina di chilometri di asfalto per poi viaggiare in quota, al fresco. Avanti procedono i 450 che si sbizzarriscono in curvoni tali da far “strisciare le orecchie per terra” (meno male che ci sono i caschi!). Nino chiude la fila o meglio cerca di starmi dietro ma la mia lentezza evidentemente lo esaspera lasciandomi per ultimo a fare da scopa.


In mezz’ora raggiungiamo il primo punto di rifornimento a 1300 m sul livello del mare. Qualcuno (e non diciamo chi) appena arrivato al distributore di benzina si lamenterà di essere stanco (dopo solo mezz’ora in sella, su asfalto, n. d. r.). A quelle parole devo avere fatto una brutta faccia. E’ da due settimane che mi alleno almeno a giorni alterni per essere pronto a sopportare la fatica di questi due giorni. Pensare che qualcuno di noi sia stanco dopo mezz’oretta di asfalto… beh, devo dire che mi ha preoccupato non poco. Ce la faranno i nostri eroi…?
La lunga “passeggiata”
Dopo il pieno, secondo programma, ci aspetta una tappa di trasferimento per arrivare allo sterrato bello e pianeggiante che, fra boschi di leccio, ci porterà all’appuntamento con Giuseppe, la nostra guida. Il gruppo procede spedito e, dopo alcuni chilometri, in corrispondenza con un bivio da cui imboccheremo un’ampia sterrata, si aspetta chi è in coda ma non arriva. Cerchiamo di metterci in contatto via radio VHF ma non funziona o sembra spenta. Per telefono non sono raggiungibili: manca Nino e qualcun altro. Natino si lamenta che, durante la settimana precedente, Nino non aveva fatto altro che studiarsi le carte topografiche e i punti GPS. Possibile che si sia perso? Poi, non ce la fa più e sbotta “utt… s’ ss’ p’rdju ‘ccha no rr’uamu ‘cchijù!!!! Che vuole dire (con riferimento a quelle belle signorine che girano di notte poco vestite e fanno il mestiere più antico che la storia dell’uomo ricordi): se si è perso qui non arriveremo mai a destinazione! Non ha tutti i torti. L’inizio non è brillante. Stiamo viaggiando su asfalto, per di più su strade che conosciamo bene. Possibile che non riusciamo a mantenere il gruppo compatto rispettando un’andatura decente?
Come al solito, parte Pino che li va a recuperare… li raggiunge dopo una decina di chilometri. Si erano fermati ad un bivio non sapendo quale strada avessimo imboccato, non erano raggiungibili col cellulare e il VHF era spento (per non consumare le batterie!). Il gruppo si ricompatta e si riparte lungo una strada bianca e scorrevole. Procediamo abbastanza spediti anche se non riusciamo a recuperare sul tempo preventivato. Poco importa, prendiamocela comoda, è una vacanza. Se ci facciamo stressare dall’orologio anche in queste occasioni…
L’aria è piacevolmente fresca, la giornata è magnifica, in tutti i sensi. Il terreno è umido, i molti alberi coprono completamente il fondo della carrareccia che attraversiamo per una decina di chilometri prima di arrivare alla chiesa del borgo, dove facciamo rifornimento d’acqua e ripartiamo verso il luogo stabilito per l’appuntamento con Giuseppe che ci guiderà lungo la tappa intermedia del nostro percorso sul crinale di una lunga catena montuosa, fra boschi di pini e abeti.

Alla ricerca del nostro uomo
Al luogo dell’appuntamento non troviamo traccia del nostro uomo. In effetti siamo in ritardo sull’orario prefissato. I cellulari sono scoperti e mi tocca fare qualche chilometro a caso alla ricerca di linea. Occupato. Non raggiungibile. Finalmente libero, squilla ma non risponde. Telefono a Massimo, suo cugino che ci aspetta al distributore di benzina della tappa successiva, ma non ha notizie. Mi dice, comunque che è partito e che conviene aspettare: arriverà prima o poi. Temiamo gli sia successo qualcosa. E’ solo e un imprevisto, sempre in agguato, può creare problemi. Nell’attesa si chiacchiera fra di noi e con la gente del posto che, intanto, si avvicina incuriosita.





Dopo un’attesa di circa tre quarti d’ora (che sommata all’ora del nostro ritardo è un bel po’), in cui le abbiamo pensate di cotte e di crude, cominciamo a sguinzagliarci lungo le varie strade che conducono sul posto e, finalmente, dopo un altro quarto d’ora sentiamo rombi di Kappa: da un curvone spuntano Pino e Giuseppe. Finalmente ci siamo, anche se sulla tabella di marcia viaggiamo con ben due ora di ritardo sulle previsioni! Non vorrei sembrare ossessionato dal tempo che scorre ma credo di essere uno dei pochi ad aver studiato a fondo il tragitto e temo che l’accumulo di ritardo potrebbe impedirci di arrivare a destinazione in orari decenti. Gli altri sono abbastanza sereni, si stanno godendo ogni momento di questa giornata. Meglio così, Fare la parte del papà responsabile dei ragazzi forse mi si addice, lasciamoli nella loro spensieratezza altrimenti roviniamo loro il divertimento.
..............
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da rokes » gio 10 set, 2009 10:38 am
Bel racconto, Alp! ...e gran bella combriccola.
Aspetto con impazienza il prossimo episodio della spedizione!
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da alp » gio 10 set, 2009 2:11 pm
Comincia l’avventura!
Avere una guida locale è sempre un gran piacere. Con Giuseppe c’è un rapporto di stima reciproca che è iniziato qualche anno fa, quando per telefono mi comunicava di voler tentare assieme a me un salitone molto ripido che aveva provato invano con un amico. Riuscire a farcela, spinti l’uno dall’altro in una sfida contro gli ostacoli, ci ha messi in una condizione di “collusione motoalpinistica”. Di cosa si tratti, in effetti, è difficile da spiegare. E’ una specie di intesa intuitiva, quasi come un vincolo di sangue che legava le antiche tribù Sioux e Apaches. Forse la “collusione motoalpinistica” è quel qualcosa che ti lega proprio a causa del fatto che lo spirito di gruppo ha portato tutti ad avere quella carica emozionale in più che ha permesso all’intero gruppo di superare ostacoli che avresti creduto insormontabili.

Si va!
Cammini liscio potendo gustare il paesaggio senza la preoccupazione di doverti orientare nei boschi, fra un’infinità di sentieri che si incrociano tutti uguali. Puntiamo verso Nord-Nord-Ovest. Purtroppo attraversiamo terreni polverosi. Una sottilissima farina rossa impalpabile penetra dappertutto. Chi ce l’ha tira su il foulard per filtrare l’aria che respiriamo. La visibilità è minima per chi viaggia arretrato. Attraversiamo boschi di conifere ad alto fusto e guadiamo torrentelli. L’andatura è perfetta: non troppo sostenuta (dobbiamo permettere a Peppe di seguirci coi suoi due quintali di moto) ma neanche lentissima (riesco a non rimanere l’ultimo!). Tempo per le foto non ne voglio rubare e così evito di fare la solita figuraccia di quello che invece di riconoscere che è stanco trova la scusa per fermarsi a guardare il panorama.

Nino col KTM di Tino in un bel bosco di faggi.
Pochi giorni prima ha piovuto abbondantemente (meno male: quanta polvere ci sarebbe stata altrimenti?!) e il passaggio improvviso dalla zona che attraversavamo (caratterizzata da terreno a forte permeabilità) ad un tratto di fondo argilloso ha creato qualche difficoltà a qualcuno di noi. In corrispondenza di un passaggio che presentava un profondo canale longitudinale Tino, troppo incollato al posteriore di Tonino, rimane prigioniero del binario profondo creato dal passaggio delle moto che lo hanno preceduto e perde il controllo volando per terra. Finisce proprio davanti a me che riesco a frenare bruscamente per evitarlo. Il tempo di scendere dalla mia moto mi sarei aspettato di rivederlo in piedi. Ahi!!! Guai in vista!

Tino appena caduto
Rimane accovacciato per terra facendomi prendere un grande spavento. Mi avvicino e chiedo come va. Si è fatto male al ginocchio, quello buono (per fortuna! perché l’altro era malandato da tempo). E’ sofferente. Gli diamo da bere e lo facciamo riposare un po’ offrendogli una barretta energetica. Un buon carico di zuccheri e proteine è proprio quello che ci vuole in questi casi. Un po’ per spirito, un po’ per dargli una sferzata adrenalinica che gli serva per riattivare il giusto tono neuromuscolare, gli spruzziamo addosso mezzo litro d’acqua appena presa dalla fontana, fresca e rigenerante. L’effetto è proprio quello che ci eravamo proposti. Dopo un po’ si alza, forse semplicemente per evitare la doccia fredda. Gli ritorna il sorriso. E’ fatta!

Prima della terapia

Durante la terapia
E’ lui stesso a darci il via per ripartire. Destinazione distributore di benzina, dove ci aspetta Massimo che ci guiderà nel tratto successivo. Scendiamo lungo un ciottolato piuttosto impervio e a risentirne è principalmente il nostro Peppe con il suo pachiderma che per affrontare un discesone deve essere supportato dagli amici (N. B.: non è la tradizionale “compagnia della spinta” ma quella della “frenata”!). A motore spento con la prima inserita, ogni tanto tira la frizione per fare avanzare il mezzo e poi la rilascia per bloccare la ruota posteriore mentre il gruppo di amici lo sostiene in equilibrio e lo frena davanti: una scena fantozziana! Eros fa da freno motore spingendo contro mano sulla carenatura anteriore mentre Giacomo e Nino tengono in equilibrio il pachiderma strattonandolo dal portapacchi posteriore, un po’ da un lato e un po’ dall’altro. Sudando freddo “la compagnia della frenata” riesce a raggiungere superare il tratto ripido e a fermare l’Africa Twin su una piazzuola.

Dura la vita con la...muccazza.

Breve sosta ristoratrice presso una sorgente d’acqua dove si beve e ci si rinfresca. Qualche minuto di pausa per riposarsi (soprattutto dalla tensione emotiva) e si riparte. Questi piccoli break sono salutari. Niente di meglio di una fresca “sciacquata di faccia” per rimettersi in forma. Il posto è così bucolico che stentiamo a rimetterci in cammino (forse la stanchezza cercava giustizia!). Ma lo spirito stoico emerge facendosi breccia fra le menti obnubilate dalla fatica. Non so se in casi come questi sia più il senso del dovere a spingere o una forma patologica cronica di masochismo ad uno stato così avanzato da rasentare quelle forme di rito che gli antropologi usano definire martirio sacrificale.


Acqua e un po' di riposo...

... ingredienti naturali per un buon motoalpinismo.
Si riparte, così, alla volta di una bella pietraia lungo una fiumara. Scendendo di quota il caldo comincia a farsi sentire ma ben presto arriviamo sulla soglia del paese dove, con gran piacere, incontro per la prima volta Massimo con il suo Fantic 301 d’epoca messo a lucido che sembra appena uscito dal concessionario. E’ una bella emozione conoscere chi hai sentito solo per telefono o hai visto in foto sul giornale. Scambiamo quattro chiacchiere velocemente prima di raggiungere il distributore di benzina dove facciamo il pieno mentre Massimo mi dà le ultime dritte sul percorso da seguire in sua assenza. Ci accompagnerà fino al prossimo villaggio, poi dovrà rientrare al lavoro.

Qui Peppe sembra già abbastanza provato. O no?!?

I cuginetti, massimo e giuseppe, assieme alla trialina
Dalle cartine gli mostro l’ipotesi di tracciato che da un certo punto vorremmo seguire fino ad una diga. Nel suo sguardo vedo una certa perplessità: “il tratto che sale da qua è davvero duro”, mi dice con atteggiamento sicuro, “non so se ce la farete!” (considerando che lui viaggia con una trialina comincio a temere il peggio). Intanto, per prima cosa, diamo indicazioni a Peppe e Natino di procedere dall’asfalto, poi si vedrà. Finito il rifornimento riprendiamo il viaggio. La fame comincia a farsi sentire: destinazione ristoro dove ci fermeremo per il nostro spuntino.
La salita è sempre meno complicata della discesa, sarà che sulla mia moto l’avantreno è pesantuccio e corro spesso il rischio di ribaltarmi se non carico il posteriore ma, in questo caso, coi bagagli sul portapacchi mi risultava sempre difficile arretrare al momento opportuno. Intanto, recuperando quota la temperatura scende rendendo il cammino più piacevole. Il terreno diventa sempre meno difficoltoso e, arrivati sull’altopiano cominciamo a viaggiare ad andatura turistica assaporando la bellezza dei luoghi e rilassandoci un po’. Sono così rilassato che , senza accorgermene, seguendo Massimo e Francesco, perdo il gruppo che intanto, ad un bivio, ha tagliato da un altro lato. I miei due temporanei compagni di viaggio procedono spediti senza aspettarmi e mi ritrovo ben presto solo senza sapere dove andare. Procedo da un lato, non vedo nessuno. Torno indietro e mancano le impronte per terra. Il silenzio più assoluto. Non si sente, a distanza, il rombo dei motori. Comincio a preoccuparmi. Non avrei certo problemi a continuare il viaggio da solo ma a che rischi andrei incontro? Decido di raggiungere un bivio sulla strada asfaltata ed aspettare. Non c’è nessuno a cui chiedere se son passati di lì i miei amici. Poi, trascorso un quarto d’ora (di attesa snervante!), finalmente in lontananza comincio a percepire la melodia dei motori delle moto. Mai sinfonia musicale mi fu più gradita! E, tempo cinque minuti, eccoli comparire dietro un curvone. Di nuovo insieme, pronti per ricominciare! La tensione dell’ultima mezz’ora mi ha provocato una reazione di stanchezza. Ma, a quanto pare, è una sensazione condivisa da tutti.
.............
continua
A presto e...
Buon motortrip,
alp
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max37
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da max37 » gio 10 set, 2009 4:14 pm
certo che fare certe strade con l'africa twin deve essere stato bello impegnativo
Max37
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La cosa più deliziosa non è non avere nulla da fare. E' avere qualcosa da fare e non farla.
Oggi non faccio niente perchè ieri non ho fatto niente ma non avevo finito.