Voglia di neve
Quella sera avevamo proprio voglia di esagerare! Ma nessuno di noi aveva un’idea precisa sull’”oggetto dell’esagerazione”. O meglio, l’oggetto era di sicuro il giro in moto del giorno dopo. Il fatto è che volevamo realizzare qualcosa di diverso, di insolito per noi. E il fatto che fosse pieno inverno non ci preoccupava più di tanto. Dopo qualche birra in più le idee si fecero, ovviamente, più chiare. La voglia di esagerare si materializzava sempre di più: avremmo fatto una scalata dal mare ai 1800m di altitudine, in mezzo alla neve. Appuntamento per il giorno dopo.
Partenza dalla solita “rotonda” col pieno già pronto. Le previsioni non le guardiamo più: siamo pronti a tutto! D’altra parte i meteorologi nella nostra zona non ci azzeccano mai a causa del particolare microclima ventilato e repentino negli sbalzi di pressione. Alle nove il tempo era variabile, ma eravamo attrezzati per affrontare la tempesta. In fila indiana ci avviamo fino alla spiaggia, tocchiamo con le mani l’acqua di mare (qualcuno ci finisce dentro con gli stivali da cross), e cominciamo la nostra salita sullo sterrato che porta diritto verso monte. Una carreggiabile ampia e facile, poco polverosa per la pioggia caduta da qualche giorno. A mano a mano che si sale di altitudine il tempo va a peggiorare e lo sterrato si restringe sempre più fino a diventare uno stretto tratturo. A questo punto il gruppo deve necessariamente organizzarsi una andatura con un certo ordine: gli ATM per ultimi, per evitare ingorghi nei passaggi stretti, preceduti dagli enduristi che sulla pietraia vanno più forte.
All’improvviso si scatena il temporale: non abbiamo riparo se non le nostre cerate, qualcuno cerca di ammutinare ma viene coinvolto dagli altri dall’idea che avremmo trovato rifugio in una locanda a poca distanza (chi lo sapeva non ha il coraggio di dire che era a 20 Km di fuoristrada). A passo di marcia avanziamo lentamente sotto una pioggia talmente fitta da ridurre la visibilità. Per fortuna non c’erano fulmini.
Raggiungiamo un laghetto e ci accorgiamo che le nostre preghiere hanno avuto risposta: finisce di piovere e, con l’arietta tipica degli 800m di altitudine proseguiamo il nostro tour in cerca della neve. L’aria è pulita e fresca, il profumo di pini ci inebria e, dopo circa due ore di fuoristrada, si comincia a sentire un certo appetito. Decidiamo di fare una breve sosta in un borgo semideserto dove uno di noi conosce gente del posto che non potrà rifiutarci ospitalità. Si prova a telefonare e veniamo invitati a pranzo senza problemi.
Arriviamo al piccolo villaggio e veniamo guidati verso la casa del nostro ospite il quale ci accoglie con la solita generosità della gente di montagna: focacce appena sfornate, frittelline di zucca, polpette di melanzane e un goccio di vino, tanto per accettare. Qualcuno, preso dall’euforia alcolica comincia a dichiarare di non avere alcun impegno per il resto della giornata e che gli avrebbe fatto piacere non abbandonare la cortese compagnia del nostro ospite. Ma il più “stoico” del gruppo ci richiama all’ordine e, salutato l’amico, usciamo di casa proprio quando un fulmine squarcia il cielo in lontananza, proprio nella direzione che avremmo dovuto prendere per salire verso monte. Abbiamo tutti una certa idea del dovere e del piacere e abbiamo tutti una famiglia dietro (chi sulle spalle, chi le sta alle spalle), ci guardiamo impauriti e aspettiamo che ci sia chi prenda la parte del fifone. Visto che nessuno ci teneva a fare brutta figura e che sembravano tutti piuttosto male intenzionati, mi faccio avanti io e propongo un’alternativa: perché non allunghiamo un po’, scendendo di quota e passando per un tratturo poco frequentato dai più? Mi guardano tutti come se fossi Fleming e avessi scoperto in quel momento la penicillina. Inforchiamo le moto e ci avviamo lungo la strada asfaltata in direzione Nord-Ovest per alcuni Km fino ad uscire su uno sterrato che, dopo poco, si inabissa verso un fiume non meglio identificato (forse ci siamo persi!), dove il tempo nuvoloso sembrava migliore del diluvio che avevamo appena lasciato.
Se tutte le ciambelle riuscissero col buco certamente fare il pasticcere non sarebbe un’arte! Nel bel mezzo di una derapata stretta, vediamo la moto di Pino scivolare sotto il suo sedere e andarsene per fatti suoi: anche lui ha avuto il suo buco ma non nella ciambella ma nel copertone. Fradici per la pioggia che aveva appena ricominciato a scendere, ci fermiamo e, tutti insieme, con fare minaccioso, come se avessimo dovuto impaurire il povere chiodo, ci avviciniamo alla ruota del povero Pino con l’aria tra l’arrabbiato nero e lo sconsolato totale (della serie ormai non ci rimane che piangere!). Un minuto di silenzio lungo un’eternità, come se fossimo in raccoglimento per la morte di un caro parente, rotto dall’urlo del lupo famelico: Giò ha la bomboletta! In men che non si dica la tira fuori dallo zaino e ne spruzza mezza fuori dalla valvola prima di riuscire a centrarla con la sua mira da Guglielmo Tel. Funziona! Chi l’avrebbe mai detto!
Si riparte. Tocchiamo il letto della fiumara e cominciamo la sua risalita quando incontriamo un grosso jeeppone con un amico che ci avvisa di non salire dalla carrareccia che avevamo intenzione di percorrere perché è franata. Abbiamo un’alternativa: ci spostiamo sull’argine sinistro del fiume (con un guado molto profondo) e imbocchiamo una carreggiabile a fondo compatto che sale ripida e, con un dislivello di 300m in meno di 5 Km ci ritroviamo… finalmente con la neve sotto i tasselli!
Il primo a toccare la “neve promessa” è Giacomo che si intraversa subito e, come un bambino che va al circo per la prima volta, comincia a saltare di gioia e a strillare come un matto. Ce l’abbiamo fatta! Fra tante peripezie il nostro spirito d’avventura ha avuto la meglio. C’è chi lascia scivolare la moto per terra, chi cerca un buon appoggio per il cavalletto senza, ovviamente, riuscirci e chi comincia a fare cerchi in tondo con testa coda continui e spruzzando chi gli sta intorno. Ce l’abbiamo proprio fatta! Siamo tipi semplici. Senza molto manico. Ci divertiamo con poco e siamo pronti anche al sacrificio per ottenere ciò che vogliamo. Ce l’abbiamo fatta alla fine!

