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Noi e la serendipità

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alp
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Noi e la serendipità

Messaggio da alp » gio 20 set, 2007 12:19 am

Noi e la serendipità


Della serendipità abbiamo ampiamente discusso altrove (clicca qui per approfondire l’argomento http://motoalpinismo.forumup.it/viewtop ... oalpinismo). Oggi ci ha presi per mano e ci ha fatto fare un gran giro, bello tosto!

Era tanto che Cesare mancava alle nostre uscite. La scusa ufficiale era che la vecchia Fantic 300 del 1985 era fuori uso, dicerie sostenevano che preferiva la compagnia di una bella mora: “Ubi major, minor cessat”! E così, dopo estenuanti tentativi volti a rimotivarlo al motoalpinismo finalmente accetta (la sua amata, oggi era, evidentemente, impegnata per fatti suoi). E come al solito è in ritardo all’appuntamento che ci siamo dati alla stazione di servizio. Gli telefono e allunghiamo l’appuntamento di mezz’ora: “ci vediamo ai fortini, allora!”

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Arrivo su e approfitto per fare qualche foto mentre Tino, l’altro compagno di uscita, si cimenta col telefono (il dottore contatta i pazienti anche al sabato!). Da lontano sento uno “strano” rombetto che sale dal mare: che sia un gommone con motore 2T che risale la Fiumara dell’Annunziata? Mi affaccio oltre il ciglio del precipizio e lo vedo! Lo shock è tale che non riesco nemmeno a fotografarlo: è Cesare che risale lungo il versante più ripido la parete semiverticale che dal mare arriva alle fortificazioni. Gran bel salitone!

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Grande abbraccio: era da tanto che non ci vedevamo (da quando la bella mora ci ha separati!!!). Faccio le presentazioni: un super endurista con una vena supersportiva (la Tuono Aprilia) e un supertrialista puro con vena ciclomotoristica (un Ciao degli anni ’60).

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OK, vista la perfetta compatibilità (evidentemente l’eterogeneità rappresenta l’essenza del nostro motoalpinismo!) si parte verso monte lungo una pista di sabbia che solo Tino, col suo XR400 e le gomme da enduro, riesce a gestire onorevolmente. Le nostre gomme da trial qui fanno veramente pena! La nostra prima destinazione è Santa Maria, luogo dove risiedono le suore di clausura e dove non proviamo proprio ad entrare (vi immaginate tre motociclisti in stivaloni, casco e moto entrare impennando in quel luogo sacro fra le urla isteriche delle sorelle scandalizzate?). A parte gli scherzi, ci teniamo lontani da questi luoghi di culto e di preghiera consapevoli che avremmo arrecato disturbo alla meditazione e all’ascesi (nella foto, Cesare indica il monastero di clausura dove, tutt’intorno, solo qualche settimana fa, è divampato un incendio veramente terrificante!)

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Riprendiamo il cammino, quando Cesare viene attirato da qualcosa fra l’erba secca. La sua passione per la campagna (è proprietario di diversi ettari di terreno, vedi collegamento ipertestuale ciccando su http://motoalpinismo.forumup.it/viewtop ... oalpinismo: "l'Impero di CESARE", che sta coltivando alla grande!) lo portano ad essere attratto da piante, fiori e animali che noialtri “cittadini” non riusciamo neanche a vedere: son proprio strani questi contadini!!!!

E a proposito di contadini, dietro una curva ne incontriamo uno che taglia tronchi d’albero con una sega circolare (ovviamente senza occhiali, a piedi scalzi, senza guanti e neanche a parlarne della maglia). Ci ferma e comincia a sgridarci perché passiamo di lì. Con Tino lo ascoltiamo per un po’ facendogli segni di assenso, quando finisce di sproloquiare ci salutiamo e proseguiamo (prima del saluto finale ci minaccia di mettere del filo spinato per chiudere la carreggiabile: come se fosse sua!).

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Continuiamo la nostra escursione proseguendo sul tracciato che avevo, in precedenza, studiato sulla solita Carta Topografica 1:25000 dell’Istituto Geografico Militare. E’ un terreno argilloso circondato da sterpaglia secca: quello che è rimasto, purtroppo, dell’ultimo incendio. Il paesaggio è piuttosto triste!

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Rientrati sull’asfalto, dopo alcuni chilometri, trociamo la solita bottega dove ci riforniamo di pane di grano, birre e gassosa (la passione di Cesare: la mescola alla birra al 50%. Non è male!). Il capicollo, quello buono, ce l’ho io, la signora della bottega mi sorride (l’ha assaggiato l’ultima volta e mi ha fatto i complimenti). Riprendiamo il nostro giro infilandoci lungo una pista sterrata che ci porta in quota (1600-1700m slm). Seguiamo la carrareccia più ampia (per non sbagliare) ma ben presto la troviamo ostruita da una serie di frane. Superiamo la prima, andiamo oltre la seconda ma alla terza mi sembra più prudente fermarci e decidere il da farsi.

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Intanto, l’irrefrenabile Cesare va in avanscoperta. Lo lasciamo fare: si diverte così! Tornerà dopo una mezz’oretta tutto esaltato: “si passa!”. Quella di Cesare è una vecchia abitudine. Ogni tanto molla il gruppo e con serendipità parte verso una non precisata direzione, seguendo il flusso dei suoi pensieri o l’odore di qualche strano effluvio sprigionato da qualche pianta medicinale. Una o due volte ci ha fregati, le prime! Ingenuamente lo abbiamo seguito con esiti semidisastrosi lungo “sdirrupi” dove incrociavamo le capre. Da allora abbiamo capito che dovevamo andarci piano e, ormai, sappiamo come trattarlo: gli diamo corda e, quando torna, lo stordiamo con birra e capicollo. Funziona sempre!

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Anche stavolta non gli crediamo neanche un po’ e, facendo finta di niente lo invitiamo a sedersi con noi a bere e a mangiare. Per fortuna si convince! E’ il momento delle chiacchiere (della bella mora non ne parla!): discutiamo della sua campagna, dei sistemi di sicurezza con gli attrezzi (legge 626), di tute antitaglio, di occhi scheggiati da polvere di metallo, di moto vecchie e nuove e di come proseguire il nostro giro.

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Si decide di tornare indietro e prendere una deviazione verso monte. Una vecchia via in mezzo al bosco, molto ripida e con terreno poco aderente. Faccio una certa fatica ad arrampicarmi. Tino va su di potenza, Cesare di stile, io col sudore.

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L’arrampicata diventa quasi insopportabile perché mi ritrovo con pendenza da ribaltamento e la salita che non finisce più. Mi manca il fiato. Mi fermo per riposarmi un momento. So bene che se avessi continuato soltanto per 5 secondi, il mio cervello avrebbe cominciato ad avere carenza di ossigeno ed avrei cominciato a sragionare. Probabilmente avrei ridotto la capacità di controllo sulla moto e mi sarei fatto male. Meglio essere prudenti!

Cesare e Tino li ho persi, sono avanti. Riprendo la salita sfrizionando e, dopo alcuni minuti, finalmente, li raggiungo su di un altipiano, piccolo ma per me è “la terra promessa!”

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Mentre Facciamo il pieno al Fantic con la tanica da 2 litri che ci siamo portati dietro, Tino mi ricorda che deve rientrare a casa e così, piano piano ci lanciamo sul ripido pendìo che ci ricondurrà più a valle. Il più è fatto. Lentamente riguadagnamo l’asfalto per rientrare (troppo affaticati per continuare sui lenti sterratoni fino al mare!). Siamo soddisfatti. Anche stavolta siamo riusciti a seguire l’istinto che ci ha guidati per i monti su sentieri mai visti. Ancora una volta la Signora Serendipità ci ha ammaliati col suo fascino misterioso.

A quando il nostro prossimo incontro con Lei?
A presto e...
Buon motortrip,

alp

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