
Week-end di pioggia nella mia zona. Sabato con cielo plumbeo. Domenica tutto grigio ma, almeno in città, non piove. Sono le 8:30. Aspetto ancora una mezz’ora prima di chiamare Al. Ma si, gli mando un messaggio che sarà per la prossima. Non ho voglia di prender freddo oggi.
Alle 9:30, dopo avergli inviato un SMS ci ripenso. A 50 anni devo fare i conti col rimpianto di non aver fatto qualcosa che potevo. “Ogni dassat’è purduta!” si dice dalle nostre parti (ogni cosa lasciata è persa per sempre). Gli telefono e restiamo d’accordo di partire dopo un’ora.
All’appuntamento, il cielo è grigio e non fa tanto freddo. Prendiamo l’asfalto per Rupà, una strada nuova per Al, ci tengo a fargli conoscere percorsi sempre nuovi. E’ un bravo ragazzo, molto ben educato. Ama il mare e la montagna. Rispetta la natura e le regole. Mi fido di lui. Travaso le mie conoscenze topografiche sulla zona sapendo che avrà gran rispetto nel percorrere in futuro questi luoghi “sacri”.

Anteprima dei luoghi attraversati nella zona di Jannàcoli (vecchia foto del 2004)
Da lì ci infiliamo in una serie intricata di viuzze (sembra di essere in una casbah araba, d’altra parte un migliaio di anni fa qui da noi era un continuo susseguirsi di incursioni, tanto che c’è ancora il detto, che si usa in situazioni di panico: “Mamma li Turchi!”). Svicolando usciamo su uno sterrato che attraversa il versante settentrionale del Vallone dell’Acqua Amara e ci porta in alto a quota 780, facciamo un Km d’asfalto e ci infiliamo nel Castagneto di Mazza, dove già per terra troviamo un manto di ricci verdi e, passandoci sopra con le gomme, ne apriamo alcuni. Verrebbe voglia di fermarsi a raccogliere castagne ma il tempo non promette molto e così continuiamo a scendere verso la Fiumara della Cartiera.

La Fiumara della Cartiera in una vecchia foto dell’ottobre 2005 con Pino
Guadiamo la fiumara per poi deviare bruscamente una volta sbarcati lungo il suo argine destro. Prendiamo un ripido sentiero che, a poco a poco, diventa una stretta mulattiera e risaliamo verso Santamanni (800m slm). Seguiamo la mulattiera a mezza costa fra sterpaglie alte dove è difficile passare. Mentre guadagnamo l’altitudine incrociamo un ragazzetto del luogo con uno scooterino monomarcia. Lo fermo e mi complimento con lui: non è facile andare su questo fondo. Sta tornando dalla pesca alle trote, ha una canna col mulinello e, nella saccoccia un paio di pesciolini ancora moribondi.
Saliamo e scendiamo. Raggiungiamo la Fiumara di Reggio, la guadiano senza difficoltà (qui è dura in primavera, quando la neve si scongela) e ci arrampichiamo fino al Piano di Ventri, dove ci fermiamo a “bere un goccio” e a “fare un goccio”.

Il tempo si mette al brutto, per fortuna il percorso non è accidentato. Incontriamo fango e sabbia bagnata. Nonostante le mie gomme non ottime (anzi, direi che è il caso di cambiarle ora che arriva l’inverno) vado avanti tranquillo. Arriviamo all’asfalto che già ha iniziato a piovere. Tutt’intorno è grigio, ma grigio plumbeo. La vedo male. La pioggia si fa battente e in dieci minuti siamo belli e zuppi. Puntiamo allora, decisamente, sulla mia casa di montagna, dove potremo cambiarci e scaldarci aspettando che spiova.
Un paio d’ore, il tempo di accendere il riscaldamento e lasciare asciugare i vestiti. Approfitto per fare un po’ di spesa: due provole e un pecorino locale. Intanto ha spiovuto e siamo ancora umidicci. In mansarda recupero un paio di vecchie (ma asciutte) giacche a vento e qualche maglione abbondante. Decidiamo di ripartire. Lego il pacchetto della spesa sul portapacchi dell’Alpetta con l’elastico che porto sempre dietro e partiamo per Santo Stefano.
Arrivati al paese, ancora pioviccica un po’ ma ci siamo rincuorati. Perciò decidiamo di infilarci nella zona di Jannàcoli, un’ampia area attraversata da sterrati di differente difficoltà.


Vecchie foto nella zona di Testa di Badìa (832m slm) fra Podargoni, Jannàcoli e San Bruno.
In mezzo al bosco, girato un tornante, freniamo di colpo incrociando un gregge di capre. Aspettiamo che passino. In lontananza, il pastore ci dice di avvicinarsi e, con fare minaccioso, inizia a redarguirci perché gli abbiamo spaventato gli animali. Ha smesso di piovere e possiamo prenderci un po’ di tempo per affrontare con calma la situazione. Parlando in dialetto gli spiego che, appena viste le capre ci siamo subito fermati, e l’abbiamo potuto fare perché stavamo semplicemente passeggiando e non facevamo cross, come ci dice lui. Inoltre, lo abbiamo raggiunto dopo che l’ultimo capretto aveva raggiunto la sua mamma e, per nulla al mondo avremmo spaventato gli animali sapendo che ci vuole un’intera giornata di cammino per recuperare il gregge. A quelle parole il mio interlocutore si è quasi commosso. Mi ha dato le due mani e me le ha strette con fervore, segno di grande amicizia. Ci siamo salutati guardandoci fieramente negli occhi. Due uomini di montagna che si capiscono con poche parole dette chiaramente e in modo semplice, senza equivoci. E’ rimasto a guardarci ripartire e ha continuato il suo viaggio con le capre.

Prato fiorito di margherite nella primavera del 2004

Vecchie foto (2004) nella zona della Casetta (sullo sfondo Schindilifà, villaggio ormai abitato soltanto da una ventina di famiglie)
Un paio di Km più in là mi fermo ad un incrocio per ricordare quale fosse la strada e Al mi urla di tornare indietro che ho perso l’intero pacco della spesa (a furia di buche e saltelli era il minimo che potesse capitarmi). Rilego il pacco, decido il sentiero da fare e ripartiamo percorrendo la via che ci condurrà a San Bruno.
Un po' d’asfalto e ci infiliamo sullo sterratone del Monte Lacco ma, proprio vicinissimi alla Roccabianca, luogo mitico dove l’amico Pino (quello con la Yamaha XT350 tedesca) si lancia col parapendio, di nuovo Al mi urla di tornare indietro a recuperare il formaggio che, stavolta era caduto in una pozzanghera (per fortuna era chiuso sottovuoto). Ancora qualche Km di terra , poi cemento e asfalto e… si ritorna a casa.

Vecchia foto di Pino su DR 350 nei pressi della Roccabianca
Solo un paio di foto di questa grigia giornata autunnale. Quando piove, e piove forte, mi passa la voglia di fermarmi. Ho l’impressione che mi bagno di più se non cammino. E così ho recuperato vecchie foto dello stesso percorso, fatte in altri periodi e con altri compagni di viaggio. Tanto per farvi entrare nella giusta atmosfera di questi nostri “luoghi sacri”.
Alla prossima.