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Sette fiumare e oltre

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alp
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Sette fiumare e oltre

Messaggio da alp » sab 19 gen, 2008 12:58 am

Sette fiumare e oltre.



Prologo

Serata di pioggia. Proprio di sabato, quando, per domenica hai organizzato un gran bel giro con gli amici, dopo aver passato le vacanze di Natale a traslocare.

Usciamo dal ristorante, dopo una cena fantastica, e veniamo spaventati da un improvviso e violento rumore. Ho pensato ad una bomba, tanto era forte. No! Un semplice tuono. L’ho capito quando, dopo un paio di secondi, sono stato abbagliato dal fulmine: sembrava giorno!

Un colpo al cuore! Alla mia età certe emozioni possono essere fatali. Già mi immaginavo ricoverato in Unità Coronariche per infarto del miocardio. “Che ci vuoi fare!” mi son detto, “ci vuole fortuna!”. Era il primo dicembre quando siamo usciti insieme al gruppo di Messina. Oltre un mese di astinenza è difficile che mi capiti “ma con questa bufera c’è poco da fare”: se ne parla per il prossimo week end.

Quasi a rincarare la dose, mi arriva un SMS da Al: “sono raffreddato!”. Meno due! Si, perché con lui sarebbe venuto anche suo papà, il mitico Ciccio che ha preso da poco una gloriosa Honda 125 XLR. “Ma con questa bufera c’è poco da fare!” Provo a chiamare Igino ma, come al solito, non è raggiungibile. Sarà in missione segreta con il suo corpo speciale? Boh! Non è lecito sapere. Vorrà dire che gli telefonerò domattina poco prima del nostro appuntamento fissato per le 9:00.

Mentre torno a casa vengo ipnotizzato dal movimento ritmico dei tergicristallo dell’auto che girano a velocità supersonica: acqua da tutte le parti. Entro a casa fradicio e m’infilo nel letto assaporando il tepore delle coperte. Stanotte mi farò una gran dormita (se i tuoni la smetteranno di fracassare il silenzio della notte). Con questo tempo non viene voglia neanche di pensare di salire in montagna a fare fondo. Ma si! Mi godrò il calduccio del mio letto, altro che andare in giro in moto in pieno inverno a infangarmi e rischiare l’osso del collo con quei quattro scalmanati dei miei amici. Buona notte!

…(zzzzzzzz)…

Bip bip bip bip bip acc!!!! È la solita sveglia quotidiana delle 6:45. Ho dimenticato di staccarla. Porca miseria! Rientrando a casa all’una di notte ero così assonnato che non ci ho proprio pensato. Vado a spegnere e… strano a dirsi… non sento né tuoni né lo scroscio d’acqua piovana. Non resisto: vado in bagno e, attraverso i vetri opachi non vedo altro che grigio opaco. “Non ci provare!” mi dico. Ma è più forte di me. Apro la finestra e… ho una visione mistica! Ho capito l’essenza della religiosità tribale, il senso del misticismo naturalistico e ho cominciato a provare dentro di me un calore profondo che proveniva proprio dal centro della cavità toracica: è lui, è l’infarto! Per un motivo o per un altro mi doveva venire. Sono sopravvissuto al fulmine di stanotte ma questo è troppo!

Nascosto timidamente fra basse nuvole in lontananza, proprio dietro un albero di pino, intravedo Lui (non l’infarto di prima), il dio Sole, adorato dai faraoni d’Egitto oltre quattromila anni fa. Lui, sempre uguale, bello, grande, caldo. “E’ fatta!” mi dico e per l’emozione, girandomi, mi spacco l’alluce contro lo sgabello. Non me ne frega. Prendo subito il telefono e chiamo Igino… sempre non raggiungibile (che sia di turno in missione speciale per eliminare il mal tempo: “missione tuono!”).

Col tempaccio della notte non avevo neanche pensato di prepararmi l’attrezzatura per l’uscita. Lo faccio subito dopo l’abbondante colazione: due banane, yogurt, marmellata di arance amare della nonna (mia mamma) spalmate sul pane di Caino (una specialità che produce un mio amico), tea, macine e noci. Mi sento un leone. E’ il momento di preparare i bagagli, si son fatte le 7:30.

Alle 8:00, secondo i precedenti accordi, come se niente fosse, telefono a Peppe. Mi risponde Erika con voce assonnata: “papà dorme!” “scusa tesoro, non avevo intenzione di svegliarti!”. Al di là della cornetta un rumore d’oltre tomba: “mi sono coricato tardi, dormo. Ciao, ci vediamo.” “Fuori tre!”. Ritelefono da Igino: non raggiungibile! Chiamo da Al e non risponde nessuno. Dopo il quinto tentativo vengo illuminato da chissà quale interconnessione cerebrale che, finalmente, fra il grasso della mia arteriosclerosi, mi fa venire in mente che digitavo il numero di telefono della casa estiva. Scappo in salone, prendo l’elenco e trovo il numero. Almeno spero che sia quello. Se sveglio la famiglia sbagliata alle 8:00 di domenica mattina finisce che mi denunciano. Drin… al primo squillo ti becco il Ciccio semipimpante che mi comunica che stava andando a svegliare suo figlio. “Il tempo di organizzarci”, mi dice. So che ha dei tempi biblici ma non importa: la giornata è salva!

Con tutta calma mi preparo. So che faranno tardi. Ne approfitto per farmi una bella spremuta d’arance. Quando si fanno le 8:30 mi avvio lentamente verso l’appuntamento: la trattoria del Cacciatore di Lazzaro. Il sole si è alzato ma fa fresco. Vado nella giusta direzione se lo voglio inseguire tutto il giorno. Non abbiamo fissato una meta. Unico obbiettivo: evitare la pioggia!

Arrivo all’appuntamento quando Igino mi telefona dicendomi che mi raggiungerà fra un po’ (ha fatto le due stanotte!). Sono le 9:15 e aspetto gli altri affacciato alla ringhiera della strada che guarda sul mare. Di fronte a me il vulcano più alto d’Europa innevato fino a valle. Cielo azzurro, mare azzurro, aria frizzante e un profumino di caffé che viene dalla trattoria del Cacciatore. Sento il rombo dell’RR400: sta arrivando! Prenderò il caffé con lui. Dopo dieci minuti di simpatiche chiacchiere (c’è anche il suo amico Nino, il geologo del paese) sentiamo il rombino del TM di Al: ci siamo. Manca Ciccio ma arriverà dopo qualche minuto.

………..

Perché questo prologo così prolisso? Ho cercato di creare l’atmosfera dell’attesa. Quella strana frenesia che mi attanaglia durante i preparativi del giorno prima e della mattinata, prima di vederci. Una volta partiti tutto si scioglie e anche il ritardo non è che un ricordo lontano. Ora siamo in moto, tutti insieme, pronti a passare una bella giornata di sole sui nostri monti.

Inizia l’avventura!!!!

………..
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Messaggio da max37 » sab 19 gen, 2008 3:01 am

foto foto foto foto foto
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Messaggio da alp » mer 23 gen, 2008 6:27 pm

Sette fiumare e oltre.

Il percorso.
Ia parte: dalla Fiumara di Lazzàro a Punta d’Aranci.





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Ciccio e la sua affidabile XLR

L’RR fa il pieno e ci immettiamo subito nella Fiumara di Lazzaro. Siamo in quattro: un maresciallo della Guardia di Finanza, un direttore di banca, uno studente liceale ed un insegnante: niente di più eterogeneo. Le moto, invece, sembrano accoppiate: due ottimi enduro (Beta RR 400 e TM 125) e due più paciose motoalpinismo (Alp 200 e Honda XRL 125). E’ uno sterrato facile, ampio e liscio, quello che iniziamo a percorrere verso monte. Avevo proposto a Igino di farci salire da Pollia e arrivare a Sant’Andrea con l’intenzione di infilarci nelle Falde della Madonna. Ma è lui la guida oggi. Qui è zona sua. Mi accodo tranquillo. Risaliamo la fiumara fino alla chiesetta di S. Francesco, una costruzione semplice, bianca, in stile mediterraneo. La sua costruzione risale al periodo della dominazione spagnola, quando i miei avi si dilettavano a fare incursioni in questi territori prima di prendere possesso di tutto il meridione d’Italia. Ogni volta che arrivo qui mi chiedo se capiterà, per caso un giorno, di trovarla aperta (e allora vi posterò un servizio fotografico completo!). Sono proprio curioso di visitarla. Non mi aspetto molto, la sua linearità mi fa immaginare interni essenziali e minimalisti: quel che piace a me!

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Il gruppo sullo sterrato a est della Fiumara di Lazzaro

Alla chiesetta svoltiamo a destra e cominciamo a salire lungo una carreggiabile piena di tornanti, proprio sopra una cava di marmo. Il terreno è compatto, privo di irregolarità significative. Qualche curva a gomito, tuttavia, richiede un certo equilibrismo ma niente di eccezionale, giusto per scaldare un po’ i muscoli. Ne ho proprio bisogno dopo le abbuffate natalizie. Questo tratto mi sembra così lineare che mi viene un’idea: scambiare la moto con Ciccio. Non ho mai provato un XLR 125 sullo sterrato. Ciccio mi avverte: manca di potenza! Ma non è quella che cerco. Per me, oggi, andare in moto per sterrati vuol dire anche faticare a salire e, magari, anche spingere. Non è che sono masochista ma mi sono formato sulle dure piste di sci di fondo, sui sentieri da trekking e sulle tràzzere in mountain-bike. Aiutare un po’ la moto in salita può non essere un problema. Anche questo è motoalpinismo: affrontare la fatica e le difficoltà col giusto spirito di sacrificio.

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Igino in sosta

La prima impressione, appena salito, è di grande comodità: ben ammortizzata e sella comoda. Penso all’impostazione da dare stando in piedi ma non ci provo neanche: i due specchietti, in posizione arretrata, impediscono la manovra. Lo sterzo è basso e incurvato in maniera da rendere veramente difficile la guida alzati. Innesto la prima e vado. La moto è ferma, accelero ma va quando si ricorda. C’è poca reattività. In compenso è fluida, morbida, con un buon freno anteriore. In salita provo a tirare e in allungo, dopo che ci fai l’abitudine, và. Al cambio, prima/seconda, in salita perde giri. Bisogna prenderci la mano. Dopo qualche km riprendo l’Alp e la differenza si sente.

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Raggiungo gli enduristi che, intanto, si sono divertiti a correre approfittando che io provavo l’XLR. Igino e Al mi chiedono dei commenti a caldo. “Niente male: un ottimo mezzo per il motoalpinismo. Per voi enduristi non la vedo proprio!”. Al è pimpante: la scorazzata al seguito di Igino lo ha caricato di adrenalina. Anche Igino è in piena forma e, mentre Al ha approfittato per riprendere fiato, lui si fuma una sigaretta. E’ curioso come siamo schiavi delle nostre abitudini. Ognuno di noi con le sue idiosincrasie potrebbe raccontarne di storie. Facciamo l’abitudine anche a questa. Aspetto tranquillamente che la sigaretta si consumi per scattare qualche foto.

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Dopo che Igino si è “ben ossigenato” riprendiamo a salire fino a raggiungere il crinale fra la Fiumara di Lazzaro e quella di Molaro. Troviamo l’inserimento per scendere a valle nuovamente, verso Est. Pendenza talvolta impegnativa specie sui tratti dissestati. Tornanti continui. Terreno grigio. Qualche roccia. Procediamo regolarmente ad andatura costante e tranquilla. Siamo un gruppo disciplinato. L’aria fresca e il sole acceso mi riportano a ricordi di un tempo simile in una giornata di quattro anni fa quando abbiamo percorso queste carrarecce per la prima volta con Consolato e il suo quad, un minuscolo 4 ruote preparato personalmente da lui: un mostriciattolo! E come dimenticare una mitica uscita con Saverio e il suo Alp 4.0 in una durissima giornata invernale di un paio d’anni fa.

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Anno Domini 2004: la risalita dal Mar Jonio verso l’entroterra.

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In fuoristrada col quad non è come con la Techno 250. Con lei si che Consolato si sbizzarrisce! (vedi foto sotto)

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Scendendo verso la Fiumara di Molàro in una giornata uggiosa di un paio d’anni fa

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Paesaggio sul Mar Jonio in tempesta

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Saverio è molto prudente: nel suo porta pacchi c’è sempre di tutto e, come Eta Beta, al momento opportuno tira fuori quello che serve

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Da queste parti può capitare di tutto, anche di incrociare una barca parcheggiata sul bordo della carrareccia

Raggiungiamo il letto della fiumara nel suo punto più alto. Cominciamo a discenderla lungo una carrteggiabile ampia e in lieve pendenza. E’ bello guardarsi di lato: alte vette ci circondano ricordandoci che dobbiamo arrampicarci fin lassù. Poco male! Anche questo è il senso del motoalpinismo: osservare la vetta e avere nei suoi riguardi un rispetto referenziale (vedi foto sotto).Abbiamo deciso di continuare verso oriente ed entrare nella Fiumara di Sant’Elia perciò dobbiamo risalire sul crinale lungo l’argine sinistro. Destinazione Masella. Si sale ripidamente e a mano a mano che prendiamo quota godiamo sempre di più dello splendido panorama sul Mar Jonio. Qualche anno fa, sembra ieri, Pino girava da queste parti col suo KLX 300, gran moto! Oggi non è con noi perché la sua moto attuale, la “cinesina”, ha fatto i capricci: dopo neanche due mesi di vita le si è rotto il cambio. Può capitare!

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Vecchia foto (primavera 2004): Pino girava ancora con un vecchio DR 350. Si intravede anche il vecchissimo Fantic 300 Trial di Cesare.

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Pino con il KLX in una foto dell’anno scorso su una tràzzera nella zona intorno a Masella

Arrivati al piccolo borgo ci infiliamo nella Contrada Monaca e scendiamo lungo il letto del fiume. Guadiamo tranquillamente il Sant’Elia e continuiamo a puntare verso Est coscienti che faremo un tratto di sterrato impervio. Avverto gli amici che è molto probabile che troveremo la tràzzera interrotta. L’ultima volta, qualche mese fa siamo dovuti tornare indietro (vedi sotto la foto con Nico e il suo WR250F). Ci proviamo. A passo lento scendiamo uno dietro l’altro a debita distanza. Qui il più in difficoltà forse è Al, dall’alto del suo TM, ma il terreno è abbordabile. Arriviamo senza grossi problemi al letto della Fiumara di Annà. Il terreno è morbido, l’andatura da passeggiata. Ci godiamo il bel tempo ed il panorama campestre. Il verde è rigoglioso. Non posso esimermi dal fare qualche foto.

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Dicembre 2006: Nico (xfilerc) alle prese con la tràzzera interrotta da una brutta frana.

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Il letto della Fiumara di Annà: terreno ottimo, si fila liscio!

Ciccio ci ha sempre seguiti senza alcun problema. Sta cominciando a conoscere la moto e intuire i momenti migliori per il cambio prima/seconda. Le gomme non l’aiutano e sul fango rallenta prudentemente. Io ho finalmente un bel copertone posteriore, nuovo nuovo. Non vi dico il traffico che ha fatto il gommista nel montarlo. Non aveva mai visto un fermacopertone. Gonfiava la camera d’aria e rimaneva una visibilissima deformazione. Abbiamo passato più di un’ora a cercare di risolvere il problema. Bastava svitare il fermacopertone, gonfiare la camera d’aria e, dopo, stringere il fermacopertone per bloccare lo pneumatico. Non ho, quindi, avuto il tempo per sostituire anche l’anteriore. Comunque, caricando il posteriore nei casi di terreno viscido me la sono cavata egregiamente.

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In primo piano la mia nuova Pirelli

La risalita della Fiumara di Annà è molto interessante. Si arriva ad un certo punto in cui si entra nel Torrente San Vito e a quel punto sembra che il tutto finisca: il letto si impenna improvvisamente, quasi in verticale. Bisogna perciò affrontare questo tratto ben decisi. Ho temuto che Ciccio ci rimanesse ma, lemme lemme, l’XLR (fa pure rima) è arrivata pure lei dove si sono arrampicate le più blasonate sorelline. Buona parte del merito, a dire il vero, è di Ciccio che è arrivato in cima al crinale senza neanche troppe sfrizionate. Procediamo spediti fino ad arrivare a Punta d’Aranci per una meritata sosta con foto.

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All’ombra di un bell’albero per una meritata sosta dopo la dura salita fino a Punta d’Aranci

Facciamo riposare le moto, prendiamo fiato, beviamo e lasciamo che Igino si rifumi l’ulteriore sigaretta. Pensando a Ciccio col 125 4T e ricordandomi sul KLX 300 quando percorrevo con Pino questa zona qualche annetto fa, riflettevo sul mezzo e il tempo. Un mezzo prestazionale ti spinge a correre, a stare attentissimo alla strada, alla pietra, al fosso, una motina tranquilla ti porta a non concentrarti troppo sulla guida, lenta e pacata, puoi goderti il sole e il panorama, gli odori e il mare. Forse il vero spirito del motoalpinismo è proprio nella manciata di pochi CV delle nostre piccole moto.

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Riposo a Punta d’Aranci. Sullo sfondo Pentadattilo col Mar Jonio alle spalle

(continua)
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Messaggio da max37 » mer 23 gen, 2008 10:47 pm

dopo la moto da trial non si vede più nessuna foto
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Messaggio da morfina » mer 23 gen, 2008 10:58 pm

max37 ha scritto:dopo la moto da trial non si vede più nessuna foto
Non c'entra con la meravigliosa descrzione però volevo sapere se xtr si era completamente convertito ai trial avendo assaporato la maneggevolezza delle novelle.
Chi va piano, va sano, va lontano ma soprattutto non ti nega una mano.

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Messaggio da max37 » mer 23 gen, 2008 11:03 pm

morfina ha scritto:
max37 ha scritto:dopo la moto da trial non si vede più nessuna foto
Non c'entra con la meravigliosa descrzione però volevo sapere se xtr si era completamente convertito ai trial avendo assaporato la maneggevolezza delle novelle.
sembra proprio di si ed ha già la morosa dalla sua parte
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Re: Sette fiumare e oltre.

Messaggio da carlo » gio 24 gen, 2008 8:21 pm

alp ha scritto:Il percorso.
Ia parte: dalla Fiumara di Lazzàro a Punta d’Aranci
Gran bel report. Grazie a te e a tutti quelli che dedicano parte del loro tempo per scriverli e illustrarli con foto. Leggerli non e' proprio come andare in moto, ma e' la cosa che piu' si avvicina :)

Ciao
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Messaggio da alex » gio 24 gen, 2008 9:15 pm

ciao alp,

complimenti per la prima parte del report. belle anche le foto!
non vediamo l'ora di leggere la continuazione!!
ti saluta ciccio,ancora un pò indolensito dall'ultima gita.
alla prossima aventura
Al
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Messaggio da alp » dom 03 feb, 2008 9:47 pm

Parte II:

da Punta d’Aranci alla Fiumara del Tuccio.

Ovvero: Le difficoltà da superare in gruppo sono l’essenza del motoalpinismo
.



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Si riparte da Punta d’Aranci verso Nord, tutto in salita. Un lungo e articolato sterrato di una decina di km tutti d’un fiato. Gli enduristi sono sempre avanti e tirano da matti, Ciccio ed io ce la godiamo immersi nel verde in piena tranquillità tanto, sappiamo che al prossimo incrocio li riacciufferemo. Sono sempre al bivio, ad aspettarci, trafelati e noi, più o meno pimpanti trotterelliamo come due cuccioli.

Sono tanti gli incroci in una miriade di carrarecce che si diramano in tratturi più o meno difficoltosi. Ma non è giornata per le “grandi imprese”. Quando si decide di fare un giro lungo bisogna saper dosare le energie e le poche risorse a disposizione. E poi, se vogliamo un nuovo adepto nella nostra “setta” dobbiamo far sì che il rito di iniziazione non sia insuperabile. Difficile ma non impossibile. E a questo proposito mi sono fatto un bel programmino.

E’ un tipico atteggiamento “furbesco” quello di shockare il neofita con “effetti speciali”, forse tipico di una mentalità competitiva, un po’ enduristica. Nella nostra filosofia, è “un amico in più” che vuoi. Il difficile compito di chi predispone il percorso quando c’è “uno nuovo” consiste nel capire il potenziale prestazionale e la particolare mentalità del neofita. Conosco storie di gente che ha venduto la moto e abbandonato dopo la prima uscita per colpa di un amico “burlone” che più che introdurre all’arte del fuoristrada si è divertito sadicamente a mostrare quanto lui è bravo e quanto incapace è il povero malcapitato. Ma fra noi motoalpinisti è tutta un’altra storia.

Crinali, versanti esposti a mezzogiorno e falsipiani si fanno attraversare silenziosamente. Arriviamo al punto in cui prendere una decisione sul seguito: percorso duro? Troppo rischioso, e poi non abbiamo benzina a sufficienza per il TM di Al. Entriamo in paese per uno spuntino? Troppo presto. Non ci resta che la terza via: la Fiumara delle Paludi! Il suo nome fa paura ma non c’è gran che da temere: un’ampio letto di sabbia umida, ben compatta, ci fa da base per la nostra passeggiata. E’ grigia e, nelle giornate di pioggia, fa sembrare tutto mesto. Ma oggi splende il sole e ancora abbiamo alcune ore per girare. Andiamo avanti!

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Arriviamo al grande incrocio dove la Palude incontra la Fiumara delle Pietre Bianche. Ci fermiamo all’abbeveratoio. Ciccio diventa un cow-boy. Lascia il suo cavallo di fianco e si rinfresca all’acqua che scorre. Immagini come questa vorresti fermarle. E’ l’archetipo di tutte le immagini motoalpinistiche. La calma della sosta, il fresco dell’acqua, la moto spenta, in silenzio.

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Decido di scendere per un po’, fino ad arrivare a Bagaladi e incrociare la Fiumara di Mèlito per poi risalire verso San Lorenzo lungo uno sterratone in mezzo a campi coltivati ed alberi di ulivo secolari. Ogni tanto mi capita di non ricordare più la strada: hanno calato le reti per la raccolta delle ulive e il paesaggio si è trasformato e poi, non mi va di rovinare il lavoro dei contadini. Faremo un giro più largo ma ne vale la pena, sarà faticoso per noi ma risparmieremo del duro lavoro ai coltivatori diretti della zona.

Da Masella, dove abbiamo lasciato l’asfalto, abbiamo percorso oltre 20 km su terra umida. Torniamo sulla strada provinciale, siamo all’incrocio che porta al paese di San Lorenzo o, più a nord, verso Roccaforte del Greco, uno dei mitici paesi dell’Area Grecanica, dove ancora risiedono minoranze etniche con origini greco-antiche. Sosta alla fontana per una buona bevuta e si riparte con l’idea di prendere una sterrata facile facile che punta direttamente verso Nord e arriva in alta quota.

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L’ultima volta l’avevo fatta a scendere con un gruppetto di scalmanati come me (età media 45 anni) e poiché, me ne rendo conto, ormai l’arteriosclerosi avanza, l’anziana guida del gruppo (che sarei io), disorientato anche da informazioni confusionarie date da due indigeni, prende una via che porta a Nord-Ovest. Ad una curva a gomito con fontanella riconosco dove siamo: ho l’illuminazione. Andiamo a Saguccio!

Saguccio è un piccolissimo borgo (4 case e un forno, non c’è neanche la chiesetta!) situato in un luogo isolato. Per arrivarci da qui dobbiamo percorrere una carreggiabile non ripida ma esposta e le frane, di solito in questo periodo di piogge, sono tante, Speriamo bene! In quattro, anche se troviamo qualche ostacolo non dovrebbero esserci difficoltà.

E a proposito di difficoltà, riflettevo fra me e me dello strano rapporto che lega questo concetto al motoalpinismo. Senza dubbio, quando si parla di difficoltà si fa riferimento ad un elemento di valutazione soggettivo: ciò che per me (pivello!) è difficoltoso può non esserlo per Igino (ex trialista). Ma è nello scontrarsi personalmente con la propria soggettiva difficoltà che stà l’essenza del motoalpinismo. Il divertimento (se così lo si può definire, masochisticamente parlando) è proprio nello scoprire la linea di demarcazione che divide la fatica, il rischio e la paura dalla soddisfazione e la capacità nel superare se stessi. Un limite spesso molto difficile da individuare. E poi, nella difficoltà, come dicevo prima, c’è l’essenza del motoalpinismo perché ti permette di conoscere e apprezzare i tuoi compagni di viaggio, di dare e ricevere una mano d’aiuto, di sentirsi gruppo e affrontare ostacoli insormontabili da solo (anche soltanto a pensarci). Non è poco!

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E, come volevasi dimostrare, eccoci all’uscita di una curva con la frana bell’e pronta. Che fare? Scendo subito dalla moto e mi faccio avanti (a piedi, ovviamente!). Ad un primo sopralluogo mi sembra abbordabile a condizione di spostare qualche masso più voluminoso e creare una traiettoria per far passare le ruote. Igino mi sembra il più ottimista (non percepisce ciò che per me è difficile?). Mi metto nei panni di Ciccio e cominciamo lo “spostamento massi”. Oltre un certo limite non possiamo fare! Saremo obbligati a passare rasenti al burrone ma, con tre che appoggiano e ti tengono non dovremmo avere problemi. Mi incoraggio e vado io: ho la moto più bassa! Mi tocca (li ho portati io qui e devo dare il “buon esempio”). Come al solito, in questi passaggi difficili, ho la tendenza a buttarmi con le spalle a monte (naturale) e, come al solito, il pedalino a monte si inchioda con la roccia impedendomi il passaggio. Un paio di manovre e ne sono fuori, grazie al sostegno degli altri.

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E’ la volta di Al che non si crea il minimo di difficoltà. Dall’alto della sua statura e con l’equilibrio dell’esperienza surfistica attraversa il punto più difficile con l’agilità di chi sa il fatto suo. Non è da meno il papà. Ciccio si avvia con prudenza, più preso dai suoi pensieri che dall’emozione (della serie: che racconto a mia moglie se cado nel burrone?) e, superato l’ostacolo maggiore, scendendo dall’XLR tira un gran sospiro di sollievo.

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Dulcis in fundu vediamo Igino che si prepara a scavalcare la frana fuori dalla traiettoria che avevamo segnato. Mi ha talmente shockato che sono rimasto a bocca aperta e con le mani in mano. Pazzesco!!! Supera la frana come se niente fosse, facendo saltellare il posteriore come se avesse fra le gambe la sua vecchia piccola Techno. Sono pazzi questi trialisti! Ed è proprio vero che il limite della difficoltà è puramente soggettivo!

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Siamo ancora scossi. E se fosse caduto? Certo si sarebbe fracassato. Il gioco duro, se gratuito, non mi piace proprio. Lo accetto solo se è indispensabile. “Il brivido ma non il rischio” recitava una campagna pubblicitaria della Honda di oltre trent’anni fa. Mi è rimasta dentro quest’idea, e la condividevo già da allora.

Dopo esserci fermati per rimettere insieme le idee e aver bevuto ad una delle innumerevoli fontanelle che abbiamo incontrato lungo questo percorso, ci avviamo con placida andatura lungo la carrareccia esposta al versante orientale della Fiumara del Tuccio.



(continua).
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Messaggio da alp » mer 06 feb, 2008 1:01 am

Arriviamo, finalmente, alla Fiumara del Tuccio. Più che affaticati fisicamente, siamo provati psicologicamente: l’attraversamento della frana con “panorama” su precipizio non è stato il massimo del rilassamento. La lunga discesa che ci conduce al guado della fiumara lo viviamo, simbolicamente, come un immergersi mistico verso le acque di Madre Natura. Tutti i guadi hanno una qualche magia nella loro semplicità. Ogni guado ha la sua particolarità. E l’immersione rappresenta metaforicamente una forma di sacramento battesimale in cui l’adepto compie un rituale tradizionale, con quel giusto rispetto e quel tanto di paura reverenziale verso una dimensione sconosciuta (quella della profondità dell’acqua?).

Ciascuno di noi affonda le proprie ruote secondo il proprio approccio. Ognuno col suo stile si immerge nelle fredde acque. Io che sono il primo ho sempre paura di andare giù davanti e allora mi tengo tutto indietro e, in prima, tengo il motore in tiro, nell’eventualità che, incontrando un masso o una buca, debba improvvisamente e decisamente dare gas. Gli altri, vedendomi passare tranquillo affrontano l’acqua con più semplicità e naturalezza. Igino la sfida dall’alto, non è un problema. Al si diverte e scodinzola come un cucciolo in festa. Ciccio affronta il cerimoniale con grande rispetto prevedendo eventuali rischi. Ognuno col suo stile, ognuno diverso.

Risaliamo dal letto della fiumara lungo l’argine destro verso Saguccio. Superiamo il borgo con le sue poche e povere case e raggiungiamo il crinale decidendo, poi di affrontare un difficile sterrato che segue il versante settentrionale lungo un ripido, ma veramente ripido, discesone. Domanda per voi tutti: discesa o salita? Si, insomma, preferite una ripida discesa a una ripida salita? Sarà per la mia esperienza di “ciaspolaio” ma le discese mi fanno più paura. Ho difficoltà a controllare la moto. E poi c’è l’eventualità che, dovendo tornare indietro potrei non riuscire a risalire. Viceversa la salita è, per me, più rassicurante: puoi sempre tornare indietro dove non ce la fai!

Bando alle ciance, si prosegue per raggiungere il più vicino rifornimento di benzina. Ormai il TM di Al è in riserva: bisogna correre ai ripari. Ci immettiamo sulla provinciale e, dopo qualche chilometro, incontriamo tre vecchi amici, sul bordo della strada, che stanno cominciando a scavare per ripiantare un abete che avevano usato in casa a Natale. Ma attecchirà? Due di loro sono dottori in Agraria (uno di loro è un ricercatore universitario, docente di Igino). Non sarebbe stato più pratico usare un alberello sintetico? Ma vuoi mettere l’odore di resina? Beh, effettivamente! Scambiamo quattro chiacchiere e ripartiamo. La fame comincia a farsi sentire. Inizio ad avere fantasie culinarie. No! Non sono immagini erotiche, ma semplici allucinazioni gustative ed olfattive: non desidero altro che una bella pentola di fagioli coi funghi, le patate e il peperoncino…

Come al solito il benzinaio è chiuso e siamo “costretti” a farci ospitare alla trattoria di Mimmo e mettere qualcosa sotto i denti. Entrando, una gradita sorpresa: tre cari amici coi quali abbiamo fatto escursioni in fuoristrada (coi quad) e per mare (vedi navigata alle Isole Egadi di quest’estate). Ci sediamo tutti insieme attaccando i tavoli e cominciamo coi bagordi. Menù: panini alla brace col capicollo e pecorino, fagiolata e taglioline al ragù di cinghiale. Un classico! Il tutto, ovviamente, bagnato dal solito rosso. E, non essendoci con noi Pino, stavolta non esageriamo col vino. Riusciamo ad alzarci da tavola in perfetta forma. Pronti ad affrontare ancora una ventina di chilometri di sterrato facile, prima di rientrare a casa. Ma una sorpresa ci attende!

(continua)
A presto e...
Buon motortrip,

alp

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