Sulle tracce di Edward Lear. Parte 2: andando oltre ...
Inviato: mar 27 dic, 2011 7:01 pm
Sulle tracce di Edward Lear
Parte 2: andando oltre nell’esplorazione
Introduzione
Dall’esperienza… s’impara! Per evitare l’errore della prima esplorazione stavolta abbiamo caricato i way-points su due GPS, quello di Pino e quello di Nino. A parte le aree ormai straconosciute, il punto cruciale di questo nostro giro odierno sarà l’esplorazione di una possibile via che partendo dalla Portella di Ficara ci porterà a destinazione da definire in base agli errori che commetteremo durante la navigazione. Di sicuro faremo un primo rifornimento a Melito Porto Salvo che ci permetterà di viaggiare senza l’ansia di rimanere a secco, come la volta scorsa. Eventualmente potremo rabboccare a Bianco o a Bovalino.
Il trasferimento di andata
Anche stamattina tempo brutto. Non piove ma il cielo è pieno di nuvoloni grigi molto scuri. D’altra parte siamo in inverno. L’appuntamento è alla stazione di servizio in superstrada e, molto probabilmente saremo tanti. Come al solito Pino ha inserito le foto dell’ultima uscita su Facebook per cui ha richiamato l’attenzione di un bel numero di enduristi in cerca d’avventura. Non è il massimo perché gli ospiti hanno sempre una gran voglia di smanettare e pretendono di camminare sempre su sterrati perfetti. Noi abbiamo ben altri scopi oggi.

Come volevasi dimostrare, il tam tam di Facebook ha attirato a noi una decina di enduristi duri e puri. Più gente arriva e più mi sento a disagio: cosa faranno quando capiranno che abbiamo intenzione di andare tanto a est fino a che la luce del giorno ce lo permetterà e rientrare al buio sulla statale jonica? Il numero cresce fino a dodici: tutte racing e c’è anche un quad.
Il programma di oggi prevede la correzione dell’errore commesso alla prima esplorazione. Stavolta speriamo di non sbagliare. Dovremmo superare la Fiumara La Verde e inerpicarci, seguendo le tracce del nostro artista inglese, verso Sant’Agata del Bianco, luogo dove ho trascorso buona parte dei fine settimana della mia infanzia a casa dei nonni materni. L’idea è quella di attraversare Casignana e tentare di raggiungere Natile e così via… tempo permettendo.

Cominciamo con l’organizzarci la prima meta: Condofuri Marina. Non ho intenzione di viaggiare solo sull’asfalto come la volta scorsa così mi aggrego al gruppo per viaggiare su sterrati. Dopo il primo chilometro mi avevano già seminato. Con me c’era solo Fabrizio, col suo HM250 e un’andatura simile alla mia.

Al primo bivio seguiamo le impronte degli pneumatici. Avanti così per qualche chilometro. Ampi panorami sul versante jonico dello stretto, tanto stretto che pare che le due coste sembrino più vicine di quello che sono realmente (effetto Fata Morgana).

Attraversiamo Motta San Giovanni dopo essere passati nella zona del Castello di S. Nocito. Recenti lavori di ristrutturazione hanno dato nuovo splendore all’antica fortezza eretta nell’anno 1000 e situata sulla cima di una montagnola appiattita che domina la costa jonica da Pellaro a Reggio. Dell’edificio se ne fa cenno nell’elenco dei beni posseduti dalla Diocesi di Reggio redatto intorno al 1050.

Immagino il nostro artista inglese passare anche lui in questa zona col fidato amico Proby, la guida Ciccio e l’asino carico. Anche loro avranno ammirato il panorama che si gode da queste alture. Ecco come ne parla lo scrittore.


“Stupirsi della semplicità” potrebbe rientrare a pieno titolo fra ciò che accomuna noi motortrippers di prima generazione. Le complicazioni tecnologiche non appassionano i nostri animi quanto l’ammirazione di un paesaggio selvaggio o un semplice bicchiere di vino bevuto in buona compagnia dopo un’escursione con le nostre dual. Altro che centralina a tre mappature! Della semplicità e dello stupirsi di essa ne sono piene le pagine del racconto del nostro scrittore inglese, come è evidente nella parte finale del frammento appena riportato, tratto dalle sue pagine.
Immaginare che un tipo come lui si sia avventurato in luoghi tanto selvaggi fa una certa impressione. Ecco un suo ritratto qualche anno dopo il viaggio nella provincia di Reggio. Più che un esploratore sembra un intellettuale un po’ pigro. Mai lasciarsi abbindolare dalle apparenze!

Qui di seguito, invece, la cartina della Calabria Ulteriore Prima (così si chiamava allora), regione appartenente al Regno di Napoli, col percorso compiuto dall’artista. Che fascino queste vecchie mappe, altro che Google Maps!

Ma torniamo al nostro giro. Per puro gusto estetico voglio passare dalla Chiesa di S. Vincenzo, lungo la fiumara omonima. Il tempo migliora in riva al mare, abbiamo pure qualche sprazzo di sole e i colori sono vivaci. Approfitto per una foto del tutto particolare, mentre un raggio di sole attraversa i rami lussureggianti di un albero e sullo sfondo, ovviamente, la easy.

E’ probabile che il nostro Edward sia pure passato di qui e magari sia anche entrato nel luogo sacro ai cattolici, incuriosito dalla antica costruzione che gli spagnoli hanno eretto nel 1733.


Dopo una mezz’ora capisco che la nostra andatura è troppo lenta rispetto alla loro e così decidiamo di prendere la scorciatoia che ci porta sull’asfalto e procediamo fino a Melito. Facciamo benzina e ci immettiamo sulla SS106 per raggiungere il gruppo al bivio per San Carlo.

Cominciamo a far sul serio
Arriviamo all’appuntamento che si sono fatte quasi le 10. Loro erano già lì da una ventina di minuti. Rocco freme al solo pensiero di poter correre col suo leggero Kappino 125 2T. Proseguiamo fino alla fiumara da cui saliremo per raggiungere Bova. Dal mare a quasi 1000 m. di altitudine in una ventina di minuti attraverso un sentiero che abbiamo percorso solo una volta ma di cui troviamo facilmente le tracce. Curve a gomito su un’ampia carreggiabile di facile percorribilità anche per grosse bicilindriche. L’inizio non è dei migliori. Vanno veloci, troppo! Potrebbero incontrare mezzi agricoli o camion che bloccano il passaggio. I rischi che corrono sono davvero enormi. Preferisco continuare alla mia solita andatura anche se mi dovranno aspettare.

Il nostro scrittore, oltre che essere dotto nella parola risulta molto capace anche nel disegno a matita. Ecco la sua raffigurazione della rocca di Bova, sovrastata dal castello nobiliare. Lì dove si vedono delle figure umane oggi passa l’unica strada asfaltata che porta in montagna. E’ questa che seguiremo dopo esserci congedati dai nostri amici che rientrano per pranzo. Siamo rimasti in sette. Una decina di chilometri di asfalto ci permettono di percorrere gli ultimi 300m. di dislivello in salita.

La nuova esplorazione

Prima di arrivare alla sorgente di Furci imbocchiamo la carraia di destra che attraversando Portella di Ficara ci conduce a Monte Scapparone. Nuvoloni bassi ci impediscono di godere del panorama ma ci permettono anche di non bagnarci. Non vedo l’ora di ripercorrere in futuro questa zona per poter godere di una vista che sarà sicuramente mozzafiato.

Viaggio sull’ampia carreggiabile ad andatura turistica. Mi godo il panorama a stretto raggio: alberi di pino, faggi, lecci e castagni con contorno di mucche allo stato brado che pascolano indisturbate del nostro passaggio. La nebbia si confonde alle nuvole basse e noi ci troviamo ora al di sopra, ora dentro il fitto grigio del vapore acqueo in sospensione. Nino, il nostro ingegnere elettronico, esperto in GPS, fa strada avanzando con passo sostenuto col suo Kappone 450.

La carovana adesso viaggia ordinata. Io sempre per ultimo, loro tirano come se fossero in “prova speciale”. Incrocio pastori coi loro greggi che mi salutano affabilmente. I cacciatori non mancano… e nemmeno i loro cani che frequentemente mi inseguono per centinaia di metri minacciando le mie caviglie.

Un vero peccato che arrivati in cima non abbiamo potuto vedere se non ad una trentina di metri. Cominciamo così la discesa da Monte Scapparone puntando a sud, in direzione della Caserma Forte. La carreggiabile è sempre facile nonostante qualche tornante in contropendenza. Il traffico veicolare è praticamente inesistente.

Presi dalla foga, i primi del gruppo procedono velocemente sbagliando un incrocio. Domenico è strafelice sul suo nuovo KTM. Sente la bella differenza rispetto al vecchio DR 650. Anziché imboccare il sentiero per Contrada Politi continuano a scendere fino alla Contrada Scete e ci ritroviamo dopo qualche chilometro, in località Portusa.

Quando il gruppo si ricompatta si discute di tornare indietro o continuare e, visto che ormai all’orizzonte apparivano squarci di fiumara, si è deciso di procedere continuando sulla strada cementata.

…continua…
Parte 2: andando oltre nell’esplorazione
Introduzione
Dall’esperienza… s’impara! Per evitare l’errore della prima esplorazione stavolta abbiamo caricato i way-points su due GPS, quello di Pino e quello di Nino. A parte le aree ormai straconosciute, il punto cruciale di questo nostro giro odierno sarà l’esplorazione di una possibile via che partendo dalla Portella di Ficara ci porterà a destinazione da definire in base agli errori che commetteremo durante la navigazione. Di sicuro faremo un primo rifornimento a Melito Porto Salvo che ci permetterà di viaggiare senza l’ansia di rimanere a secco, come la volta scorsa. Eventualmente potremo rabboccare a Bianco o a Bovalino.
Il trasferimento di andata
Anche stamattina tempo brutto. Non piove ma il cielo è pieno di nuvoloni grigi molto scuri. D’altra parte siamo in inverno. L’appuntamento è alla stazione di servizio in superstrada e, molto probabilmente saremo tanti. Come al solito Pino ha inserito le foto dell’ultima uscita su Facebook per cui ha richiamato l’attenzione di un bel numero di enduristi in cerca d’avventura. Non è il massimo perché gli ospiti hanno sempre una gran voglia di smanettare e pretendono di camminare sempre su sterrati perfetti. Noi abbiamo ben altri scopi oggi.

Come volevasi dimostrare, il tam tam di Facebook ha attirato a noi una decina di enduristi duri e puri. Più gente arriva e più mi sento a disagio: cosa faranno quando capiranno che abbiamo intenzione di andare tanto a est fino a che la luce del giorno ce lo permetterà e rientrare al buio sulla statale jonica? Il numero cresce fino a dodici: tutte racing e c’è anche un quad.
Il programma di oggi prevede la correzione dell’errore commesso alla prima esplorazione. Stavolta speriamo di non sbagliare. Dovremmo superare la Fiumara La Verde e inerpicarci, seguendo le tracce del nostro artista inglese, verso Sant’Agata del Bianco, luogo dove ho trascorso buona parte dei fine settimana della mia infanzia a casa dei nonni materni. L’idea è quella di attraversare Casignana e tentare di raggiungere Natile e così via… tempo permettendo.

Cominciamo con l’organizzarci la prima meta: Condofuri Marina. Non ho intenzione di viaggiare solo sull’asfalto come la volta scorsa così mi aggrego al gruppo per viaggiare su sterrati. Dopo il primo chilometro mi avevano già seminato. Con me c’era solo Fabrizio, col suo HM250 e un’andatura simile alla mia.

Al primo bivio seguiamo le impronte degli pneumatici. Avanti così per qualche chilometro. Ampi panorami sul versante jonico dello stretto, tanto stretto che pare che le due coste sembrino più vicine di quello che sono realmente (effetto Fata Morgana).

Attraversiamo Motta San Giovanni dopo essere passati nella zona del Castello di S. Nocito. Recenti lavori di ristrutturazione hanno dato nuovo splendore all’antica fortezza eretta nell’anno 1000 e situata sulla cima di una montagnola appiattita che domina la costa jonica da Pellaro a Reggio. Dell’edificio se ne fa cenno nell’elenco dei beni posseduti dalla Diocesi di Reggio redatto intorno al 1050.

Immagino il nostro artista inglese passare anche lui in questa zona col fidato amico Proby, la guida Ciccio e l’asino carico. Anche loro avranno ammirato il panorama che si gode da queste alture. Ecco come ne parla lo scrittore.


“Stupirsi della semplicità” potrebbe rientrare a pieno titolo fra ciò che accomuna noi motortrippers di prima generazione. Le complicazioni tecnologiche non appassionano i nostri animi quanto l’ammirazione di un paesaggio selvaggio o un semplice bicchiere di vino bevuto in buona compagnia dopo un’escursione con le nostre dual. Altro che centralina a tre mappature! Della semplicità e dello stupirsi di essa ne sono piene le pagine del racconto del nostro scrittore inglese, come è evidente nella parte finale del frammento appena riportato, tratto dalle sue pagine.
Immaginare che un tipo come lui si sia avventurato in luoghi tanto selvaggi fa una certa impressione. Ecco un suo ritratto qualche anno dopo il viaggio nella provincia di Reggio. Più che un esploratore sembra un intellettuale un po’ pigro. Mai lasciarsi abbindolare dalle apparenze!

Qui di seguito, invece, la cartina della Calabria Ulteriore Prima (così si chiamava allora), regione appartenente al Regno di Napoli, col percorso compiuto dall’artista. Che fascino queste vecchie mappe, altro che Google Maps!

Ma torniamo al nostro giro. Per puro gusto estetico voglio passare dalla Chiesa di S. Vincenzo, lungo la fiumara omonima. Il tempo migliora in riva al mare, abbiamo pure qualche sprazzo di sole e i colori sono vivaci. Approfitto per una foto del tutto particolare, mentre un raggio di sole attraversa i rami lussureggianti di un albero e sullo sfondo, ovviamente, la easy.

E’ probabile che il nostro Edward sia pure passato di qui e magari sia anche entrato nel luogo sacro ai cattolici, incuriosito dalla antica costruzione che gli spagnoli hanno eretto nel 1733.


Dopo una mezz’ora capisco che la nostra andatura è troppo lenta rispetto alla loro e così decidiamo di prendere la scorciatoia che ci porta sull’asfalto e procediamo fino a Melito. Facciamo benzina e ci immettiamo sulla SS106 per raggiungere il gruppo al bivio per San Carlo.

Cominciamo a far sul serio
Arriviamo all’appuntamento che si sono fatte quasi le 10. Loro erano già lì da una ventina di minuti. Rocco freme al solo pensiero di poter correre col suo leggero Kappino 125 2T. Proseguiamo fino alla fiumara da cui saliremo per raggiungere Bova. Dal mare a quasi 1000 m. di altitudine in una ventina di minuti attraverso un sentiero che abbiamo percorso solo una volta ma di cui troviamo facilmente le tracce. Curve a gomito su un’ampia carreggiabile di facile percorribilità anche per grosse bicilindriche. L’inizio non è dei migliori. Vanno veloci, troppo! Potrebbero incontrare mezzi agricoli o camion che bloccano il passaggio. I rischi che corrono sono davvero enormi. Preferisco continuare alla mia solita andatura anche se mi dovranno aspettare.

Il nostro scrittore, oltre che essere dotto nella parola risulta molto capace anche nel disegno a matita. Ecco la sua raffigurazione della rocca di Bova, sovrastata dal castello nobiliare. Lì dove si vedono delle figure umane oggi passa l’unica strada asfaltata che porta in montagna. E’ questa che seguiremo dopo esserci congedati dai nostri amici che rientrano per pranzo. Siamo rimasti in sette. Una decina di chilometri di asfalto ci permettono di percorrere gli ultimi 300m. di dislivello in salita.

La nuova esplorazione

Prima di arrivare alla sorgente di Furci imbocchiamo la carraia di destra che attraversando Portella di Ficara ci conduce a Monte Scapparone. Nuvoloni bassi ci impediscono di godere del panorama ma ci permettono anche di non bagnarci. Non vedo l’ora di ripercorrere in futuro questa zona per poter godere di una vista che sarà sicuramente mozzafiato.

Viaggio sull’ampia carreggiabile ad andatura turistica. Mi godo il panorama a stretto raggio: alberi di pino, faggi, lecci e castagni con contorno di mucche allo stato brado che pascolano indisturbate del nostro passaggio. La nebbia si confonde alle nuvole basse e noi ci troviamo ora al di sopra, ora dentro il fitto grigio del vapore acqueo in sospensione. Nino, il nostro ingegnere elettronico, esperto in GPS, fa strada avanzando con passo sostenuto col suo Kappone 450.

La carovana adesso viaggia ordinata. Io sempre per ultimo, loro tirano come se fossero in “prova speciale”. Incrocio pastori coi loro greggi che mi salutano affabilmente. I cacciatori non mancano… e nemmeno i loro cani che frequentemente mi inseguono per centinaia di metri minacciando le mie caviglie.

Un vero peccato che arrivati in cima non abbiamo potuto vedere se non ad una trentina di metri. Cominciamo così la discesa da Monte Scapparone puntando a sud, in direzione della Caserma Forte. La carreggiabile è sempre facile nonostante qualche tornante in contropendenza. Il traffico veicolare è praticamente inesistente.

Presi dalla foga, i primi del gruppo procedono velocemente sbagliando un incrocio. Domenico è strafelice sul suo nuovo KTM. Sente la bella differenza rispetto al vecchio DR 650. Anziché imboccare il sentiero per Contrada Politi continuano a scendere fino alla Contrada Scete e ci ritroviamo dopo qualche chilometro, in località Portusa.

Quando il gruppo si ricompatta si discute di tornare indietro o continuare e, visto che ormai all’orizzonte apparivano squarci di fiumara, si è deciso di procedere continuando sulla strada cementata.

…continua…