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A passeggio con l'elefante

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alp
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A passeggio con l'elefante

Messaggio da alp » lun 19 gen, 2015 10:04 pm

A PASSEGGIO CON L'ELEFANTE




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Il Prima

A metà dicembre, dalle mie parti, la neve è solo un ricordo della passata stagione invernale. Di solito non compare ancora su in montagna. Affrontiamo il week-end con la voglia di uscire in moto. Telefono a Pino e a distanza di pochi minuti organizziamo il tutto.
Il mio “socio” ha appena venduto il suo KTM 450 ultima generazione per prendere un grosso BMW. La motivazione è semplice: andare in moto con la sua compagna (e mi sembra più che giusto!). Il nostro amico non ha ancora provato la moto nuova. Gli ultimi acquisti li avevamo sempre “battezzati” insieme... e così si decide di uscire per una escursione soft, visto che il BMW pesa più di 200 kg. (mi vergono di dire esattamente quanto... ma è davvero tanto!).
L’idea era quella di passeggiare su strade asfaltate che si arrampicano in montagna, consapevoli che oltre i 1700 metri avremmo incontrato un po’ di neve. L’idea era anche quella di raggiungere uno dei luoghi più suggestivi della nostra zona, in un giro di oltre 150 km.

La leggenda di Pietra Cappa

Una delle tante leggende locali narra che Cristo e gli apostoli si trovarono a passare per una contrada ai piedi dell'Aspromonte, e siccome avevano fame, cercarono qualcosa da mangiare ma non trovarono nulla.
Cristo disse: «Faremo un po' di penitenza. Ognuno prenda una pietra e incamminiamoci verso la montagna». Così gli apostoli si caricarono tutti d'una pietra abbastanza gravosa; solo san Pietro, che ogni tanto faceva il furbo, raccolse un ciottolo. Dopo qualche ora di faticoso arrancare, Cristo disse che era ora di riposarsi e, facendo il segno della croce, trasformò in pane le pietre trasportate dagli apostoli per penitenza.
San Pietro si ritrovò fra le mani un tocco di pane bastante solo per un boccone; ma fece finta di nulla e pensò fra sé: «La prossima volta mi gravo d'un macigno». Cristo gli lesse nel pensiero e volle dargli una lezione. Al momento di riprendere il cammino, invitò di nuovo gli apostoli a fare penitenza caricandosi d'un'altra pietra. San Pietro scelse la più grossa che trovò nei paraggi e se la caricò sulle spalle. Arrivati in alta montagna, ad una radura ai margini d'un bosco, Cristo fece segno di fermarsi.
Con un sospiro di sollievo san Pietro si liberò del macigno e attese il miracolo del Signore, che, invece, si limitò a fissarlo con un sorrisetto. Dopo un po' san Pietro non ce la fece più a trattenersi e sbuffò: «Io la pietra l'ho portata». «Ora ti ci siedi sopra e ti riposi.» gli ribatté Cristo. Cosi, d'istinto, la prima reazione del santo fu di rabbia, poi capì d'avere sbagliato e pieno di vergogna disse: «Maestro, avete fatto bene a punirmi e, perciò, vi chiedo una grazia; vorrei che a ricordo eterno della mia malizia questo masso rimanesse per sempre qui dove ora è».
Cristo acconsentì. San Pietro sfiorò appena il masso e questo, lievitando come un immenso pane, si gonfiò e si fece così grande da ricoprire un buon ettaro di terreno, ciclopico monumento al principio secondo cui la malizia è farina del diavolo.
Passò del tempo, Cristo fu arrestato e condotto davanti a Kaifas, il gran sacerdote, che gli chiese: «Sei tu il vero figlio di Dio?», E Cristo: «Tu l'hai detto!». Un sergente della guardia, ritenendo quella risposta irriguardosa, s'avvicinò al Signore e lo schiaffeggiò. San Pietro, presente all'interrogatorio, fremette di rabbia e si legò il gesto sacrilego al dito.
Molto tempo passò da allora e davanti a san Pietro, nel frattempo diventato custode del Paradiso, finì per presentarsi il sergente, che, alla precisa accusa del santo, si confessò pentito dello schiaffo. Ma non ci fu verso: san Pietro lo agguantò per un orecchio, in volo lo trascinò sull'Aspromonte, toccò l'enorme macigno spalancando una fessura su un lato scavato nella roccia, vi cacciò dentro i sergente e disse: «Fino al giorno del giudizio correrai avanti e indietro in questo stanzone dando schiaffi alle pareti, così ti ricorderai per sempre di quello dato al Signore». Chiuse la porta di pietra e ritornò in cielo.
Da allora il malvagio sergente corre su e giù per lo stanzone roccioso e schiaffeggia violentemente le pareti urlando di dolore, come può testimoniare chiunque, in un giorno di vento, si trovi a passare nelle vicinanze di Pietra Cappa - così è chiamato il macigno - e dal suo interno sente distintamente levarsi forti schiocchi accompagnati da grida cupe, lancinanti.

A parte la leggenda, per noi motoescursionisti reggini, Pietra Cappa è un mito, specie per i possessori di KTM che la chiamano Pietra K. Arrivarci in moto è un piacere. Da Reggio si sale verso Montalto e poi si va giù per la valle attraverso carreggiabili tenute bene dalla Forestale e dalla gente del posto.
Con Pino preventiviamo di attraversare solo due carreggiabili adatte anche ad auto prive di trazione integrale, la Gesumino-Carmelia (a monte di Delianuova) e la sterrata di cinque-sei chilometri che conduce fino alla famosa pietra.

Il giro

Partenza in orario decente. Non ci vedevamo da alcuni mesi. Ammiro la motona di Pino, in confronto la mia easy sembra una bici. Mi racconta i particolari dell’acquisto e il suo entusiasmo emerge continuamente nel seguire le varie tappe: l’idea iniziale, le perplessità, la vendità del K e i giri fra i concessionari in cerca della moto nuova fra Calabria e Sicilia, poi l’occasione tramite una inserzione via internet, la prova e l’acquisto.
Ci arrampichiamo fino a Gambarie d’Aspromonte dalla provinciale che sale da Terreti e a Santa Domenica deviamo su una tortuosa comunale ripidissima ma sempre asfaltata. L’ultimo tratto si innesta sulla Bagaladi-Gambarie. Ci fermiamo per fare qualche foto.

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Da qui arriviamo a Gambarie viaggiando a quota 1300. L’aria è frizzante ma piacevole, la giornata piena di sole. Riempiamo d’acqua le nostre bottigliette di plastica e prendiamo un caffè scambiando due chiacchiere col nostro Fabio, proprietario di un grosso hotel-ristorante in centro, appassionato di MTB che ci aggiorna sulle condizioni delle strade in quota (aveva fatto un giro in Jeep la settimana precedente).
Proseguiamo verso Gesumino su una strada che la pioggia dei giorni scorsi ha sporcato di terra, scivolata dai margini poco curati. Arriviamo ben presto a inserirci sulla stradina che inizia con una lingua d’asfalto, diventa uno sterrato facile e si conclude a Carmelia con una vecchia lingua di bitume rattoppato.

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Pensavamo di fare uno spuntino al “Cavallino” un locale molto rustico in legno che di solito è per noi un punto d’appoggio tradizionale. Avevo già attraversato questa zona la settimana precedente, in una escursione con “amici di trekking” e avevo constatato che era chiuso. Per questo avevo avvisato il mio compagno di viaggio di portarsi dietro anche lui la colazione. Ci fermiamo, quindi, ai margini della piazzuola antistante la Chiesa e consumiamo il nostro frugale spuntino prima di riprendere il cammino.
Dissetati solo d’acqua, riprendiamo il cammino su una strada asfaltata che il mio compagno non aveva mai percorso. Arriviamo a Serro Cropanelli e non riesco a non fermarmi ad ammirare il panorama, fra i più entusiasmanti del versante jonico. Anche Pino è affascinato dal paesaggio.

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Serro Carrà non è da meno. Pensare che la prima volta che avevo percorso questa strada era tutta sterrata. C’erano con me Peppe (che ha ormai lasciato la moto per la MTB) e Giò (anche lui ha sostituito la sua fiammante HM 125 per darsi alla guida di aerei commerciali).
Erano tempi di esplorazione: si andava in giro per queste montagne brulle con una voglia matta di scoprirne i segreti. A distanza di undici anni queste strade, queste carreggiabili sterrate, hanno visto passare di settimana in settimana le nostre sporche moto in cerca del sentiero più diretto (e quindi ripido) per tagliare una valle o sfidare un crinale.
Oggi questi monti non hanno più segreti per noi: da una ventina d’anni ci passo a piedi, in MTB, con le ciaspole, con gli sci da escursionismo o in jeep, non è rimasto molto da esplorare ma rimane sempre lo stupore, girata la curva, a vedere il sole fra le nuvole dietro Monte Scapparone o la neve fresca nella Valle Infernale.
Continuiamo a scendere sulla strada asfaltata che arriva sulla costa jonica. Devieremo ad una decina di chilometri dal mare per infilarci nel budello sterrato che ci porterà alla fatidica Pietra Cappa.

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Pietra Cappa è stata avvistata. Non ci resta che avvicinarci alla imponente mole. Un po’ timorosi affrontiamo la carreggiabile che, anche se ampia e in pianura, non è l’ideale per la panciuta compagna di viaggio della mia esile easy.
Infatti, percorso neanche un chilometro urlo a Pino di fermarci e tornare indietro: le condizioni della strada non sono tali da essere praticate senza “angoscia da caduta” da parte di Pino: perché soffrire? Capisco che è in apprensione al pensiero che possa appoggiarsi su un lato e spaccare qualche costosissimo pezzo del suo BMW.

Il Ritorno

Dai, torniamo indietro! Non dobbiamo dimostrare niente a nessuno!
Quest’ultima frase me la sono ripetuta spesso nelle mie escursioni. Sia che si tratti di sciare che di passeggiare a piedi su quattro o su due ruote, la prudenza ha da sempre caratterizzato il mio modo di viaggiare per monti. E questo ha sicuramente rassicurato i miei compagni d’avventura: è bastato uno sguardo per intuire che già da qualche minuto Pino era in sofferenza. Il mio segnale, chiaro e deciso, è bastato a non pensarci un attimo e girare, non senza grosse difficoltà, il suo pachiderma e riprendere il cammino del ritorno.
A questo punto l’avventura sembrerebbe conclusa sennonché, sulla via del rientro lo spirito d’avventura di Pino riemerge incontrollabile suggerendomi una strada alternativa a quella fatta all’andata. Nessun problema! Anche a me non piace trotterellare avanti e indietro. L’unica perplessità, la probabilità di incontrare neve!
Presto detto! A poche decine di chilometri ecco l’agguato comparire dietro un curvone: la neve!

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Non immaginavo che l’avremmo incontrata così in basso! L’elefante sbanda e Pino è bravissimo a tenerlo in piedi. Ma la fiducia nelle doti fuoristradistiche del BMW continua a scendere. Lascio la mia moto sul bordo della strada per aiutare Pino nell’equilibrare la sua che continua a slittare irrimediabilmente. Siamo fermi e il posteriore non ne vuole sapere di aderire. La gomma non ha tasselli e ci tocca spingere di forza. Niente, neanche così!
Prendo dei rametti che sono sotto gli alberi ai bordi della strada e li piazzo davanti alla ruota posteriore curandomi di sistemarmi di lato per evitare colpi. Funziona! E tre e quattro e cinque volte bastano per avviare il bisonte. Ormai la strada è in piano e pare che Pino se la cavi. Ormai manca poco all’incrocio con la strada principale e lì sicuramente troveremo la carreggiata spalata. Procediamo speranzosi!

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Ma la sorte stavolta è avversa! Dopo l’incrocio gli spalaneve non sono passati e ci tocca affrontare una salita ripida, troppo ripida per il BMW. Vado in avanscoperta e mi bastano poche centinaia di metri per capire che non è il caso di continuare. Il grosso elefante rischierebbe di rompersi. Torno da Pino e gli faccio segno di fare dietrofront. È andata così stavolta!
Procediamo lentamente coscienti che, a questo punto, ci siamo rilassati. La deconcentrazione è il peggior nemico per la guida. A mano a mano che perdiamo quota la temperatura sale di pari passo col nostro morale. Pino torna allegro quando avvistiamo la sterrata di Carmelia che ci porterà nuovamente sulla strada asfaltata che conduce a Gambarie.
Ormai tranquilli, affrontiamo le curve ammirando il paesaggio. Il sole è basso a occidente. Sta per tramontare! L’ultima sosta per l’ultima foto di questa memorabile giornata con un grande amico, compagno di innumerevoli avventure in moto. Anche questa è stata una bella giornata all’aria aperta.

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Torniamo a casa distesi e sereni. Abbiamo superato piccoli grandi ostacoli grazie all’esperienza e con non poco sforzo fisico. Ora ci tocca una doccia calda e una cena coi fiocchi. A casa mi aspetta un bel piatto di farro e fagioli. Chiederò il bis. L’appetito non manca mai dopo avventure del genere. E non manca mai a tavola neanche un bel bicchiere di vino locale, un rosso di Palizzi... con cui brindo alla salute di tutti noi motortrippers!

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Ultima modifica di alp il gio 01 gen, 1970 1:00 am, modificato 1 volta in totale.
A presto e...
Buon motortrip,

alp

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Loredana
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A passeggio con l'elefante

Messaggio da Loredana » mar 20 gen, 2015 11:11 am

Bellissimo racconto! :clap:
Loredana

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Misso
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A passeggio con l'elefante

Messaggio da Misso » mar 20 gen, 2015 11:35 am

Bello si, ...ma le foto sono un po' piccole...! :notme: :snook:

husqvarna100
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A passeggio con l'elefante

Messaggio da husqvarna100 » mer 21 gen, 2015 3:32 pm

Lino--capisco gli anni e il tuo impegno di nonno ma "forse" ti sei dimenticato
le foto.
Bello il racconto--ciao.
Claudio.

alp
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A passeggio con l'elefante

Messaggio da alp » ven 23 gen, 2015 12:35 am

Finalmente son riuscito a trovare la password per inserire le foto.
A presto e...
Buon motortrip,

alp

husqvarna100
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A passeggio con l'elefante

Messaggio da husqvarna100 » sab 24 gen, 2015 12:19 am

Bellissima la Pietra Cappa ed il tramonto con il Vulcano ed il suo pennacchio.

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max37
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A passeggio con l'elefante

Messaggio da max37 » dom 25 gen, 2015 3:11 am

la pietra k è davvero spettacolare
Max37

http://www.tecnicamotori.it/

La cosa più deliziosa non è non avere nulla da fare. E' avere qualcosa da fare e non farla.

Oggi non faccio niente perchè ieri non ho fatto niente ma non avevo finito.

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