uno strano week-end
Inviato: dom 03 feb, 2013 5:41 pm
Cose che capitano quando hai la fortuna di possedere, meglio di avere in affidamento finché ci sarà concesso vivere, una MULTIUSO.
Sabato (ieri per lo scrivente)
Mi sveglio, guardo subito fuori: piove. Piove molto, d’altronde le previsioni del giorno prima non lasciavano spazio alla fantasia però quante volte sono state sbugiardate dai fatti? Non ieri. Niente giro-in-giro. Preparo la borsa per andare in piscina e mi presento al mio bar un po’ più tardi del solito per fare colazione, non ho fretta. Giusto a fianco c’è la bottega di Paolo, il mio amico fotografo al quale sabato scorso lasciai un paio di foto per un ritocco (Umberto, sono per te a breve te le manderò però te mandami le pedane passeggero che la mia signora – il cui unico difetto, mi ripeto, sono io – vuole assolutamente essere portata a fare un giretto…). Prima di andare a prendere il cappuccino gli chiedo se aveva avuto tempo di farmi i piccoli ritocchi. Con lui c’è un ragazzo che vedo spesso al bar o nei dintorni sebbene non lo conosca calorosamente mi saluta – per la prima volta! – e mi chiede “scusa come hai detto che si chiama la marca della tua moto? Ti ho visto qualche settimana fa e poi non ti ho più incrociato”. In piscina ci sono arrivato una buona mezz’ora dopo il previsto ma è praticamente impossibile raccontare la motoretta in meno tempo. Lo lascio in compagnia di un fogliettino sul quale si appunta bello grosso "Borile - Multiuso - Motortrip".
Domenica (oggi per lo scrivente)
Mi sveglio al solito presto, guardo fuori: una giornata da sogno! Cielo tersissimo, luci meravigliose. Le alpi sono ancora azzurrate e mentre sono incantato alla finestra a rimirale come spesso mi accade, la cima del Rosa comincia ad essere lambita dai primi raggi di sole e mi godo il passaggio dall’azzurro al rosa dei primi istanti di luce diretta. Uno spettacolo nello spettacolo che rende ancora più amaro il dover andare a lavorare senza potermi godere la giornata da incanto. Sono passate da poco le sette, posso permettermi di arrivare al lavoro verso le undici. Lei è in garage, ne sento il richiamo e non provo nemmeno a resisterle. Pettorina (ufo ultralight, un capolavoro!), calza maglia, protezioni per le ginocchia, pantaloni, capilene, wind-stopper e giacca anti vento e sono in sella. Almeno per due ore e mezza potrò assaporare la sensazione di essere un uomo libero. Per mia fortuna la campagna dista davvero una manciata di chilometri da casa, certo non ci sono grandi rampe o dislivelli ma con fantasia e grazie alle doti della motorettaa tutto l’insieme padano diventa anch’esso un enorme sala giochi. Unico neo una temperatura ancora particolarmente frizzante e un vento teso, il cui merito è quello di rendere le alpi in apparenza vicinissime chiedendo in cambio una certa resistenza al fresco del primo mattino. Sterrato, qualche tratto di single, un po’ di lato fiume di paese in paese. Verso le otto e mezza sento il bisogno di un caffè e di scaldare un po’ le ossa in qualche circolino del Piemonte orientale. Ho sempre amato i circolini di paese, molto più “veri” di un qualsiasi bar (oltrettutto non hanno le slot machine, odio le slot machine) e di solito sono molto meglio frequentati almeno per i miei gusti. Il tempo di spegnere la motoretta che subito un tizio mi chiede “ma dov’è il serbatoio?”. In altri tempi, con la moto da enduro lo stesso personaggio probabilmente non m’avrebbe nemmeno rivolto la parola, al limite un’occhiataccia alludendo “se ti becco sulle mie terre ti sparo pallettoni di sale grosso nel culo” (cosa successami davvero da sbarbatello quando avevo il vizio di tagliare per un campo con il trattore – credetemi fa un male boia!). Gli racconto i tratti salienti della motoretta e vedo nei suoi occhi una luce incantata come quella che avrebbe potuto avere se fosse stato a casa mia un’oretta prima a godersi i colori del Monte Rosa al risveglio. Entro in sua compagnia e lui presenta la motoretta agli altri presenti al circolino. Bevo il caffè e girandomi noto che il locale si era svuotato: praticamente erano tutti fuori a guardare la MULTIUSO. “Fa mille duecento chilometri con il pieno” dice il mio primo interlocutore agli altri. Gli rispondono “con quel serbatoio ci staresti anche te” – il tizio supera abbondantemente il quintale. “guarda che marmitta”, “è fatta dello stesso alluminio usato per andare sulla luna”, “c’ha la faccia di una che se vuoi ci va sulla luna”: queste le loro frasi. A me non è restato che correggere le piccole esagerazioni e far sentire loro il suono da accesa. Niente da fare, altro caffè offerto da loro e il lascia passare sine die dalle loro parti “non farti però vedere con quelli smarmittati sennò son pallettoni di sale grosso per tutti”.
Che dirvi, forse non si cucca (anzi se Umberto non mi manda le pedane passeggero potrei anche tornare mio malgrado single…) ma certo una MULTIUSO irradia fascino come nessun altra motoretta.
PS
Spero di non aver fatto grossi errori di sintassi e/o di logica nello scrivervi ma l’ho fatto tra un cliente e un altro.
Sabato (ieri per lo scrivente)
Mi sveglio, guardo subito fuori: piove. Piove molto, d’altronde le previsioni del giorno prima non lasciavano spazio alla fantasia però quante volte sono state sbugiardate dai fatti? Non ieri. Niente giro-in-giro. Preparo la borsa per andare in piscina e mi presento al mio bar un po’ più tardi del solito per fare colazione, non ho fretta. Giusto a fianco c’è la bottega di Paolo, il mio amico fotografo al quale sabato scorso lasciai un paio di foto per un ritocco (Umberto, sono per te a breve te le manderò però te mandami le pedane passeggero che la mia signora – il cui unico difetto, mi ripeto, sono io – vuole assolutamente essere portata a fare un giretto…). Prima di andare a prendere il cappuccino gli chiedo se aveva avuto tempo di farmi i piccoli ritocchi. Con lui c’è un ragazzo che vedo spesso al bar o nei dintorni sebbene non lo conosca calorosamente mi saluta – per la prima volta! – e mi chiede “scusa come hai detto che si chiama la marca della tua moto? Ti ho visto qualche settimana fa e poi non ti ho più incrociato”. In piscina ci sono arrivato una buona mezz’ora dopo il previsto ma è praticamente impossibile raccontare la motoretta in meno tempo. Lo lascio in compagnia di un fogliettino sul quale si appunta bello grosso "Borile - Multiuso - Motortrip".
Domenica (oggi per lo scrivente)
Mi sveglio al solito presto, guardo fuori: una giornata da sogno! Cielo tersissimo, luci meravigliose. Le alpi sono ancora azzurrate e mentre sono incantato alla finestra a rimirale come spesso mi accade, la cima del Rosa comincia ad essere lambita dai primi raggi di sole e mi godo il passaggio dall’azzurro al rosa dei primi istanti di luce diretta. Uno spettacolo nello spettacolo che rende ancora più amaro il dover andare a lavorare senza potermi godere la giornata da incanto. Sono passate da poco le sette, posso permettermi di arrivare al lavoro verso le undici. Lei è in garage, ne sento il richiamo e non provo nemmeno a resisterle. Pettorina (ufo ultralight, un capolavoro!), calza maglia, protezioni per le ginocchia, pantaloni, capilene, wind-stopper e giacca anti vento e sono in sella. Almeno per due ore e mezza potrò assaporare la sensazione di essere un uomo libero. Per mia fortuna la campagna dista davvero una manciata di chilometri da casa, certo non ci sono grandi rampe o dislivelli ma con fantasia e grazie alle doti della motorettaa tutto l’insieme padano diventa anch’esso un enorme sala giochi. Unico neo una temperatura ancora particolarmente frizzante e un vento teso, il cui merito è quello di rendere le alpi in apparenza vicinissime chiedendo in cambio una certa resistenza al fresco del primo mattino. Sterrato, qualche tratto di single, un po’ di lato fiume di paese in paese. Verso le otto e mezza sento il bisogno di un caffè e di scaldare un po’ le ossa in qualche circolino del Piemonte orientale. Ho sempre amato i circolini di paese, molto più “veri” di un qualsiasi bar (oltrettutto non hanno le slot machine, odio le slot machine) e di solito sono molto meglio frequentati almeno per i miei gusti. Il tempo di spegnere la motoretta che subito un tizio mi chiede “ma dov’è il serbatoio?”. In altri tempi, con la moto da enduro lo stesso personaggio probabilmente non m’avrebbe nemmeno rivolto la parola, al limite un’occhiataccia alludendo “se ti becco sulle mie terre ti sparo pallettoni di sale grosso nel culo” (cosa successami davvero da sbarbatello quando avevo il vizio di tagliare per un campo con il trattore – credetemi fa un male boia!). Gli racconto i tratti salienti della motoretta e vedo nei suoi occhi una luce incantata come quella che avrebbe potuto avere se fosse stato a casa mia un’oretta prima a godersi i colori del Monte Rosa al risveglio. Entro in sua compagnia e lui presenta la motoretta agli altri presenti al circolino. Bevo il caffè e girandomi noto che il locale si era svuotato: praticamente erano tutti fuori a guardare la MULTIUSO. “Fa mille duecento chilometri con il pieno” dice il mio primo interlocutore agli altri. Gli rispondono “con quel serbatoio ci staresti anche te” – il tizio supera abbondantemente il quintale. “guarda che marmitta”, “è fatta dello stesso alluminio usato per andare sulla luna”, “c’ha la faccia di una che se vuoi ci va sulla luna”: queste le loro frasi. A me non è restato che correggere le piccole esagerazioni e far sentire loro il suono da accesa. Niente da fare, altro caffè offerto da loro e il lascia passare sine die dalle loro parti “non farti però vedere con quelli smarmittati sennò son pallettoni di sale grosso per tutti”.
Che dirvi, forse non si cucca (anzi se Umberto non mi manda le pedane passeggero potrei anche tornare mio malgrado single…) ma certo una MULTIUSO irradia fascino come nessun altra motoretta.
PS
Spero di non aver fatto grossi errori di sintassi e/o di logica nello scrivervi ma l’ho fatto tra un cliente e un altro.