APRILIA 550
Inviato: lun 01 giu, 2009 8:59 pm
APRILIA 550
Un tranquillo professore di mezz’età, piuttosto mingherlino e con una leggera adipe addominale, si avvicina ad ammirare il mostro: l’Aprilia 550. Subito, il giovane rappresentante ci tiene a far capire le caratteristiche del mezzo, facendo molta attenzione a non offendere l’anziano. Una cavalleria da spavento: 70 hp su una moto di un quintale. L’espressione stupefatta del signore diventa ancora più accesa ascoltando i commenti di guida di Jarno, un espertissimo endurista, già abituato al suo TM 300, che racconta le sue impressioni di guida in mezzo ad un gruppo di attenti appassionati.
Il prof, sentendo lo speeker annunciare che sono aperte le iscrizioni per provare le moto, accenna col dito indice (proprio come si fa a scuola quando si vuole chiedere di uscire per andare in bagno) per attirare l’attenzione del rappresentante il quale continua a chiacchierare con la bellissima miss che gli sta a fianco, ignorando o facendo finta di ignorare il cortese cenno di richiesta di ascolto. Nonostante la magnificente sensualità della ragazza, dopo aver esordito con quattro salti mortali carpiati, finalmente il giovane rappresentante non può più ignorare la richiesta del signore: “la posso provare?”. Con un gran sorriso a 32 denti, indispensabile per superare il test da dirigenti aziendali di una fra le più importanti industrie motociclistiche internazionali, il rappresentante incalza scusandosi che la batteria della 550 non è stata messa a ricaricare e che purtroppo non si può usare.
L’anziano signore si mette l’anima in pace. Peccato! Sarà un segno del destino e non bisogna mai forzarlo troppo questo destino, altrimenti…
Quando il capannello di motociclisti sta per montare in sella ai mezzi in prova, Jarno accenna di sfuggita: “La vuoi provare?”.”Si può?” risponde il prof, un po’ perplesso, in attesa di un altro segno del destino.
In men che non si dica l’esperto endurista che fa da apripista del gruppo si avvicina al rappresentante e, con un breve cenno del capo, strizzando l’occhiolino, dice: “è dei nostri!” e chiede le chiavi allo schockato giovane rappresentante che rimane inebetito per alcuni minuti, nonostante i ripetuti tentativi di rianimazione bocca a bocca della miss-super-sexy (e mi sa che ci marciava un po’). A quel punto, Jarno si avvicina per porgere le agognate chiavi al signore più che mai sbalordito. “Puoi prendere il “giubbotto air-bag e il casco così andiamo”.
Ad una certa età, certe emozioni possono provocare infarto del miocardio o improvvisi sbalzi pressori. Infilato l’air-bag e il casco, inserita la chiave e montato in moto, il prof comincia a gesticolare con lo sterzo, prova a piegare da fermo la moto da tutti i lati, pinza col freno anteriore per verificare il gioco della forcella, insomma comincia ad eseguire tutti quegli strani movimenti compulsivi che caratterizzano i malati di enduro, proprio come se fosse un esperto! Intanto comincia a dar di gas, giusto per fare scena. Ma c’è poco da fare scena, ora si comincia a far sul serio: è il momento di partire.
Inserita la prima, mollando dolcemente la frizione facendo attenzione a non far spegnere la moto, il signore di mezz’età segue il gruppo. Avanti c’è l’apripista, per ultima la scopa. C’è un budello di strada prima di raggiungere quella più ampia. Tirando un po’ la prima la moto impenna, senza frizionare. “Poco male! Prevedibile” d’altra parte la reazione della moto era stata debitamente anticipata spostando il peso sull’avantreno.
Si procede in fila indiana ma, raggiunto il punto dove la strada si allarga cominciano i sorpassi e si va con le marce superiori, seconda, terza e gas e… altra impennata: incredibile! Un’accelerazione al di sopra di qualsiasi immaginazione. D’altra parte bisogna anche considerare che l’esperienza del vecchietto si rifaceva a qualche semplice monocilindrico 4 e 50 (KTM tanto per dirne uno!). E poi si sa, i giovani hanno molta più immaginazione degli anziani. Il vecchio prof sorride sotto il casco fra l’eccitato e il concentrato racing: sorpassa, decelera, stacca prima delle curve, piega, si diverte, insomma. Sembra un diciottenne che, per la prima volta, prova una moto seria.
Ad una sosta, prima di ripartire, dimentica di essere in seconda e… sciuff! Che figura! Ma subito riaccende e va, seguito dalla scopa che, non fidandosi troppo, lo tiene d’occhio marcandolo stretto. Chilometro dopo chilometro la situazione si scioglie, la disinvoltura emerge e si comincia a godere delle performance del mezzo, dopo averne preso confidenza. Già dopo una decina di minuti il vecchio signore pensa che non vorrà più scendere da quella bomba su due ruote.
Si va, si va e tutto fila liscio.
Al rientro, il vecchietto appare un po’ frastornato: è tutto concentrato ad ascoltare i decibel del rombo delle marmitte mentre suo papà (si, avete capito bene, il padre del prof, un ottantaseienne appassionato di moto e motori) gli chiede allarmato: “tutto bene?”. Il “giovane anziano” non ne vorrebbe sapere di staccarsi da quel mezzo e tornare a calpestare la terra coi suoi piedi, come un comune mortale. Dopo aver assaporato la “potenza totale” è difficile ritornare alla realtà, alle passeggiate sul corso e le chiacchiere fra vecchietti che commentano le ultime novità di sport (quest’anno la Reggina è andata proprio male!). Ma la vita è così.
… Breve commento tecnico-emozionale: una bomba di potenza in un telaio ultra maneggevole (mi è sembrato da subito di essere come sull’alpetta 200). In curva una tenuta unica. Freni incredibili, ammortizzatori fantastici, un rombo paragonabile alla “Nona” (non alla nonna) di Beethoven. Insomma, una moto così forse metterebbe in seria crisi i migliori propositi del più appassionato motoalpinista cibernetico. Ma tra filosofia e pezzi di ricambio, testate appiattite e cilindri maggiorati di +0.50 il nostro vecchio eroe stamane ha messo in moto la sua vecchia Beta e, dopo averla revisionata, gironzola scoppiettando per ricominciare il rodaggio. Ci vorrà almeno un mese prima di rimettere i tasselli sullo sterrato. Alla prossima!
Un tranquillo professore di mezz’età, piuttosto mingherlino e con una leggera adipe addominale, si avvicina ad ammirare il mostro: l’Aprilia 550. Subito, il giovane rappresentante ci tiene a far capire le caratteristiche del mezzo, facendo molta attenzione a non offendere l’anziano. Una cavalleria da spavento: 70 hp su una moto di un quintale. L’espressione stupefatta del signore diventa ancora più accesa ascoltando i commenti di guida di Jarno, un espertissimo endurista, già abituato al suo TM 300, che racconta le sue impressioni di guida in mezzo ad un gruppo di attenti appassionati.
Il prof, sentendo lo speeker annunciare che sono aperte le iscrizioni per provare le moto, accenna col dito indice (proprio come si fa a scuola quando si vuole chiedere di uscire per andare in bagno) per attirare l’attenzione del rappresentante il quale continua a chiacchierare con la bellissima miss che gli sta a fianco, ignorando o facendo finta di ignorare il cortese cenno di richiesta di ascolto. Nonostante la magnificente sensualità della ragazza, dopo aver esordito con quattro salti mortali carpiati, finalmente il giovane rappresentante non può più ignorare la richiesta del signore: “la posso provare?”. Con un gran sorriso a 32 denti, indispensabile per superare il test da dirigenti aziendali di una fra le più importanti industrie motociclistiche internazionali, il rappresentante incalza scusandosi che la batteria della 550 non è stata messa a ricaricare e che purtroppo non si può usare.
L’anziano signore si mette l’anima in pace. Peccato! Sarà un segno del destino e non bisogna mai forzarlo troppo questo destino, altrimenti…
Quando il capannello di motociclisti sta per montare in sella ai mezzi in prova, Jarno accenna di sfuggita: “La vuoi provare?”.”Si può?” risponde il prof, un po’ perplesso, in attesa di un altro segno del destino.
In men che non si dica l’esperto endurista che fa da apripista del gruppo si avvicina al rappresentante e, con un breve cenno del capo, strizzando l’occhiolino, dice: “è dei nostri!” e chiede le chiavi allo schockato giovane rappresentante che rimane inebetito per alcuni minuti, nonostante i ripetuti tentativi di rianimazione bocca a bocca della miss-super-sexy (e mi sa che ci marciava un po’). A quel punto, Jarno si avvicina per porgere le agognate chiavi al signore più che mai sbalordito. “Puoi prendere il “giubbotto air-bag e il casco così andiamo”.
Ad una certa età, certe emozioni possono provocare infarto del miocardio o improvvisi sbalzi pressori. Infilato l’air-bag e il casco, inserita la chiave e montato in moto, il prof comincia a gesticolare con lo sterzo, prova a piegare da fermo la moto da tutti i lati, pinza col freno anteriore per verificare il gioco della forcella, insomma comincia ad eseguire tutti quegli strani movimenti compulsivi che caratterizzano i malati di enduro, proprio come se fosse un esperto! Intanto comincia a dar di gas, giusto per fare scena. Ma c’è poco da fare scena, ora si comincia a far sul serio: è il momento di partire.
Inserita la prima, mollando dolcemente la frizione facendo attenzione a non far spegnere la moto, il signore di mezz’età segue il gruppo. Avanti c’è l’apripista, per ultima la scopa. C’è un budello di strada prima di raggiungere quella più ampia. Tirando un po’ la prima la moto impenna, senza frizionare. “Poco male! Prevedibile” d’altra parte la reazione della moto era stata debitamente anticipata spostando il peso sull’avantreno.
Si procede in fila indiana ma, raggiunto il punto dove la strada si allarga cominciano i sorpassi e si va con le marce superiori, seconda, terza e gas e… altra impennata: incredibile! Un’accelerazione al di sopra di qualsiasi immaginazione. D’altra parte bisogna anche considerare che l’esperienza del vecchietto si rifaceva a qualche semplice monocilindrico 4 e 50 (KTM tanto per dirne uno!). E poi si sa, i giovani hanno molta più immaginazione degli anziani. Il vecchio prof sorride sotto il casco fra l’eccitato e il concentrato racing: sorpassa, decelera, stacca prima delle curve, piega, si diverte, insomma. Sembra un diciottenne che, per la prima volta, prova una moto seria.
Ad una sosta, prima di ripartire, dimentica di essere in seconda e… sciuff! Che figura! Ma subito riaccende e va, seguito dalla scopa che, non fidandosi troppo, lo tiene d’occhio marcandolo stretto. Chilometro dopo chilometro la situazione si scioglie, la disinvoltura emerge e si comincia a godere delle performance del mezzo, dopo averne preso confidenza. Già dopo una decina di minuti il vecchio signore pensa che non vorrà più scendere da quella bomba su due ruote.
Si va, si va e tutto fila liscio.
Al rientro, il vecchietto appare un po’ frastornato: è tutto concentrato ad ascoltare i decibel del rombo delle marmitte mentre suo papà (si, avete capito bene, il padre del prof, un ottantaseienne appassionato di moto e motori) gli chiede allarmato: “tutto bene?”. Il “giovane anziano” non ne vorrebbe sapere di staccarsi da quel mezzo e tornare a calpestare la terra coi suoi piedi, come un comune mortale. Dopo aver assaporato la “potenza totale” è difficile ritornare alla realtà, alle passeggiate sul corso e le chiacchiere fra vecchietti che commentano le ultime novità di sport (quest’anno la Reggina è andata proprio male!). Ma la vita è così.
… Breve commento tecnico-emozionale: una bomba di potenza in un telaio ultra maneggevole (mi è sembrato da subito di essere come sull’alpetta 200). In curva una tenuta unica. Freni incredibili, ammortizzatori fantastici, un rombo paragonabile alla “Nona” (non alla nonna) di Beethoven. Insomma, una moto così forse metterebbe in seria crisi i migliori propositi del più appassionato motoalpinista cibernetico. Ma tra filosofia e pezzi di ricambio, testate appiattite e cilindri maggiorati di +0.50 il nostro vecchio eroe stamane ha messo in moto la sua vecchia Beta e, dopo averla revisionata, gironzola scoppiettando per ricominciare il rodaggio. Ci vorrà almeno un mese prima di rimettere i tasselli sullo sterrato. Alla prossima!