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Scorpa T-Ride 250F
Rinasce il moto alpinismo
Polcanto 27/10/2008 - È qualche anno che sul mercato si vedono moto che ci fanno sperare nella rinascita del motoalpinismo. Questo segmento era infatti scomparso per una serie di concause, tra cui la deriva del trial verso uno sport esasperatamente tecnico e il proliferare dei divieti di transito in fuoristrada. Con la Yamaha Tricker, la Beta Alp e la Gas Gas Pampera, il mercato aveva mostrato un, seppur piccolo, interesse per questo modo di andare in moto molto lontano dalla mentalità comune. Il motoalpinismo è fatto di lentezza e contemplazione di luoghi incontaminati. Niente gas a manetta e salti da paura come, invece, preferiscono in tanti. Poco rumore, poca velocità e tanta bellezza intorno: questo il succo del motoalpinismo. Le proposte del mercato finora non erano però servite a rilanciare il settore e finalmente Scorpa ha detto la sua con una moto facile ma certamente più specialistica delle concorrenti. Concettualmente è la fusione tra una enduro (di cui eredita anche il motore) e una moto da trial (vedi gli pneumatici).
Il “trialista” esperto la troverà pesante (supera il quintale), l’endurista più navigato sentirà la mancanza di cavalli, ma entrambi supereranno ostacoli impegnativi con estrema disinvoltura. Inoltre il trialista guadagnerà in comfort, l’endurista in agilità ed il neofita potrà trovare la moto perfetta per sé. La Scorpa T-Ride è infatti molto più facile di una enduro tradizionale e grazie alla sella e al serbatoio da 7 litri permette, a differenza del trial, di macinare 100-150 km di fuoristrada. Sull’asfalto mostra il fianco: la quinta marcia molto corta non le fa superare gli 80 km/h e così gli spostamenti diventano interminabili. Meglio procurarsi un furgone.
L’estetica ci è parsa funzionare bene. Linee filanti e spigoli in abbondanza, colori sobri e una qualità costruttiva abbastanza buona. Il look è simile ad una moto da enduro, solo le ruote e l’altezza della sella fanno capire che la T-Ride è una moto dalla spiccata originalità. Le finiture sono certamente a livello delle concorrenti (peccato per il porta-targa decisamente poco robusto), ma crediamo che, considerato il prezzo, ci si potesse aspettare qualcosina in più. La qualità delle plastiche sembra buona, ma solo l’uso prolungato e il tempo testano davvero quest’aspetto. Le geometrie della ciclistica rispecchiano la filosofia della moto e sono a metà tra l’enduro e il trial: escursione delle sospensioni più verso le prime, avancorsa molto più simile alle seconde. L’interasse è abbondante: 1.404 mm, ciò che aiuta la stabilità della moto.
L’inclinazione del cannotto di sterzo rende la T-Ride estremamente agile, ma mette un po’ in difficoltà nelle discese più estreme. Il motore è il 250 cc bialbero a 5 valvole della Yamaha WR, alimentato da un carburatore Dell’Orto da 28 mm. La fasatura dei due alberi a camme è però stata modificata e la potenza ridotta di circa il 50% per avere un comportamento il più regolare possibile ai bassissimi regimi. Nelle manovre da trial, quasi da fermi, occorre comunque giocare un po’ con la frizione per impedire che il motore non si spenga sul più bello. Ad incorniciare questo quarto di litro c’è un telaio perimetrale in acciaio 25CD4S che si propone come buon connubio tra resistenza e leggerezza. Il reparto sospensioni è dotato di una forcella Marzocchi tradizionale da 40 mm all’anteriore e di un monoammortizzatore posteriore Sachs, mentre la frenata è affidata ad un disco da 260 mm all’anteriore e uno da 200 mm al posteriore. Le dimensioni della T-Ride la rendono abbordabile da chiunque: sella alta 850 mm, lunghezza totale di 2.093 mm.
In sella non si viene accolti all’insegna del comfort, ma la prima sensazione è ottima. La moto è leggera e bassa, è snella nei fianchi ed ha un manubrio alto e largo, senza per questo esagerare. Le pedane non costringono le gambe a stare troppo piegate e la posizione in sella in generale è ben studiata. In due si sta un po’ stretti ma per brevi spostamenti va benissimo. La messa in moto può avvenire sia con la pedalina sia con l’avviamento elettrico. Questa seconda modalità sarebbe stata una chicca niente male per i meno esperti. Dover riaccendere la moto in condizioni precarie di equilibrio capita, infatti, molto spesso e poterlo fare tenendo entrambi i piedi a terra è una comodità impagabile. Peccato però che per far funzionare l’avviamento elettrico occorre essere in folle e non sempre si sia nelle condizioni di trovarla. Comunque sia, una volta in moto la T-Ride piace. Il rumore è abbastanza soffocato dal bello scarico sottosella, la frizione molto morbida ed il comando del gas preciso. Quando si gioca alle bassissime andature capita che la moto faccia il classico “sciuff” e si spenga, occorre allora intervenire un po’ sulla carburazione per risolvere il problema. Oppure sarete costretti a giocare con la frizione.
La T-Ride diverte. Diverte senza impegnare come poche altre moto sanno fare. Ci si gioca se si è esperti, si impara in tutta tranquillità se invece si è alle prime armi. Gli pneumatici da trial aiutano moltissimo i meno esperti, perché garantiscono un’ottima aderenza anche sui fondi scivolosi. Il rovescio della medaglia si fa evidente quando si affrontano ostacoli a velocità sostenute: la gomma si schiaccia molto e non sostiene moto e pilota nelle manovre. La forcella ha una discreta escursione (200 mm) ma la taratura soft rende facile arrivare a fondo corsa se si esagera nei salti. Per affrontare i terreni più impervi non occorre spremere il 250 cc 4T Yamaha: l’erogazione è regolare e la spinta a disposizione, anche se non vigorosa, arriva già ai bassi regimi come sui trial. Non è però come su un trial che si può andare in terza un po’ ovunque, quando la salita si fa davvero ripida, con la T-Ride occorre salire in prima. Con la T-Ride ci si ritrova ad affrontare percorsi davvero impervi e a superarli senza il minimo sforzo. Leggerezza e trazione sono le sue armi principali e la rendono una moto estremamente divertente.