OK vajmax, d’accordo, perfettamente condivisibile (ammesso che ti abbia capito
![[Occhiolino] ;)](./images/smilies/icon_wink.gif)
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Tento di parafrasare in termini di esperienza motociclistica (in fondo siamo pur sempre in un forum del tassello…), inventata ma non tanto.
Dunque, immaginiamo di essere in una mattina di Maggio, l’aria e’ ancora fresca e rugiadosa, e sto percorrendo al piccolo trotto una carrareccia in un bosco pedemontano. Mi cade l’occhio su di un sentiero laterale che non avevo mai notato, e per qualche motivo mi sento attratto. Ho un'ora di tempo a disposizione e lo imbocco. La strada sale con pendenza dapprima dolce, attraversando porzioni di bosco sconosciute, in cui filtrano appena i raggi del sole.
Poi il sentiero si stringe e si inerpica con decisione. Un filo di ansia (sono solo, dove mi sto andando a cacciare? ce la faro? c’e’ campo?) ma il respiro e’ buono, la giornata e’ splendida e sembra infondere energia a sufficienza. Il tiro della moto comincia a farsi sentire sulle braccia, la ruota posteriore scarta su pietre smosse e rami secchi, ma poi riprende aderenza e mi porta su. Il sentiero diventa un riflesso istintivo che serpeggia attorno al canale scavato dalle pioggie, dove arcigni pietroni affiorano dal tappeto di foglie e mi invitano a fare una sosta presso di loro. Io ringrazio ma preferisco tirar dritto (si fa per dire).
Ogni energia e’ mobilitata, tutti i sensi sono all’erta, contemplo i maestosi rami bassi che riaffermano i loro diritti sul sentiero, e rispettosamente li evito. Ma mi chiedo quanto potro’ resistere, che di posti buoni per una sosta se ne vedono pochi. Ho gia’ la lingua penzoloni quando la pendenza comincia a ridursi, gli alberi si diradano e trasformano in arbusti, poi in prato montano irto di cardi e di aromatiche.
L’orizzonte esplode e mi trovo in cima, re di un mondo nuovo circondato a distanza da altri mondi simili, ed altri e altri ancora che sfumano nella lontananza. Spengo la moto e anche il tempo per un po’ si spegne, resto li a contemplare il creato, con i piccoli “tic” del motore che si raffredda a farmi compagnia. La prospettiva insolita rende nuovo e affascinante un territorio che credevo di conoscere come le mie tasche.
Un occhio al GPS mi convince che posso arrivare a destinazione senza tornare indietro, anche se l’unica traccia che vedo e’ quella che ho lasciato io, fortunatamente sullo schermo e non sul terreno.
Quando arrivo a casa ho ancora qualche pezzetto di cielo negli occhi, ed una riserva di energia che mi bastera’ per una settimana.
Fine del film. Dibattito.
Non è la prima volta che mi trovo a ragionare della moto come strumento di "magica" composizione tra apparenti dualismi, ma se in questo vecchio
post la cosa appariva in termini quasi metafisici, qui ci muoviamo su di un terreno più esperienziale.
Il mezzo ed il fine non sono disgiunti ma complementari:
benissimo, mi sentivo un po’ ipocrita a dire che il mezzo non conta, che arrivar li su a piedi sarebbe la stessa identica cosa. Andar per monti a piedi va benissimo, lo faccio spesso, ma e’ un’altra cosa. A parte il fatto che la
serendipita’ a piedi, quando hai solo un’ora di tempo, non puoi mica tanto permettertela.
Tornando al tema la differenza sta’ nel fatto che l'esperienza che ho descritto è tale proprio in quanto fatta con la moto. Non perché essa prevalga sul fine, che è pur sempre immergersi nella natura e apprendere da essa, ma perché la natura della moto (scusate il bisticcio) crea delle dinamiche che rendono unica l'esperienza sensoriale ed emotiva. Sembra apparire una nuova forma di intelligenza (vogliamo chiamarla moto-cinestetica...?) che consente nuove interazioni con la realtà. La moto non amplifica le nostre percezioni, non solo almeno, ne crea di nuove, generate da uno strano sensore fatto di gomma, acciaio, plastica, alluminio, tessuto, pelle, muscoli, ossa, ricordi, emozioni....
Il mezzo non può fare a meno del fine: se per ipotesi un tracciato simile fosse riprodotto a titolo di palestra in una cava abbandonata l'esperienza ne risulterebbe quanto meno banalizzata.
Ma l'equilibrio può rompersi anche in modi più sottili, ad esempio trascurando il mezzo, che si vendica lasciandoci a piedi, o sovra-enfatizzandolo, magari indulgendo in atteggiamenti agonistici e fracassoni.
Il risultato è comunque un rapido degrado della qualità dell'esperienza. Siamo ancora sul sentiero, ma siamo usciti dal Tao. Ciao.