(o anche: la “regola di Pollicino”)
Fare il punto sulla strada, individuare con precisione il luogo in cui, in quel momento, si è. E’ questo, in parole povere, il significato di questo termine, diventato ormai familiare per il popolo degli esploratori per mare o in montagna, che fanno uso dei sistemi di navigazione satellitari (Global Position Systems).
Ma come, direte, tu non eri quello che non ama usare il GPS? Che preferivi andare in giro serendipitamente a perderti fra boschi e sentieri? Certo! Ora vi spiego il senso del mio intervento.

Serendipità? No! Volevo semplicemente rientrare a casa evitando di correre rischi ma… il sentiero non c’era più. E da soli è meglio evitare!

Dura la salita dove osano i motoalpinisti.
Sabato ci siamo persi! Ma non è che non sapessimo più dov’eravamo. Avevo perso il mio compagno di viaggio e lui aveva perso me. E cosa c’entra il way point con tutto ciò, direte? Mica potevi telefonargli per comunicargli la tua posizione o viceversa (lì i cellulari non funzionano e non siamo attrezzati di satellitari). Siccome lo sentivo scalpitare dietro di me (il suo XR400 ha qualche cavallino in più della mia Alp200) gli ho fatto segno di andare avanti. Siamo andati avanti così per tutta la mattinata, senza problemi. A un certo punto, però, arrivato ad un bivio un po’ ostico non lo vedo più, né riesco ad individuare le sue impronte. E a quel punto mi fermo aspettando che torni indietro.

L’incrocio “maledetto! Effettivamente non era molto facile da individuare.

Aspettando Godot.
Dopo un quarto d’ora mi preoccupo e seguo la pista che, immagino, abbia seguito lui, quella principale (ma finisce nel nulla perché è franata con l’ultima grande pioggia della settimana scorsa) e… nulla. Seguo la giusta via, andando per quella che mi sembra la sterrata più facile (e non quella dove avrei voluto portarlo, visto che lui è uno di quelli tosti). Ma… nulla. Mi fermo di nuovo quando mi rendo conto che anche questa strada è franata e non si può proseguire. A questo punto faccio retromarcia per imboccare il fatidico tratturo che avremmo dovuto seguire ma, sulla sabbia, le sue impronte enduristiche non ci sono.

Alla ricerca… (del tempo perduto?)
Torno indietro e decido di recuperare il punto dove ci siamo visti l’ultima volta, un incrocio con una strada asfaltata. E anche qui sto ad aspettarlo per mezz’ora. Insomma, alla fine della giornata, tre ore e mezza in moto a divertirci ma un’ora e mezza a cercarlo, girando su sentieri impervi da solo, e questo non mi piace. Alla fine, fattosi tardi, decido di rientrare dall’asfalto, fermandomi ogni due-tre Km a tentare di prendere la linea col cellulare per rintracciarlo telefonicamente. Ma niente. Sono seriamente preoccupato che possa essergli successo qualcosa. Ma dove?

Pista in terra battuta al di fuori dalle carreggiabili. I nostri percorsi a mezza costa sono anche questo.
Finalmente dopo mezz’ora di asfalto rientro nella civiltà è vedo che mi aveva appena chiamato. Rifaccio il suo numero e, grazie a Dio, mi risponde candidamente. L’importante è che non si sia fatto male. Ci ritroveremo alla prossima avventura!

Primo piano del mio compagno di viaggio.
E’ qui una profonda riflessione fra me e me che vorrei proiettare nel nostro forum. Mi sono reso conto che sarebbe necessario, ogni tanto, individuare un incrocio a cui darsi appuntamento se ci si perde. Se non lo si può fare durante il briefing, prima della partenza, sarebbe opportuno, ai vari incroci, fermarsi un attimo e segnalare: “è qui che ci si rivede se ci si perde!” E sarebbe opportuno farlo almeno ogni tre-quattro incroci-chiave. E’ dopo l’esperienza che viene l’idea. Avuto il problema si trova la soluzione. D’altra parte, era la prima volta che perdevo qualcuno nei miei giri (ed è successo perché lui è andato avanti e non ricordava il percorso).

Uno dei punti panoramici del percorso di sabato scorso.
Nel decalogo del motoalpinista, o nella sua moto-filosofia, inserirei la “regola di Pollicino”: ogni tanto fare il punto in cui si è nell’eventualità che ci si perda: serve a recuperare i dispersi.
E allora, chiamiamolo “way point” o “regola di Pollicino”, fate voi, ma mi sembra “cosa buona e giusta!”

Ho l’impressione che voglia giocare a nascondino. Allora è meglio tirar fuori “la regola di Pollicino”
P.S.: E voi, a parte i soliti “cuori solitari”, gli irriducibili single del motoalpinismo, come ve la cavate in situazioni simili? Vi è mai capitato di perdervi (non dal punto di vista stradale)? E riuscire a ritrovarvi è stato un caso o avevate una specifica “strategia di ricerca” (un po’ come quella usata coi i flow-chart dei motori di ricerca)?
Aspetto i resoconti delle vostre esperienze, consigli e suggerimenti!

Che dite, ci provo a cambiare moto?