À la recherche du temps perdu
Inviato: lun 26 nov, 2007 1:10 am
À la recherche du temps perdu
Stufi dei soliti percorsi, oggi abbiamo tentato di ripercorrere antichi sentieri. Abbiamo pensato di addentrarci verso territori relativamente poco frequentati. Parliamo di percorsi non attraversati da qualche anno perché difficili da raggiungere. Ma avevamo voglia di cambiare. E così siamo partiti alla ricerca del sentiero perduto (giusto per parafrasare il titolo del celebre romanzo di Marcel Proust).
“Là dove c’era l’erba ora c’è…una città”: era una delle frasi più belle del “Ragazzo della Via Gluk”. Là dove c’era la carrareccia ora c’è una liscia lingua d’asfalto. E la tua mente vola a tutto ciò che si è trasformato durante la tua vita e che non tornerà più ad essere com’era un tempo. Nostalgia per le cose perdute che non rivedrai più.
Proprio come nell’opera di Proust, il tema del ritrovamento del tempo perduto, del ricordo, della rievocazione malinconica del passato perduto è fra quelli che accompagnano i nostri viaggi in moto, fuoristrada, per antichi paesi dell’entroterra. Soprattutto per noi motoalpinisti con tanti anni addosso e che abbiamo visto e vissuto la vita in campagna, il tempo agreste è alterato dal desiderio per qualcosa che non c’è più e dalla fantasia di recuperare quel qualcosa che dia un senso a tutto.
La memoria ci dà la possibilità di rivivere momenti passati che associamo a determinate sensazioni: il sapore della madeleine, un biscotto riassaporato dopo anni, ricorda al protagonista del romanzo proustiano le giornate d'infanzia passate a casa della zia malata. Chi, come noi, ha avuto la fortuna di vivere parte della propria infanzia in campagna, attraversando sentieri fioriti non può non sentirne il profumo e volare con la memoria del cuore a quei primi momenti della propria vita, quando ha percepito quel particolare profumo per la prima volta, assieme a persone che ora non ci sono più e che vorresti avere vicine.
Mentre la “memoria volontaria” richiama alla nostra intelligenza tutti i dati del passato ma in termini logici, senza restituirci l'insieme di sensazioni e sentimenti che contrassegnano quel momento come irripetibile, la “memoria spontanea” o involontaria è quella sollecitata da una casuale sensazione e che ci rituffa nel passato con un procedimento alogico, che permette di "sentire" con contemporaneità quel passato, di rivederlo nel suo clima. La casuale sollecitazione del presente permette di recuperare improvvisamente ciò che immaginavamo perduto per sempre, ciò che è sepolto nel tempo perduto.
La “memoria involontaria” cattura con un'impressione o una sensazione l'essenza preziosa della vita, che è il ricordo risvegliato attraverso il sapore di un dolce, un sorso di tè o il profumo di menta piperita mentre, attraversando un tratturo, stropicci contro la pianta. Questo farsi portare dalla memoria spontanea nei nostri giri lontani dalla quotidianità porta alla vittoria sul tempo e sull’oblio, cioè ad affermare noi stessi come esseri capaci di recuperare il tempo e la coscienza.
Stufi dei soliti percorsi, oggi abbiamo tentato di ripercorrere antichi sentieri. Abbiamo pensato di addentrarci verso territori relativamente poco frequentati. Parliamo di percorsi non attraversati da qualche anno perché difficili da raggiungere. Ma avevamo voglia di cambiare. E così siamo partiti alla ricerca del sentiero perduto (giusto per parafrasare il titolo del celebre romanzo di Marcel Proust).
“Là dove c’era l’erba ora c’è…una città”: era una delle frasi più belle del “Ragazzo della Via Gluk”. Là dove c’era la carrareccia ora c’è una liscia lingua d’asfalto. E la tua mente vola a tutto ciò che si è trasformato durante la tua vita e che non tornerà più ad essere com’era un tempo. Nostalgia per le cose perdute che non rivedrai più.
Proprio come nell’opera di Proust, il tema del ritrovamento del tempo perduto, del ricordo, della rievocazione malinconica del passato perduto è fra quelli che accompagnano i nostri viaggi in moto, fuoristrada, per antichi paesi dell’entroterra. Soprattutto per noi motoalpinisti con tanti anni addosso e che abbiamo visto e vissuto la vita in campagna, il tempo agreste è alterato dal desiderio per qualcosa che non c’è più e dalla fantasia di recuperare quel qualcosa che dia un senso a tutto.
La memoria ci dà la possibilità di rivivere momenti passati che associamo a determinate sensazioni: il sapore della madeleine, un biscotto riassaporato dopo anni, ricorda al protagonista del romanzo proustiano le giornate d'infanzia passate a casa della zia malata. Chi, come noi, ha avuto la fortuna di vivere parte della propria infanzia in campagna, attraversando sentieri fioriti non può non sentirne il profumo e volare con la memoria del cuore a quei primi momenti della propria vita, quando ha percepito quel particolare profumo per la prima volta, assieme a persone che ora non ci sono più e che vorresti avere vicine.
Mentre la “memoria volontaria” richiama alla nostra intelligenza tutti i dati del passato ma in termini logici, senza restituirci l'insieme di sensazioni e sentimenti che contrassegnano quel momento come irripetibile, la “memoria spontanea” o involontaria è quella sollecitata da una casuale sensazione e che ci rituffa nel passato con un procedimento alogico, che permette di "sentire" con contemporaneità quel passato, di rivederlo nel suo clima. La casuale sollecitazione del presente permette di recuperare improvvisamente ciò che immaginavamo perduto per sempre, ciò che è sepolto nel tempo perduto.
La “memoria involontaria” cattura con un'impressione o una sensazione l'essenza preziosa della vita, che è il ricordo risvegliato attraverso il sapore di un dolce, un sorso di tè o il profumo di menta piperita mentre, attraversando un tratturo, stropicci contro la pianta. Questo farsi portare dalla memoria spontanea nei nostri giri lontani dalla quotidianità porta alla vittoria sul tempo e sull’oblio, cioè ad affermare noi stessi come esseri capaci di recuperare il tempo e la coscienza.