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Don Chisciotte della Mancia e Sancho Panza

Inviato: gio 01 mag, 2008 11:56 pm
da alp
Don Chisciotte della Mancia e Sancho Panza

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Prologo

Il Don Chisciotte della Mancia è un romanzo del genere picaresco, cioè una narrazione apparentemente autobiografica, fatta in prima persona e in cui il fittizio protagonista descrive le proprie avventure dalla nascita alla maturità. E’ l’opera principale dallo scrittore spagnolo Miguel de Cervantes Saavedra in cui vengono raccontate le vicende di Don Chisciotte, un cavaliere errante che, in qualche modo, assomiglia al nostro Endurista Errante, il mitico Ender.
Il protagonista della vicenda è un hidalgo spagnolo morbosamente appassionato di romanzi cavallereschi. Le letture lo condizionano a tal punto da trascinarlo in un mondo fantastico, nel quale si convince di essere chiamato a diventare un cavaliere errante. Si mette quindi in viaggio, come gli eroi dei romanzi, per difendere i deboli e riparare i torti e inizia a girare per la Spagna (non con una moto da trial, tipo Montesa). Nella sua follia, Don Chisciotte trascina con sé un contadino del posto, Sancho Panza, cui promette il governo di un'isola a patto che gli faccia da scudiero.
Purtroppo per Don Chisciotte, la Spagna del suo tempo non è quella della cavalleria, e nemmeno quella dei romanzi picareschi, e per l'unico eroe rimasto le avventure sono scarsissime. La sua visionaria ostinazione lo spinge però a leggere la realtà con altri occhi. Inizierà quindi a scambiare i mulini a vento con giganti dalle braccia rotanti, i burattini con demoni, i greggi di pecore con eserciti nemici. Combatterà questi avversari immaginari risultando sempre sonoramente sconfitto, e suscitando l'ilarità delle persone che assistono alle sue folli gesta. Sancho Panza, dal canto suo, sarà in alcuni casi la controparte razionale del visionario Don Chisciotte, mentre in altri frangenti condividerà suo malgrado le disavventure del padrone.


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... il racconto continua
(un po' di pazienza!)

Il racconto

Inviato: ven 02 mag, 2008 11:14 pm
da alp
Il racconto



Cosa c’entra questa lunga premessa con un’uscita in fuoristrada con due moto? Altrove ho raccontato spesso che ormai considero il giovane Al come il mio scudiero. Ma chi è il cavaliere e chi lo scudiero? A pensarci bene, Al di cavalli da cavalcare ne ha ben più di me e, anche visivamente, la sua moto si che sembra un cavallo. La mia, tutt’al più potrebbe sembrare un asinello o un muletto. Perciò, nel cominciare questo racconto non so proprio come identificare i personaggi, non so chi sia Don Chisciotte e chi Sancho Panza.

Comunque, come qualsiasi racconto che si rispetti cominciamo con un…

C’era una volta… un motoalpinista (alp per sintetizzare usando la parte centrale del nome). Come molti di noi sanno, il motoalpinista si ritrova spesso, anzi quasi sempre, solo e cerca compagni d’avventura come lui, tranquilli, prudenti e capaci di godersi la natura in pace, senza troppo rumore. Qualche volta si riesce a recuperare un endurista degenere, qualche altra un trialista d’epoca. Nella maggior parte dei casi ci si aggrega con gruppi di enduristi di quelli PURI… ma è tutta un’altra storia.

Un po’ per caso, il giovane Al era spesso disponibile quando alp proponeva qualche uscita delle sue (lunghe, lente e panoramiche). Non è che egli non amasse correre (come si fa con un TM!) ma si adattava plasticamente anche all’andatura “lumachiera”.

Si ritrovavano così a gironzolare in montagna, fra boschi di lecci, pini, abeti e faggi, in una natura lussureggiante, in una primavera alle porte ma non ancora scoppiata. Stavano in quota e il terreno era spesso umido. La temperatura era ideale, anche quando incontravano la neve.

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La neve, gioia e dolore del fuoristradista su due ruote, temuta dai motoalpinisti (con la poca potenza dei motori e le gomme da trial è difficile passarci su) e amata dagli enduristi (vai di potenza e con gli artigli passi tranquillo!).

I due cavalieri erranti gironzolavano fra i boschi guardandosi in giro: non erano a caccia di facili prede. Amavano viaggiare e ammirare il paesaggio montano. In alcuni momenti alp era quasi infastidito dal rumore del motore di Al, ma non lo dava a vedere (in fondo c’era di peggio!).

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Là dove la neve diventava più alta, alp si trovava spesso a spingere faticosamente. Un atteggiamento certamente poco nobile per un cavaliere, forse più consono ad uno scudiero (per giunta sfigato). L’immagine di Sancho Panza, nei momenti in cui alp era alle prese con la moto infossata nella neve, lo tormentava al punto da iniziare a nutrire il germe del dubbio: “che non sia io il cavaliere errante di cui si parla nella leggenda? Che io sia più semplicemente un povero mulattiere a cavalcioni del suo mesto asinello (d’acciaio), vagante lentamente per i boschi, con la folle presunzione di personificare il mito di un cavaliere senza paura né macchia?”. Tutti questi dubbi tormentavano il povero vecchio. In effetti, l’anziano di paure ne aveva, eccome: cadere, investire contro qualcosa o qualcuno e farsi male era la sua angoscia costante. Una specie di fobia che lo attanagliava soprattutto nei primi momenti di inizio delle sue imprese cavalleresche. Poi, un po’ per incoscienza, un po’ per arteriosclerosi, si dimenticava anche delle paure e andava avanti per inerzia.

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La moto ferma lì, bassa, tozza e priva di muscoli, proprio come un vecchio ronzino, lo faceva riflettere sulla sua condizione di infiltrato e di folle in un mondo dominato dall’altezza (anche come nobiltà!), dall’eleganza e dalla potenza.

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Era chiaro, a quel punto che non ci si poteva nascondere di fronte all’evidenza: il mito del cavaliere errante (alp?) e del suo scudiero (Al?) erano ormai un’allucinazione e come tale era arrivato il momento di riconoscerne la verità in tutta la sua crudezza e crudeltà.

A fargli rimettere i piedi per terra fu un improvviso rumore: era Al, il suo scudiero (ma ormai da quel momento, irreversibilmente, non avrebbe mai più visto la realtà come prima) che, domando la sua bestia, affrontava la neve a tutto gas, come lo “zio awanagain” (Gennaro) consigliava saggiamente!

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Coraggio (non è mica da tutti spalancare il gas di fronte al pericolo!), potenza (ma quanti CV avrà sto benedetto TM?), eleganza e nobiltà erano le doti intrinseche nei cavalieri di San Giorgio. Al massimo, se qualcuno avrebbe avuto bisogno di un vecchio (e saggio?) scudiero a bordo di uno sgangherato ronzino, l’anziano alp non si sarebbe tirato certo indietro, nonostante gli acciacchi della sua età.


(...continua ancora...)

Don Chisciotte della Mancia e Sancho Panza

Inviato: dom 04 mag, 2008 12:35 am
da alp
Epilogo



Il riferimento al Don Chisciotte della Mancia è stato solo un buffo motivo per potermi soffermare su alcune profonde riflessioni che, da qualche tempo, stanno occupando la mia attenzione. In fondo, nelle narrazioni dei nostri percorsi in fuoristrada tendiamo un po’ (o tanto?) a romanzare la realtà dei fatti. In ogni caso, però, possiamo affermare con sicurezza che ci troviamo sempre una nota autobiografica. E ciò rende i reports certamente assimilabili (anche loro) al genere picaresco.
Nel raccontare delle mie vicende, come delle avventure di un cavaliere romantico mi sono soffermato recentemente, sulla condizione di diversità che sempre di più mi allontana del luccicante (o sarebbe meglio dire fangoso?) mondo dell’enduro, fatto di prestazioni stratosferiche. Le ultime riflessioni, sempre più mi fanno capire la sensazione di alterità del sentirsi motoalpinista in un mondo di enduristi. E non parliamo di personaggi molto lontani da noi. Parliamo però, sicuramente, di una filosofia di percorrere i boschi in moto che è differente.
In fondo, i mulini a vento del nostro Don Chisciotte potrebbero essere oggi l’immaginare moto silenziose, abbordabili in altezza, non mostruosamente potenti da far paura e cavalieri che canalizzano il loro coraggio non per correre fra carreggiabili percorribili anche da pastori, agricoltori o, più semplicemente, animali o automobili ma per aiutare chi è in difficoltà (persone o animali, come hanno fatto i nostri Tino, Antonello e “Maiolino” nei confronti degli amici impattati con grossi ostacoli e Burba che si ferma ad aiutare la pecorella ferita). Questo è motoalpinismo!