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Il mezzo non è il fine. Il fine non è il mezzo.
“Dopo mi si è aperto il mondo davanti”
“Dopo mi si è aperto il mondo davanti” (p51mustang)
Come due Sioux, fratelli di sangue.
Giuseppe mi aveva contattato sul sito. Aveva bisogno di una IGM della sua zona per tracciare un percorso.
Gli stampo la parte di cartina che gli serviva con la relativa ipotesi di tracciato e gliela lascio dal suo motoconcessionario.
Mi chiama telefonicamente per ringraziarmi e io, cogliendo la palla al balzo, gli chiedo delucidazioni su alcune carreggiabili del suo Comune. “M’informo!” (della serie: l’ “Obbedisco” di Garibaldi).
Dopo una settimana mi richiama: “sai, ero su con un amico, abbiamo provato a seguire quel tracciato ma, la bufera del mese scorso ha rovinato la strada. L’amico che era con me non se l’è sentita e abbiamo lasciato perdere”. A quel punto, in ogni caso, decido di “recuperarlo a una giusta causa”: “Che dici, facciamo un giro domenica?”
E così, detto/fatto! Appuntamento alla Comunita Incontro di Don Gelmini a Zervò, nel cuore dell’Aspromonte. Con me c’è Saverio sul suo Alp 4.0 nuovo fiammante, Giò con un TM, Franco, la moglie, la figlia e il cane con un Santana d’appoggio.
Giuseppe arriva col suo KTM. Ci presentiamo, facciamo un breve spuntino e si parte verso un luogo che mi incuteva un referenziale timore. Quel luogo che, la settimana scorsa, Giuseppe e il suo amico hanno tentato di violare.
Ci avviciniamo al “luogo sacro” a passo d’uomo, con rispetto e circospezione. Va avanti Giuseppe, col suo Kappone al passo, sembra un cavallo che si prepara alla battaglia. Io guardo intorno, come un Sioux che cerca di non farsi fregare dai visi pallidi nascosti fra le frasche. Proprio come un Sioux, Giuseppe alza la mano sinistra in segno di fermata. Spegniamo i motori.
Siamo in silenzio di fronte al resto di un sentiero massacrato dalla pioggia di una tempesta. Ci guardiamo. Giuseppe, senza parlare mi indica con la mano di andare. Non mi faccio neanche distrarre dal suo gesto. Sono concentratissimo sulla traiettoria ideale che dovrò seguire. Respiro seguendo i consigli di Schultz, mi rilasso e metto in moto.
Tiro la frizione, ingrano la prima e lentamente mi porto sotto tiro. Voglio partire senza troppo slancio che mi porterebbe a perdere il controllo più su. Mi metto in piedi e via, al passo! Sempre in prima seguendo la mia traiettoria immaginata prima. In aderenza, ammortizzando e sgambettando per prudenza.
Un attimo e una sensazione: essere tutt’uno con la mia moto. Sentirla come un prolungamento del mio corpo e sentirmi come uno strano centauro, per metà motocicletta, per metà uomo (e qui potete evitarvi le battute!).
Mi fermo 100 m più su, quando sento arrivare Giuseppe. Temo che con la sua Kappona mi possa travolgere. Sono stanco alle braccia e ho paura di non riuscire a mantenere la lucidità necessaria. Finora tutto OK, però ho l’affanno. Quasi quasi mi riposo e poi riprenderò con il ritmo delle espirazioni lunghe, lente e profonde. Gli faccio segno di continuare, di non fermarsi.
Io mi sono messo un po’ nei guai perché ripartire con quella pendenza e con la poca aderenza che c’è non è facile. Sto seduto per sicurezza e faccio presa sul posteriore. Bene o male vado, ma è difficile capire cosa fare quando arretrando la moto si impenna, avanzando scava buche e rimani fermo.
Lui mi sta aspettando su. Mi fermo, ci guardiamo negli occhi, sorridiamo e ci diamo la mano. Senza troppe chiacchiere è nata una vera amicizia. Forse per gli uomini rudi è più facile avere amici. L’amico è quello con cui vai al bar o a donne. Per me, che non ho queste abitudini, è la prima volta che mi ritrovo a sentirmi veramente in comunione di profonda amicizia con Giuseppe, che ho conosciuto da neanche mezz’ora e con cui ho scambiato non più di 500 parole. Sentiamo che da quel momento qualcosa di profondo ci ha legati, come due Sioux, fratelli di sangue.
Gli altri sono lontani, in basso. Non li vediamo più. Decidiamo di non continuare lungo il sentiero che prosegue dopo quel pezzo micidiale. Siamo partiti insieme e insieme si continua il viaggio. Ritorniamo al gruppo non senza fatica (non so voi, ma io preferisco la salita!). Gli altri ci guardavano ammirati! O forse ero io ad immaginarmi questa scena, come un guerriero che, dal campo di battaglia, dopo aver combattuto con coraggio, torna vittorioso fra i suoi.
C’è della fantasia e dell’immaginazione in tutto questo. Ma c’è anche, per fortuna, tanta realtà. Il tempo mescola le cose e non chiedetemi qual è il limite fra il vero e la memoria. Questi momenti rappresentano la mitologia del motoalpinismo in Aspromonte, secondo i miei ricordi. Forse l’arteriosclerosi galoppante sta facendo anche la sua parte (ma questa è tutta un’altra storia che rientrerebbe nel forum Over 40).
Post scriptum:
Mentre rivedevo le foto di questo report, mi ha colpito il nostro abbigliamento. Dal supertecnologico Giuseppe al semicampagnolo Saverio (chiedo scusa per l’attribuzione poco adatta per un professore universitario). Età variabile dai 2 anni (del cucciolo) ai 9 di M., fino a oltre 50 (ma non diciamo di chi!). Questo dovrebbe farci riflettere sul potere aggregante del motoalpinismo. Eravamo insieme proprietari terrieri, editori, medici, studenti, avvocati e psicologi. Abbiamo diviso fra noi il cibo ridistribuendolo in base ai bisogni e alle necessità. Nei propri ricordi, Giuseppe non aveva mai vissuto un’esperienza del genere (quasi 8 ore in moto, con alcune brevi pause, pausa colazione, pausa foto, pausa pasto, pausa acqua, pausa pipì, pausa pupù…). Da ottimo endurista racing non era mai andato così lentamente (ma il Kappone ha resistito benissimo al surriscaldamento!). Non aveva mai visitato luoghi simili né incontrato gente simile. Vorrei ben vedere! Noi motoalpinisti siamo rari. E poi, ci mettiamo la Qualità in ciò che facciamo.
I Protagonisti di questo racconto:
I mezzi:
Un Kappone,
Due beta
Un TM
Un Samurai
Gli uni:
Un endurista racing,
Una psicologa,
Un avvocato,
Un professore universitario,
Un editore,
Un cane e…
Un motoalpinista
E gli altri:
Due studenti.
Come due Sioux, fratelli di sangue.
Giuseppe mi aveva contattato sul sito. Aveva bisogno di una IGM della sua zona per tracciare un percorso.
Gli stampo la parte di cartina che gli serviva con la relativa ipotesi di tracciato e gliela lascio dal suo motoconcessionario.
Mi chiama telefonicamente per ringraziarmi e io, cogliendo la palla al balzo, gli chiedo delucidazioni su alcune carreggiabili del suo Comune. “M’informo!” (della serie: l’ “Obbedisco” di Garibaldi).
Dopo una settimana mi richiama: “sai, ero su con un amico, abbiamo provato a seguire quel tracciato ma, la bufera del mese scorso ha rovinato la strada. L’amico che era con me non se l’è sentita e abbiamo lasciato perdere”. A quel punto, in ogni caso, decido di “recuperarlo a una giusta causa”: “Che dici, facciamo un giro domenica?”
E così, detto/fatto! Appuntamento alla Comunita Incontro di Don Gelmini a Zervò, nel cuore dell’Aspromonte. Con me c’è Saverio sul suo Alp 4.0 nuovo fiammante, Giò con un TM, Franco, la moglie, la figlia e il cane con un Santana d’appoggio.
Giuseppe arriva col suo KTM. Ci presentiamo, facciamo un breve spuntino e si parte verso un luogo che mi incuteva un referenziale timore. Quel luogo che, la settimana scorsa, Giuseppe e il suo amico hanno tentato di violare.
Ci avviciniamo al “luogo sacro” a passo d’uomo, con rispetto e circospezione. Va avanti Giuseppe, col suo Kappone al passo, sembra un cavallo che si prepara alla battaglia. Io guardo intorno, come un Sioux che cerca di non farsi fregare dai visi pallidi nascosti fra le frasche. Proprio come un Sioux, Giuseppe alza la mano sinistra in segno di fermata. Spegniamo i motori.
Siamo in silenzio di fronte al resto di un sentiero massacrato dalla pioggia di una tempesta. Ci guardiamo. Giuseppe, senza parlare mi indica con la mano di andare. Non mi faccio neanche distrarre dal suo gesto. Sono concentratissimo sulla traiettoria ideale che dovrò seguire. Respiro seguendo i consigli di Schultz, mi rilasso e metto in moto.
Tiro la frizione, ingrano la prima e lentamente mi porto sotto tiro. Voglio partire senza troppo slancio che mi porterebbe a perdere il controllo più su. Mi metto in piedi e via, al passo! Sempre in prima seguendo la mia traiettoria immaginata prima. In aderenza, ammortizzando e sgambettando per prudenza.
Un attimo e una sensazione: essere tutt’uno con la mia moto. Sentirla come un prolungamento del mio corpo e sentirmi come uno strano centauro, per metà motocicletta, per metà uomo (e qui potete evitarvi le battute!).
Mi fermo 100 m più su, quando sento arrivare Giuseppe. Temo che con la sua Kappona mi possa travolgere. Sono stanco alle braccia e ho paura di non riuscire a mantenere la lucidità necessaria. Finora tutto OK, però ho l’affanno. Quasi quasi mi riposo e poi riprenderò con il ritmo delle espirazioni lunghe, lente e profonde. Gli faccio segno di continuare, di non fermarsi.
Io mi sono messo un po’ nei guai perché ripartire con quella pendenza e con la poca aderenza che c’è non è facile. Sto seduto per sicurezza e faccio presa sul posteriore. Bene o male vado, ma è difficile capire cosa fare quando arretrando la moto si impenna, avanzando scava buche e rimani fermo.
Lui mi sta aspettando su. Mi fermo, ci guardiamo negli occhi, sorridiamo e ci diamo la mano. Senza troppe chiacchiere è nata una vera amicizia. Forse per gli uomini rudi è più facile avere amici. L’amico è quello con cui vai al bar o a donne. Per me, che non ho queste abitudini, è la prima volta che mi ritrovo a sentirmi veramente in comunione di profonda amicizia con Giuseppe, che ho conosciuto da neanche mezz’ora e con cui ho scambiato non più di 500 parole. Sentiamo che da quel momento qualcosa di profondo ci ha legati, come due Sioux, fratelli di sangue.
Gli altri sono lontani, in basso. Non li vediamo più. Decidiamo di non continuare lungo il sentiero che prosegue dopo quel pezzo micidiale. Siamo partiti insieme e insieme si continua il viaggio. Ritorniamo al gruppo non senza fatica (non so voi, ma io preferisco la salita!). Gli altri ci guardavano ammirati! O forse ero io ad immaginarmi questa scena, come un guerriero che, dal campo di battaglia, dopo aver combattuto con coraggio, torna vittorioso fra i suoi.
C’è della fantasia e dell’immaginazione in tutto questo. Ma c’è anche, per fortuna, tanta realtà. Il tempo mescola le cose e non chiedetemi qual è il limite fra il vero e la memoria. Questi momenti rappresentano la mitologia del motoalpinismo in Aspromonte, secondo i miei ricordi. Forse l’arteriosclerosi galoppante sta facendo anche la sua parte (ma questa è tutta un’altra storia che rientrerebbe nel forum Over 40).
Post scriptum:
Mentre rivedevo le foto di questo report, mi ha colpito il nostro abbigliamento. Dal supertecnologico Giuseppe al semicampagnolo Saverio (chiedo scusa per l’attribuzione poco adatta per un professore universitario). Età variabile dai 2 anni (del cucciolo) ai 9 di M., fino a oltre 50 (ma non diciamo di chi!). Questo dovrebbe farci riflettere sul potere aggregante del motoalpinismo. Eravamo insieme proprietari terrieri, editori, medici, studenti, avvocati e psicologi. Abbiamo diviso fra noi il cibo ridistribuendolo in base ai bisogni e alle necessità. Nei propri ricordi, Giuseppe non aveva mai vissuto un’esperienza del genere (quasi 8 ore in moto, con alcune brevi pause, pausa colazione, pausa foto, pausa pasto, pausa acqua, pausa pipì, pausa pupù…). Da ottimo endurista racing non era mai andato così lentamente (ma il Kappone ha resistito benissimo al surriscaldamento!). Non aveva mai visitato luoghi simili né incontrato gente simile. Vorrei ben vedere! Noi motoalpinisti siamo rari. E poi, ci mettiamo la Qualità in ciò che facciamo.
I Protagonisti di questo racconto:
I mezzi:
Un Kappone,
Due beta
Un TM
Un Samurai
Gli uni:
Un endurista racing,
Una psicologa,
Un avvocato,
Un professore universitario,
Un editore,
Un cane e…
Un motoalpinista
E gli altri:
Due studenti.
A presto e...
Buon motortrip,
alp
Buon motortrip,
alp
Il mezzo non è il fine. Il fine non è il mezzo.
NUMERO DI FEBBRAIO 2010 di Motociclismo FuoriStrada.
Fra le ultime pagine, Mario Ciaccia accenna alle moto come MEZZO O COME FINE? Che dite? L'avete letto l'articolo? Che ne pensate?
Fra le ultime pagine, Mario Ciaccia accenna alle moto come MEZZO O COME FINE? Che dite? L'avete letto l'articolo? Che ne pensate?
A presto e...
Buon motortrip,
alp
Buon motortrip,
alp
Il mezzo non è il fine. Il fine non è il mezzo.
Anche a me piacerebbe fare i giri in moto, usando le moto messe a disposizione dalle case e fare le foto e scrivere di moto sui giornali specializzati come fa' Ciaccia!Questo e' il primo pensero che mi e' venuto dopo aver letto l'articolo....
Per il "senso" dell'articolo, condivido pienamente lo spirito da viaggiatore che vuole evidenziare, nel senso di intendere la moto come mezzo "unico", dove l'unica specializzazione del mezzo e' proprio nella sua versatilita', cioe' la vera moto "definitiva",quella che ti permette tutto o quasi, che ti porta da casa al deserto o alle sterrate della Sardegna o in punta allo Stelvio!Il difficile o il bello e' trovare la moto giusta che ti accompagni in questi viaggi, potrebbe essere anche un Dominator di vent'anni fa, o un vecchio Transalp, mentre invece si va' sempre alla ricerca dell'ultima novita'o della moto specialistica!
Un'altra cosa che mi ha colpito e' l'osservazione che oggi si va in moto solo per dimostrare qualcosa, magari per far vedere agli amici quanto si e' bravi, con lo spirito di competizione, oppure c'e' la "guerra" o la tifoseria fra le marche o le tipologie di moto, tutte cose che vanno al di fuori dell'idea di andare in moto per godersi la natura....
Per il "senso" dell'articolo, condivido pienamente lo spirito da viaggiatore che vuole evidenziare, nel senso di intendere la moto come mezzo "unico", dove l'unica specializzazione del mezzo e' proprio nella sua versatilita', cioe' la vera moto "definitiva",quella che ti permette tutto o quasi, che ti porta da casa al deserto o alle sterrate della Sardegna o in punta allo Stelvio!Il difficile o il bello e' trovare la moto giusta che ti accompagni in questi viaggi, potrebbe essere anche un Dominator di vent'anni fa, o un vecchio Transalp, mentre invece si va' sempre alla ricerca dell'ultima novita'o della moto specialistica!
Un'altra cosa che mi ha colpito e' l'osservazione che oggi si va in moto solo per dimostrare qualcosa, magari per far vedere agli amici quanto si e' bravi, con lo spirito di competizione, oppure c'e' la "guerra" o la tifoseria fra le marche o le tipologie di moto, tutte cose che vanno al di fuori dell'idea di andare in moto per godersi la natura....
Meno Internet e piu' Cabernet, ma anche il Dolcetto va bene lo stesso...
Il mezzo non è il fine. Il fine non è il mezzo.
Da quel che leggo, che dici VALCHISUN ... ...è il caso che mi tengo stretta la mia XT 500
Alpi marittime - Massiccio del Mercantour (F)
Il mezzo non è il fine. Il fine non è il mezzo.
La tua Xt 500 e' la "mamma" di tutte le enduro a quattro tempi moderne, ed e' ancora una gran bella "mamma" attualmente, ed e' giusto che te la tieni ben stretta....
Soprattutto se non ti fa' tribolare a farla partire....
Soprattutto se non ti fa' tribolare a farla partire....
Meno Internet e piu' Cabernet, ma anche il Dolcetto va bene lo stesso...
Il mezzo non è il fine. Il fine non è il mezzo.
Come ho gia' detto in passato, l'idea del carrello proprio non mi sfagiola. Al massimo potrei caricarmi in auto una motinaalp ha scritto:Che ne pensate?
elettrica, tipo trial o quelle cose tipo MTB elettriche. Ma una moto deve essere in grado di muoversi sulle sue gambe
(pardon, ruote), magari con tutta la scomodita' del mondo, ma da sola. Probabilmente e' solo una mania (se vado a fare
trekking non ho problemi ad arrivare sul posto in auto), ma mi fa piacere vedere che non sono il solo...
Mappe utenti e motocavalcate/mulatrial
Quartu S.Elena, CA - Pianeta Terra
Honda CRF 230 F Easy Trail '04
I buoni vanno in paradiso, i cattivi vanno fuoristrada
Quartu S.Elena, CA - Pianeta Terra
Honda CRF 230 F Easy Trail '04
I buoni vanno in paradiso, i cattivi vanno fuoristrada
Il mezzo non è il fine. Il fine non è il mezzo.
Sinceramente ...a parte i primi due o tre avviamenti timorosi, iul segreto sta nel rispettare sempre il cd. "rito dell'avviamento", curando il punto del ritorno leva kick nel quale s'avverta un "clack" differente dagli altri
Un mio collega d'Ufficio, al quale trovai nell'85 un'XT 500 verso Livorno, causa diverbio familiare, un giorno cercò d'avviarla frettolosamente
...sul ginocchio destro porta ancora la calcificazione ossea (o esostasi) derivante dalla microfrattura che si procurò sulla rotula, mandata letteralmente a sbattere contro il manubrio dal ritorno "punitivo" della leva kick-starter :l ...e poteva andargli MOOLTO peggio
Però, curriculum delle vittorie a parte, se penso che con una candela ed un paio di puntine (nella peggiore delle ipotesi) torno sempre a casa, me la tengo ben stretta di sicuro ...moto così non ne fanno più
Un mio collega d'Ufficio, al quale trovai nell'85 un'XT 500 verso Livorno, causa diverbio familiare, un giorno cercò d'avviarla frettolosamente
...sul ginocchio destro porta ancora la calcificazione ossea (o esostasi) derivante dalla microfrattura che si procurò sulla rotula, mandata letteralmente a sbattere contro il manubrio dal ritorno "punitivo" della leva kick-starter :l ...e poteva andargli MOOLTO peggio
Però, curriculum delle vittorie a parte, se penso che con una candela ed un paio di puntine (nella peggiore delle ipotesi) torno sempre a casa, me la tengo ben stretta di sicuro ...moto così non ne fanno più
Alpi marittime - Massiccio del Mercantour (F)
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- Messaggi: 2247
- Iscritto il: ven 02 mag, 2008 11:39 pm
- Località: varese
Il mezzo non è il fine. Il fine non è il mezzo.
Valchisun ,condivido pienamente le tue considerazioni riguardanti l'articolo
di Ciaccia.
La moto Totale non esiste se non nella nostra mente e nei nostri desideri.
Il successo del nostro Forum e' dato dalla maggiore sensiblita' e maturita'
di una fetta sempre maggiore dei motociclisti che vedono nella moto non
piu' il fine ma il mezzo.
La competizione e le diatribe tra motociclisti sono create ad arte dagli addetti ai lavori per sensiblizare e indirizzare quella grossa parte di loro
che fatica a collegare il cervello al polso destro.
Pisolmax,tu possiedi il Mito,la madre di tutti gli enduro,ti invidio.
Carlo,tu sei particolarmente fortunato,vivi in una delle regioni piu' belle
de nostro paese e ti e' estremamente facile uscire di casa ed Andare.
Per molti di noi non e' cosi',se vogliamo Andare ci dobbiamo muovere ed
anche molto--ed e' li' che nascono i problemi.
Ciao.
Claudio.
di Ciaccia.
La moto Totale non esiste se non nella nostra mente e nei nostri desideri.
Il successo del nostro Forum e' dato dalla maggiore sensiblita' e maturita'
di una fetta sempre maggiore dei motociclisti che vedono nella moto non
piu' il fine ma il mezzo.
La competizione e le diatribe tra motociclisti sono create ad arte dagli addetti ai lavori per sensiblizare e indirizzare quella grossa parte di loro
che fatica a collegare il cervello al polso destro.
Pisolmax,tu possiedi il Mito,la madre di tutti gli enduro,ti invidio.
Carlo,tu sei particolarmente fortunato,vivi in una delle regioni piu' belle
de nostro paese e ti e' estremamente facile uscire di casa ed Andare.
Per molti di noi non e' cosi',se vogliamo Andare ci dobbiamo muovere ed
anche molto--ed e' li' che nascono i problemi.
Ciao.
Claudio.
Il mezzo non è il fine. Il fine non è il mezzo.
"Andare" sintetizza tutto, piu' di mille parole, credo che sia lo spirito giusto per utilizzare il mezzo da motoalpinismo, o la moto di qualsiasi tipo essa sia...
Meno Internet e piu' Cabernet, ma anche il Dolcetto va bene lo stesso...
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- Iscritto il: gio 14 ago, 2008 9:43 am
Il mezzo non è il fine. Il fine non è il mezzo.
VALCHISUN ha scritto:"Andare" sintetizza tutto..