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Yin yang, o sull'equilibrio

Pensieri, idee, ipotesi e modi di concepire le due ruote in tutte le varie espressioni. Come intendiamo l'andare in moto e perché. Come affrontiamo i miti, i luoghi comuni e i preconcetti che caratterizzano e a volte affliggono il motociclismo
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carlo
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Yin yang, o sull'equilibrio

Messaggio da carlo » mar 22 nov, 2011 8:34 pm

Mi sembra che abbiamo trovato nuova linfa vitale per questa sezione del forum... 8)
Alpina ha scritto:Nella vita tutto è in movimento continuo; la vita stessa è movimento. In essa non può esistere nulla
di statico (forse nemmeno la morte, ma ancora non mi è dato saperlo). Un equilibrio statico è una
volontà senza verità, una forza impositiva, un legame senza amore e distruttivo. Ma arriviamo al
rock & roll se no che palle!!! La forza della moto in tutto questo, è che essa può rappresentare una
metafora perfetta e ben assimilabile, di questi bei concetti astratti. E' qualcosa che ti fa
percepire bene, sulla tua pelle, queste intuizioni e te le mostra in modo leggero e divertente. Cosa
di più efficace?
Quoto solo questa parte perche' mi ha fatto venire in mente un commento di un alpinista (non moto-),
di cui purtroppo non ricordo il nome, che osservava che l'alpinismo e' l'attivita' in cui l'uomo
piu' si avvicina a Dio perche', nell'arrampicata cosi' come in Dio stesso, pensiero e azione
coincidono. E la cosa mi sembra che si possa applicare perfettamente anche alla moto.

Per la cronaca, qualcuno attribuisce la citazione a Messner
( http://www.freeclimbinginsicily.it/phpB ... f78d#p4675 ),
ma sono sicuro che non si trattava di lui (o almeno chi riportava la citazione che ho sentito io la
attribuiva a qualcun altro).

Coincidenza (o serendipita'?), proprio oggi trovo questo in un newsgroup americano, a proposito del
rapporto moto/divinita':
The immensity, solitude, and full range of nature's beauty in the Sawtooths (Sawteeth?) have to
offer is a little outside most of y'alls frame of reference. To say nothing of the off-the-hook
bitchin' riding. Like you said before, worth a trip from anywhere. God trail rides in the
Sawtooths. I know because I've seen him several times there...never had a chance to talk, right
after I said "Oh, God", he just put me back on the trail in one piece or brought me to a safe stop
in the middle of some boulder field on the edge of a cliff, and then was gone. Rides a pristine old
Monarch. Wears Thor gear. Great guy.
Se trovo un attimo di tempo la traduco...
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vajmax
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Yin yang, o sull'equilibrio

Messaggio da vajmax » ven 13 apr, 2012 8:56 am

cito dal primo post dell'admin:
In questa sezione abbiamo spesso affrontato dei dualismi. Il piu' discusso e' forse l'intendere la moto come fine o come mezzo.

Il Tao (simbolo dello Yin e dello Yang) è "non duale". È errato confonderlo col dualismo, perché yin e yang trovano sintesi nella centralità dalla quale originano le opposizioni che divengono complementarità, su un piano più elevato di osservazione, per poi trovare la loro sintesi nella ricostituzione ciclica che è identificazione alla loro ragione d'essere prima e ultima. Il Taoismo è dottrina metafisica e, come tutte le visuali che la metafisica rappresenta, è non duale e non è un insieme di ipotesi umane che tentano di spiegare l'esistenza, ma costituisce la consapevolezza, immediata e diretta, delle leggi universali che ordinano l'esistenza.
È anche necessario ricordare che mezzo e fine non costituiscono un dualismo perché non si trovano in opposizione tra loro. Quando i mezzi e il loro fine sono sullo stesso piano di realtà sono ordinati tra loro gerarchicamente e il fine comprende i mezzi includendoli in sé. Non si tratta più, dunque, di opposizione né di complementarità, ma di un'inclusione che è comprensione. Se, diversamente, il mezzo non fosse sullo stesso piano di realtà del fine al quale vorrebbe tendere... allora questa differenza di piani sarebbe prova dell'insussistenza di un rapporto reciproco e, quindi, non costituirebbe una dualità. Per esserci dualità è necessario che una opposizione sia stabilita sullo stesso piano, e questa opposizione, all'apparenza inconciliabile a un certo livello, quello sul quale la presenza di un componente escluderebbe (ma mai totalmente) la presenza del suo oppositore (o è bianco oppure nero), diviene complementarità quando i due elementi dell'opposizione sono conciliati nel medesimo punto di equilibrio, e quest'ultimo rappresenta la maturazione della condizione necessaria a che si attui il reintegro nell'unità dalla quale tutte le opposizioni nascono e si esauriscono per evolvere a livelli superiori di realtà che si attuano partendo dalla centralità del piano orizzontale appena concluso, percorrendo in elevazione la verticale che congiunge quel piano di realtà a quelli che gli sono o superiori o inferiori, secondo la legge della spirale, modulo del movimento al quale l'esistenza è sottomessa.
Per concludere devo ricordare che se è vero che nell'esistenza tutto è sottomesso alla legge universale che impone al tutto il movimento, che è incessante cambiamento, la stessa legge, principio universale che impone il cambiamento, non è soggetta al mutamento in quanto causa e principio del mutamento. Se a propria volta questa legge cambiasse la vita si fermerebbe e, con essa, anche la mia moto... :D

Farò un esempio attraverso una opposizione molto comune:
1° polo) Il fine è dato dall'insieme dei mezzi funzionali al suo raggiungimento.
2° polo) Il fine giustifica i mezzi atti al suo raggiungimento.
Queste due divergenti interpretazioni attorno al fine e ai mezzi rappresentano due opinioni in contrasto tra loro, dunque una opposizione.
Entrambe queste visioni sono imperfette, perché la prima confonde i mezzi col loro fine che è superiore ai mezzi in quanto loro sintesi conclusiva, mentre la seconda interpretazione ha il limite di separare mezzi e loro fine elidendo ogni legame necessario al che il fine sia raggiunto attraverso mezzi che ne rispettino la natura.
Come si vede l'opposizione non è tra fine e mezzi, ma consiste in due interpretazioni inconciliabili perché entrambe errate. In realtà i mezzi sono elementi associati che devono concorrere al raggiungimento di un fine comune che è loro distinto e superiore e non può essere negato dai mezzi utilizzati al suo raggiungimento.
Incantato è bello solo se non si è la manopola del gas...

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Ernesto
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Messaggio da Ernesto » mar 17 apr, 2012 1:18 am

OK vajmax, d’accordo, perfettamente condivisibile (ammesso che ti abbia capito ;) )
Tento di parafrasare in termini di esperienza motociclistica (in fondo siamo pur sempre in un forum del tassello…), inventata ma non tanto.

Dunque, immaginiamo di essere in una mattina di Maggio, l’aria e’ ancora fresca e rugiadosa, e sto percorrendo al piccolo trotto una carrareccia in un bosco pedemontano. Mi cade l’occhio su di un sentiero laterale che non avevo mai notato, e per qualche motivo mi sento attratto. Ho un'ora di tempo a disposizione e lo imbocco. La strada sale con pendenza dapprima dolce, attraversando porzioni di bosco sconosciute, in cui filtrano appena i raggi del sole.
Poi il sentiero si stringe e si inerpica con decisione. Un filo di ansia (sono solo, dove mi sto andando a cacciare? ce la faro? c’e’ campo?) ma il respiro e’ buono, la giornata e’ splendida e sembra infondere energia a sufficienza. Il tiro della moto comincia a farsi sentire sulle braccia, la ruota posteriore scarta su pietre smosse e rami secchi, ma poi riprende aderenza e mi porta su. Il sentiero diventa un riflesso istintivo che serpeggia attorno al canale scavato dalle pioggie, dove arcigni pietroni affiorano dal tappeto di foglie e mi invitano a fare una sosta presso di loro. Io ringrazio ma preferisco tirar dritto (si fa per dire).
Ogni energia e’ mobilitata, tutti i sensi sono all’erta, contemplo i maestosi rami bassi che riaffermano i loro diritti sul sentiero, e rispettosamente li evito. Ma mi chiedo quanto potro’ resistere, che di posti buoni per una sosta se ne vedono pochi. Ho gia’ la lingua penzoloni quando la pendenza comincia a ridursi, gli alberi si diradano e trasformano in arbusti, poi in prato montano irto di cardi e di aromatiche.
L’orizzonte esplode e mi trovo in cima, re di un mondo nuovo circondato a distanza da altri mondi simili, ed altri e altri ancora che sfumano nella lontananza. Spengo la moto e anche il tempo per un po’ si spegne, resto li a contemplare il creato, con i piccoli “tic” del motore che si raffredda a farmi compagnia. La prospettiva insolita rende nuovo e affascinante un territorio che credevo di conoscere come le mie tasche.
Un occhio al GPS mi convince che posso arrivare a destinazione senza tornare indietro, anche se l’unica traccia che vedo e’ quella che ho lasciato io, fortunatamente sullo schermo e non sul terreno.
Quando arrivo a casa ho ancora qualche pezzetto di cielo negli occhi, ed una riserva di energia che mi bastera’ per una settimana.

Immagine

Fine del film. Dibattito.
Non è la prima volta che mi trovo a ragionare della moto come strumento di "magica" composizione tra apparenti dualismi, ma se in questo vecchio post la cosa appariva in termini quasi metafisici, qui ci muoviamo su di un terreno più esperienziale.
Il mezzo ed il fine non sono disgiunti ma complementari: benissimo, mi sentivo un po’ ipocrita a dire che il mezzo non conta, che arrivar li su a piedi sarebbe la stessa identica cosa. Andar per monti a piedi va benissimo, lo faccio spesso, ma e’ un’altra cosa. A parte il fatto che la serendipita’ a piedi, quando hai solo un’ora di tempo, non puoi mica tanto permettertela.

Tornando al tema la differenza sta’ nel fatto che l'esperienza che ho descritto è tale proprio in quanto fatta con la moto. Non perché essa prevalga sul fine, che è pur sempre immergersi nella natura e apprendere da essa, ma perché la natura della moto (scusate il bisticcio) crea delle dinamiche che rendono unica l'esperienza sensoriale ed emotiva. Sembra apparire una nuova forma di intelligenza (vogliamo chiamarla moto-cinestetica...?) che consente nuove interazioni con la realtà. La moto non amplifica le nostre percezioni, non solo almeno, ne crea di nuove, generate da uno strano sensore fatto di gomma, acciaio, plastica, alluminio, tessuto, pelle, muscoli, ossa, ricordi, emozioni....

Il mezzo non può fare a meno del fine: se per ipotesi un tracciato simile fosse riprodotto a titolo di palestra in una cava abbandonata l'esperienza ne risulterebbe quanto meno banalizzata.
Ma l'equilibrio può rompersi anche in modi più sottili, ad esempio trascurando il mezzo, che si vendica lasciandoci a piedi, o sovra-enfatizzandolo, magari indulgendo in atteggiamenti agonistici e fracassoni.
Il risultato è comunque un rapido degrado della qualità dell'esperienza. Siamo ancora sul sentiero, ma siamo usciti dal Tao. Ciao.

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Messaggio da vajmax » mar 17 apr, 2012 7:10 am

È difficile parlare del Tao, perché è detto che quando si tenta di darne una definizione... quella data non è mai corrispondente al Tao. Il Tao è il punto privo di estensione, centrale all'essere e simbolo del Non essere, il Tao è la rappresentazione del silenzio che tutto conosce e che non può essere detto, ma solo ascoltato. Esso è nella consapevolezza che si arricchisce quando capisce di essere il mezzo e il fine. L'intelligenza, per essere consapevole e non semplicemente cosciente di esserci, deve avvicinarsi all'universalità delle sue possibilità, ma per farlo deve scansare, superandone le costrizioni e gli obblighi, il piano individuale su cui si compiace di stare. Le tensioni a cui la vita ci espone mettono alla prova tutto di noi, ma quale soddisfazione, quale pienezza può essere paragonata al conoscere le ragioni del tutto attraverso la perfetta conoscenza delle leggi che ordinano il tutto? Nella danza attraverso la quale un essere osserva se stesso in relazione al mondo, guarda valutando le proprie reali intenzioni e decide di scegliere l'armonia del mondo come fosse un diapason per accordare la propria armonia interiore, per disporsi non solo a capire la volontà di un Cielo misterioso, ma anche a metterla in pratica offrendo se stesso al Cielo, regalandosi agli uomini e sviluppando la pazienza sorridente che tutto comprende, in quella danza ognuno deve estrarre i propri valori, e questi devono poter abbracciare tutti gli esseri, aiutando coloro che stanno più in basso ed essendo disposti a essere aiutati da chi è più avanti nella ricerca della perfezione. La prima cosa da imparare dall'esistenza, per comprendere le ragioni dell'esistenza, è l'amore per la Verità, prima di ciò che si è veramente e poi di quello che si potrebbe riuscire a essere.

Il Tao è la rappresentazione simbolica delle leggi universali che regolano la Via verso la perfezione. In questo loro essere universali i princìpi nulla si lasciano sfuggire, dunque può accadere di spingere i propri passi fuori dalla Via della Verità, tuttavia anche nel commettere errori si resta nella via, perché la Via è, prima di ogni altra cosa, Libertà, dunque anche libertà di scegliere l'errore. Errore che sperimentato porterà al suo poter essere riconosciuto creando, in questo riconoscimento, le condizioni per poter rientrare coscientemente sul sentiero giusto adatto a ognuno di noi. L'Assoluto, del Quale il Tao è la rappresentazione, simbolica e muta, delle Sue leggi universali, tutto può tranne che contraddire Se stesso, e l'Assoluto è Libertà assoluta che si manifesta nella realtà relativa concedendoci di decidere per noi stessi, liberamente, cosa essere.
Incantato è bello solo se non si è la manopola del gas...

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Yin yang, o sull'equilibrio

Messaggio da alfista1974 » mar 17 apr, 2012 11:14 pm

Io francamente non mi intendo molto di filosofie orientali ... ma ho ben presente il rapporto di conflitto equilibrio di cui si parla in apertura !
Lo vivo sempre .... ogni volta che salgo in moto ... la accendo ... sento il motore ... annuso l' odore dello scarico !
Oggi sono andato a farmi un giretto giusto per riabituare la spalla dopo la lussazione ... di tutti i problemi che un padre/marito può avere in tempi di crisi nera come questi pensavo ... sono partito da casa senza una meta - è un' ora che giro - sto bruciando benzina per niente ... per contro ragionavo su un fatto assolutamente personale ed indiscutibilmente vero ... STAVO BENE !!! ERO IN PACE !!! PERCHE' LA MOTO MI DA PACE !!!
Mentre entravo nella Val dei Mulini ( post dei miei dello scorso anno ) MI SENTIVO PARTE DI TUTTO QUELLO CHE AVEVO ATTORNO ... e questo non solo mi da gioia ma allevia tutto quello per cui lavoro e soffro ogni dannatissimo giorno !!!
Penso ( passatemi la satira politica per carità ) che in sella alle nostre moto ogni uno di noi può ancora guardare i suoi MONTI dall' alto !
Pace ai filosofi .
Vecchio arrampicatore in cerca di amici

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