Finalmente sono riuscito a prender su uno dei miei ferrivecchi e a farmi qualche ora in sella.
Ovviamente pioveva, governo ladro! Ho preso talmente tanta acqua questa primavera, andando al lavoro in moto, che a momenti mi crescono le branchie sotto al casco…ma tant’è, andare in moto è un piacere, anche sotto la pioggia.
L’uscita è stata all’insegna del testing di nuove attrezzature, GPS e valigie in alluminio; inoltre aveva carattere esplorativo - documentario, in vista di grandi eventi.
In realtà è stata all’insegna dello svacco, se vogliamo essere più sinceri! Tra gomme lisce, persecuzioni anti moto sui sentieri della Valleogra, esaurimento psico-fisico-motorio del vecchio SuperHank (cioè io!) praticamente ad un passo dalla geriatria, mi riducevo a percorrere la sterrata del Riofreddo col 750, calzando pedule da montanaro e col grappino nel taschino .
Dicevo a carattere esplorativo – documentario; infatti volevo verificare alcune strade in vista di un evento che sta organizzando il mio amico Massimo_s, il Dualissimo S.
http://www.endurostradali.it/forum/view ... =18&t=5431
Il famigerato D-Isruttore enduro vorrebbe fare un giro only dual sport, niente moto racing, mischiando sterrati facili e belle strade asfaltate a cavallo di Trentino e Veneto.
E io, ligio al dovere, parto in missione esplorativa, con tutta la dotazione d’ordinanza.
Adoro queste montagne così selvagge ed inospitali.
Tipici indigeni locali.
A voi la Cagiva Formula Rally Raid!
LA MOTO DEL LATTAIO
Questo il commento di mia moglie al vedere le valige ultimate e montate sul 750!
Ponte sul Riofreddo.
Prima fu solo la costruzione di un telaio applicato al posteriore della moto, su cui appoggiare e legare la coppia di borse morbide, a bisaccia, stile cow-boy del tassello.
Poi fu la tentazione di costruire delle valige in alluminio alla tedesca, come i grandi globetrotter d’oltralpe.
L’opera è praticamente conclusa; il principale lavoro ancora da fare è la costruzione di staffe a forma di “L” rovesciate, che hanno la funzione di scaricare il peso del carico su tutto il tubolare del telaio reggi borse.
Ora le valigie sono fissate al telaio con 4 bulloni avvitati a dei morsetti, a pieno carico credo che forzerebbero troppo bulloni e morsetti, col rischio di romperli. Inoltre le staffe a “L” sono una ulteriore sicurezza in caso di rottura dei bulloni di sostegno.
Posso però già elencare vantaggi, svantaggi e conseguenze di questa modifica al mezzo.
Vantaggi:
-Al lavoro faccio scattare la fotocellula di apertura automatica del cancello (legge il mio passaggio come quello di una auto!).
-tra bauletto e valigie laterali, ho la capacità di carico del Titanic, posso partire per la Mongolia con tutto il necessario.
Svantaggi:
-Non partirò mai per la Mongolia.
-La moto è larga come un tir (per la cronaca 1 metro!).
-In frenata la pressione dell’aria sui bauli fa un effetto paracadute stile “ammaraggio Apollo 13”.
-Non riesco più a slalomare tra le auto in coda ed ad avanzare nella mezzeria della strada.
-Mi sono incastrato nel cancello scorrevole dei miei genitori.
-Ho parcheggiato in mensa nel posto riservato alle moto e mi sono incastrato fra la mia e lo scooter a fianco, non riuscivo più ad uscire!
-I capi e colleghi mi prendono per il culo.
-Mia cognata ha detto che sembro il ragazzo delle pizze a domicilio.
-Mia moglie ha detto che sono bruttissime e che sembra una moto ambulanza, oppure la moto per la consegna del latte.
-I vigili mi fissano mentre passo.
Costi sostenuti:
100 € per il telaietto reggi borse.
65 € per l’alluminio
50 € per il lavoro di saldatura
40 € circa in ferramenta per bulloni, morsetti, maniglie, serrature
Totale 255 €…andate a vedervi il sito touratech per un confronto prezzi, o il listino del kit valigie del nuovo Tenerè si arriva a spendere 4 volte tanto!
Ringraziamenti:
Biccego e f.lli Ballico, per telaio reggi borse e saldatura valigie.
Diego, per procurate lamiere e relativo taglio.
Mia mamma, per la verniciatura del telaio.
Vista di dietro; non avete idea di cosa riesco a metterci dentro, a quei cosi!
Particolare degli attacchi.
L’estetica è il suo forte, soprattutto la ricercatezza di alcune finiture.
Particolare dell’attacco del telaio reggi valigie alle pedane passeggero.
RIOFREDDO
.
Siamo a giugno, sono vestito come un esploratore polare e i fiumi sono in piena: tutto OK?!?
Nessuna annotazione nel percorrere la famosa sterrata, probabilmente la più lunga e bella del Vicentino, fra quelle permesse.
Salgo tranquillo; le gomme del 750 sono esageratamente lisce, basta accelerare più del dovuto sul duro fondo sterrato e la moto patina e si imbarca.
L’aria è fredda, la pioggia inzuppa guanti e pedule, con una fastidiosa sensazione di freddo.
Le contrade sono spopolate, pochi i rientri del W-E con un tempo simile; le malghe sono aperte, ma pure le vacche, di solito numerose lungo la strada, sono rade, una ogni tanto.
Non un incrocio con moto, auto, bici, pedoni, magnifica sensazione di essere soli, zero rompi co…ni attorno!
Rear…
Front.
Monte Tormeno.
Monte Priaforà.
Scollino alla sella di Valbona; mi piacerebbe salire al vicino Campomolon, per fare alcune foto al forte; ma una rete rossa a strisce da edilizia blocca parzialmente il passaggio, un cartello annuncia lavir straordinari di consolidamento del forte, neòl’ambito di un recupero dei manufatti della Grande Guerra. Un furgoncino è parcheggiato sotto al forte, abbandono a malincuore l’idea e ripiego sulla solitaria cima del Toraro.
Percorro le ampie volute della strada asfaltata che conduce alla sommita del Toraro, sempre più fagocitata dal lento scivolamento a valle di massi e detriti, il freddo è sempre più freddo, finchè mi accorgo che non è più acqua quella che scende dal cielo, ma sta favillando neve, neve a metà giugno!
E così termina la strada, in un anonimo piazzale di detriti, quasi a 1.900 metri di quota.
Il GPS lo conferma, 1.886 m.l.m..
Ne ho parlato in altri racconti, ma non posso fare a meno di manifestare ancora una volta il mio stupore per quello che è successo sulla cima di questo monte.
La punta stondata di questo immenso monte a forma di panettone che è il Toraro era occupata, fino ai primi anni del 2.000, dai ruderi di una base N.A.T.O. costruita dopo la Seconda Guerra Mondiale, e credo abbandonata negli anni 80.
C’era una caserma, garitte di controllo al perimetro, alcuni tunnel sotterranei che raggiungevano il piazzale sulla vetta, non so adibito a che uso, se postazione di armi missilistiche o più probabilmente centro radar o telecomunicazioni.
Nei primi anni 90 era una meta frequente dei miei giri in moto, grazie alla strada non così ostica ic portai anche amici con la Vespa:

Ingresso postazione Cima Toraro, primi anni 90

Ex caserma Cima Toraro, primi anni 90.
Nulla, ora non c’è più nulla, tutto raso al suolo; rimane una strada asfaltata che termina sotto 2 solitarie croci, pietrame schiacciate dai buldozer, un paio di piazzale, qualche ferro affiorante dal terreno.
Una opera di bonifica ammirevole, senz’altro, ma quelle rovine avevano il fascino segreto delle opere militari, mi dispiace che non esista più!
Ultima neve invernale sulle pietre…
…e faville estive sui mughi.
Novegno
E Pasubio innevato.
Neve cristallizzata sulla croce del Toraro.
Vanga in dotazione alle forze N.A.T.O.; mi sa che i soldati quassù avevano più a maneggiare vanghe e badile contro la neve che fucili per allenarsi alla guerra!
Pronti per la discesa?
Ancora Pasubio innevato, ed impianti da discesa di Fondo Grande-Piccolo.
Il mio off-road si concludeva dalle parti di Folgaria; esploravo i dintorni della cittadina cercando spunti per il Dualissimo, ma mi trovavo sempre di fronte sconfortanti cartelli di divieto.
Percorrevo una interessante stradina asfaltata fino alla frazione di Guardia, e da li salivo a Serrada e giù in val Terragnolo.
La pioggia si era oramai rinforzata, mi passava pure la voglia di fotografare. Il ritorno per il passo della Borcola che, sebbene asfaltato, ha ancora un po’ del fascino delle vie impervie e difficili: stretto, pieno di curve, lontano da paesi, contrade.
19 tornanti mi facevano scendere in Val Posina, e quindi a casa per il fondovalle.
Ciao
Alves