
Dove? Musieri – Tagli dell’Argenteria – Torrente San Pietro - Fiumara di Melito
Due sonnambuli a passeggio. Entrambi abbiamo fatto le ore piccole, per motivi diversi: Igino se l’è spassata in giro per i locali della Reggio-By-Night fino alle tre di notte, io sono rimasto sveglio per aspettare che si facesse l’una e mezza per andare a recuperare le figlie che erano andate ad una festa di 18 anni di una loro amica. Il tempo di accompagnare a casa anche altri due amici e mi sono coricato alle due. Ma cosa ho fatto fino all’una e mezza? Ho lavorato per voi finendo, finalmente, un report che avevo iniziato da tanto tempo.
Era da tempo che studiavo un percorso con qualche passaggio nuovo. La zona doveva essere a mezzacosta sullo Jonio (motivi di temperatura!). Ma in questo periodo sono tutti in settimana bianca, qualcuno sta a Gambarie per lo snowboard contest a fare il soccorso alpino, qualcun altro è a Milano per un convegno, qualcun altro ancora ha la morosa fresca…

Fra una cosa e l’altra, sabato mattina ci diamo appuntamento per le 10.15 ma riusciamo a vederci alle 11 allo svincolo di San Gregorio. Oggi ho intenzione di far conoscere a Igino qualche pezzo nuovo, mi sento emozionato come immagino possa sentirsi un musicista che propone per la prima volta un nuovo brano al suo editore discografico.
La prima destinazione è Musieri (700m slm). Risaliamo una fiumara prima di arrivare alla base della “nostra vera ragione”, il motivo per cui siamo usciti oggi (almeno così credevo!). In effetti, riflettendo fra me e me, mi rendo conto che all’interno di un’uscita in moto, fuoristrada, c’è un “punto topico”, un luogo cruciale, il focus della giornata, quel posto intorno al quale hai fatto ruotare tutta la motocavalcata.

Si può arrivare a Musieri da tre strade: una asfaltata e due sterrate. Escludendo a priori la prima ne rimanevano due, una delle quali franata, ma di brutto(!). Non c’era via d’uscita: puntiamo sulla nostra unica possibilità: la mulattiera che da 400m slm si impenna su una pietraia dissestata, caratterizzata da qualche tratto a trabocchetto (canali di scolo per le acque piovane), solo poche centinaia di metri scorrevoli su una mulattiera di 5-6 km. Per lo più un insieme di grosse pietre aguzze messe lì “apposta” da qualche motoalpinista masochista. Già, perché con un enduro, dalle forcelle morbide e lunghe, si sale tranquilli. Per la mia piccola Alp vi assicuro che è come fare un’ora di vibratore!
La foto in alto può farvi capire l’ ”entità del problema”. Ci siamo inerpicati lungo il pendio in un salitone in contropendenza (della serie se scivoli a valle sei spacciato!), roba da fare rizzare i capelli (ma io non ne ho!!!). Il punto d’attacco di questa mulattiera (come potete vedere in corrispondenza della leva della frizione del Beta RR 400) ci ha sempre dato qualche problemino. Ricordo quella volta con Carmine che, affrontandolo da monte, non è riuscito a controllare l’avantreno del quad che ha cominciato a perdere il controllo scivolando verso valle. L’ottimo manico di Carmine ha lavorato di controsterzo derapando in maniera via via sempre più controllata fino a reimmettersi sulla mulattiera in un punto più a valle, proprio dietro la curva a gomito.
Anche con Tino e il suo XR 450 non è stato facile il passaggio. Ci vuole sempre molta prudenza, specie se hai la moto alta e pesante e la tua statura non è gigantesca.

I saltelli sugli spezzoni di roccia facevano perdere l’aderenza e l’anteriore spesso andava dove preferiva lui (magari proprio sullo spigolo sbieco del puntone di roccia successivo). Ogni tanto ti soffermavi a guardare giù e il burrone ti faceva ricordare di essere prudente, viaggiando rasente il più possibile al lato monte.
Attraversiamo antichi poderi ormai abbandonati dall’incuria dei nuovi proprietari. Gebbie semidistrutte dal tempo, grandi vasche per la raccolta dell’acqua piovana. Canaloni di scolo per le acque che sono ormai intoppate da decenni e hanno creato barriere naturali al passaggio del bestiame lungo il tratturo su cui, a metà della salita, stentiamo a procedere.

Trovo sempre una buona scusa per fermarmi: “il posto è magnifico, c’è uno splendido panorama. Facciamo una foto?” E così riprendo fiato. E, ovviamente, anche Igino che, come al solito, si fuma la sua ennesima sigaretta. Siamo tutti e due spacciati oggi! Specialmente Igino che ieri è stato investito sui campi di neve da un suo amico con lo snowboard: era tutto indolenzito al fianco (nota da ricordare!!!).
Le soste, oltre a darci la possibilità di recuperare energie, ci permettono di immergerci nel paesaggio, incredibilmente selvaggio. Di qui passiamo solo noi, la larghezza di alcuni passaggi è inferiore ai 60 cm., troppo poco anche per le piccole Suzuki. Guardiamo lontano. Da qui lo sguardo è facile che guardi lontano. Qui non ti soffermi sulla attrezzatura della tua moto né sulla tecnica di guida. Sei un animale nel suo ambiente naturale, riscopri finalmente la tua “anima sensitiva” (scusate il riferimento ad Aristotele).

Lo sguardo perso verso il mare è il tipico atteggiamento di chi si avventura da queste parti: serve per orientarsi. Come è possibile vedere in cartina (in alto), individuando la posizione dell’Etna o dei monti più alti della costa jonica sicula, si riesce a capire dove ci si sta muovendo. Molto importante pure, è individuare la posizione dei crinali che da Montalto scendono a valle fino ad arrivare sulla costa. Ci si orienta con essi perché fra due catene di monti degradanti c’è una fiumara con i suoi piccoli afferenti.

Igino che è della zona, a poco a poco comincia ad orientarsi sulla posizione della mulattiera rispetto ai crinali che ci circondano: riconosce Allai, borgo di poche anime sull’altro versante della montagna. Arrivati a Musieri ci riposiamo un po’, acqua per me, sigaretta per Igino e riprendiamo decidendo di infilarci per un sentiero che nessuno dei due aveva mai fatto prima (serendipità!!!).
Toppiamo il primo. Torniamo indietro e cerchiamo un’uscita alternativa prendendo una deviazione. A mano a mano che vai e il sentiero si allarga e diventa carreggiabile, prendi fiducia nel fatto che quella strada ti porterà di sicuro da qualche parte. Dove? Nel momento in cui ci affacciamo verso il mare, proprio dopo una curva a U ecco l’illuminazione: tutti e due avevamo già percorso il sentiero ma a ritroso e, perciò, non eravamo riusciti a riconoscerlo subito.

Siamo a Nord di Fossato, un paesello che sopravvive di agricoltura. Si produce dell’ottimo vino e la sua acqua e fra le migliori della zona. I ragazzi del posto vanno alle scuole giù, sulla costa. Ogni giorno si svegliano prestissimo per prendere la corriera che poi li riporterà a casa a pomeriggio inoltrato. In inverno, col buio che fa presto, si mettono a studiare (i più volenterosi), poi alla TV e la giornata è finita.
Tempo fa, in questa zona, ho incontrato una pastorella che pascolava il suo gregge di pecore. Era seduta con qualcosa in mano, pensavo qualcosa da mangiare. Non ci ho fatto caso, ero colpito dalla bellezza del paesaggio e osservavo una mandria di buoi che si avvicinava minacciosa. A un tratto sento urlare: “Prof, che fa qui?” Era Mimma la pastorella, e aveva in mano un libro. Approfittava per studiare mentre il gregge pascolava. Mimma era una fra le migliori allieve che abbia mai avuto, appassionata di Gauss (il teorico della distribuzione normale), di Merilin Menson (la rock star super metallara diabolicamente trans) e di Medicina (ora sta per laurearsi). La mattina a scuola, fra deviazioni standard, pensieri cirenaici e calcolo del I.Q., al pomeriggio in transumanza sulla colline sotto Santa Venere. Incredibile ragazzi!

Il mio compagno d’avventura ha freddo! Si è vestito da crossista: maglietta traforata con scritte varie. Il motoalpinismo è alternanza di freddo e caldo: quando corri in superstrada il vento rigido ti massacra, quando ti arrampichi lungo la mulattiera devi fare attenzione a centellinare lo sforzo per non cominciare a sudare, sennò son guai. Abbandono, quindi, il mio progetto originario di approcciare la neve (secondo focus della giornata!) e così decidiamo di lanciarci a mezzacosta.

Lungo i sentieri collinari, fra i 400 e i 600 m. slm, la temperatura è decisamente più tiepida. Siamo scesi di quota. Avevamo raggiunto gli 850 m dei Tagli dell’Argenteria con boschi di pini e abeti. Adesso ci avviciniamo ad una zona più calda dove gli ulivi prendono il sopravvento sull’altra vegetazione. La via principale è una comoda carrareccia con un lato esposto al burrone. Si potrebbe andare veloci ma la prudenza ci dice di mantenerci sempre aderenti al lato monte.

Il cielo è di un azzurro intenso. E’ questo il colore che preferiamo. Più in là, più in alto, nuvoloni plumbei scavalcano le alte vette di Monte Basilicò. Nubi di cattivi presagi, nubi piene d’acqua. Dove siamo adesso fa caldo e salire lungo pendii ripidi, sentieri di servizio interpoderale, comincia a farci sentire ancora di più la stanchezza della notte in bianco. Ogni tanto imbuchiamo nuove vie. Ogni tanto queste vie ci portano in altri luoghi. Ogni tanto da nessuna parte. E allora ci fermiamo, un sorso d’acqua e si torna indietro.

Delle volte lo intuisci lentamente. La progressiva consapevolezza di comprendere dove stai andando, quali sono le reali probabilità che riuscirai a uscirne fuori da quel groviglio di sentieri. La divergenza, quando si allarga piano piano la strada davanti a te, ti fa illuminare. Capisci d’improvviso che spunterai da qualche parte. La convergenza, viceversa, il chiudersi lento della strada che hai davanti, non porta buoni auspici. Prima o poi finirà nel nulla, proprio come quello che abbiamo fotografato qui sotto.

Poco male, un sorso d’acqua, un po’ di riposo e ripartiamo alla volta di Taglio di Crivani. Ma non per la solita carrareccia. Decido di risalire il Torrente San Pietro. Non l’ho mai fatto se non per un breve tratto. Chissà se riusciremo ad allacciarci a Taglio Musolino?! L’acqua scorre abbastanza velocemente lungo il letto del torrente e, quando non abbiamo dove spostarci lateralmente, siamo costretti a guidare immersi controcorrente. Per fortuna, l’acqua non è alta. Viaggiamo in un canion fra alte pareti di terreno friabile. Qui le frane sono di casa ad ogni pioggia un po’ più abbondante del solito. Saliamo, saliamo, fino a dove possiamo. Poi, come è naturale, torniamo indietro, dopo aver chiesto agli agricoltori del posto se c’è qualche tratturo o qualche mulattiera che possano condurci fino al Taglio di Crivani, a oltre 1000m di quota.


Scendiamo a valle, abbandonando l’idea di ricollegarci a Taglio Musolino. Corriamo felici in mezzo al verde della vegetazione. Qui sembra cominciata la primavera e i colori sono come impazziti. Cocktails di profumi attraversano le nostre narici, odori forti, di ulive, di mandarini, di limoni e di arance.
Entriamo nella Fiumara di Melito e la percorriamo verso valle lungo il suo letto. E’ la prima volta per tutti e due. E’ stata ricoperta, a valle, una briglia e così, si può scivolare lungo il letto dove prima era interrotto da un precipizio di oltre tre metri di cascata.



La giornata si conclude nei pressi di Chorio, luogo che ha dato i natali al Santo Padre Catanoso. Un po’ per gioco, Igino si arrampica sulle dune di brecciolino portato a valle dalla fiumara, piccoli detriti mobili. Il suo RR 400 fa i capricci per un attimo: si spegne proprio mentre è in cima ad un montarozzo e, ovviamente, il nostro eroe casca per terra andando a peggiorare la situazione già creata ieri dal suo amico con lo snowboard. I dolori al fianco sono continui e decidiamo, prudentemente, di prendere l’asfalto e rientrare velocemente a casa.
P.S.: Sembra che l’incidente non abbia avuto esiti gravi. Una borsa di ghiaccio per tutta la domenica e un po’ di riposo sembra che dovrebbero bastare per riportare il nostro eroe di nuovo in forma, pronto a lanciarsi nella prossima avventura coi suoi strani compagni di viaggio.
Alla prossima…