Ci mancherai. Ci mancherà il Poeta. Ci mancherà il difensore dei nostri paesaggi.
Ma a farci compagnia e a guidarci ci hai lasciato un bene immenso:
la tua Poesia.
Ciao,
Riposa in pace.
Pieve di Soligo, 10 ottobre 1921 – Conegliano, 18 ottobre 2011

http://it.wikipedia.org/wiki/Andrea_Zanzotto
http://it.wikipedia.org/wiki/Opere_di_Andrea_Zanzotto
Ormai
Ormai la primula e il calore
ai piedi e il verde acume del mondo
I tappeti scoperti
le logge vibrate dal vento ed il sole
tranquillo baco di spinosi boschi;
il mio male lontano, la sete distinta
come un'altra vita nel petto
Qui non resta che cingersi intorno al paesaggio
qui volgere le spalle.
(Da Dietro il paesaggio)
Andrea Zanzotto e il "Quartiere del Piave"
Il molinetto della Croda
Marotei, de matina bonora - Mucchietti di fieno, la mattina presto
Grune de fen / Mucchi di fieno
che i par bar - che sembrano cespugli
color de fer - colore del ferro
qua e là - qua e là
pa’ i pra - per i prati
rasadi de rossada - rasi di rugiada
stech e fii - stecchi e fili
de erbete - di erbette
ingattiade strigade - arruffate stregate
deventade storte - diventate storte
deventade morte - diventate morte
deventade sgonfie - diventate gonfie
deventade stonfe - diventate zuppe
deventade deventade deventade - diventate diventate diventate
Ritratti - Andrea Zanzotto
La conversazione si svolge attorno a tre temi fondamentali: la natura, la lingua e la storia.
Un passaggio mi ha particolarmente colpito, (video 4:48 a 5:27),
quando "parla della neve, della "neve benefica", "candore fuori del tempo".
Andrea recita un verso di una sua poesia:
"mai mancante neve di metà maggio, chi vuoi salvare?"
e intanto vediamo il profilo di sali e scendi delle sue montagne,
le montagne visibili aldilà delle finestre della cucina di casa sua.
E allora quel verso diventa:
"Mai MaNcaNte NeVe di Metà Maggio, chi Vuoi salvare?",
laddove il profilo delle lettere descrive immaginificamente quello delle montagne e viceversa,
in un gioco di rimandi analogici che rende visibile la poesia."
http://www.volipindarici.it/pretesti/le ... /zanzotto/
Sì, ancora la neve

Che sarà della neve
che sarà di noi?
Una curva sul ghiaccio
e poi e poi... ma i pini, i pini
tutti uscenti alla neve, e fin l'ultima età
circondata da pini. Sic et simpliciter?
E perché si è - il mondo pinoso il mondo nevoso -
perché si è fatto bambucci-ucci, odore di cristianucci, perché si è fatto noi, roba per noi?
E questo valere in persona ed ex-persona
un solo possibile ed ex-possibile?
Hölderlin: "siamo un segno senza significato":
ma dove le due serie entrano in contatto?
Ma è vero? E che sarà di noi?
E tu perché, perché tu?
E perché e che fanno i grandi oggetti
e tutte le cose-cause
e il radiante e il radioso?
Il nucleo stellare
là in fondo alla curva di ghiaccio,
versi inventive calligrammi ricchezze, sì,
ma che sarà della neve dei pini
di quello che non sta e sta là, in fondo?
Non c'è noi eppure la neve si affisa a noi
e quello che scotta
e l'immancabilmente evaso o morto
evasa o morta.
Buona neve, buone ombre, glissate glissate.
Ma c'è chi non si stanca di riavviticchiarsi
graffignare sgranocchiare solleticare,
di scoiattolizzare le scene che abbiamo pronte,
non si stanca di riassestarsi
- l'ho, sempre, molto, saputo -
al luogo al bello al bel modulo
a cieli arcaici aciduli come slambròt cimbrici
al seminato d'immagini
all'ingorgo di tenebrelle e stelle edelweiss
al tutto ch'è tutto bianco tutto nobile:
e la volpazza di gran coda e l'autobus
quello rosso sul campo nevato.
Biancaneve biancosole biancume del mio vecchio io. Ma presto i bambucci-ucci
vanno al grande magazzino
- ai piedi della grande selva -
dove c'è pappa bonissima e a maraviglia
per voi bimbi bambi con diritto
e programma di pappa, per tutti
ferocemente tutti, voi (sniff sniff
gran gnam yum yum slurp slurp:
perché sempre si continui l'"umbra fuimus fumo e fumetto"):
ma qui ahi colorini più o meno truffaldini plasmon nipiol auxol lustrine e figurine
più o meno truffaldine:
meglio là, sottomano nevata sottofelce nevata...
O luna, ormai,
e perfino magnolia e perfino
cometa di neve in afflusso, la neve.
Ma che sarà di noi?
Che sarà della neve, del giardino,
che sarà del libero arbitrio e del destino
e di chi ha perso nella neve il cammino
(e la neve saliva saliva - e lei moriva)?
E che si dice là nella vita?
E che messaggi ha la fonte di messaggi?
Ed esiste la fonte, o non sono
che io-tu-questi-quaggiù
questi cloffete clocchete ch ch
più che incomunicante scomunicato tutti scomunicati? Eppure negli alti livelli
sopra il coma e il semicoma e il limine
si brusisce e si ronza e si cicala-ciàcola
- ancora - per una minima e semiminima
biscroma semibiscroma nanobiscroma
cose e cosine
scienze lingue e profezie
cronaca bianca nera azzurra
di stimoli anime e dèi,
libido e cupìdo e la loro
prestidigitazione finissima;
è così, scoiattoli afrori e fiordineve in frescura
e "acqua che devia
si dispera si scioglie s'allontana"
oltre il grande magazzino ai piedi della selva
dove i bambucci piluccano zizzole...
E le falci e le mezzelune e i martelli
e le croci e i designs-disegni
e la nube filata di zucchero che alla psiche ne vie?
E la tradizione tramanda tramanda fa passamano?
E l'avanguardia ha trovato, ha trovato?
E dove il fru-fruire dei fruitori
nel truogolo nel buio bugliolo nel disincanto,
dove, invece, l'entusiasmo l'empireirsi l'incanto?
Che si dice lassù nella vita,
là da quelle parti là in parte;
che si cova si sbuccia si spampana
in quel poco in quel fioco
dentro la nocciolina dentro la mandorletta?
E i mille dentini che la minano?
E il pino. E i pini-ini-ini per profili
e profili mai scissi mai cuciti
ini-ini a fianco davanti
dietro l'eterno l'esterno l'interno (il paesaggio)
dietro davanti da tutti i lati,
i pini come stanno, stanno bene?
Detto alla neve: "Non mi abbandonerai mai, vero?"
E una pinzetta, ora, una graffetta.
(Da "La Beltà")