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LE RETI DI D’ADORA

Qui troverai resoconti di escursioni e raduni realizzati in Sardegna, Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania e Molise.
alp
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LE RETI DI D’ADORA

Messaggio da alp » sab 13 mar, 2010 9:51 pm

LE RETI DI D’ADORA



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Quella che vi racconto oggi è la storia di una delle nostre uscite invernali,
caratterizzata da guadi profondi e, proprio per questo, conclusa con un innaffiamento
che ha provocato un piccolo pasticcio.
Vediamo di capirne l’intreccio.
Protagonisti i soliti amici: Tino e Jo.
Il luogo che ha reso particolare questa nostra esplorazione
lo definirei quasi “sacro” per noi motociclisti della zona,
uno di quei posti che stanno così all’interno delle montagne
che ti senti “dentro le viscere di madre natura”.
Come capita spesso, i contrattempi sono in agguato dietro “la curva”:
può capitare di tutto!
Andare per ordine sarebbe estremamente complicato o, forse, un po’ sterile:
un rendiconto di una sequenza lineare di eventi.
Intanto iniziamo con la presentazione dei miei compagni d’avventura.


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Tino, KTM 450, ex XR400, è stato uno dei protagonisti della due giorni a Serra San Bruno.
Con lui mi piace andare a esplorare sentieri sconosciuti.
Possiede il giusto spirito d’avventura e quel pizzico di buon senso che non guasta mai.
E poi, come medico, è sempre una sicurezza averlo nelle nostre avventure.


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Jo, TM 125, 20 anni, studente in ingegneria.
Già da quando aveva 15 anni ci seguiva col suo HM 50 e,
quando la salita si faceva più dura e il motorino non arrancava,
il suo fisico atletico gli faceva superare qualsiasi ostacolo.
Ha mollato per circa un anno per malattia
(stradistite: dicasi la infezione di moto da strada!)
e per seguire i corsi avanzati di istruttore di imbarcazioni a vela d’altura,
ma piano piano sta riprendendo il gusto del fango.


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D’Adora è il luogo che ci ha visti recentemente passare
a causa del clima rigido che si respira in montagna.
La zona, a 600m slm, è ricca di uliveti ed è situata in una area a Nord di Monte Calamene,
a Nord-Est di Monte Crepa e a Ovest-Nord-Ovest di Serro Aria.
Non è raro, attraversandola nella stagione invernale, incontrare contadini
intenti alla raccolta o a sistemare le reti in alto,
per permettere il passaggio dei 4X4
di cui caricheranno il bagagliaio con le ulive da portare al frantoio.


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Per arrivarci seguiamo solitamente il lungo crinale di una piccola catena collinare
a spiovente sulla pianura della zona meridionale della nostra città.
Quasi sempre la minaccia del cielo grigio e le basse temperature
non ci hanno impedito di proseguire nelle nostre escursioni.
Trattandosi della stagione invernale
è facile capire che dietro ogni cima di monte si può nascondere una nuvola infida
che cela tonnellate d’acqua
e volendo trascorrere l’intera giornata a gironzolare in moto
abbiamo sempre cercato di allontanarci il più possibile dalle zone di cielo plumbeo.
In pratica, andiamo sempre alla ricerca del sole
o, al limite, scappiamo dai nuvoloni minacciosi, senza meta.

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E così gironzola che ti gironzola finiamo su salite ripide o su collinette accoglienti e inzuppate d’acqua.
Ovunque ci possiamo sbizzarrire.
Il manto verde-umido non mi facilita mai le scalate, soprattutto per le mie gomme da trial
che sono quasi sempre usurate dall’uso cittadino quotidiano
(se ho una dual me la lasciate usare o no per andare a fare la spesa?).

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Se dovessi definire queste uscite nella zona di D’Adora con i colori dell’arcobaleno
sceglierei sicuramente il grigio e il verde, un bel verde erba.
Ci siamo concessi dei fuoripista su terreni non coltivati e privi di segni
che ci facessero presumere la presenza di attività agricole.
In sostanza, quanto di meglio si possa desiderare per scorazzare qualche oretta senza pensieri.

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Correre sulla lunga cresta fra una cima e la successiva,
facendo attenzione a non scivolare a valle,
è un ottimo esercizio zen:
massima concentrazione ma scioltezza e fluidità muscolare,
percezione oculare ambientale ma concentrazione focalizzata in direzione della ruota anteriore,
tecnica e meditazione insomma,
precisione nella coordinazione grosso-motoria e respiro lento (Ernesto docet!).





FINE PRIMA PARTE
A presto e...
Buon motortrip,

alp

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Messaggio da Pisolomax » sab 13 mar, 2010 10:15 pm

Come un evento che si ripete, del quale però non si può far a meno, ogni racconto del tuo girovagare lo leggo tutto in un fiato :)

Complimenti per la tua sensibile narrativa, con foto che seguono all'unisono l'ordito della trama.

Grande Alp, Max :wink:
Alpi marittime - Massiccio del Mercantour (F) :)
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Messaggio da max37 » dom 14 mar, 2010 12:33 am

complimenti davvero per il giro
Max37

http://www.tecnicamotori.it/

La cosa più deliziosa non è non avere nulla da fare. E' avere qualcosa da fare e non farla.

Oggi non faccio niente perchè ieri non ho fatto niente ma non avevo finito.

Anonymous_14/08/08 08:43
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Re: LE RETI DI D’ADORA

Messaggio da Anonymous_14/08/08 08:43 » dom 14 mar, 2010 12:35 am

alp ha scritto: Se dovessi definire queste uscite nella zona di D’Adora con i colori dell’arcobaleno
sceglierei sicuramente il grigio e il verde, un bel verde erba.
Ci siamo concessi dei fuoripista su terreni non coltivati e privi di segni
che ci facessero presumere la presenza di attività agricole.
In sostanza, quanto di meglio si possa desiderare per scorazzare qualche oretta senza pensieri.

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Correre sulla lunga cresta fra una cima e la successiva,
facendo attenzione a non scivolare a valle,
è un ottimo esercizio zen:
massima concentrazione ma scioltezza e fluidità muscolare,
percezione oculare ambientale ma concentrazione focalizzata in direzione della ruota anteriore,
tecnica e meditazione insomma,
precisione nella coordinazione grosso-motoria e respiro lento (Ernesto docet!).

Comlpimenti all'amico Alp bellissimo report. :mrgreen:

Per tutti gli altri: Vi rendete conto che esistono ancora zone di mondo nelle quali si può andare in moto fuoristrada???
Quà si parla di "terreni non coltivati e nulla che faccia pensare ad attività agricole"
:roll: :roll: :roll:

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Messaggio da nolimit » dom 14 mar, 2010 1:14 am

:roll:

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Messaggio da ttr » dom 14 mar, 2010 6:54 pm

La regione dovrebbe darti un encomio! Sud bellissimo e sconosciuto.

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Messaggio da betaflo » lun 15 mar, 2010 8:49 pm

Bravo alp, leggo con piacere che anche tu sei uscito nonostante il tempo non sia dei migliori :wink:

PS: vedendo la prima foto, ho pensato che quelle reti fossero da pesca :shock: :lol:
Il mondo è un libro, e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina

alp
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Messaggio da alp » ven 19 mar, 2010 10:38 pm

SECONDA PARTE


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Fermarsi in cima al crinale a contemplare il panorama e fare due chiacchiere.
Con la scusa si recupera un po’ di fiato, che non guasta mai.
Si tira fuori qualche fico secco per recuperare energia.
Si aspetta che vada avanti l’altro per seguirne le tracce.
In basso i fichi d’India sembrano in attesa di qualcuno che ci sbatta sopra,
giusto per movimentare la giornata.

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Seguiamo per un bel pezzo il solito giro,
forse intimoriti che, peggiorando il tempo, si debba rientrare velocemente a casa.
Meglio avere la certezza di tenere sempre presente la migliore via di fuga per il paese più vicino.
Nel cielo notiamo qualche spiraglio di luce
o forse è solo il nostro desiderio di continuare la giornata sulla moto.
Di solito, una volta partiti, anche se ci becca l’acqua resistiamo.
E’ quando piove e ci stiamo preparando per andare all’appuntamento con gli altri che non sopportiamo l’acqua:
in tal caso si rimane a casa!
Ma come per magia, talvolta capita che il cielo si riapra improvvisamente
e ti accorgi che hai guadagnato un giorno di vita in più.
Guardi in alto nel cielo il sole che splende
e non sai dove indirizzare il tuo messaggio di ringraziamento
per tutto quello che ti aspetta.
Sorridi felice col gusto di assaporare una nuova avventura
e ti prepari ad una giornata intensa.

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Sempre il solito! Tino, spesso, si ferma per ricevere telefonate.
A noi va benone: recuperiamo energie, ci guardiamo intorno,
chiacchieriamo e facciamo qualche foto.
Nuvole basse salgono lungo il versante orientale del monte.
Scendere potrebbe significare bagnarci ma a salire la doccia è assicurata.
Tentiamo la discesa. Affronteremo la fiumara e proveremo a raggiungere il mare.
Ma non seguiremo, come le altre volte il solito sterrato,
proveremo ad attraversare la zona di D’Adora
sperando che i coltivatori abbiamo fissato le reti per la raccolta delle ulive
in alto sui rami, in modo tale da permettere il passaggio lungo la carraia.

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Siamo fortunati, le informazioni ricevute il giorno prima da Isa,
durante la mia lezione di metodologia della ricerca, erano esatte.
Suo padre è proprietario della maggior parte degli uliveti della zona
e fino a qualche anno fa girava anche lui su una vecchia Honda XR
che la figlia gli rubava sistematicamente per scorazzare anche lei su e giù per queste ripide colline.
Lui faceva finta di non sapere ma, quando ci incontravamo, mi strizzava l’occhio
orgoglioso per l’intraprendenza sportiva della sua “erede”.
Si passa!
Facciamo attenzione a non incepparci con le reti
e ci godiamo lo strano ma interessante passaggio fra colori inusuali:
al solito grigio del terreno e verde dell’erba stavolta ci sorprende il rosso delle reti sospese in alto, fra gli alberi.

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Ogni tanto variazioni sul tema:
ai colori precedenti si aggiunge un celestino un po’ malconcio delle vecchie reti un po’ rovinate dalle raccolte degli anni passati.
Fa uno strano effetto cromatico tutto quest’insieme di tinte,
così naturali ma anche così innaturali in un luogo
che, solitamente, presenta esclusivamente variazioni di colore che passano dal grigio al verde.

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Rifletto su come è cambiata la vita da queste parti negli ultimi cinquant’anni.
Per secoli, in groppa ad asini, i contadini hanno attraversato le mulattiere accompagnando le greggi e le mandrie
su e giù per valli e monti, percorrendo centinaia di chilometri.
Corrado Alvaro, nell’incipit di “Gente in Aspromonte” scriveva:
“Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d’inverno,
quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque”.

FINE SECONDA PARTE
A presto e...
Buon motortrip,

alp

Anonymous_14/08/08 08:43
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Messaggio da Anonymous_14/08/08 08:43 » sab 20 mar, 2010 12:52 am

alp ha scritto: Rifletto su come è cambiata la vita da queste parti negli ultimi cinquant’anni.
Per secoli, in groppa ad asini, i contadini hanno attraversato le mulattiere accompagnando le greggi e le mandrie
su e giù per valli e monti, percorrendo centinaia di chilometri.
Corrado Alvaro, nell’incipit di “Gente in Aspromonte” scriveva:
“Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d’inverno,
quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque”.
Complimenti Immagine

In fondo il fuoristrada è sempre un pò una riflessione sulle proprie origini.

alp
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Messaggio da alp » dom 21 mar, 2010 9:12 pm

INIZIO TERZA PARTE

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L’autunno era la stagione della discesa verso il mare, Jonio o Tirreno che fosse,
i pastori lasciavano le zone più lussureggianti che cominciavano ad imbiancarsi di neve e si dirigevano a valle
dove rimanevano fino in primavera inoltrata,
quando non trovando più pascoli verdi erano costretti a riprendere le trazzere verso monte.
I tratturi erano vere e proprie vie maestre su cui poggiava un verde manto d’erba vecchio di oltre mille anni,
su cui antichissimi pastori erranti migravano stagionalmente con quella che era tutta la loro ricchezza: gli animali.
Questi pastori trasmigranti, con la loro cultura di transumanza, sono ormai solo un ricordo.
Qualche giovane contadino usa chiedermi, durante le numerose soste in cui mi fermo a chiacchierare con chi incontro, le caratteristiche della mia moto:
chi sa che l’alpetta non prenda il posto del mulo che già da una quarantina d’anni è stato sostituito con la Vespa 50 (e come si arrampica!).

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Ecco, perciò, che ripercorrere queste antichissime trazzere ci permette di sentirci un po’ come i nostri avi,
saggi e poveri pastori, che rivivono nella nostra mente attraverso le testimonianze
che recuperiamo fermandoci a fare quattro chiacchiere con Don Micu
(il Sig. Domenico: il Don si usa dalle nostre parti
nei confronti delle persone anziane, come forma di rispetto).
Riprendiamo il tragitto seguendo la cresta della catena collinare
e discendiamo lungo la sella per assaporare quel senso di sicurezza che si gode
quando sei circondato da pareti di dolci colline che si perdono nel mare azzurro.
Jo ci segue fedelmente. La sua fiducia è assoluta.
Se lo trascinassimo in cima al mondo egli non fiaterebbe.
E’ molto zen questo ragazzo!
Poche e calibrate parole di una saggezza adulta dentro un corpo di quasi due metri ancora adolescente.
O forse è più probabile che più che di cieca fiducia
si tratti semplicemente della sua valutazione critica delle mie capacità prestazionali:
della serie… se vado io… figuriamoci un giovanotto come lui.

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Arriviamo in paese e ci lanciamo tranquillamente verso la fiumara.
Mi rendo conto che ciò che per noi è un bel gioco non dà le stesse sensazioni ludiche alla gente del posto
che deve guadare la fiumara in piena con mezzi di fortuna
(vedi l’Ape che dalle nostre parti i contadini chiamano in dialetto “a’lapa”)
per raggiungere i poderi nei quali trascorrere l’intera giornata a lavorare nei campi.

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Qualche volta la voglia di tranquillità supera la soglia che ti spinge verso la ricerca del brivido
e ti ritrovi a trotterellare allegramente arrivando fin dentro i guadi profondi, ubriachi di gioia e, per questo, poco attenti a …
com’è profondo il torrente!

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Sembra proprio vero quanto viene affermato da Kurt Lewin nella sua teoria sui gruppi:
l’insieme è diverso dalla semplice somma dei singoli elementi.
Ciascuno di noi, da solo, molto probabilmente non sarebbe riuscito
(sia per la forza fisica necessaria, sia per il social network individuale disponibile)
a sbrogliarsi dalla matassa creata.
E non parliamo, attenzione, di una matassa formatasi ingarbugliando le reti di D’Adora.
Parliamo, invece di una matassa metaforica che sottintende un problema:
levare il KTM di Tino dalla fiumara dove è rimasto bloccato col motore spento dall’acqua alta
(questi austriaci! Si vede che non è gente abituata alle profondità del mare
come i tecnici progettisti delle fiorentine Beta).
Si è spento dopo un guado profondo e non ne vuole più sapere di ripartire.
Volendo portare la moto sulla strada asfaltata
(condizione necessaria ma non sufficiente alla soluzione del problema)
bisogna uscire dalla fiumara in piena.


Post scriptum:
Ovviamente, quando si presenta un problema
non riesco a tirar fuori la fotocamera per immortalare il momento.
Ho l'abitudine di lanciarmi in soccorso
perciò provate a immaginare la scena del Kappone a mollo
(e sapete bene che non parlo del cenone di capodanno)


Fine terza parte
A presto e...
Buon motortrip,

alp

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