
La formazione:
Francesco: Honda XR250
Emanuele: Beta RR400
Gianpaolo: KTM 300 2T
Tani: KTM 450 4T
Tino: Honda XR400
Pino: Axy 250
Alp: Alp 200

Il gruppo quasi al completo (manca Emanuele che ha fotografato).
Quasi non ci credevo. Qualche altra volta avevamo provato ad organizzare una cosa del genere con Tani ed i suoi amici di Messina ma il brutto tempo aveva mandato all’aria i nostri piani. Oggi ci siamo. Siamo riusciti a fare un gran bel giro. Niente di particolarmente pericoloso o strano. Semplicemente in buona compagnia. Quando il gruppo è numeroso come oggi si chiacchiera tanto, specie davanti ad un buon bicchiere di vino. E di bicchieri di buon vino ne abbiamo bevuti!

Noi di Reggio siamo già sul luogo di partenza dalle 9:00. Gli altri sbarcheranno a Villa San Giovanni con un po’ di ritardo. Intanto noi tre, vecchi amici di “giochi su 2 ruote sporche”, chiacchieriamo sulla moto di Pino, la cinesina: a quanto pare, percorsi un migliaio di km, finora tutto bene. Siamo rilassati perché temevamo la pioggia ma uno squarcio si è aperto nel cielo verso Sud-Est: è lì che abbiamo deciso di dirigerci, poi si vedrà.

Quando arrivano rombando con le loro motone da competizione ci guardiamo preoccupati: qui qualcuno oggi si fa male! Noi ovviamente, cercando di tenere la loro andatura. Solo io conosco Tani, ma ancora non eravamo mai riusciti a passare una giornata sulle moto off-road, perciò temo che possa soffrire per la mia andatura “lumachesca”. I nostri ospiti, superattrezzati con abbigliamento tecnico e pezzi racing mettono un po’ in soggezione. Speriamo bene!

I soliti saluti e partiamo subito, avremo tempo per socializzare dopo che i primi km di tràzzera (dal Nuovo Zingarelli: voce siciliana e calabrese: dal dialetto trazza=traccia. Viottolo che attraverso i campi consente il passaggio di greggi e armenti) ci avranno fatto sudare sotto il sole tiepido di dicembre. Sono le 9:30. Qualche nuvola in cielo ci fa orientare, per esclusione, verso Fossatello attraverso una decina di km di sterrati. E’ la stagione della caccia e bisogna fare attenzione alle curve prive di visuale. Ogni tanto incrociamo gruppi di cani coi loro padroni. Ci salutiamo amichevolmente e con qualche sorriso.

Il primo tratto, a Est di Macellari, è meglio di come lo ricordavo. Lungo la tràzzera si scivola un po’ perché stanotte ha piovuto e il terreno è fangoso ma i sassi che incontriamo ci aiutano a migliorare il grip. Nessun problema, ovviamente, per i “competitors”. Procediamo sempre molto ordinatamente creando un continuo elastico. Chi va avanti controlla sempre che agli incroci ci sia qualcuno dietro che vede la direzione intrapresa e che aspetterà il successivo. Si vede che sono “professionisti” e che hanno una “buona etica motociclistica”.

Attraversiamo Catania (si, si chiama proprio così un piccolo borgo di una decina di case arroccate) prima di arrampicarci verso le Case Martino lungo un pendio ripido e poco aderente. Amo molto questo tratturo, con roccia viva in contropendenza: esalta le doti trialistiche della mia piccola Alp. Alla fine arriviamo a 500m slm, su alte colline incolte che dominano uno splendido panorama su Reggio e lo Stretto di Messina.

Ci fermiamo e qui comincia un progressivo e veloce processo di regressione (come direbbe l’austriaco Dr. Sigmund Freud). “I ragazzi diventano bambini”: cominciano a fare la giostra lungo i vari pendii, fra saliscendi e piccoli salti. Qualcuno si lancia sparato verso la cima di una collina e… trova il vuoto. Per fortuna frena in tempo perché dall’altro lato la pendenza della discesa era veramente proibitiva (diciamo pure che c’era un bel burrone!). La sosta al “parco giochi” dura poco più di un quarto d’ora. Il tempo di scattare alcune foto e riposarci dopo la faticosa salita.

Si riparte verso la Contrada Genovese lungo una carrareccia che ben presto diventa un tratturo poco battuto. Sulle pozzanghere di fango il controllo della mia moto è reso difficoltoso dalla gomma posteriore consumata. Trovare a Reggio gomme da trial è difficile e quando te le ritirano qualche volta sbagliano (arrivano da enduro, ovviamente). Le aspetto con impazienza. Intanto soffro: sto sempre arretrato per maggiore sicurezza ma sollecito un po’ troppo il lavoro di braccia (meno male che vado in palestra!). Dove io stento a rimanere in piedi sulle pozzanghere il “gruppo racing” passa veloce spruzzando fango e acqua dappertutto. Nonostante i miei rallentamenti, i miei compagni dimostrano una santa pietà cristiana e, così, tutti insieme procediamo compatti. Gli ospiti mantengono un’andatura rispettosa verso chi li guida lungo sentieri sconosciuti e, nonostante l’assetto racing, i loro scarichi sono abbastanza rispettosi delle orecchie di chi sta intorno.

Puntiamo decisamente verso Calamaci per poi scendere a Fossatello. Il sole continua a splendere. Fa caldo. Quasi tutti siamo sudati (prevedendo pioggia siamo impermeabilizzati e non traspiriamo facilmente). Dal cimitero ci spostiamo sulla carreggiabile verso un incrocio che rappresenta un importante punto di repere nella zona. A Est si va a San Lorenzo, a Sud si scende al mare, a Nord si sale verso Taglio di Crivani. Mi consulto con Tino e Pino ma i messinesi, all’unanimità vogliono il percorso più hard. Decidiamo allora per quest’ultima meta: una pietraia piuttosto ripida dove le mie forcelle automaticamente inseriscono l’opzione “vibromassaggiatore cerebrale”. Ovviamente sono l’ultimo ad arrivare in cima (150m di dislivello in 500m di mulattiera). Dopo lo sbattimento neuronale con shakeraggio di sostanza grigia, la mia memoria risentirà di certo della perdita di qualche milione di cellule, ma si, una più una meno!

Impennata di Gianpaolo nel guado della Fiumara dell'Amendolea.

Il tempo inizia ad essere nuvoloso ma gli amici dirimpettai (Messina è di fronte a Reggio) vogliono assaporare l’aria della montagna. Così, nonostante la mia perplessità (temo la pioggia!) puntiamo decisamente verso Portella Zagara e viaggiamo per alcuni km su asfalto prima di infilarci su un discesone tipo montagne russe e salire poi verso Pietro Polito, un meraviglioso bosco di faggi pieno di foglie marrone per terra.



Qui Tani col suo KTM 450 sembra l'aliscafo.
Continuo a stare sempre in coda. La stanchezza si fa sentire se forzo in velocità e non amo correre troppi rischi: il terreno è umido, ogni tanto grandi pozze d’acqua impediscono traiettorie alternative e così son costretto ad immergermi nell’acqua fredda (per fortuna i miei stivaloni non mi tradiscono). Agli incroci importanti Pino e Tino, che guidano la comitiva, si fermano ad aspettarmi e poi si riparte di nuovo tutti insieme. Nonostante i continui shocks cerebrali la mia memoria topica continua a funzionare: Tino mi presenta ai suoi amici come “GPS umano” e credo proprio che senza il “buon pastore”, il mio “gregge” avrebbe avuto difficoltà.

Francesco enra nel guado con l'Honda

Il Beta RR400 di Emanuele che spezza l'acqua con perfetta simmetria.
Finito lo sterratone dobbiamo decidere quale tracciato prendere. Col suo KTM 300 2T, Gianpaolo teme di non avere sufficiente autonomia ma lo rassicuriamo che troveremo il distributore quando ci fermeremo a fare uno spuntino a “quota 1300”. Intanto suggeriamo di spegnere il motore in discesa: non si sa mai. Cerchiamo di impensierirlo inutilmente: “tanto, la tiro via dal tuo”, mi fa tra il serio e il faceto.


Tani in manovra col KTM
Ci spingiamo lungo una vecchia carreggiabile estremamente deteriorata. Grossi sassi e radici attraversano (al momento sbagliato) la nostra via. Tutto è umido ma non piove. Speriamo si mantenga così! Sono una decina di km di terreno montuoso in mezzo ai boschi: pini, abeti e faggi ci stanno a guardare in silenzio. Le nostre moto non sono troppo rumorose. Non so cosa succede avanti. Decido di mantenere la mia andatura per evitare pasticci. Viaggio solo, mi guardo intorno e assaporo i colori del primo giorno di dicembre. La salita si presenta col versante esposto a meridione, quindi non corriamo il rischio di incontrare neve. Ogni tanto mi ricongiungo al gruppo e chiedo come va. Io faccio da scopa, o meglio, mi ritrovo ad essere “l’ultima ruota del carro” mio malgrado.

Il gruppo


Spostiamo l'albero per passare

Stiamo puntando verso monte per poi scendere seguendo una carreggiabile orami trasformata naturalmente in mulattiera (improponibile per i mezzi a 4 ruote). Lungo il tragitto incontriamo neve ma non ci impensierisce: è poca e frolla. Ci fermiamo a respirare un po’ di silenzio (ci avete mai provato? In alcuni supermarket lo vendono anche in confezione spray da inalare) ed aria fresca su un prato di solito occupato da mandrie di mucche (che lasciano per terra le famose “boasse”, come dice il mio amico Cesare, naturalizzato a Brescia). Tutto fila liscio, sia meccanicamente che meteorologicamente. Scendiamo sempre più di quota sapendo ciò che ci aspetta: una frana di grossi massi che ostruisce il sentiero a quota 1340. Questo è l’ostacolo previsto. Ben più su dobbiamo fare i conti con un albero intraversato che ci impedisce di passare. Mentre dagli avamposti si cerca di far scavalcare le prime moto, qualcuno dalle retrovie suggerisce di spostare l’albero. In qualità di fotografo mi evito la faticaccia. Ho l’alibi della documentazione iconica.

Francesco in piena azione


Gianpaolo

Francesco

I due Kapponi


Con non poca fatica riusciamo a liberare la strada e proseguiamo fino all’intoppo successivo: la frana. Ne ricordavamo una ma sono due in rapida successione. I primi si fanno avanti e con disinvoltura riescono nell’impresa. Quando superano l’ostacolo li vedo sorridere sotto il casco. E’ certamente una bella soddisfazione riuscire metaforicamente ad andare oltre ciò che si frappone fra noi e la meta.








Ci ricomponiamo a valle della frana e ci prepariamo ad affrontare l’ultima fatica della giornata: una ripida salita con fogliame umido e voragini artificiali. Dovremo by-passare lateralmente. Con le mie gomme lisce vi lascio immaginare la fatica. Per fortuna gli amici ci sono per questo e dopo vari sforzi (da parte loro) riesco a recuperare la carreggiabile.


A rigor di cronaca dirò che non sono stato l’unico a non riusciti nell’impresa della risalita in completa autonomia. Comunque, e questo è il bello dell’essere in tanti, ci siamo aiutati a vicenda. Questo “ha fatto gruppo”, come direbbe qualche patito di dinamiche relazionali.

Proseguiamo ancora per una decina di km di carreggiabile nel bosco di faggi prima di arrivare al paese dove il 300 avrebbe dovuto fare rifornimento. Ovviamente, essendo le due di pomeriggio troviamo chiuso. Che fare? All’unanimità il gruppo decide di andare a fare il pieno di cibo e Pino, da specialista in vini locali, ci orienta verso la trattoria di Mimmo dove ci fermiamo di solito per uno spuntino. Ma il solito spuntino sembra fuori luogo dopo gli oltre 120 km (di cui almeno 80 su terra) fatti finora. Ci sediamo a tavola e già arriva il vino. Partiamo col primo brindisi e ordiniamo il pranzo: fagioli ai funghi e peperoncino, taglioline fatte in casa col ragù di cinghiale e con funghi, il tutto innaffiato da un ottimo “rosso” servito in simpaticissimi e tradizionalissimi bicchierini di grosso vetro trasparente.

Alla salute di tutti i motortrippers!!!!!
I più stoici riescono a portarci fuori dal locale dopo un’ora abbondante. Siamo tutti, chi più chi meno, ubriachi. Ci aspettano ancora una ventina di km di sterrato per rientrare in città. Propongo di dimezzare i rischi scegliendo una via alternativa ma l’ipotesi viene bocciata all’unanimità. Si fa benzina e si riparte.
Sembrava tutto OK e poteva finire in disgrazia: ad una curva a gomito, il capo gruppo, che in quel momento era Pino, arriva piuttosto veloce e si trova di fronte una Subaru. Fortunatamente riesce ad evitarla nonostante la frenata brusca con slittamento del posteriore e un testacoda spettacolare. Io, che vado a passo di lumaca, girata una curva a gomito, la evito per poco. A quel punto, cambio di guardia e si lascia andare avanti gli altri con Tino in testa. Si viaggia più lenti. Tra vino, fagioli, cinghiale e peperoncino i nostri riflessi sono in fase REM. Comunque, arrancando, raggiungiamo l’asfalto senza altri intoppi. Arriva il momento di congedarci. Loro prenderanno il ferry-boat, noi rientreremo a Reggio passando da casa di Tino a lavare le moto con l’idropulitrice.
E’ stata una gran bella escursione. I nostri ospiti hanno avuto nei nostri confronti la cortesia di offrirci il pranzo e noi, approfittando, in contropiede, abbiamo proposto che avremmo restituito la gentilezza in Sicilia in uno dei successivi weekend (Nebrodi, Madonie, Etna?). Ci lasciamo con un arrivederci a presto ed un gran sorriso. Ci si legge in faccia che siamo tutti felici! E io mi chiedo: e tu? Mi guardo allo specchietto e mi sparo una risata: che giornata ragazzi!