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8.ALPI OCCIDENTALI III° - DAL SAMPEYRE ALLA MELOSA

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SuperHank
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8.ALPI OCCIDENTALI III° - DAL SAMPEYRE ALLA MELOSA

Messaggio da SuperHank » mer 14 apr, 2010 7:54 am

TERZO GIORNO – DAL SAMPEYRE ALLA MELOSA:
LA VIA DEL SALE

LA STRADA DEI CANNONI: COLLE SAMPEYRE – BICOCCA – BIRRONE – VALMALA

Pesanti, cineree nuvole schiacciano la Val Varaita nel mattino del 5 luglio. E le previsioni meteo non sono molto confortanti: l’anticiclone sta cedendo sotto l’urto di masse d’aria umida dall’ovest; si prevedono perturbazioni a partire dalle Alpi occidentali; è possibile che le mie piccole avventure siano sempre flagellate dal maltempo?
Dopo rifornimento uomo, colazione ipervitaminica, e mezzo, 28 € di benza nel serbatoione Acerbis, imbocco la salita al colle Sampeyre; salita di cui posso dire poco: asfaltata su entrambi i versanti, ho guidato costantemente in una fredda nebbia, che non lasciava che 10-15 metri di visibilità, tanto che non riuscivo ad andare a più di 20-25 km/h anche nei rettilinei! Più salivo più speravo di essere in una situazione di inversione termica, con l’aria fredda ristagnante in fondovalle e le cime inondate dal caldo sole, come isole in un mare di nubi.
Purtroppo questo avveniva solo in parte, sul colle c’era qualche schiarita, ma non tale da vedere le altre montagne.

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Colle Sampeyre, 2.284 m.s.l.m..

Sul colle il nulla: un monumento di scaglie di ferro, una tabella; prendevo la diramazione per il Colle della Bicocca, che percorre il versante sulla Val Maira, perdendo lievemente quota e riguadagnandola poi, infatti il Bicocca è alto 2.285 metri, quasi come il Sampeyre.

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Alves al colle della Bicocca, 2.285 m.s.l.m: ma potevo essere anche in Polesine in novembre, a giudicare dalla nebbia!

Dal colle partono sentieri verso i 3.000 metri del Pelvo, mentre una sentiero (GTA) scende di nuovo in Val Varaita: chissà se è motociclabile?
Rifare il tragitto per il Sampeyre era comunque piacevole, una sterrata abbastanza ampia , dal fondo di ghiano e terriccio grigio, umido; attorno pendici dalla inclinazione assai accentuata, ricoperti solo da rada erbetta e tenaci licheni, aggrappati a grandi rocce emergenti dai crepacci del terreno. Sotto la strada, qualche malga e capanno dei pastori.

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Bicocca – Sampeyre.

Ritornato al Sampeyre, proseguivo lungo la strada dei cannoni, grandioso itinerario che corre appena sotto il crinale tra Val Varaita e Val Maira, rimanendo quasi interamente su quest’ultimo versante.
straordinario percorso, ma non è il mio caso; sono si fuori dalle nuvole, ma tutto ciò che vedo è un scampolo di monte sopra e sotto di me.
Dal tratto utilizzato sulla mappa, grosso ed evidente, mi aspettavo che il percorso fosse la solita sterrata ampia e carrabile da quasi ogni mezzo, come il Colle delle Finestre, o l’Assietta; in effetti l’attacco dal Sampeyre è così, ma avanzando la strada si restringe a poco più di una mulattiera; un’auto farebbe fatica a passare, anche perché a valle e a monte non ci sono minimamente spazi per accostare o manovrare. Pure in moto non è così semplice, perché il fondo è alquanto accidentato, bisognerebbe far lavorare le sospensioni mantenendo una certa velocità di crociera, ma un errore, uno scarto dalla parte sbagliata vorrebbe dire precipitare per decine, centinaia di metri!

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Guidando fra le nuvole.

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Colle della Rauscera, 2.052 m.s.l.m..

Al colle della Rauscera la mulattiera scollina e passa sul versante opposto, iniziando una lunga discesa verso il colle Birrone; discesa lungo un pendio umido e ricoperto di felci, che si protendono quasi ad ingoiare la strada; anche qui fondo accidentato, roccioso, perdipiù reso viscido dall’umidità.

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Colle Birrone, 1.700 m.s.l.m..

Il colle Birrone , almeno con la nebbia, non è niente di che, un incrocio di sterrate a cavallo di 2 valli; ma che stò a dì? Un incrocio di sterrate? A cavallo di 2 valli! Ma è una figata!
Continuo in quota, verso il colle di Valmala e l’omonimo santuario; dal Birrone in avanti la strada si allarga, ritorna la sterrata alla portata di tutti, e i 10-12 km fino al Valmala scorrono veloci, e molto prima del colle compare il Triste Asfalto.
Sotto di me individuo il santuario, e mi chiedo chi glielo faceva fare ai monaci di costruire tempi e monasteri in queste lande; e parlo così perché non ho ancora visto il santuario di S.Magno!

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Verso il colle di Valmala.

Dalla strada asfaltata che scende verso il santuario si stacca una ripida sterrate che in poche decine di metri raggiunge il colle di Valmala, una sella di media montagna, intersecata da diverse tracce terrose, che dalla loro erosione lasciano intuire il frequente passaggio di mezzi fuoristrada; una traccia continua seguendo la sommità della dorsale, ma per me è ora di scendere in Val Maira, a Dronero.
La discesa è molto bella, finalmente un fondo di terra rossiccia più confortevole della dura roccia, fra pini e betulle, balze scoscese e vedute della ormai vicina pianura.
In tutta questa tratta ho viaggiato sempre da solo, senza incrociare N E S S U N O ! Tutte mie le montagne.
A Dronero veloce sosta per ricaricare cellulare e bancomat; il siparietto del momento è la richiesta di informazioni: mi avvicino a un signori sulla settantina, gli chiedo:”Scusi, la Posta?” Quello fa un verso di non comprensione, allora parlando più forte e spegnendo la moto, “cerco l’Ufficio Postale?” e quello mi guarda come fossi un marziano, ripeto la richiesta ma il vecchio mi guarda smarrito, la gente attorno si ferma ad osservare questo motociclista che se la prende con un povero vecchio, finalmente una donna accorre in nostro aiuto e mi spiega dov’è la Posta, mentre il vecchio si defila. Si trattava di un deficiente, e la donna lo sapeva, ma poi mi rendo conto di essere nelle terre occitane, dove esiste ancora questa minoranza linguistica: magari il vecchio sapeva parlare bene solo l’occitano, e la mia inflessione veneta lo confondeva! Che terra ricca di sorprese il Piemonte: Valdesi, Occitani, nello spazio di poche valli.

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Colle di Valmala.

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Discesa a Dronero.


PASSO LA PIATTA – VALLE GRANA – S..MAGNO – COLLE DEI MORTI

Da Dronero voglio raggiungere la testata della Val Grana, il santuario di S.Magno, e da lì salire fino al Gardetta. Per raggiungere la Val Grana, incede di aggirare le ultime propaggini della dorsale che la dividono dalla Val Maira, le scavalco per un anonimo passo, La Piatta; lo individuo sulla cartina, e facilmente lo trovo sul terreno.
Trattasi di una bella sterrata che risale una stretta valle, dalla carreggiata stretta e dal fondo compatto e poco accidentato: la classica strada usata perlopiù da boscaioli, cacciatori, ciclisti e motociclisti.
Il passo, in se, è quanto di più anonimo si possa immaginare: lo stradello di terra scavalca il colmo della montagna e scende quasi subito asfaltata; eppure ha la rispettabile altezza di 1.220 metri.
Questo luogo mi fa riflettere sulla differenza, e il fascino, che hanno le Alpi Occidentali rispetto ai miei soliti terreni di caccia in moto.
Il passo che chiude la valle dove vivo, il Pian delle Fugazze, è 1.183 metri, più basso della Piatta, ma ha già aspetti alpini: vegetazione, pascoli, glabre montagne a far da cornice, ghiaioni ai fianchi del monte; La Piatta invece, rapportato alle mie zone, potrebbe essere la collinetta appena fuori da paese, 300-400 metri sul livello del mare, invece è ben più elevato! Qui in Piemonte le montagne sono molto alte, e tutto è proporzionato, le colline qui sono montagne; anche i miei amici vicentini, vedendo queste foto e ascoltando le mie riflessioni, hanno convenuto con me della cosa.

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Salita al passo La Piatta.

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Piemonte: Passo La Piatta, 1.220 m.s.l.m..

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Veneto: via sterrata al Pian delle Fugazze, 1.183 m.s.l.m.; stessa quota, ma c’è differenza!

Finalmente sceso in fondovalle, prendevo la strada asfaltata per il santuario, un divertente nastro di asfalto che si inoltra fra montagne sempre più alte e strette fra loro; sembra impossibile che ci sia una qualche presenza umana in questi anfratti, quando all’improvviso la valle di allarga, la strada prende quota, una grande chiesa di pietra sovrasta tutto, pare li ad aspettarti, come il monastero benedettino de “Il Nome della Rosa”.
Una breve sosta è d’obbligo, per visitare l’imponente edificio di culto:

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Il santuario di S.Magno, 1.700 m.s.l.m..

Superato il santuario, la strada sale ancora, letteralmente aperte sul fianco della montagna; su molte carte stradali che ho a casa, ogni via termina a S.Magno, c’è il vuoto di segni sulla carta, mentre in altre solo labili segni di strade non praticabili; la topografica dell’I.G.C. (Istituto Geografico Centrale di Torino) indica una sterrate carrabile, logico quindi che mi aspetti km e km di fondo naturale; ne sono così sicuro che, ad un signore incontrato nel piazzale del santuario che mi chiedeva informazioni sulla strada, avevo risposto con certezza che era sterrata, e questi, spaventato, aveva abbandonato l’intenzione di proseguire.
Quindi, man mano che salivo e sotto alle mie ruote il Triste Asfalto rimaneva tale, la delusione era forte; poi mi facevo il lavaggio del cervello, dicendomi che guidare a oltre 2.000 metri di quota tra le crode e i boali non è mai da disprezzare, nonostante il bitume; certo, è più avventuroso un valico sterrato a 1.000 metri che uno asfaltato a 3.000, l’incertezza dei sassi e delle buche sotto al tassello piuttosto che la sicurezza del manto nero, ma tantè, ci si adatta…
Lungo la strada c’erano delle specie di rilevatori, ad uso dei ciclisti, per misurare le prestazioni, i tempi, una sorta di cronometristi automatici; sul colle dei Morti c’è un monumento a Pantani, e tutto questo mi poneva la domanda: ma qui è passato il giro d’Italia? Hanno asfaltato apposta per questo?
In queste montagne trovavo i primi, veri, gruppi di turisti da quando ero partito; in massima parte camminatori, qualche ciclista, i più mi ignoravano, qualcuno mi salutava cordialmente, qualcuno era infastidito dalla moto, come se loro non fossero arrivati qui con un mezzo a motore!

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Colle d’Esischie, 2.370 m.s.l.m.; uno dei bussolotti per prendersi i tempi con la bici.

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Idem.

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Autoscatto in Val Grana.

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Colle dei Morti, 2.480 m.s.l.m.; monumento a Pantani.

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Ma quanto ci sta male l’asfalto qui!


GARDETTA – COL DEL MULO – VALLONE DELL’ARMA

Dal colle dei Morti la strada discende un vallone roccioso con gli ultimi sprazzi di neve, fino al colle di Valcavera, dove si possono prendere 2 direzioni: a sinistra si scende per il Vallone dell’Arma sino a Demonte, mentre valicando il colle si prosegue verso il rifugio Gardetta; finalmente, oltrepassato il colle, il Triste Asfalto lascia il posto ad una candida sterrata di ghiaia bianca, che percorre il perimetro di un vasto acrocoro, delimitato sul lato orientale da una imponente montagna, una lama di roccia che squarcia i magri pascoli d’alta quota e punta diritta verso il cielo.
È una visione emozionante, mi sento a mio agio in questi contesti, molto più che nella tediosa quotidianità di ogni giorno; nonostante abbia familiarità con gli ambienti naturali, grazie alla moto ed anche ad altre esperienze fatte (speleologia, Alpinismo), queste “Terre Alte” mi stupiscono sempre; non so cosa fotografare, quali scorci, quali particolari: ci vorrebbe una fotocamera magica, in grado di racchiudere in uno scatto tutta l’immensità della montagna!

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Colle di Valcavera, 2.416 m.s.l.m.; sullo sfondo la sella del colle della Bandia.

Poche centinaia di metri prima del colle della Bandia si stacca la mulattiera che conduce al colle del Mulo; non ha l’aspetto della strada permessa al transito, è una vera mulattiera di sassi aguzzi, ciò che resta della antica massicciata militare, che si inoltra nei rachitici pascoli alla base delle pareti rocciose; ma non ci sono cartelli di divieto, per cui salgo a passo d’uomo verso il valico; oltre il culmine la mula scende in un vallone selvaggio, che identifico come il vallone di Marmora, alla cui testata si trova il Colle d’Esischie: un breve ma affascinante anello ai piedi delle crode!
Dato il mio enorme ritardo sulla tabella di marcia, decido di rinunciare a tale anello, anche per non imporre a tutti i costi in mio mezzo motorizzato alla wilderness montagnosa!
In realtà sto prendendo una cantonata enorme, di cui mi sono accorto solo un mese dopo, scrivendo queste note! Dal bivio prima del colle della Bandia la mulattiera punta dritta alla base di una cima, il Bricco Grande; prendendo a DX si raggiunge il Colle del Mulo, che si affaccia sul vallone di Marmora e tutto il resto, come ho scritto. Questa traccia era così labile che non l’avevo nemmeno presa in considerazione, e seguendo la traccia più battuta a SX sono salito al colle D’Ancoccia, 2.535 m.s.l.m.; sull’altro versante si apre un maestoso palcoscenico naturale, dominato dal monte Rocca Meja, una ardita vela di roccia che si innalza dai pascoli che costituiscono la sommità del vallone di Preit; ad alcuni km in linea d’aria c’è il pianoro della Gardetta, con l’omonimo rifugio, ma non potevo saperlo!

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Colle d’Ancoccia, 2.535 m.s.l.m., la massima elevazione della giornata.

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Bunker al Colle d’Ancoccia; in loco, credendo di essere al colle del Mulo, mi domandavo come mai questi bunker italiani non fossero rivolti verso la Francia; poi ho capito l’errore, con un mese di ritardo!

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Monte Rocca Meja dal colle d’Ancoccia.

Dal falso colle del Mulo, alias colle d’Ancoccia, ridiscendo all’ampia sella del Colle di Bandia, guardato a vista da ruderi di casermaggi e minacciosi bunker:

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Colle della Bandia, 2.408 m.s.l.m., le caserme.

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Colle della Bandia, il bunker.

Dalla Bandia al Gardetta mi aspettano una decina di km, in cui la sterrata corre scavata sul fianco di una dorsale montuosa, toccando i seguenti colli, prima di scendere al pianoro della Gardetta: Colle Margherina m. 2.420, Colle Cologna m. 2.394, Colle di Salsas Blancias m. 2.475.

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Verso il Gardetta.

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La Rocca Meja.

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Verso il Gardetta.

Dopo questa esaltante cavalcata a 2.400 m. ci si abbassa in un ampio pianoro pascolivo e, nascosto da una gibbosità del terreno, c’è il rifugio alpino Gardetta. Un vero rifugio alpino, non come certe strutture, alberghi in tutto e per tutto, che di rifugio hanno solo il nome! Il Gardetta è una casupola a 2 piani, adiacente ad un paio di costruzioni in rovina: al piano terra uno stanzone dove si mangia, nemmeno tanto grande, confinate direttamente con una cucina dalle dimensioni domestiche; delle scale in legno conducono al piano superiore, dove ci saranno gli alloggi per i gestori e gli ospiti.
Mi siedo a tavola, fronte a un ciclista francese di mezza età che mi saluta cordialmente; una giovane, e carina, ragazza serve ai tavoli, i vicini di tavolo esternano alla ragazza la loro invidia nei suoi confronti, per vivere quassù, ma la gentil pulzella li fredda al volo:”Per fortuna il fine settimana scendo, perché qui è bello, ma non ti passa più!”. Vorrei dirle, con lo sguardo di Marlon Brando ne “Il Selvaggio” “è il tuo giorno fortunato, girl, prendi le tue cose che ce ne andiamo in sella alla mia possente motocicletta!” ma mi limito ad ordinare salsiccia e polenta, torta e caffè: non ho la stoffa del seduttore d’attacco!

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Rifugio Gardetta, m.2335, e passo omonimo sullo sfondo.

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Foto satellitare: rende l’idea del paesaggio “lunare”?

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ZOOOMM!

Dopo essermi rifocillato e riposato riprendo la marcia, sotto un cielo plumbeo. Con la scusa di cercare un punto raggiungibile al cellulare, scendo dal versante opposto, nel vallone di Preit, per alcuni km, notando con dispiacere che tratti di strada che avevo visto nelle foto del Muz sono stati asfaltati! E si che si tratta di foto di 4-5 anni fa.
Fra altri 5 anni dove arriverà l’asfalto? Mio figlio, se verrà qui tra 20 anni, troverà solo bitume, o in alternativa un bel cartello rosso e bianco? Purtroppo il futuro sarà questo, almeno mi resteranno i ricordi e le immagini salvate!
Incrocio i primi enduristi dall’inizio del viaggio, una coppia di svizzeri su KTM LC4, niente al confronto del traffico che troverò sulla Via del Sale.

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Al Gardetta dalla Val Maira.

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Al Gardetta dalla Val Maira.

Con massimo piacere ripercorro tutta la strada fino al Colle Valcavera, tra andata e ritorno mi sono gustato una 30ina di km in alta quota; con massimo dispiacere intraprendo la discesa su Demonte per il lungo Vallone dell’Arma: anch’esso affascinante luogo d’alta quota, soprattutto nella parte sommitale, ma il Triste Asfalto toglie poesia ed emozione a tonnellate!


LA VIA DEL SALE OCCIDENTALE

Ore 15.30, sono a Demonte, in fondovalle alla vallata dello Stura: Porca quella vacca di Nonna Papera, ho un ritardo mostruoso sul mio road-book! Avrei dovuto dormire qui a Demonte, alla mattina partire verso Limone Piemonte (distante circa 50 km di strada asfaltata di fondovalle), percorrere con calma tutto l’anello della Via del Sale classica tra Liguria e Francia, per poi ritornare in serata a Demonte, da cui scalare l’ultimo giorno il Colle della Lombarda, porta d’accesso verso i percorsi francesi della Moutiere e del Parpaillon.
Ho ancora 6 ore di luce, forze permettendo, ma non sono certo sufficienti per fare la Via del Sale nella sua interezza; decido quindi di andare avanti fin dove riesco, pernottare dove capita in Liguria, e il dì seguente completare la “Sale” , inventandomi qualcosa per il ritorno a Susa il quarto e ultimo giorno.
Imbocco la S.S., chiedendo ancora al mio povero XR; il fanale anteriore non funzione più, la catena sferraglia, secca e lucida, chiedendo pietà dalle polverose sterrate piemontesi, il pignone ha oramai i denti piegati in avanti. In questo contesto, lungo trasferimento asfaltato, rimpiango il 750, che ai 110 orari fila via con solo il fruscio del vento; non ricordo se l’Hondina ha i rapporti originali, o se li ho accorciati con un pignone da un dente in meno, fatto sta che la velocità di crociera, sopportabile da pilota e mezzo, è di soli 75 km/h! A 90 km le vibrazioni e il rumore sono ai limiti della sopportazione, a 100 km la moto pare contorcesi sotto il culo, a 110 km/h ci si aspetta che la moto si disintegri da un istante all’altro! Si, l’XR non è certo una dual sport, almeno nell’accezione di fuoristrada più lunghi trasferimenti stradali – autostradali.
Dopo una oretta di “good vibrations” giungo all’imbocco del Traforo di Tenda, ma non vedo indicazioni per l’omonimo colle; chiedo ad un signore la strada per il Colle di Tenda, e quello, guardandomi come si guarda un demente, mi dice che è questo il Colle di Tenda! Mi tocca spiegargli che cerco il valico montano, non il tunnel! “Ma, allora, boh, non so…”.
Lascio perdere e imbocco l’unica strada a destra dell’ingresso del tunnel, che si rivela quella giusta.
La strada sale un pendio dedicato allo sci da discesa, il cielo, tanto per cambiare, è scuro, e la salita non spicca per bellezza.
Quando arrivo ad un piazzale asfaltato, credo di essere giunto al Colle, e vado nel pallone: di fronte a me ho 2 strade sterrate, che costeggiano le pareti opposte di un costone roccioso, nella stessa direzione; una ha freccia “Monesi”, ne deduco che si tratta del percorso italiano, l’altra non ha nessuna indicazione, ma il ramo francese del percorso dovrebbe andare nella direzione opposta!
Mi arrampico sulla cima di un cocuzzolo a cercare la strada per la Baisse d’Ourne, ma non c’è niente.
Guardo e riguardo la carta, finché il cervello si connette: non sono al Colle di Tenda, ma in un piazzale immediatamente sottostante; il valico vero e proprio è oltre lo sperone roccioso, dove i 2 rami sterrati si uniscono: da là poi c’è la possibilità di percorrere la via orientale italiana o la occidentale francese.

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Il finto Colle di Tenda: a SX per Monesi, a DX per bohhh?

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Il vero Colle di Tenda, 1.971 m., poche centinaia di metri dopo!

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Il Fort Central di Tenda.

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Il sogno di ogni motardista!

Nonostante la mia passione per le fortezze militari, mi accontentavo della foto di cui sopra, confidando che l’indomani avrei potuto fermarmi con più calma a visitare il forte: povero illuso!
Iniziava così la mia Via del Sale vera e propria, sul versante francese.
Trattasi di una sterrata perfettamente carrabile anche da automezzi non da fuoristrada, decisamente ampia nel primo tratto, dove ci passano anche 2 auto affiancate, più stretta nel tratto in discesa verso Tenda, ma comunque sempre facile, dal fondo duro, al più con un sottile strato di ghiaino.
La strada si mantiene costantemente poco sotto i 2.000 metri di quota, quasi sempre percorrendo il versante sulla Val Roya, ma scollinando pure sul pendio che guarda la Valmasque, raggiungibile tramite una rotabile che vi scende dalla Baisse de Peyrefique.
Davanti ai miei occhi, quando non sono dentro il bosco, si para un mare di montagne sterminato, monti su monti fin dove lo sguardo arriva: meraviglioso!
Lungo il percorso incontrerò una donna francese alla guida di una Ford Escort, che gentilmente mi faceva strada, ma siccome o sbagliavo strada, o mi fermavo a fotografare, essa mi superava di nuovo, io le capitavo alle spalle, lei mi faceva passare, io mi fermavo, lei mi superava, io arrivavo da dietro…tutto con grandi sorrisi a momenti ci scappava l’appuntamento!
Tralascio l’esplorazione di alcune tratte cieche, come la salita al monte Agnellino, 2.201 m., soprastante la Baisse d’Ourne, o la visita al forte de la Marguerie.
I km scorrono veloci sotto le ruote fino alla Baisse d’Ourne, da cui inizio l’interminabile calata su Tenda, dapprima immerso in una gagliarda foresta di pini, dove la strada è piacevolmente sterrata, poi, dove riprende l’asfalto, su di uno scabro pendio quasi verticale che la strada percorre con innumerevoli tornanti incisi nella montagna, fino al suggestivo borgo di Tenda.
La mia speranza è raggiungere la Colla di Sanson, indi scendere alla Melosa e alla Colla di Langan, per andare a percorrere, magari dopocena, l’anello passo Muratone passo del Cane.

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Fort de La Marguerie.

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Baisse de Peyrefique, m. 1.915.

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Baisse d’Ourne, m. 2.039.

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Tenda.

Da Tenda velocemente raggiungo Briga; attraverso il paesetto in direzione della chiesa Notre Dames des Fontaines, agevolmente indicata dai cartelli stradali.
Dalla chiesa inizia lo sterrato verso l’Italia, molto largo e polveroso; la rotabile non sale direttamente verso il Colle di Sanson, ma divaga sulla sinistra orografica della Val Roya, rivestita da un rigoglioso manto di conifere; inoltre ci sono diverse bivi, e mancano indicazioni; vado un po’ nel pallone, nel dubbio tengo sempre la principale che sale, ma quando incrocio un 4x4 targato Francia lo blocco al volo per avere informazioni.

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Notre Dame des Fontaines.

E chi ti trovo alla guida, a 600 km dal natio Veneto? Un emigrante di Treviso, appassionato di caccia, con cui parlo di “polenta e usei” e delle nostre montagne!
Il buongustaio mi rassicura sulla strada, e riprendo la salita, di cui voglio ricordare l’odore sprigionato dalla resina dei pini.
La sterrata tocca i colli di Linaire 1.432 m., e del Col du Loup 1.636 m.; ora la strada corre proprio nella penombra della foresta, il fondo peggiora ma è per poco, infatti a quota 1.685 m. si scollina alla Colla, Colle o Bassa che dir si voglia, di Sanson; ancor prima che dalla lettura della tabella o della mappa, so dove sono grazie all’apparire di un consunto cartello stradale con le oposte direzioni Monesi – Triora, scritte bianche in campo blu, la stessa foto immortalata nel servizio su Motociclismo del 1994: che emozione, dopo aver consumato per anni la carta del giornale a furia di sognare di ripercorrere l’articolo, esserci realmente!

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Da Notre Dames des Fontaines alla Colla di Sanson.

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Colla di Sanson!

La Bassa di Sanson è un crocevia di grande importanza nella geografia della Via del Sale; sul versante italiano una sterrata scende a Realdo, da cui si raggiunge rapidamente Triora.
Procedendo invece in direzione nord-est lungo il crinale si giunge al passo di Collardente, da cui si può scegliere di aggirare i 2.200 metri del monte Saccarello fino al passo Tanarello, o sullo scosceso versante occidentale, in terra di Francia, oppure aggirando il lungo costone del monte Fronte, attraverso il passo della Guardia e il Colle Garezzo, per scendere verso Monesi e risalire al Tanarello, da cui proseguire verso Tenda.
Infine, andando verso sud-ovest, ed è la mia scelta, si va verso il Lago di Tenarda e la Colla di Melosa, passando sotto la Cima di Marta, 2.138 m..

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E si ritorna dove tutto è iniziato.

Non posso che usare gli ormai abusati aggettivi di meraviglia e stupore per descrivere questo tratto, che si mantiene in quota fin circa sotto al rifugio Grai, dove inizia a scendere con lunghi traversi sul fianco del monte verso la Colla Melosa; le montagne liguri a perdita d’occhio, valli che sprofondano fra esse, boschi di abeti che ne ricoprono le pendici, calanchi rocciosi dove vincoli paesetti che occupano i cocuzzoli dei monti, la inconfondibile sagoma triangolare del lago di Tenarda.

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Il lago di Tenarda.

Alla Melosa riappare il Triste Asfalto, e l’orologio segna le 18.00 abbondantemente passate; ma più che l’ora è la stanchezza del corpo a segnare l’ora della ritirata, dopo oltre 300 km non ho più stimoli a guidare ancora; per affrontare l’anello Gola di Gouta – passo Muratone – passo del Cane dovrei macinarmi altri 40 km di asfalto, per poi fare la parte meridionale della Via del Sale, arrivando a Dolceacqua, praticamente a pochi km da Ventimiglia e dal mare. Una marea di km da rifare la sera stessa, o la mattina seguente, per andare ad attaccarsi al pezzo mancante della Via del Sale, Triora – Monesi – Tenda.
A malincuore rinuncio al Muratone, per la Colla di Langan scendo a Molini di Triora e quindi a Triora, dove il contakm segna 337 km. Trovo alloggio all’hotel Colomba d’Oro; posto carino, con garage chiuso per le moto, e camere con vista sulle montagne, e la sera la trascorro passeggiando per il borgo mediovale, scoprendo la storia dei processi alle streghe che notorietà hanno dato a questo ameno borgo.

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La discesa dal monte Grai alla Colla Melosa.

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Triora, il paese delle streghe.

continua...

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rerechan
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8.ALPI OCCIDENTALI III° - DAL SAMPEYRE ALLA MELOSA

Messaggio da rerechan » mer 14 apr, 2010 3:08 pm

Bravo come sempre, alcune foto sono proprio eccezionali....
Ma non avevi smesso di girare in moto?? (scherzo....)
chi va piano,
va sano e...
ammira il paesaggio.
(E magari vede le fate nei boschi!!)

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Pisolomax
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8.ALPI OCCIDENTALI III° - DAL SAMPEYRE ALLA MELOSA

Messaggio da Pisolomax » mer 14 apr, 2010 7:10 pm

:shock:

Ormai mi sa che lui conosce tali posti MOOOLTO meglio di me ...che li ho ad un tiro di schioppo :oops:

Come sempre, grazie per le bellissime foto e l'appassionante descrittiva :wink:
Alpi marittime - Massiccio del Mercantour (F) :)
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VALCHISUN
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8.ALPI OCCIDENTALI III° - DAL SAMPEYRE ALLA MELOSA

Messaggio da VALCHISUN » mer 14 apr, 2010 9:23 pm

Pisolomax ha scritto::shock:

Ormai mi sa che lui conosce tali posti MOOOLTO meglio di me ...che li ho ad un tiro di schioppo :oops:

Come sempre, grazie per le bellissime foto e l'appassionante descrittiva :wink:
E' quello che ho notato anch'io, posti dove sono passato decine di volte, ma, visti da queste "angolazioni", sembrano nuovi!
Ancora un "BRAVO" per le foto, per il Report e per la "voglia"di farsi quelle strade in solitaria....
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Meno Internet e piu' Cabernet, ma anche il Dolcetto va bene lo stesso...

husqvarna100
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8.ALPI OCCIDENTALI III° - DAL SAMPEYRE ALLA MELOSA

Messaggio da husqvarna100 » mer 14 apr, 2010 11:58 pm

Bravo Alves.
Giro questi posti da una vita ma tu mi dai ogni volta note ed indicazioni che mi erano sfuggite.

Claudio.

VALCHISUN
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8.ALPI OCCIDENTALI III° - DAL SAMPEYRE ALLA MELOSA

Messaggio da VALCHISUN » gio 15 apr, 2010 12:10 am

Da Demonte, passando per la Val Gesso, c'e' la possibilita' di by-passare Borgo San Dalmazzo e Roccavione anche per strade sterrate e mulattiere di collegamento arrivando in Val Vermenagna senza "quasi" toccare l'asfalto, conosco gente che per "Via del Sale" intende partire da Bagnolo Piemonte, facendo quelle sterrate illustrate nel Report, si fa' tutta la Liguria nell'entroterra e finisce la "Via del Sale" ad Aulla in Toscana.... :shock:
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husqvarna100
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8.ALPI OCCIDENTALI III° - DAL SAMPEYRE ALLA MELOSA

Messaggio da husqvarna100 » gio 15 apr, 2010 12:20 am

Urca.
MI STUZZICA :wink:
Si po fa'.

Claudio.

apprendistalinux
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8.ALPI OCCIDENTALI III° - DAL SAMPEYRE ALLA MELOSA

Messaggio da apprendistalinux » ven 16 apr, 2010 2:35 pm

Volevo fare i miei complimenti a SuperHank!!! :D

Per lo spirito da motociclista che traspare dai suoi racconti, per le bellezza delle foto, per l'emozione che riesce a trasmettere con le sue parole!!!

Davvero i miei complimenti.

P.S. per correttezza te lo chiedo: posso stampare in pdf tutti i tuoi racconti e tenerli da parte come fossero una "piccola guida turistica" di quella zona?
ANATOMIA:

2 mani, 2 piedi, 2 occhi ... 2 RUOTE!!!

- la moto va sotto al culo
- adesso attenzione a non confondere la testa con il polso destro!

Per partire basta una moto.
Per arrivare bisogna vedere cosa c'è sotto al casco e nel polso destro!

johax
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Messaggio da johax » ven 16 apr, 2010 5:06 pm

VALCHISUN ha scritto:Da Demonte, passando per la Val Gesso, c'e' la possibilita' di by-passare Borgo San Dalmazzo e Roccavione anche per strade sterrate e mulattiere di collegamento arrivando in Val Vermenagna senza "quasi" toccare l'asfalto.... :shock:
...questo è l'anello mancante nelle mie conoscenze!
al disgelo ci si deve vedere assolutamente per mettere il tassello su terra! :P

VALCHISUN
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Messaggio da VALCHISUN » ven 16 apr, 2010 9:52 pm

Il disgelo, se continua cosi', non arrivera' mai piu'!Due giorni fa' al Colle del Sestriere sono venuti giu' settanta cm. di "fioca".... :( :( :(
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