[size=150]ATTENZIONE[/size]: oggi dalle 13:00 circa il forum sara' utilizzabile in sola lettura per operazioni di manutenzione. L'operazione dovrebbe durare alcuni minuti,
Quando arriva il momento di arrendersi!
Quando arriva il momento di arrendersi!
Quando arriva il momento di arrendersi!
PRIMA PARTE
Quando arriva il momento di arrendersi… è saggio lasciare da parte l’orgoglio, le aspettative di “gloria” e prendere una decisione che permetta di salvare il salvabile.
Non è il resoconto di una battaglia tra romani e cartaginesi né fra garibaldini e borboni e neanche fra tedeschi e inglesi durante la IIa Guerra Mondiale. Più semplicemente è un pensiero che mi ha accompagnato per una mezz’ora durante la via del ritorno dall’ultima motocavalcata che abbiamo realizzato sabato scorso col gruppo di Tani e gli amici di Messina (Francesco, Federico e Aldo).
Un’avventura/disavventura dagli innumerevoli risvolti tragicomici che ora cercherò di raccontare a cominciare dalla bucatura della HM450 di Paolo dopo 7 m dalla partenza e a finire con il serbatoio a secco del Polaris di Carmine. Il tutto con intervalli fra ipotetici problemi all’impianto elettrico del KTM 450 (ma prosciugamento reale del serbatoio anche di Aldo che rientrava solo a Messina prima degli altri), una bucatura di Antonello “acasile” e lo scoppio del copertone posteriore dell’altro Kappone di Tani. Cadute a sufficienza (ricordiamo Francesco lungo una trazzera ripidissima e Antonello che ha riportati danni al ginocchio). Insomma un’ecatombe!
Ma cominciamo dal Mercoledì, quando Tani mi telefona per chiedermi di uscire. “OK, si può fare!” Lui rientrerà venerdì sera da Bolzano, dove ha una riunione di lavoro. Stanco e distrutto da una settimana di dura fatica. Per tutto il giro di sabato non avrà la sua migliore cera. E’ brutto quando la stanchezza prende il sopravvento. Nonostante ciò, col suo KTM450 sembra un angelo come vola senza neanche sfiorare i massi. Semplicemente, gli è mancato il suo sorriso scanzonato che ha riempito d’allegria l’ultima nostra motocavalcate conclusasi davanti ad una pentola di fagioli.
Solito tam tam fra SMS e telefonate: Igino si è rimesso dopo l’ultimo scontro con uno snowboard e una cappottata con suo RR400 ma si sa, sabato ci saranno i preparativi per le elezioni e la Guardia di Finanza è impegnata nei servizi di vigilanza. La Polizia di Stato ci concede, invece, il suo più simpatico esponente che si presenta con la sua CRF450 e non, per fortuna, con una delle moto d’ordinanza (figuriamoci!). Il Ministero della Pubblica Istruzione prevede scuola dove non si dovranno montare i seggi elettorali (fuori Al). Questo week-end non erano previsti Congressi di Oftalmologia né di Podologia (OK per Tino e Francesco rispettivamente con un “nuovo” KTM450 e il solito CRF250). Carmine sembra non avere impegni col calcetto e, finalmente, pare che, per la prima volta in un anno che ha il Polaris, dovrebbe funzionare a 4 ruote motrici: lo proveremo! Insomma è prevista la partecipazione di un bel gruppetto, non eccessivamente numeroso. Quanto basta!
Appuntamento alle 9.30 di sabato da Roberto al rondò di Gallico. Alle 8 accompagno le figlie a scuola e fino alle 9 sono in giro fra spesa al supermercato, appuntamento col falegname e acquisti vari per le classiche riparazioni in casa della domenica. Trafelato, riesco a suonare al citofono di Carmine e per le 9.10 siamo in partenza per l’appuntamento col gruppo di Messina.
A parte gli “ormai classici messinesi” Tani e Francesco, abbiamo due nuovi ospiti: Aldo e Federico. Da Reggio una novità: Paolo, amico di Antonello. Riusciamo a partire che sono le 10. Si va a monte ma senza una precisa meta: seguiremo il buon tempo, come al solito! All’appello abbiamo 4 Kapponi (450), 3 CRF (2 450 + 1 250), 1 Polaris 400 4WD e la mia piccola alpetta. Lasciamo perdere i commenti!
Lo scooterone che vedete sulla destra, dietro la macchina non è del gruppo (n. d. r.!).
Il momento dei preparativi. Lo “sfortunato” Paolone a cavalcioni sul su CRF. Si fanno le presentazioni dei nuovi arrivi: Federico (il Nibelungo) e Aldo. Tani e Francesco sono per me due vecchie conoscenze. Tino, Carmine e Antonello ormai compagni d’avventura.
La formazione:
Tino (col suo “nuovo” KTM 450)
Antonello (CRF 450)
Carmine (Polaris 400 4WD)
Tani (Kappone)
Francesco (CRF 250)
Federico (K)
Aldo (K)
Paolo (Honda che al settimo metro dalla partenza buca e si ritira negli spogliatoi).
e Io
In primo piano Antonello, dietro di lui Paolone e più a sinistra Francesco (col giubbotto rosso). Più a destra, senza casco, Tino, Tani (col casco) e Carmine.
L’allegra brigata, nonostante l’intoppo della bucatura del CRF di Paolo (che decide altruisticamente di abbandonare subito per non rallentare il gruppo) procedere su un facile sterratone che porta ai Piani di Petile e lungo il quale abbiamo perso il nostro Antonello che, più avanti di tutti, prendeva una deviazione. Era facile prevedere che ci saremmo rincontrati più su. Questa è per noi fuoristradisti una specie di autostrada. Dopo un paio di km decido anch’io, di deviare per un tratturo e andiamo a finire in un cantiere di taglialegna.
Il cellulare non prende, i boscaioli hanno visto passare Antonello che poi ha fatto dietrofront. Non ci resta che aspettare e riposarci. Si chiacchiera del più e del meno. Ascolto i discorsi degli enduristi incuriosito: parlano di forcelle, ammortizzatori, centraline e quant’altro. Sono perplesso di fronte a tanta tecnologia, io che ho due ruote da trial sotto al sedere e un ammasso non meglio identificato di ferraglia.
Sul quad Carmine, più a destra Tino. Da dietro Federico saluta.
Oggi, finalmente, il Polaris è stato sistemato e avremo l’onore di vedere come va con le 4X4. Carmine ci terrebbe ad arrivare sulla neve: si vedrà! Tino, mantiene alta la tradizione del motociclista al top in tutti i sensi (Aprilia Tuono su strada e sullo sterrato la vecchia XR400 ha ceduto da poco il posto ad una Kappona del 2005). Federico fa sembrare la sua Kappona una alpetta tanto è Nibelungo.
Il gruppo in posa (manca Federico, dietro la fotocamera, e Antonello, dato per disperso). La temperatura è ottima, il cielo si è schiarito e il vento è calato. Ci sono le condizioni migliori per passare una bella giornata all’aria aperta.
Abbiamo recuperato anche il nostro “acasile”. Sempre in forma, sempre gran manico nonostante la brutta botta presa oggi in caduta libera.
Tani: sempre sicuro, sempre con un filo di acceleratore ma velocissimo. E’ dura stare dietro a questi enduristi! Prevedono di partecipare a fine aprile alla motocavalcata che si terrà alle Gole dell’Alcantara. Personalmente, viste le poche esperienze precedenti, preferisco stare alla larga da certe sfide all’ultimo sangue fra enduristi accaniti che ti sorpassano proprio dove la mulattiera presenta il precipizio e balzano avanti lanciandoti addosso decine di sassi per la sgommatura infinita.
Nonostante la caduta, dovuta all’eccessivo caricamento dell’avantreno lungo una ripida pietraia in discesa, Francesco ha ripreso la sua naturale andatura senza perplessità. Sul suo sorriso si può sempre contare!
Aldo apre il gruppo e Carmine lo chiude.
La ginestra.
Carmine partirà alla ricerca di Antonello, disperso per la seconda volta. In effetti qui ho sbagliato io a prendere un sentiero che non conoscevano e siccome “acasile” era avanti (e non me ne ero accorto, tanto è veloce) abbiamo nuovamente perduto il filo di Arianna. Chiedo pubblicamente scusa ad Antonello. D’ora in avanti sarà opportuno che più che il metodo dell’elastico sia io ad elasticizzate la mappatura del percorso e renderlo aperto alle iniziative dei compagni di viaggio.
On the Road, ascoltiamo i motori che rombano inseguendosi l’un l’altro: il Polaris insegue il CRF o viceversa? In attesa che compaiano all’orizzonte ci riposiamo fra un sorso d’acqua e qualche chicco d’uva passa. Sullo sfondo il paese di Cerasi.
Aldo nel bosco.
Un’alpetta circondata dai mostri!
Francesco lungo la tràzzera che porta verso Schindilifà.
Francesco in piena azione.
Tratturo selvaggio nell’area della Landa. In effetti, transitiamo per questa tràzzera da non più di un paio di mesi e già sembra che sia rinata. Certo, le prime volte abbiamo fatto non poca fatica a passare fra le spine irte e ricordo ancora le ferite grondanti di sangue dalle braccia di Al, martire del motoalpinismo, con un passato (breve) da endurista ed un lunghissimo futuro… da surfista?
Aldo e…
…ancora Aldo.
Tani e…
… ancora Tani.
“acasile” e…
…ancora “acasile”
…seguito da Tino.
Carmine e…
…ancora Carmine.
Insomma, abbiamo fatto parlare le foto per descrivere questa prima parte del nostro giro che, presenterà delle sorprese (come al solito!). Siamo partiti dai 0 m slm e abbiamo toccato l’altezza massima di 1000 m di quota. Poi siamo ridiscesi e ci siamo tenuti in quota fino ad arrivare ai 620 m slm della Fiumara della Cartiera da dove riprenderemo il racconto nella prossima puntata.
Come annunciato nel titolo, quando arriva il momento di arrendersi bisogna possedere il giusto grado di umiltà per farlo. Noi, un po’ in ritardo, ci siamo riusciti. Spero di avervi incuriosito abbastanza e di avere il tempo, nei prossimi giorni, per stendere un testo decente, sistemare le foto e associarvi qualche breve commento.
Il seguito a presto.
PRIMA PARTE
Quando arriva il momento di arrendersi… è saggio lasciare da parte l’orgoglio, le aspettative di “gloria” e prendere una decisione che permetta di salvare il salvabile.
Non è il resoconto di una battaglia tra romani e cartaginesi né fra garibaldini e borboni e neanche fra tedeschi e inglesi durante la IIa Guerra Mondiale. Più semplicemente è un pensiero che mi ha accompagnato per una mezz’ora durante la via del ritorno dall’ultima motocavalcata che abbiamo realizzato sabato scorso col gruppo di Tani e gli amici di Messina (Francesco, Federico e Aldo).
Un’avventura/disavventura dagli innumerevoli risvolti tragicomici che ora cercherò di raccontare a cominciare dalla bucatura della HM450 di Paolo dopo 7 m dalla partenza e a finire con il serbatoio a secco del Polaris di Carmine. Il tutto con intervalli fra ipotetici problemi all’impianto elettrico del KTM 450 (ma prosciugamento reale del serbatoio anche di Aldo che rientrava solo a Messina prima degli altri), una bucatura di Antonello “acasile” e lo scoppio del copertone posteriore dell’altro Kappone di Tani. Cadute a sufficienza (ricordiamo Francesco lungo una trazzera ripidissima e Antonello che ha riportati danni al ginocchio). Insomma un’ecatombe!
Ma cominciamo dal Mercoledì, quando Tani mi telefona per chiedermi di uscire. “OK, si può fare!” Lui rientrerà venerdì sera da Bolzano, dove ha una riunione di lavoro. Stanco e distrutto da una settimana di dura fatica. Per tutto il giro di sabato non avrà la sua migliore cera. E’ brutto quando la stanchezza prende il sopravvento. Nonostante ciò, col suo KTM450 sembra un angelo come vola senza neanche sfiorare i massi. Semplicemente, gli è mancato il suo sorriso scanzonato che ha riempito d’allegria l’ultima nostra motocavalcate conclusasi davanti ad una pentola di fagioli.
Solito tam tam fra SMS e telefonate: Igino si è rimesso dopo l’ultimo scontro con uno snowboard e una cappottata con suo RR400 ma si sa, sabato ci saranno i preparativi per le elezioni e la Guardia di Finanza è impegnata nei servizi di vigilanza. La Polizia di Stato ci concede, invece, il suo più simpatico esponente che si presenta con la sua CRF450 e non, per fortuna, con una delle moto d’ordinanza (figuriamoci!). Il Ministero della Pubblica Istruzione prevede scuola dove non si dovranno montare i seggi elettorali (fuori Al). Questo week-end non erano previsti Congressi di Oftalmologia né di Podologia (OK per Tino e Francesco rispettivamente con un “nuovo” KTM450 e il solito CRF250). Carmine sembra non avere impegni col calcetto e, finalmente, pare che, per la prima volta in un anno che ha il Polaris, dovrebbe funzionare a 4 ruote motrici: lo proveremo! Insomma è prevista la partecipazione di un bel gruppetto, non eccessivamente numeroso. Quanto basta!
Appuntamento alle 9.30 di sabato da Roberto al rondò di Gallico. Alle 8 accompagno le figlie a scuola e fino alle 9 sono in giro fra spesa al supermercato, appuntamento col falegname e acquisti vari per le classiche riparazioni in casa della domenica. Trafelato, riesco a suonare al citofono di Carmine e per le 9.10 siamo in partenza per l’appuntamento col gruppo di Messina.
A parte gli “ormai classici messinesi” Tani e Francesco, abbiamo due nuovi ospiti: Aldo e Federico. Da Reggio una novità: Paolo, amico di Antonello. Riusciamo a partire che sono le 10. Si va a monte ma senza una precisa meta: seguiremo il buon tempo, come al solito! All’appello abbiamo 4 Kapponi (450), 3 CRF (2 450 + 1 250), 1 Polaris 400 4WD e la mia piccola alpetta. Lasciamo perdere i commenti!
Lo scooterone che vedete sulla destra, dietro la macchina non è del gruppo (n. d. r.!).
Il momento dei preparativi. Lo “sfortunato” Paolone a cavalcioni sul su CRF. Si fanno le presentazioni dei nuovi arrivi: Federico (il Nibelungo) e Aldo. Tani e Francesco sono per me due vecchie conoscenze. Tino, Carmine e Antonello ormai compagni d’avventura.
La formazione:
Tino (col suo “nuovo” KTM 450)
Antonello (CRF 450)
Carmine (Polaris 400 4WD)
Tani (Kappone)
Francesco (CRF 250)
Federico (K)
Aldo (K)
Paolo (Honda che al settimo metro dalla partenza buca e si ritira negli spogliatoi).
e Io
In primo piano Antonello, dietro di lui Paolone e più a sinistra Francesco (col giubbotto rosso). Più a destra, senza casco, Tino, Tani (col casco) e Carmine.
L’allegra brigata, nonostante l’intoppo della bucatura del CRF di Paolo (che decide altruisticamente di abbandonare subito per non rallentare il gruppo) procedere su un facile sterratone che porta ai Piani di Petile e lungo il quale abbiamo perso il nostro Antonello che, più avanti di tutti, prendeva una deviazione. Era facile prevedere che ci saremmo rincontrati più su. Questa è per noi fuoristradisti una specie di autostrada. Dopo un paio di km decido anch’io, di deviare per un tratturo e andiamo a finire in un cantiere di taglialegna.
Il cellulare non prende, i boscaioli hanno visto passare Antonello che poi ha fatto dietrofront. Non ci resta che aspettare e riposarci. Si chiacchiera del più e del meno. Ascolto i discorsi degli enduristi incuriosito: parlano di forcelle, ammortizzatori, centraline e quant’altro. Sono perplesso di fronte a tanta tecnologia, io che ho due ruote da trial sotto al sedere e un ammasso non meglio identificato di ferraglia.
Sul quad Carmine, più a destra Tino. Da dietro Federico saluta.
Oggi, finalmente, il Polaris è stato sistemato e avremo l’onore di vedere come va con le 4X4. Carmine ci terrebbe ad arrivare sulla neve: si vedrà! Tino, mantiene alta la tradizione del motociclista al top in tutti i sensi (Aprilia Tuono su strada e sullo sterrato la vecchia XR400 ha ceduto da poco il posto ad una Kappona del 2005). Federico fa sembrare la sua Kappona una alpetta tanto è Nibelungo.
Il gruppo in posa (manca Federico, dietro la fotocamera, e Antonello, dato per disperso). La temperatura è ottima, il cielo si è schiarito e il vento è calato. Ci sono le condizioni migliori per passare una bella giornata all’aria aperta.
Abbiamo recuperato anche il nostro “acasile”. Sempre in forma, sempre gran manico nonostante la brutta botta presa oggi in caduta libera.
Tani: sempre sicuro, sempre con un filo di acceleratore ma velocissimo. E’ dura stare dietro a questi enduristi! Prevedono di partecipare a fine aprile alla motocavalcata che si terrà alle Gole dell’Alcantara. Personalmente, viste le poche esperienze precedenti, preferisco stare alla larga da certe sfide all’ultimo sangue fra enduristi accaniti che ti sorpassano proprio dove la mulattiera presenta il precipizio e balzano avanti lanciandoti addosso decine di sassi per la sgommatura infinita.
Nonostante la caduta, dovuta all’eccessivo caricamento dell’avantreno lungo una ripida pietraia in discesa, Francesco ha ripreso la sua naturale andatura senza perplessità. Sul suo sorriso si può sempre contare!
Aldo apre il gruppo e Carmine lo chiude.
La ginestra.
Carmine partirà alla ricerca di Antonello, disperso per la seconda volta. In effetti qui ho sbagliato io a prendere un sentiero che non conoscevano e siccome “acasile” era avanti (e non me ne ero accorto, tanto è veloce) abbiamo nuovamente perduto il filo di Arianna. Chiedo pubblicamente scusa ad Antonello. D’ora in avanti sarà opportuno che più che il metodo dell’elastico sia io ad elasticizzate la mappatura del percorso e renderlo aperto alle iniziative dei compagni di viaggio.
On the Road, ascoltiamo i motori che rombano inseguendosi l’un l’altro: il Polaris insegue il CRF o viceversa? In attesa che compaiano all’orizzonte ci riposiamo fra un sorso d’acqua e qualche chicco d’uva passa. Sullo sfondo il paese di Cerasi.
Aldo nel bosco.
Un’alpetta circondata dai mostri!
Francesco lungo la tràzzera che porta verso Schindilifà.
Francesco in piena azione.
Tratturo selvaggio nell’area della Landa. In effetti, transitiamo per questa tràzzera da non più di un paio di mesi e già sembra che sia rinata. Certo, le prime volte abbiamo fatto non poca fatica a passare fra le spine irte e ricordo ancora le ferite grondanti di sangue dalle braccia di Al, martire del motoalpinismo, con un passato (breve) da endurista ed un lunghissimo futuro… da surfista?
Aldo e…
…ancora Aldo.
Tani e…
… ancora Tani.
“acasile” e…
…ancora “acasile”
…seguito da Tino.
Carmine e…
…ancora Carmine.
Insomma, abbiamo fatto parlare le foto per descrivere questa prima parte del nostro giro che, presenterà delle sorprese (come al solito!). Siamo partiti dai 0 m slm e abbiamo toccato l’altezza massima di 1000 m di quota. Poi siamo ridiscesi e ci siamo tenuti in quota fino ad arrivare ai 620 m slm della Fiumara della Cartiera da dove riprenderemo il racconto nella prossima puntata.
Come annunciato nel titolo, quando arriva il momento di arrendersi bisogna possedere il giusto grado di umiltà per farlo. Noi, un po’ in ritardo, ci siamo riusciti. Spero di avervi incuriosito abbastanza e di avere il tempo, nei prossimi giorni, per stendere un testo decente, sistemare le foto e associarvi qualche breve commento.
Il seguito a presto.
Ultima modifica di alp il gio 01 gen, 1970 1:00 am, modificato 5 volte in totale.
A presto e...
Buon motortrip,
alp
Buon motortrip,
alp
- max37
- Messaggi: 6633
- Iscritto il: mer 06 giu, 2007 8:23 pm
- Località: Dueville ( Vi ) Moto: Cagiva Navigator 1000 Beta Alp 200
Quando arriva il momento di arrendersi!
come sempre non ho parole.
Max37
http://www.tecnicamotori.it/
La cosa più deliziosa non è non avere nulla da fare. E' avere qualcosa da fare e non farla.
Oggi non faccio niente perchè ieri non ho fatto niente ma non avevo finito.
http://www.tecnicamotori.it/
La cosa più deliziosa non è non avere nulla da fare. E' avere qualcosa da fare e non farla.
Oggi non faccio niente perchè ieri non ho fatto niente ma non avevo finito.
Quando arriva il momento di arrendersi!
GUARDO LE FOTO E NON MI SEMBRA POSSIBILE ANCORA CHE FRA QUALCHE ORA DA QUESTI SCATTI SAREMO TUTTI INTRAPPOLATI NELLA NEVE MARCIA,PERCHE' SEMBRA UN'USCITA ESTIVA A TUTTI GLI EFFETTI.
VIVA LA CALABRIA ED I SUOI STUPENDI PAESAGGI E LUOGHI DOVE IN UN ORA SI PASSA DALLA SPIAGGIA A PRENDERE IL SOLE ALLA MONTAGNA A COMBATTERE PER USCIRE DALLA MORSA MEZZO METRO DI NEVE.
UN RINGRAZIAMENTO A TUTTI I PARTECIPANTI ALL'ESTENUANTE USCITA PER L'AIUTO DATOMI DOPO LA CADUTA E PER LA COMPAGNIA.
VIVA LA CALABRIA ED I SUOI STUPENDI PAESAGGI E LUOGHI DOVE IN UN ORA SI PASSA DALLA SPIAGGIA A PRENDERE IL SOLE ALLA MONTAGNA A COMBATTERE PER USCIRE DALLA MORSA MEZZO METRO DI NEVE.
UN RINGRAZIAMENTO A TUTTI I PARTECIPANTI ALL'ESTENUANTE USCITA PER L'AIUTO DATOMI DOPO LA CADUTA E PER LA COMPAGNIA.
Quando arriva il momento di arrendersi!
Quando arriva il momento di arrendersi!
Quando arriva il momento di arrendersi!
SECONDA PARTE
(Premetto che il segreto è stato appena svelato da Antonello. Ero riuscito a scrivere questa parte del racconto poco prima. Eccolo per voi. Buona lettura.)
Ci siamo lasciati nella zona della Fiumara della Cartiera, ed ecco ci al primo guado. In primavera le nostre fiumare sono uno splendore d’acqua: guardate un po’ che foto!
Stavolta siamo riusciti a tenere sotto controllo la veemenza di Carmine che in precedenza, lo scorso anno (vedi http://motoalpinismo.forumup.it/viewtop ... oalpinismo), ci aveva giocato un bello scherzetto col suo quad nell’acqua.
Finalmente, l’ingranaggio delle 4X4 funzionava perfettamente, solo le gomme erano … un tantino lisce (sarà un quad-motard?).
Risaliamo lungo uno sterratone di 12 km che dalla Fiumara della Cartiera porta fino agli altipiani di Cardeto Nord, un paese fantasma, pressoché disabitato. Attraversiamo un paio di punti difficili ma tutto il gruppo è avanti, faccio da scopa (o meglio, sono semplicemente il più lento, ma Antonello conosce bene il percorso e tira avanti volando) e mi arrampico tranquillamente alla mia solita andatura turistica. Mi dispiace che i messinesi non abbiano avuto la possibilità di fermarsi alla Mandra di Fucirù, un rustico luogo dove trovano riparo pastori e greggi in caso di brutto tempo improvviso, quattro pietre con un tetto di vecchia landa arrugginita, molto pittoresco!
E questo è Tino col suo nuovo Kappone che gioca con l’acqua. Quattro magnifiche foto in sequenza.
In pieno inverno, qualche mese fa, in questo stesso guado, Tino è affondato fino al manubrio cadendo rovinosamente in acqua col suo XR 400. Aveva deciso di attraversare nel punto più profondo!
Ciò nonostante, come potete notare, il nostro eroe continua imperterrito a volare sull’acqua come un hovercraft.
Questa è sicuramente la foto più belle: l’arancio del Kappone che spezza cromaticamente col grigio-bianco dell’acqua.
Tino inseguito da Federico (K+K!)
Dove arrivano gli enduro veri perché non dovrebbe arrivare la Vespa 50? Sarà strano ma, fino ad oggi, il mezzo più usato dai pastori e dai contadini della zona è proprio la vespetta. La 50, per l’esattezza (probabilmente la 125 o la 200 sono troppo potenti per lo sterrato, come effettivamente si lamentano gli enduristi delle 450 4T). Sono mezzi inarrestabili e l’unico limite è, forse, la piccola ruota da 10. Altro che quad, come i moderni cow-boys in USA.
Una delle tante soste del gruppo in mezzo al bosco. Si studia il percorso e si aspettano gli altri. Si scambiano quattro chiacchiere e si comincia a sentire lo stimolo della fame anche perché, poco prima, nella bottega degli alimentari, ci eravamo premuniti acquistando due pezzotte di pane di grano da imbottire con il capicollo di mezzo metro che ho pensato di portare nel mio zaino. Sarà provvidenziale perché…
Ma non voglio anticiparvi altro. Leggete il seguito.
Notare le gomme slic del quad!
I Kapponi in sosta osservano il passaggio degli altri in una “zona” difficile.
Francesco al guado…
… e appena fuori.
Il gruppo in assetto da guerra.
L’Honda di Francesco in salita.
Primo piano del nostro “buddaci” (soprannome in uso tra noi reggini per identificare bonariamente i messinesi).
Tino, scomposto, in azione mentre attraversa il guado.
Il nostro Oftalmologo in assetto aggressivo…
…e qui saltella sui sassi smossi.
Il grande Antonello al guado.
Qui c’è da fare un poster!
Federico alla carica…
…notare il fumo da sotto il motore.
Qui è in assetto perfetto!
Finite le foto di rito, si riparte. Saliamo di quota e ci addentriamo in una zona dove, tempo fa abbiamo incontrato un pastore in cerca del suo gregge. Un’area fitta di vegetazione, di arbusti in mezzo ai quali abbiamo avuto una certa difficoltà a passare. E con gli enduristi non c’è che fare: si va avanti veloci. Devo sempre trovare delle buone scuse per fermarmi!
Proprio perché veloce, non mi sono reso conto della deviazione ed ho sbagliato rotta. Poco male, si torna indietro. Sennonché la salita era veramente ripida e allora a marcia indietro con freno anteriore bloccato e lo sterzo a timonare, come in barca.
Si sale, si sale. Cammino davanti a tutti e tutti si sono resi conto che è meglio farmi fare strada. D’altra parte, se ho sbagliato io, comunemente definito GPS, meglio star dietro tranquilli.
Piccole soste per bere e fotografare. A questo punto l’orientamento non è un problema: si riprende l’asfalto e ci fermiamo nuovamente per decidere il da farsi. Aldo ha necessità di rientrare prima e deve anche fare il pieno. Qualcuno spinge per provare il quad sulla neve e trova l’entusiasmo del gruppo. OK, si parte per andare a cercare la neve. Intanto troviamo qualcos’altro…
… per terra, sul nudo asfalto, incrocio un rospo quasi completamente disidratato.
Antonello propone di prenderlo con noi e portarlo alla fiumara sotto la diga. E così facciamo!
Ecco il momento fatidico: liberiamo il rospo nell’acqua.
Sembra felice.
Da bravo boy-scout, il nostro “acasile” ha fatto la sua buona azione quotidiana.
Qui sembra quasi che Antonello ci abbia lasciato il cuore lasciando andare via il rospo nell’acqua libera.
E mentre lui continua a riflettere… sul senso della vita,
Noi cominciamo a tagliare il capicollo e a mangiare.
“Siamo gente rozza noi” sembra pensare Federico, “non come quell’animo nobile dell’acasile”.
Mezzo metro di capicollo in otto con due pagnotte da mezzo chilo ciascuna. Niente male, anzi, meno male che abbiamo mangiato almeno questo. Nei progetti c’era l’idea di fare ancora una ventina di km al massimo (questione di un’oretta o poco più) per poi tornare a pranzare nella trattoria di Mimmo, dove l’ultima volta abbiamo gustato fagioli al peperoncino e tanto altro ben di dio innaffiato con ottimo vino di Cirò. Ma il destino ci riserva strane sorprese.
Intanto Aldo capisce che è tardi per lui e decide di lasciarci. Gli diamo le indicazioni per il rientro: dovrà mantenersi sempre sulla strada asfaltata, per motivi di sicurezza e di tempo.
In serata, quando Tani lo chiama, Aldo ci racconta che proprio nel momento in cui, ad una ventina di chilometri da Villa San Giovanni, ha acceso le luci la moto si è spenta. Fermandosi ha cominciato a smontare cavetti elettrici, batteria e quant’altro ma inutilmente. Qualcuno, passando, gli chiede se è rimasto senza benzina. Probabilmente in quel momento avrà avuto un insight come quello dello scimpanzè di Kohler. Insomma, è arrivato in ritardo al suo appuntamento in Sicilia ma perlomeno è arrivato.
Con tutto questo ben di dio sotto gli occhi (e non mi riferisco al ben di dio di cui parlavo prima riferendomi al cibo) non ho resistito dal provare a mettermi in sella alla moto di Tino, meno alta delle Honda ma per me proibitiva. Tani mi ha proposto di provare la sua ma ho avuto paura. Paura di cadere e distruggergliela (sono fatto così), paura che tornando all’alpetta avrei sentito troppa differenza e avrei sofferto. E così mi sono fatto forza, sono sceso dalla moto e, montato in sella alla betina, ho dato il via per continuare il nostro giro.
L’ultima volta con Tani, percorrendo la sterrata Bova-Delianuova, nella zona sotto Pollia, ero rimasto indietro e Pino, con la sua Axy 250 li aveva dirottati lungo il tracciato soft. Alla prima fermata successiva mi ricordo di avergliene dette quattro. Era giunto il momento, perciò, di metterci alla prova tutti (soprattutto il 4X4) con un percorso HARD! Ovviamente, come sempre, in questi casi non pensi mai a fare foto: la tua concentrazione è focalizzata alla traiettoria da seguire per arrampicarti senza cadere… e ci siamo riusciti… quasi tutti!
Ecco i primi arrivati sù (notare il Nibelungo di Federico come sta su quel Gran Kappone con le gambe flesse). Qualcuno si ferma a sgranchirsi le gambe, qualcuno fa la pipì, qualcun altro “si lecca le ferite”. Si sono fatte le due del pomeriggio. Abbiamo previsto di incrociare l’asfalto fra un quarto d’ora e poi scendere a valle per “sbranare qualcosa sotto i denti”…
…ma uno strano destino ci attende!
Chiudiamo questa seconda e penultima parte del nostro racconto con questa immagine bucolica delle moto immerse fra la natura. Un’immagine abbastanza tranquilla. Tipica del motoalpinismo, potremmo dire.
Alla terza ed ultima parte del racconto.
Quando arriva il momento di arrendersi!
SECONDA PARTE
(Premetto che il segreto è stato appena svelato da Antonello. Ero riuscito a scrivere questa parte del racconto poco prima. Eccolo per voi. Buona lettura.)
Ci siamo lasciati nella zona della Fiumara della Cartiera, ed ecco ci al primo guado. In primavera le nostre fiumare sono uno splendore d’acqua: guardate un po’ che foto!
Stavolta siamo riusciti a tenere sotto controllo la veemenza di Carmine che in precedenza, lo scorso anno (vedi http://motoalpinismo.forumup.it/viewtop ... oalpinismo), ci aveva giocato un bello scherzetto col suo quad nell’acqua.
Finalmente, l’ingranaggio delle 4X4 funzionava perfettamente, solo le gomme erano … un tantino lisce (sarà un quad-motard?).
Risaliamo lungo uno sterratone di 12 km che dalla Fiumara della Cartiera porta fino agli altipiani di Cardeto Nord, un paese fantasma, pressoché disabitato. Attraversiamo un paio di punti difficili ma tutto il gruppo è avanti, faccio da scopa (o meglio, sono semplicemente il più lento, ma Antonello conosce bene il percorso e tira avanti volando) e mi arrampico tranquillamente alla mia solita andatura turistica. Mi dispiace che i messinesi non abbiano avuto la possibilità di fermarsi alla Mandra di Fucirù, un rustico luogo dove trovano riparo pastori e greggi in caso di brutto tempo improvviso, quattro pietre con un tetto di vecchia landa arrugginita, molto pittoresco!
E questo è Tino col suo nuovo Kappone che gioca con l’acqua. Quattro magnifiche foto in sequenza.
In pieno inverno, qualche mese fa, in questo stesso guado, Tino è affondato fino al manubrio cadendo rovinosamente in acqua col suo XR 400. Aveva deciso di attraversare nel punto più profondo!
Ciò nonostante, come potete notare, il nostro eroe continua imperterrito a volare sull’acqua come un hovercraft.
Questa è sicuramente la foto più belle: l’arancio del Kappone che spezza cromaticamente col grigio-bianco dell’acqua.
Tino inseguito da Federico (K+K!)
Dove arrivano gli enduro veri perché non dovrebbe arrivare la Vespa 50? Sarà strano ma, fino ad oggi, il mezzo più usato dai pastori e dai contadini della zona è proprio la vespetta. La 50, per l’esattezza (probabilmente la 125 o la 200 sono troppo potenti per lo sterrato, come effettivamente si lamentano gli enduristi delle 450 4T). Sono mezzi inarrestabili e l’unico limite è, forse, la piccola ruota da 10. Altro che quad, come i moderni cow-boys in USA.
Una delle tante soste del gruppo in mezzo al bosco. Si studia il percorso e si aspettano gli altri. Si scambiano quattro chiacchiere e si comincia a sentire lo stimolo della fame anche perché, poco prima, nella bottega degli alimentari, ci eravamo premuniti acquistando due pezzotte di pane di grano da imbottire con il capicollo di mezzo metro che ho pensato di portare nel mio zaino. Sarà provvidenziale perché…
Ma non voglio anticiparvi altro. Leggete il seguito.
Notare le gomme slic del quad!
I Kapponi in sosta osservano il passaggio degli altri in una “zona” difficile.
Francesco al guado…
… e appena fuori.
Il gruppo in assetto da guerra.
L’Honda di Francesco in salita.
Primo piano del nostro “buddaci” (soprannome in uso tra noi reggini per identificare bonariamente i messinesi).
Tino, scomposto, in azione mentre attraversa il guado.
Il nostro Oftalmologo in assetto aggressivo…
…e qui saltella sui sassi smossi.
Il grande Antonello al guado.
Qui c’è da fare un poster!
Federico alla carica…
…notare il fumo da sotto il motore.
Qui è in assetto perfetto!
Finite le foto di rito, si riparte. Saliamo di quota e ci addentriamo in una zona dove, tempo fa abbiamo incontrato un pastore in cerca del suo gregge. Un’area fitta di vegetazione, di arbusti in mezzo ai quali abbiamo avuto una certa difficoltà a passare. E con gli enduristi non c’è che fare: si va avanti veloci. Devo sempre trovare delle buone scuse per fermarmi!
Proprio perché veloce, non mi sono reso conto della deviazione ed ho sbagliato rotta. Poco male, si torna indietro. Sennonché la salita era veramente ripida e allora a marcia indietro con freno anteriore bloccato e lo sterzo a timonare, come in barca.
Si sale, si sale. Cammino davanti a tutti e tutti si sono resi conto che è meglio farmi fare strada. D’altra parte, se ho sbagliato io, comunemente definito GPS, meglio star dietro tranquilli.
Piccole soste per bere e fotografare. A questo punto l’orientamento non è un problema: si riprende l’asfalto e ci fermiamo nuovamente per decidere il da farsi. Aldo ha necessità di rientrare prima e deve anche fare il pieno. Qualcuno spinge per provare il quad sulla neve e trova l’entusiasmo del gruppo. OK, si parte per andare a cercare la neve. Intanto troviamo qualcos’altro…
… per terra, sul nudo asfalto, incrocio un rospo quasi completamente disidratato.
Antonello propone di prenderlo con noi e portarlo alla fiumara sotto la diga. E così facciamo!
Ecco il momento fatidico: liberiamo il rospo nell’acqua.
Sembra felice.
Da bravo boy-scout, il nostro “acasile” ha fatto la sua buona azione quotidiana.
Qui sembra quasi che Antonello ci abbia lasciato il cuore lasciando andare via il rospo nell’acqua libera.
E mentre lui continua a riflettere… sul senso della vita,
Noi cominciamo a tagliare il capicollo e a mangiare.
“Siamo gente rozza noi” sembra pensare Federico, “non come quell’animo nobile dell’acasile”.
Mezzo metro di capicollo in otto con due pagnotte da mezzo chilo ciascuna. Niente male, anzi, meno male che abbiamo mangiato almeno questo. Nei progetti c’era l’idea di fare ancora una ventina di km al massimo (questione di un’oretta o poco più) per poi tornare a pranzare nella trattoria di Mimmo, dove l’ultima volta abbiamo gustato fagioli al peperoncino e tanto altro ben di dio innaffiato con ottimo vino di Cirò. Ma il destino ci riserva strane sorprese.
Intanto Aldo capisce che è tardi per lui e decide di lasciarci. Gli diamo le indicazioni per il rientro: dovrà mantenersi sempre sulla strada asfaltata, per motivi di sicurezza e di tempo.
In serata, quando Tani lo chiama, Aldo ci racconta che proprio nel momento in cui, ad una ventina di chilometri da Villa San Giovanni, ha acceso le luci la moto si è spenta. Fermandosi ha cominciato a smontare cavetti elettrici, batteria e quant’altro ma inutilmente. Qualcuno, passando, gli chiede se è rimasto senza benzina. Probabilmente in quel momento avrà avuto un insight come quello dello scimpanzè di Kohler. Insomma, è arrivato in ritardo al suo appuntamento in Sicilia ma perlomeno è arrivato.
Con tutto questo ben di dio sotto gli occhi (e non mi riferisco al ben di dio di cui parlavo prima riferendomi al cibo) non ho resistito dal provare a mettermi in sella alla moto di Tino, meno alta delle Honda ma per me proibitiva. Tani mi ha proposto di provare la sua ma ho avuto paura. Paura di cadere e distruggergliela (sono fatto così), paura che tornando all’alpetta avrei sentito troppa differenza e avrei sofferto. E così mi sono fatto forza, sono sceso dalla moto e, montato in sella alla betina, ho dato il via per continuare il nostro giro.
L’ultima volta con Tani, percorrendo la sterrata Bova-Delianuova, nella zona sotto Pollia, ero rimasto indietro e Pino, con la sua Axy 250 li aveva dirottati lungo il tracciato soft. Alla prima fermata successiva mi ricordo di avergliene dette quattro. Era giunto il momento, perciò, di metterci alla prova tutti (soprattutto il 4X4) con un percorso HARD! Ovviamente, come sempre, in questi casi non pensi mai a fare foto: la tua concentrazione è focalizzata alla traiettoria da seguire per arrampicarti senza cadere… e ci siamo riusciti… quasi tutti!
Ecco i primi arrivati sù (notare il Nibelungo di Federico come sta su quel Gran Kappone con le gambe flesse). Qualcuno si ferma a sgranchirsi le gambe, qualcuno fa la pipì, qualcun altro “si lecca le ferite”. Si sono fatte le due del pomeriggio. Abbiamo previsto di incrociare l’asfalto fra un quarto d’ora e poi scendere a valle per “sbranare qualcosa sotto i denti”…
…ma uno strano destino ci attende!
Chiudiamo questa seconda e penultima parte del nostro racconto con questa immagine bucolica delle moto immerse fra la natura. Un’immagine abbastanza tranquilla. Tipica del motoalpinismo, potremmo dire.
Alla terza ed ultima parte del racconto.
Ultima modifica di alp il gio 01 gen, 1970 1:00 am, modificato 1 volta in totale.
A presto e...
Buon motortrip,
alp
Buon motortrip,
alp
Quando arriva il momento di arrendersi!
Quando arriva il momento di arrendersi!
TERZA E ULTIMA PARTE
Ed ecco ci all'ecatombe di cui ha accennato Antonello.
Si sale e di brutto. Il tratto hard ci ha permesso di guadagnare immediatamente quota e di essere in poco tempo sbalzati a 1550m slm. Dopo il superamento di grossi rami lungo la trazzera fortemente pendente siamo stanchi, abbiamo bisogno di qualche minuto per recuperare energie e ridurre il bruciore e la fatica alle braccia. Ci fermiamo stanchi. Tiro fuori dallo zaino albicocche secche: quello che ci vuole per recuperare energia! Beviamo gli ultimi sorsi d’acqua, la salita ci ha disidratati. Finita l’acqua, Carmine ha ancora sete. Sulla base della mia esperienza di ciaspolaio gli suggerisco di eliminare lo strato superficiale di neve, raccogliere quella pulita e lasciarla sciogliere in bocca (ingoiarla ghiacciata significherebbe la congestione!).
Cosa ci fanno le tre moto così sistemate? E’ un semplice caso, eppure danno l’impressione che stiano lì a cercare la giusta direzione per procedere. Andiamo avanti lungo la carrareccia e man mano ci guardiamo intorno e attraversiamo intere aree ricoperte da una coltre di neve profonda anche 40-50 cm. Ormai l'asfalto è vicino. Lì incroceremo la strada provinciale e, finalmente rientreremo velocemente a Gambarie per abbuffarci di fagioli e vino. Qualcuno comincia a temere per la benzina. Si prosegue fino ad un gradone di neve vecchia. Sembra abbordabile. Tocca a me e a Tino, per ospitalità, segnare la via. Quattro-cinque metri e siamo bloccati.
Siamo in tanti, sei per la precisione, e questo ci incoraggia. Ci sentiamo imbattibili, forse perché di solito siamo abituati a viaggiare in gruppetti meno numerosi (4 al massimo). In sei si può anche prendere le moto di peso e portarle avanti a spalla, in sei si può anche trascinare un quad per 200m.
Chi è più avanti (Tani ed io) comincia a spingere. Gli altri osservano perplessi. Sono in attesa: non sanno ancora se farlo o no e se si, come. Dopo l’affondamento della “corazzata Potiomkin” arriva qualcuno in aiuto e i due pionieri superano la massa nevosa. Proseguiamo fino ad un ruscelletto che passa trasversalmente lungo la carrareccia. L’acqua corrente fa sciogliere la neve. Qui si passa lisci.
Intanto Carmine si è lanciato al nostro inseguimento e, ingranate le 4X4 muove i primi metri sulla neve pappa affondando piano piano ma inesorabilmente. Le gomme lisce fanno la loro parte. Ecco il gruppetto di soccorso che interviene per eliminare la neve sotto il Polaris. Sotto, una bella foto del primo piano dei soccorsi: Tani&Tino (i due Kapponi) col quad affondato di 30 cm. e il viso di Carmine non ancora completamente disperato. “Dai, dai che ce la facciamo!” era il motto ricorrente.
Procediamo ancora ma, inesorabilmente, continuiamo ad affondare nella neve bagnata e sciroccosa. Qui sotto, nella foto, cerco di sdrammatizzare la situazione facendo lo stupido mentre Tino sembra che la prenda un po’ più sul serio. Eccolo, infatti, fortemente perplesso nella foto di sotto (l’integrale sembra celare la sua espressione di stanchezza ma vi posso assicurare che stanco lo era veramente ed è pronto a sottoscriverlo).
Nella foto di sotto, sarà un’impressione, ma il Kappone mi sembra proprio affranto! Beh, ragazzi, è in questi momenti che emerge lo spirito motoalpinistico: eccomi in una mia performance “acrobatica” che me la ridacchio incoscientemente.
A questo punto non rimane che aspettare la squadra di soccorso che è rimasta indietro per riposarsi. Qui se continua così non ce la facciamo ad andare avanti per molto anche perché lo sterrato è tutto in salita fino a 1800m. Ci rimangono ancora più di 200m di dislivello e, se continuiamo così non si scherza, come stiamo, invece, facendo noi seduti comodamente sulle nostre cavalcature.
In lontananza si intravede il gruppo dei quattro che ci segue e si avvicina. La neve è alta e le difficoltà sembra che aumentino a mano a mano che procediamo in salita. Antonello è silenzioso (brutto segno!), Tani è stanco, ma lo era già prima della partenza: non fa testo! Il nostro Federico “il Nibelungo” decide di avventurarsi e parte da solo, aiutato da due gambe che lo sostengono nell’ottimo appoggio laterale.
L’altezza della neve aumenta: siamo lungo il versante settentrionale del monte Schirifizio (1595m slm). Qui la neve perdura anche in primavera inoltrata e questo, gli antichi lo sapevano benissimo perché si arrampicavano fin quassù per realizzare le neviere.
L'ANTICA STRADA DELLE NEVIERE.
Fino alla fine del XIX secolo, prima dell’inizio della stagione autunnale i contadini, su comando dei proprietari terrieri della zona, preparavano grandi fosse profonde dai due ai tre metri che rivestivano con fogliame e paglia al fine di riempirle di neve. Allo scopo venivano scelte zone particolarmente protette dalla vegetazione, si preferivano le fresche pinete esposte a Nord. Un guardiano vigilava fino alla primavera e, con l’arrivo della successiva stagione estiva, i mulattieri salivano in montagna a caricare le loro bestie di ceste di neve che poi vendevano a valle.
Nelle famiglie di ogni ceto sociale, fino alla fine dell’800 si usava alleviare l’arsura della stagione più calda con le cosiddette scirubette, granite a base di neve su cui veniva versato del vino cotto. Sharba, nella lingua araba dell’Africa settentrionale o scerbet, in turco, sono parole entrate nella tradizione linguistica calabrese a seguito delle dominazioni subite e hanno entrambe lo stesso significato: indicano dolci bibite fresche.
Lo sterrato su cui abbiamo incrociato questa grande quantità di neve era una via fra le più importanti dell’Aspromonte e in estate era percorsa da carovane di verticali che dalle proprietà dei principi Ruffo portavano la neve a Scilla per poi sbarcarla a Messina e venderla alla Piazza del Gilatore.
Anche la nostra carreggiabile, che lungo il versante meridionale dell’Aspromonte giunge a Bova, svolgeva, fra le altre, questa funzione.
Vado avanti per un tratto e Tino mi segue a ruota. Continuando con questi ritmi non possiamo fare molta strada, soprattutto perché ci stiamo disidratando e sprechiamo troppa energia rispetto ai metri di neve che riusciamo a guadagnare.
Mentre Carmine avanza a passo di… rospo, Tani lo marca stretto. Bisogna fare attenzione a non intraversare il quad nei canaloni che hanno creato le ruote delle moto. Non è facile con 4 gomme lisce! E infatti, eccolo che è scivolato lateralmente e si è andato a infilare sul canale longitudinale. Ora sarà un’impresa tirarlo fuori!
Federico sembra essere quello con minor difficoltà: procede abbastanza liscio.
Intanto il quad si è inabissato. E’ a questo punto che comincia a emergere fra di noi un certo senso di sconfitta, una specie di conflitto interno, una lotta fra la voglia di dimostrare che siamo in tanti, siamo un gruppo e possiamo farcela, d’altra parte si pensa anche … o meglio, si sente anche la fatica, tanta, troppa. Si coglie il rischio di avanzare troppo lentamente e ritrovarci al buio, troppo stanchi per riuscire a tornare indietro.
La neve è veramente troppo alta e si comincia per davvero a fare una immensa fatica a procedere. La battuta del giorno: “MMazzat’m’a’ppugna!!!” in un suo urlo ancestrale, Carmine sottolinea la misera condizione nella quale ci troviamo e la preferenza di… essere preso a pugni piuttosto che continuare a spingere in questo modo…. (ragazzi, mentre racconto queste cose sono qui davanti al computer e sto crepando dalle risate pensando alla tragicomica situazione!!!!!!!!!!!!).
“MMazzat’m’a’ppugna!!!”. Detto la seconda volta, questo fu il segnale che ci risvegliò da una specie di torpore profondo: “cazz’avim’a’ffari?” dobbiamo dimostrare qualcosa a qualcuno? (letteralmente: che “cosa” dobbiamo fare?). E’ qui che la lotta eterna fra la passione e la ragione, fra l’animo animale e l’essere più evoluto si scindono per far emergere l’istinto di sopravvivenza. Il coraggio del condottiero se non è guidato dalla ragione è cosa vana. Riuscire a capire il sottile limite fra il rischio calcolato e l’incoscienza di un’azione folle.
E’ un attimo, forse ha aleggiato fra di noi lo spirito del mitico Ender, l’endurista errante, il fantasma solitario della montagna a suggerirci di metterci in silenzio per un attimo. Sarà stato solo qualche secondo, non di più. Poi, tutti insieme contemporaneamente ci guardiamo e ci diciamo “turnam’arretu figghioli!” (torniamo indietro ragazzi!). Presi da una disperazione selvaggia approfittiamo di uno spiazzo privo di neve per girare il quad. La faccia di Tani dentro l’integrale tradisce una stanchezza infinita. Lui che era già partito stanco ha raggiunto veramente il limite massimo. Nonostante tutto inforca il 4X4 e comincia a saltare sopra strambando continuamente lo sterzo con movimenti repentini mentre Tani, Carmine ed io ci diamo da fare (‘nd’spaccam’u culu) per spingere lungo un salitone di una trentina di metri che ricorderemo per tutta la vita.
Nella foto di sotto mi sono messo in posa come un pirla che sembra per niente affaticato.
E questo è un primo piano di Carmine dopo lo stress a cui è stato sottoposto. Nei momenti di particolare obnubilamento della coscienza ha anche detto che avrebbe venduto il quad (lo giuro!) e si sarebbe iscritto al Circolo del Bridge (questa me la sono inventata sul momento!).
OK ragazzi. Concludiamo. E’ da coraggiosi continuare stremati dalla fatica? E’ disonorevole tornare indietro? Si sta facendo una scelta saggia rinunciando all’obiettivo proposto? Quando arriva il momento di arrendersi, bisogna accettare l’evento come una condanna o considerare che la resa è la scelta più ragionevole possibile in quel momento? Rispondere a queste domande fa parte del duro gioco del motoalpinismo. Noi abbiamo deciso di tornare indietro e siamo qui, pronti a ripartire, a distanza di una settimana, per la prossima avventura. Viceversa, avremmo potuto affrontare una brutta disavventura che avrebbe potuto portarci a situazioni inimmaginabili: immaginate le mogli che ci danno per dispersi e l’arrivo di Pino (si, il nostro Pino dell’Axy 250) con gli uomini del Soccorso Alpino che atterrano con l’elicottero che illumina a giorno…
…il gruppo dei folli enduristi erranti.
TERZA E ULTIMA PARTE
Ed ecco ci all'ecatombe di cui ha accennato Antonello.
Si sale e di brutto. Il tratto hard ci ha permesso di guadagnare immediatamente quota e di essere in poco tempo sbalzati a 1550m slm. Dopo il superamento di grossi rami lungo la trazzera fortemente pendente siamo stanchi, abbiamo bisogno di qualche minuto per recuperare energie e ridurre il bruciore e la fatica alle braccia. Ci fermiamo stanchi. Tiro fuori dallo zaino albicocche secche: quello che ci vuole per recuperare energia! Beviamo gli ultimi sorsi d’acqua, la salita ci ha disidratati. Finita l’acqua, Carmine ha ancora sete. Sulla base della mia esperienza di ciaspolaio gli suggerisco di eliminare lo strato superficiale di neve, raccogliere quella pulita e lasciarla sciogliere in bocca (ingoiarla ghiacciata significherebbe la congestione!).
Cosa ci fanno le tre moto così sistemate? E’ un semplice caso, eppure danno l’impressione che stiano lì a cercare la giusta direzione per procedere. Andiamo avanti lungo la carrareccia e man mano ci guardiamo intorno e attraversiamo intere aree ricoperte da una coltre di neve profonda anche 40-50 cm. Ormai l'asfalto è vicino. Lì incroceremo la strada provinciale e, finalmente rientreremo velocemente a Gambarie per abbuffarci di fagioli e vino. Qualcuno comincia a temere per la benzina. Si prosegue fino ad un gradone di neve vecchia. Sembra abbordabile. Tocca a me e a Tino, per ospitalità, segnare la via. Quattro-cinque metri e siamo bloccati.
Siamo in tanti, sei per la precisione, e questo ci incoraggia. Ci sentiamo imbattibili, forse perché di solito siamo abituati a viaggiare in gruppetti meno numerosi (4 al massimo). In sei si può anche prendere le moto di peso e portarle avanti a spalla, in sei si può anche trascinare un quad per 200m.
Chi è più avanti (Tani ed io) comincia a spingere. Gli altri osservano perplessi. Sono in attesa: non sanno ancora se farlo o no e se si, come. Dopo l’affondamento della “corazzata Potiomkin” arriva qualcuno in aiuto e i due pionieri superano la massa nevosa. Proseguiamo fino ad un ruscelletto che passa trasversalmente lungo la carrareccia. L’acqua corrente fa sciogliere la neve. Qui si passa lisci.
Intanto Carmine si è lanciato al nostro inseguimento e, ingranate le 4X4 muove i primi metri sulla neve pappa affondando piano piano ma inesorabilmente. Le gomme lisce fanno la loro parte. Ecco il gruppetto di soccorso che interviene per eliminare la neve sotto il Polaris. Sotto, una bella foto del primo piano dei soccorsi: Tani&Tino (i due Kapponi) col quad affondato di 30 cm. e il viso di Carmine non ancora completamente disperato. “Dai, dai che ce la facciamo!” era il motto ricorrente.
Procediamo ancora ma, inesorabilmente, continuiamo ad affondare nella neve bagnata e sciroccosa. Qui sotto, nella foto, cerco di sdrammatizzare la situazione facendo lo stupido mentre Tino sembra che la prenda un po’ più sul serio. Eccolo, infatti, fortemente perplesso nella foto di sotto (l’integrale sembra celare la sua espressione di stanchezza ma vi posso assicurare che stanco lo era veramente ed è pronto a sottoscriverlo).
Nella foto di sotto, sarà un’impressione, ma il Kappone mi sembra proprio affranto! Beh, ragazzi, è in questi momenti che emerge lo spirito motoalpinistico: eccomi in una mia performance “acrobatica” che me la ridacchio incoscientemente.
A questo punto non rimane che aspettare la squadra di soccorso che è rimasta indietro per riposarsi. Qui se continua così non ce la facciamo ad andare avanti per molto anche perché lo sterrato è tutto in salita fino a 1800m. Ci rimangono ancora più di 200m di dislivello e, se continuiamo così non si scherza, come stiamo, invece, facendo noi seduti comodamente sulle nostre cavalcature.
In lontananza si intravede il gruppo dei quattro che ci segue e si avvicina. La neve è alta e le difficoltà sembra che aumentino a mano a mano che procediamo in salita. Antonello è silenzioso (brutto segno!), Tani è stanco, ma lo era già prima della partenza: non fa testo! Il nostro Federico “il Nibelungo” decide di avventurarsi e parte da solo, aiutato da due gambe che lo sostengono nell’ottimo appoggio laterale.
L’altezza della neve aumenta: siamo lungo il versante settentrionale del monte Schirifizio (1595m slm). Qui la neve perdura anche in primavera inoltrata e questo, gli antichi lo sapevano benissimo perché si arrampicavano fin quassù per realizzare le neviere.
L'ANTICA STRADA DELLE NEVIERE.
Fino alla fine del XIX secolo, prima dell’inizio della stagione autunnale i contadini, su comando dei proprietari terrieri della zona, preparavano grandi fosse profonde dai due ai tre metri che rivestivano con fogliame e paglia al fine di riempirle di neve. Allo scopo venivano scelte zone particolarmente protette dalla vegetazione, si preferivano le fresche pinete esposte a Nord. Un guardiano vigilava fino alla primavera e, con l’arrivo della successiva stagione estiva, i mulattieri salivano in montagna a caricare le loro bestie di ceste di neve che poi vendevano a valle.
Nelle famiglie di ogni ceto sociale, fino alla fine dell’800 si usava alleviare l’arsura della stagione più calda con le cosiddette scirubette, granite a base di neve su cui veniva versato del vino cotto. Sharba, nella lingua araba dell’Africa settentrionale o scerbet, in turco, sono parole entrate nella tradizione linguistica calabrese a seguito delle dominazioni subite e hanno entrambe lo stesso significato: indicano dolci bibite fresche.
Lo sterrato su cui abbiamo incrociato questa grande quantità di neve era una via fra le più importanti dell’Aspromonte e in estate era percorsa da carovane di verticali che dalle proprietà dei principi Ruffo portavano la neve a Scilla per poi sbarcarla a Messina e venderla alla Piazza del Gilatore.
Anche la nostra carreggiabile, che lungo il versante meridionale dell’Aspromonte giunge a Bova, svolgeva, fra le altre, questa funzione.
Vado avanti per un tratto e Tino mi segue a ruota. Continuando con questi ritmi non possiamo fare molta strada, soprattutto perché ci stiamo disidratando e sprechiamo troppa energia rispetto ai metri di neve che riusciamo a guadagnare.
Mentre Carmine avanza a passo di… rospo, Tani lo marca stretto. Bisogna fare attenzione a non intraversare il quad nei canaloni che hanno creato le ruote delle moto. Non è facile con 4 gomme lisce! E infatti, eccolo che è scivolato lateralmente e si è andato a infilare sul canale longitudinale. Ora sarà un’impresa tirarlo fuori!
Federico sembra essere quello con minor difficoltà: procede abbastanza liscio.
Intanto il quad si è inabissato. E’ a questo punto che comincia a emergere fra di noi un certo senso di sconfitta, una specie di conflitto interno, una lotta fra la voglia di dimostrare che siamo in tanti, siamo un gruppo e possiamo farcela, d’altra parte si pensa anche … o meglio, si sente anche la fatica, tanta, troppa. Si coglie il rischio di avanzare troppo lentamente e ritrovarci al buio, troppo stanchi per riuscire a tornare indietro.
La neve è veramente troppo alta e si comincia per davvero a fare una immensa fatica a procedere. La battuta del giorno: “MMazzat’m’a’ppugna!!!” in un suo urlo ancestrale, Carmine sottolinea la misera condizione nella quale ci troviamo e la preferenza di… essere preso a pugni piuttosto che continuare a spingere in questo modo…. (ragazzi, mentre racconto queste cose sono qui davanti al computer e sto crepando dalle risate pensando alla tragicomica situazione!!!!!!!!!!!!).
“MMazzat’m’a’ppugna!!!”. Detto la seconda volta, questo fu il segnale che ci risvegliò da una specie di torpore profondo: “cazz’avim’a’ffari?” dobbiamo dimostrare qualcosa a qualcuno? (letteralmente: che “cosa” dobbiamo fare?). E’ qui che la lotta eterna fra la passione e la ragione, fra l’animo animale e l’essere più evoluto si scindono per far emergere l’istinto di sopravvivenza. Il coraggio del condottiero se non è guidato dalla ragione è cosa vana. Riuscire a capire il sottile limite fra il rischio calcolato e l’incoscienza di un’azione folle.
E’ un attimo, forse ha aleggiato fra di noi lo spirito del mitico Ender, l’endurista errante, il fantasma solitario della montagna a suggerirci di metterci in silenzio per un attimo. Sarà stato solo qualche secondo, non di più. Poi, tutti insieme contemporaneamente ci guardiamo e ci diciamo “turnam’arretu figghioli!” (torniamo indietro ragazzi!). Presi da una disperazione selvaggia approfittiamo di uno spiazzo privo di neve per girare il quad. La faccia di Tani dentro l’integrale tradisce una stanchezza infinita. Lui che era già partito stanco ha raggiunto veramente il limite massimo. Nonostante tutto inforca il 4X4 e comincia a saltare sopra strambando continuamente lo sterzo con movimenti repentini mentre Tani, Carmine ed io ci diamo da fare (‘nd’spaccam’u culu) per spingere lungo un salitone di una trentina di metri che ricorderemo per tutta la vita.
Nella foto di sotto mi sono messo in posa come un pirla che sembra per niente affaticato.
E questo è un primo piano di Carmine dopo lo stress a cui è stato sottoposto. Nei momenti di particolare obnubilamento della coscienza ha anche detto che avrebbe venduto il quad (lo giuro!) e si sarebbe iscritto al Circolo del Bridge (questa me la sono inventata sul momento!).
OK ragazzi. Concludiamo. E’ da coraggiosi continuare stremati dalla fatica? E’ disonorevole tornare indietro? Si sta facendo una scelta saggia rinunciando all’obiettivo proposto? Quando arriva il momento di arrendersi, bisogna accettare l’evento come una condanna o considerare che la resa è la scelta più ragionevole possibile in quel momento? Rispondere a queste domande fa parte del duro gioco del motoalpinismo. Noi abbiamo deciso di tornare indietro e siamo qui, pronti a ripartire, a distanza di una settimana, per la prossima avventura. Viceversa, avremmo potuto affrontare una brutta disavventura che avrebbe potuto portarci a situazioni inimmaginabili: immaginate le mogli che ci danno per dispersi e l’arrivo di Pino (si, il nostro Pino dell’Axy 250) con gli uomini del Soccorso Alpino che atterrano con l’elicottero che illumina a giorno…
…il gruppo dei folli enduristi erranti.
Ultima modifica di alp il gio 01 gen, 1970 1:00 am, modificato 1 volta in totale.
A presto e...
Buon motortrip,
alp
Buon motortrip,
alp
Quando arriva il momento di arrendersi!
Come sempre un resoconto ironico ed avvincente. Non ti nascondo l'invidia che provo nel vedervi divertiti, stanchi ed uniti nelle avventure/ disavventure.
Credo che si debba conoscere i propri limiti e all'occorrenza abbandonare i propri propositi se questi possono portare a situazioni spiacevoli. Anch'io, quando mi muovo in solitario e per sentieri che non conosco, procedo con molta prudenza e appena la situazione può presentare dei pericoli o situazioni troppo ardue faccio marcia indietro senza troppe esitazioni. Che sia un fifone? O uno prudente? O troppo prudente? Oppure un saggio?
Credo che si debba conoscere i propri limiti e all'occorrenza abbandonare i propri propositi se questi possono portare a situazioni spiacevoli. Anch'io, quando mi muovo in solitario e per sentieri che non conosco, procedo con molta prudenza e appena la situazione può presentare dei pericoli o situazioni troppo ardue faccio marcia indietro senza troppe esitazioni. Che sia un fifone? O uno prudente? O troppo prudente? Oppure un saggio?
sara' stata dura ma mi sono perso dei bei posti!!
Complimenti per il servizio e grazie per l'esperienza che comunque sara' da ricordare. volevo dirvi che ho regolarmente preso la nave dell 15.20 a dispetto dell'inconveniente.
Vi aspettiamo dalle ns. parti per la prossima cavalcata saluti a tutti
Vi aspettiamo dalle ns. parti per la prossima cavalcata saluti a tutti
risposta aldo
siamo contenti che non hai fatto tardi ma quando avete un pò di tempo inserite anche le vostre foto .
grazie e saluti.
grazie e saluti.
spettacolare
qualsiasi commento in merito, sarebbe ben poca cosa....solo in Calabria ci sono paesaggi così variegati ma nello stesso tempo così vicini tra di loro....buon divertimento a tutti voi....
KAWA KLX 250_2009