
Continua l’epopea del motoalpinismo familiare iniziata da SuperHank nel suo “IN VIAGGIO CON PAPA’ ”. Cos’è l’epopea? E’ una narrazione poetica, in forma ampia e solenne, di fatti eroici o meravigliosi, realmente accaduti o frutto dell’immaginazione. E’ l’insieme delle narrazioni epiche che appartengono alla letteratura di un popolo, nel nostro caso il popolo dei motoalpinisti.

Il racconto di oggi, ancora una volta in compagnia di Gino e Miki (father & son), narra di un’escursione realizzata quest’estate e che ha avuto come destinazione L’ex base della United States of America Force di Nardello (RC).

Realizzata nel 1966 con lo scopo di creare un ponte radio nel Mediterraneo, con l’avvento della tecnologia satellitare, la centrale radio non ha più avuto ragione di esistere ed è stata smantellata ventisette anni dopo. Come potete vedere dalle foto, la sua smobilitazione ha creato uno stato d’abbandono. Non si è pensato ad un utilizzo alternativo (Ostello della Gioventù, rifugio di montagna, centro studi e documentazione del Parco d’Aspromonte) e la struttura è, oggi, fatiscente nel suo squallore di oltre quindici anni di abbandono e razzia.

Quello di oggi è stato un giro breve: siamo partiti con comodo alle pendici dell’Aspromonte e siamo risaliti per 500m di dislivello, fino a quota 1800slm. Per arrivarci abbiamo percorso lunghe carreggiabili seguendo la carta topografica dell’Istituto Geografico Militare relativa al territorio di Motta San Giovanni (Series M 792, Sheet 602, Edition 1). Boschi di faggi e lecci ci hanno accompagnato nella nostra tranquilla e silenziosa gita alla ricerca dei nostri ricordi adolescenziali, quando queste strade erano attraversate dai grossi Dodge 4X4 targati American Force International. Noi gironzolavamo fra i boschi con vecchi sci di legno: erano i nostri primi tentativi di fare fondo o meglio sci escursionistico.

Unico inconveniente della giornata il fatto che l’azienda di famiglia ancora non aveva chiuso i battenti per il periodo estivo cosicché, sistematicamente, ogni 15-20 minuti Gino si fermava per rispondere al cellulare e, immancabilmente, rimaneva al telefono per almeno 10 minuti. Capirete che viaggio! Per fortuna, Miki ha liberato la sua voglia di andare costringendo ogni tanto papà a non rispondere alle chiamate aziendali o perché troppo impegnato a seguire il pargolo o perché eravamo in zone non raggiungibili se non col satellitare.

Abbiamo sempre viaggiato ad andatura turistica, il ché ha permesso a Miki di essere sempre a proprio agio. Il tragitto è stato scelto appositamente fra i più facili, strade asfaltate o ampie carreggiabili. Certo, l’incognita è sempre dietro l’angolo! E qualche volta, come capita spesso a chi non percorre una strada per tanto tempo, si scoprono brutte sorprese, ma mai nulla di esagerato.

Quando squilla il cellulare c’è poco da fare, bisogna fermarsi! Quando si è titolari di un’azienda non esiste vacanza! E di questo Miki se ne è reso conto: eccolo un po’ sconsolato che aspetta che papà finisca e che si possa continuare il nostro giro.

Da questa documentazione fotografica si può capire come chi era avanti al gruppo sia tranquillamente passato fra le corna dei buoi lasciandosi dietro gli altri che, prudentemente, hanno preferito fermarsi e lasciare passare la mandria (che guida irresponsabile!).

Come ogni buon giro che si rispetti, qualche piccolo intoppo: ecco Miki alle prese con un insidioso tornante in discesa. Sembra deciso ad affrontarlo con le proprie forze…

poi ci ripensa e lascia il mezzo al babbo che provvede ad affrontare l’emergenza nel migliore dei modi.



Fattasi l’una, finalmente gli impiegati concludono con l’ultima chiamata al cellulare di Gino prima di chiudere la ditta ed entrare in vacanza: che liberazione! Finalmente possiamo starcene un po’ tranquilli (anche perché il cellulare di mio compare ha un suono simile ai vecchi telefoni a muro che si usavano una volta, con un fracasso fuori dal comune).

Seguiamo vecchie carrarecce ormai in disuso. Il tempo ha fatto di loro strette mulattiere dove è impossibile sostare (le contropendenze rendono difficoltoso il posizionamento del cavalletto). Ad uno spiazzo troviamo una sorgente e approfittiamo per abbeverarci e fare raffreddare le moto (il radiatore dell’Husky va sempre tenuto sotto controllo!).

Una volta arrivati a destinazione e mostrata la fatiscenza del luogo in disarmo, ci allontaniamo dalla base USAF. D’ora in avanti, il nostro diventa un girovagare senza meta, nel reale spirito motoalpinistica: ci piace andare! Fatta visitare la base militare al nostro giovane compagno di avventure, imbocchiamo vecchi tratturi che ancora vengono attraversati da pastori e capre in cerca di prati verdi per il foraggio.

Una vecchia canzone di Battisti parlava di “un tuffo dove l’acqua è più blu”, per noi si tratta di andare alla ricerca di un posto dove il colore degli alberi è più verde… “niente di più!”. Gino avanza lentamente in mezzo alla fitta vegetazione, tra faggi e abeti, tra profumi sconosciuti al popolo dei metropolitani estremi: ora il ginepro si presenta alla nostra vista e mi ricordo che il Signor Matteo, mio vicino di casa, mi ha chiesto di raccoglierne per fare un distillato in casa. Ha già un’ottima esperienza di liquori di finocchio selvatico, di menta e di alloro, questa del ginepro sarà proprio da provare.

Ed eccomi, ogni tanto riesco a trovare qualche compagno di viaggio che mi immortale mentre mi destreggio con la piccola Beta.


In effetti, non capita di soffermarsi a pensare di fotografare mentre si è impegnati in passaggi difficili. Ma oggi ci siamo posti l’obiettivo di fare una semplice e bella passeggiata. Non abbiamo nel gruppi quei forsennati dei “Cavalieri di San Giorgio”.

Ci prendiamo tutto il tempo che vogliamo per le foto, per bere e riposare quando è il momento. Sappiamo quanto sia importante non stressare troppo il nostro cucciolo di Husky alle sue prime esperienze in fuoristrada. Già, a distanza di qualche giorno dalla prima uscita, si notano notevoli miglioramenti. Una maggiore sicurezza nell’affrontare le salite e, soprattutto, una maggiore scioltezza muscolare che si traduce in minore affaticamento generale. Bravo Miki!

Il DR fila via liscio, cavalcato dalla esperienze più che trentennale del nostro Gino. Fa piacere vederlo procedere in modo così lineare: sembra che il tutto appartenga al patrimonio motorio della specie umana, che non sia il risultato di esecuzioni ripetute ed automatizzate. Misteri dell’apprendimento subliminale!



Come alla prima uscita, Miki continua a dimostrare una chiara insofferenza quando deve affrontare discese molto ripide. Ed ecco, allora, che il papà interviene con sollecitudine a rassicurare il pargolo e a suggerire saggi consigli.

E poi via, di nuovo nel bosco alla ricerca della nostra sensibilità percettiva, un tutt’uno con la moto e il paesaggio bucolico. Tra luci e penombre sotto l’effetto che il sole provoca fra gli alti tronche dei pini e gli aghi delle loro foglie.


Un po’ sopra pensiero, mi viene in mente un luogo in cui, qualche anno fa, abbiamo trascorso il ferragosto con le famiglie. E’ facilmente raggiungibile, si tratta solo di allungare di alcuni km seguendo una sterrata battuta dai tagliaboschi.

Ci rifocilliamo ben bene prima di affrontare l’ultima fatica: ne varrà la pena, il posto è davvero meritevole di questo nostro ultimo sforzo.

Dall’alto, ci sporgiamo sulle acque di un passo semiprosciugato. Fa una certa impressione tornare su luoghi che modificano inesorabilmente la loro struttura geo-morfologica con l’inesorabile scorrere del tempo.

Fermo la moto e osservo il fondale: attraverso? Il riflesso di Miki sull’acqua mi incoraggia a procedere ma… avrei fatto meglio a desistere!

Con l’acqua fino al ginocchio annaspo nel fango e prego che il motore non si spenga. La mia fortuna mi accompagna e riesco, non senza difficoltà, a togliermi dall’impaccio. Padre e figlio mi guardano perplessi: “ma che fai?”

L’acqua del ruscello era fresca e una lunga sosta al sole diventa indispensabile per asciugare le povere membra reumatizzate. Certe cose le si dovrebbe lasciar fare ai ragazzi!

E infatti, neanche a dirlo, ecco Miki che affonda le sue ruote artigliate tra la roccia e l’acqua che corre veloce verso valle.

OK ragazzi, è pomeriggio inoltrato. Le famiglie ci aspettano giù al villaggio di Gambarie. Stasera, sulla pista da sci si esibirà un’orchestra con oltre 60 elementi: uno spettacolo da non perdere (e ci sarà pure la luna piena!). E prima abbiamo ospiti e bisogna dare una mano in casa per preparare la cena.
E allora, concludo con questa magnifica foto che Gino è riuscito a farmi proprio mentre, inzuppato, riuscivo a tirarmi fuori incolume dalle profonde acque della “pozza delle Marianne”.
