
Però andrebbe sintetizzato sia sul piano tecnico che su quello prettamente passionale (mi riferisco ai motori)
L'idea che mi hanno messo in testa parte dal concetto prettamente "regolaristico" che nella sua accezione non si può limitare solo all'impiego fuoristradistico della motocicletta ma va considerato più in generale in un modo di vivere il rapporto mentale con un mezzo che nonostante la difficoltà di gestione; di manutenzione e di guidabilità riesce a trasmettere all'uomo mediamente nato nella generazione che va dal "dopoguerra" agli "anni settanta" una sensazione di libertà e di ribellione tipica dello stile di vita che oggi abbiamo irrimediamilmente perso.
La sintesi è: se la motocicletta migliore deve essere quella "facile" non mi interessa, preferisco quella che mi fa tribolare, quella che se mi cade fatico a rialzarla, quella che magari trovo sempre una chiazza d'olio sotto; quella che ti fa soffrire ma nello stesso tempo quella che ti rende affascinante il viaggio o l'uscita domenicale o la cavalcata con gli amici.
In questo mondo dove tutto deve essere facile, dove esiste un leader che pensa al posto tuo; dove tutto deve essere semplice, dove le difficoltà umane vengono considerate una malattia, la capacità di sopportare i guai meccanici; addirittura la gioia di soffrire e finanche la possibilità di bestemmiare per una perdita di olio ci salverà non solo dal consumismo dilagante ma ci riporterà al valore più intimo del nostro sport.
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Lo so
![[LOL] :lol:](./images/smilies/icon_lol.gif)
devo smettere di prendere aperitivi con vecchi regolaristi nei bar gestiti da tettone da paura.
Entrambe le categorie sono deleterie per me
