Fatti i conti dei km, ho organizzato un minimo di zaino per dormire fuori: 30 chili di cui 12 di ferri indispensabili tra cui l'immancabile chiave del 30 da 70cm. e le altre a scalare fino alla 6....Preso atto che lo zaino appoggiava alla sella solo stando stravaccati all'indietro, potevo scegliere se avere finalmente l'anteriore leggero e farmi in "pennata" tutta l'autostrada o perdere la sensibilità del corpo dalle gambe in su, tenendomi lo zaino appeso sulle spalle. Scelta la seconda dolorosa soluzione, a Lovere ero già ridotto a curvare con il pensiero. Al mio arrivo in Valcamonica verso mezzogiorno, il tempo che i locali giuravano esser stato californiano fino a quel momento, minacciava ghiacciate precipitazioni oltre i 1000 mt di quota. Trovando l'amico Riccardo abbondantemente incazzato per il mio ritardo, ed essendosi cmq LUI rimpinzato fin dal primo mattino di prodotti locali altamente calorici , mi incoraggiava a non togliere le chiappe dalla sella e a partire subito per le nere cime sopra di noi. In un estremo gesto di umanità, mi obbligava a lasciare a casa lo zaino con tutti i ferri e la relativa maglia termica anti assideramento. Inutile dirvi che io senza i ferri per smontare almeno ruota e catena, non riuscirei nemmeno ad uscire di casa, per cui quell'escursione iniziava per me tra i presagi più oscuri. Primo pezzo,la salita: Per fortuna, i locali stanchi di scavare fosse per occultare pietosamente i motociclisti "forestieri" che ne tentavano l'ascesa, avevano pensato bene di asfaltare la ripida mulattiera creando però fantasiosamente ogni 4 metri una cunetta con funzione di trampolino che faceva atterrare la moto sempre a ridosso della successiva. Ovunque fiorivano muscolose radici che dopo aver frantumato il bitume, minacciose sfidavano i poveri riders impegnati mento sul manubrio a salire. Chiaramente dietro le curve più insidiose, stazionavano indigeni locali beatamente parcheggiati di traverso su enormi automezzi dalle funzioni più disparate : sega tronchi, conta tronchi, porta tronchi, fatto sta che arrivammo miracolosamente indenni in cima. Ricco manifestava nausee tipo gravidanza, ma tutto era riconducibile al fatto che si era fatto la mulattiera con le gomme gonfiate a 2 atm saltando come un grillo per tutto il percorso. Secondo pezzo: striscia d'erba con solco di fango e baratro a dx e a sx trappole indocinesi con spuntoni vari di legni e rocce; per la paura il passaggio meritava il consumo un rotolo di carta igienica ce ne fosse stato il tempo. Terzo pezzo: discesa assassina a freni tirati, prima ululante e dita dei piedi attorcigliate: soffro di vertigini per cui grazie DRZ che mi hai portato giù. Quarto pezzo: sterratone da V piena ma dietro l'unica curva cieca era appostata una colonna di scavatrici. Sosta al rifugio:freddo pre-siberiano, impietosisco il gestore e mi faccio donare un giornale quasi intero da mettere sullo stomaco tra la pettorina e la pietosa t-shit. E' un trucco anti freddo che usava mio nonno ciclista di montagna, unico dubbio è che il giornale il tipo lo recupera dai cessi del rifugio. Ricco mangia salame e beve the, non capisco se sono sintomi da alta montagna o disturbi alimentari. Si riparte sotto i pietosi sguardi dei ducatisti in sosta. Quinto pezzo: arriviamo in cima e ci accorgiamo che la parte + bella è sotto di noi, pronti via e inforchiamo sospetta sterrata con vari bivi, io vado da una parte Ricco dall'altra, finisco in una radura dove dei Camuni stanno affumicando un turista disperso, riesco a girare la moto e mi metto alla ricerca del Ricco. Lo vedo cazzeggiare solitario sulle sponde di un ameno laghetto, prendo il sentiero immerso nel verde, in fondo un fangone invitante: ho le Metzeler, ci passo galleggiando PENSO...esattamente nel centro, la moto inizia ad affondare da dietro... ecco spiegata la foto.

